Tra le tante questioni irrisolte che emergono in questa Italia alla frutta, arriva la querelle cortei, manifestanti militarizzati, polizia violenta. Ed arriva nel momento peggiore, mentre l’azione di governo starebbe rilanciando una parte del settore produttivo, ma affossando il welfare e non contrastando sufficientemente le pretese della Casta.
Così accade che, ad un anno di distanza, la magistratura e le forze dell’ordine portino al pettine i nodi rimasti sospesi da quando uno sparuto gruppo di facinorosi mise a ferro e fuoco il centro di Roma, con denunce, arresti e perquisizioni in tutta Italia.
Intanto, i sindacati della scuola, esclusa la Flc-Cgil, hanno deciso di sospendere lo sciopero della scuola indetto per sabato, 24 novembre, con relativa manifestazione romana.
Ciliegina sulla torta, i poliziotti del reparto mobile potrebbero mettersi in ferie, in blocco, per non trovarsi coinvolti in eventuali scontri di piazza a margine della manifestazione di sabato a Roma.
Ottima l’iniziativa del ministro Cancellieri, quella di numerare il retro dei caschi dei poliziotti in assetto antisommossa. Alla quale però fa eco la giusta richiesta che vi sia tolleranza zero verso i manifestanti con caschi od il volto coperto.
E qui viene il dunque.
Il Regio Decreto 773/1931, Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, agli artt. 18-24 prevede che:
- art 18 i promotori di manifestazione devono darne avviso, almeno tre giorni prima, al Questore, che può impedire che abbia luogo o prescrivere modalità di tempo e di luogo per lo svolgimento. Cambiare percorso, ad esempio, viola questa norma;
- art 20 la Questura può sciogliere la manifestazione se accade che gli slogan siano ‘sediziosi o lesivi del prestigio dell’autorità” o che sia messo in pericolo l’ordine pubblico e/o la sicurezza dei cittadini, come anche se durante le manifestazioni sono commessi delitti. Lanciare sassi e petardi od offendere ed irridere le forze dell’ordine e pubblici uffici, come anche occupare uno svincolo od una ferrovia, sono motivo di scioglimento della ‘riunione’;
- art. 21 è sempre considerata manifestazione sediziosa l’esposizione di bandiere o emblemi, che sono simbolo di sovversione sociale o di rivolta o di vilipendio verso lo Stato, il governo o le autorità ed è manifestazione sediziosa anche la esposizione di distintivi di associazioni faziose. Tutto vietato, dunque, da chi istiga l’odio di classe o razziale o di genere a chi, fuori e dentro gli stadi, trasforma il tifo sportivo in fazione violenta;
- art. 22/23/24 quando, nei casi previsti dagli articoli precedenti, occorre disciogliere un assembramento in luogo pubblico, le persone sono invitate a disciogliersi dagli ufficiali di pubblica sicurezza. Se l’invito rimanesse senza effetto, va ordinato il discioglimento con tre distinte formali intimazioni, preceduta ognuna da uno squillo di tromba. Se anche queste rimanessero senza effetto, la ‘riunione’ va disciolta con la forza. La massima parte se non la totalità delle ‘cariche di polizia’ eseguite in Italia durante gli ultimi 80 anni hanno seguito questa procedura, anche sotto il Fascismo e durante gli Anni di Piombo.
Inoltre, l’art. 4, della legge 18 aprile 1975, n. 110, prevede che “senza giustificato motivo, non possono portarsi, fuori della propria abitazione, bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta o da taglio atti ad offendere, mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche, nonché qualsiasi altro strumento non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona”. Chiaro, anzi chiarissimo, o no?
E per concludere, ricordiamo che la Legge 22 maggio 1975, n. 152 ordina, all’articolo 5, che “è vietato l’uso di caschi protettivi o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo”.
In poche parole, potremmo azzardare l’ipotesi che pochissime delle tante manifestazioni ‘antagoniste’, che si sono svolte negli ultimi 40 anni, hanno avuto il crisma della legalità e della legittimità: dai caschi ai petardi, agli slogan offensivi (ad esempio dare del ‘boia’ a qualcuno), dalle molotov ai bulloni, dalle ‘spranghe’ ai bastoni, fino ai cambi di percorso ed agli ‘occupy’ che mandano in tilt mezza città, ambulanze incluse.
