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Il sacco del Nord? Per ora paga il Sud …

24 Set

Luca Ricolfi, apprezzato editorialista di La Stampa,è un sociologo dell’Università di Torino ed ha recentemente pubblicato “Il Sacco del Nord”, un libro che andrebbe a dimostrare, dati alla mano, come da Roma in giù l’evasione fiscale e lo spreco pubblico siano un gravame insostenibile per il Settentrione.

La sua attività di sociologo  ha spaziato, in questi 30 anni, su l’intero scibile umano, a quanto pare, visto che il suo curriculum riporta: scuola, mercato del lavoro, cultura giovanile, nocività ambientale, corruzione, politica, televisione, spazio elettorale, autoritarismo, missioni suicide, squilibri territoriali,teoria
dell’azione, metodologia della ricerca, analisi dei dati, teoria della misurazione.

Il lavoro pubblicato da Luca Ricolfi non dice molto. Infatti, sapere dove si è verificata l’evasione fiscale non ci dice dove va il denaro distolto.

Una prima, approssimativa evidenza ci porta all’immediata considerazione che l’agricoltura del Sud alimenta l’industria agroalimentare e distributiva tosco-emiliana e che il terziario del Meridione lavora sub commessa delle aziende padane.

Il primo dato ci è confermato dal miserrimo 4% che la nostra agricoltura aggiunge al PIL nazionale a causa di aiuti, quote latte e sgravi per la trasformazione.
Il secondo dato ci è connotato dalla crisi di sovraproduzione che va a confluire, ad esempio, nei mercati di merci contraffatte, ma “originali”, ovvero di elevata qualità date via per quattro soldi a nero.

Ambedue i dati fanno capo ad un’enorme mole di lavoro sommerso che calmiera i prezzi per i grossisti del Nord, ma non per le tavole dei settentrionali, a fronte di un enorme via vai di sussidi per aziende e consorzi agricoli.

Non è un caso, allora, che l’indice di discrepanza utilizzato da Luca Ricolfi riporti ai due capi dellaclassifica una “industriosa e leale” Emilia Romagna (0,8249) a fronte della “pigra e fraudolenta” Campania (-0,8907).

Non è un caso di lapsus freudiano, certamente, che il professor Ricolfi abbia usato il termine discrepanza … ovvero divergenza di idee, di opinioni; divario, disaccordo, contraddizione.

In inglese “mismatch”: abbinamento sbagliato.

Piuttosto, sarebbe interessante conoscere quale è il livello di evasione (anche per semplice difetto od “eccesso” di fatturazione) delle nostre coop ed onlus, visto che, eventualmente fosse, ne sono enormemente facilitate da norme e statuti.

Come anche conoscere quanto “l’allarme del PD verso il Federalismo”, menzionato dal prof. Ricolfi, non tragga origine dalle prevedibili ricadute sull’economia emiliana e veneta di una Campania (e non solo) libera di gestire autonomamente tributi, commerci ed investimenti come Bossi chiede per la “sua” Lombardia.

originale postato su demata

Mediatrade: Consob può attendere?

4 Apr

L’inchiesta Mediatrade-Rti vede tra gli indagati Silvio Berlusconi, il figlio Pier Silvio, Fedele Confalonieri, il produttore americano Frank Agrama e altri imputati, accusati di irregolarità nella compravendita dei diritti allo scopo di creare fondi neri per oltre 34 milioni di euro.

Secondo gli inquirenti i fatti delittuosi si sarebebro svolti «all’interno di un sistema di frode utilizzato dalla fine degli Anni Ottanta, in forza del quale i diritti di trasmissione forniti dalla Paramount, in misura minore da altri produttori internazionali, invece che direttamente dai fornitori venivano acquistati da Mediaset a prezzi gonfiati per il tramite di società di comodo riconducibili a Farouk Agrama».
Un occultamento di fondi in pieno conflitto di interessi, avvenuto tra Milano e Dublino dal 30 luglio 2002 al 30 novembre 2005, periodo in cui Silvio Berlusconi era presidente del Consiglio. Il fatto che non vengano menzionati i due decenni precedenti al 2002 è per via della prescrizione.

Secondo Niccolò Ghedini, avvocato del premier, le accuse toccano un «periodo in cui Silvio Berlusconi non aveva la benché minima possibilità di incidere sull’azienda».

Una cosa verosimile, se fossimo sicuri che Silvio Berlusconi rispetti le norme sul conflitto di interessi, che, di conseguenza, comporterebbe “ipso facto” l’incolpazione del figlio, Pier Silvio Berlusconi, dato che non è possibile che i vertici aziendali non fossero coinvolti in un espediente ultradecennale.

Accade, dunque, che un «procedimento in cui Mediaset è semmai parte lesa si ritorce infatti contro la società stessa e i suoi massimi dirigenti», come sostiene il network televisivo della famiglia Berlusconi?
Sembrerebbe possibile, ahimé, dato che non è la prima nè l’ultima volta che dirigenti ed azionisti scorretti fanno in tal modo la “cresta” agli utili, che viceversa andrebbero a bilancio per nuovi investimenti o come dividendi.

Ad ogni modo, il processo andrà come andrà se andrè, ma certi fatti sono più che comprovati e non resta che chiedersi cosa stia attendendo la Consob, visto che R.T.i. e Mediaset sono delle società per azioni.

Le indagini, infatti, parlano chiaro: qualcuno (Berlusconi, i suoi sodali o altri) «si appropriava di una parte rilevante delle somme trasferite (ndr. circa 70 milioni di Euro) da Mediatrade e da Rti alla società Olympus Trading (ndr. riconducibile a Frank Agrama) a titolo di pagamento di diritti televisivi».

Considerato che Medusa Film S.p.a. (concorrente di Paramout) è una controllata/partecipata di R.t.i.  S.p.a., gli azionisti e il libero mercato chi li tutela?