Aggiungiamo che Roma, la stessa città che più volte è scesa spontaneamente in piazza, portando il numero dei cortei ad oltre un milione di partecipanti, non ne può più di essere dilaniata da blocchi e devastazioni causati, a ben vedere, da poche migliaia di persone, se non centinaia o decine, in occasione di ogni riforma al voto in Parlamento o di un derby calcistico finito male.
Già il calcio, il tifo calcistico, dove la tolleranza eccessiva della nostre leggi, ha trasformato gli stadi e gli spazi antistanti in una sorta di ‘palestra dell’ardimento’ per provocatori, teppisti, esagitati e malviventi, che, a distanza di una quindicina di anni, sta dando i suoi frutti, come constatiamo sia a Milano, con il sequestro del commercialista di Berlusconi, od aRoma, con l’assalto al Drunken Ship di Campo dei Fiori, con tanto di feriti in prognosi riservata e turisti in fuga.
Applichiamo la legge: ai cortei si va a volto scoperto, senza ‘armi improprie’ e senza slogan truculenti. Non si cambia il percorso prefissato, non si imbrattano gli edifici mentre si passa, non si disturbano le ordinarie attività dei cittadini che non aderiscono.
Meglio ancora se, come propone Cancellieri, le forze dell’ordine avessero un visibile codice di identificazione, e se, come suggerirebbe il buon senso, tutti i processi per reati avvenuti durante una manifestazione, inclusi quelli eventuali delle forze dell’ordine, si svolgessero per direttissima.
Intanto, viste le premesse, Roma attende un nuovo ‘sabato di fuoco’, se in occasione della manifestazione della Flc-Cgil, dovesse verificarsi l’aggregazione di gruppi che intendessero non rispettare le regole, indossando caschi, cambiando percorso, lanciano oggetti e petardi.
Qualcosa che Roma consoce bene è che è già accaduta il 14 novembre scorso – dopo una giornata (il 13 novembre) in cui erano già scesi in piazza studenti e sindacati per protestare contro le misure di Austerity del Governo, al mattino con un sit-in in Piazza Sant’Apostoli, terminato alle 13:30, ed al pomeriggio con un corteo diretto a Piazza di Porta San Paolo, conclusosi alle ore 20:30 – quando si tennero manifestazioni in tutta la città:
- gli studenti, dalle ore 9 e 30, che partiti da due capi della città diversi (le sedi della Sapienza e di RomaTre) attraversavano tutto il centro;
- i Cobas, invece, con partenza da Piazza della Repubblica, alle ore 9:30 ed arrivo a Piazza Sant’Apostoli;
- la Cgil con partenza da Piazza Bocca della Verità e diretto per le vie del centro;
- numerosi sit-in di protesta tra Viale Trastevere e Montecitorio;
- scontri, tafferugli e danneggiamenti sul Lungotevere e sotto il Ministero di Grazia e Giustizia.
I cittadini hanno diritto a riunirsi pacificamente. Gli altri cittadini hanno diritto a non essere coinvolti, se non aderiscono all’iniziativa. Le forze dell’ordine intervengono nel rispetto delle leggi, se i comportamenti ledono qualcuno od inficiano l’ordine pubblico oppure sono dei reati belli e buoni. I trasgressori, chiunque essi siano, vanno processati con rapidità.
Si può organizzare una manifestazione ‘statica’ che permette il confronto tra chi aderisce ed impedisce provocazioni ed infiltrazioni, si può convocare un corteo che, diramandosi per la città, la manda in tilt e si espone alle azioni illegali di alcuni.
Vedremo cosa decideranno le organizzazioni che hanno mantenuto la convocazione romana di sabato venturo. Prevarrà il senso di responsabilità e la capacità di controllare la ‘riunione’ oppure vincerà la voglia di esposizione mediatica e di allargamento del malessere?
Così difficile metterlo in pratica?
originale postato su demata
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