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Meno carceri, più polizia?

30 Gen

Solo due mesi fa le agenzie denunciavano che “le carceri italiane sono di nuovo sull’orlo del collasso: la popolazione carceraria, secondo la “capienza regolamentare”, dovrebbe essere di 50.511, ma al 30 novembre 2017, sono i dati ufficiali dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap), il numero dei reclusi era di 58.115. Vale a dire 7.604 unità in più rispetto alla regola“. (AGI)

E solo due mesi dopo, cioè oggi, il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, annuncia che “noi avevamo un indice di sovraffollamento ed oggi siamo rientrati in una situazione più accettabile, negli istituti di pena ci sono 8000 detenuti in meno e si possono contare 5000 posti detentivi in più“. 

Infatti, la soluzione adottata meno di un mese fa è stata quella del “meno carcere e più misure di comunità”, che “riportano al centro del sistema la finalità rieducativa della pena” indicata dalla Costituzione, con la scarcerazione di ottomila detenuti, praticamente l’ennesimo indulto esteso anche a chi aveva commesso crimini violenti.

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A guardare il grafico, infatti, ci si rende conto di quanto sia un concetto sdrucciolo pretendere che «il tema deve essere non quello dell’effettività della pena ma dell’utilità della pena»: se gli italiani prediligono reati come resistenza, lesioni, rapina, sturpo e omicidio, c’è da tener conto che  – prima dello Stato e/o dell’interesse pubblico – esiste una parte lesa, una vittima, che confida nella ‘certezza della pena’ e non solo nell’eventuale risarcimento del danno.

Tra l’altro, la Costituzione – art. 27 – precisa che la “responsabilità penale è personale”, che significa anche che non possono esserci sconti per risparmiare sulla spesa carceraria.

Risparmio che, a ben vedere, non sussiste se – a parte la percezione di impunità – tutto questo ci costringe anche ad avere “più agenti di tutta Europa, ma la sicurezza sul territorio non funziona”. (L’Espresso) “Ben 278 mila, contro i 243 mila della Germania e i 203 mila della Francia. Il dato italiano, inoltre, non comprende le polizie municipali (60 mila uomini), i vigili del fuoco (altre 31 mila unità) e la polizia penitenziaria (38 mila).”

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Infatti, secondo i dati ONU, l’Italia è più o meno alla pari della Turchia con 467,2 agenti ogni 100mila abitanti, cioè il 50% in più che negli USA, dove gli addetti al ‘law enforcement’ sono meno di tanti paesi europei, cioè 284 ogni 100.000 residenti.

E, se a noi 56mila detenuti su 60 milioni sembrano troppi da mantenere, prendiamo atto che nel 2015 la Francia aveva 65mila detenuti su una popolazione pari alla nostra, mentre Inghilterra e Galles insieme contavano 85mila detenuti per circa 56 milioni di abitanti.

Demata

Kim Jong-il, epitaffio per un tiranno

20 Dic

La Repubblica Democratica Popolare di Corea è uno Stato a sistema economico pianificato, retto da una dittatura monocratica e totalitaria di ispirazione stalinista-maoista con un pervasivo culto della personalità elaborato intorno agli esponenti della famiglia Kim, al potere dal 15 agosto 1945.

Fu allora che Kim Il-Sung, comandante comunista dell’Esercito rivoluzionario popolare coreano (ERPC) nella resistenza all’occupazione giapponese, venne acclamato segretario generale del Partito dei lavoratori di Corea.

Nel 1970,  mentre in Russia ed in Cina il Comunismo iniziava a prender atto del proprio fallimento complessivo cercando di innovarsi,  Kim Il-sung attuò in Corea del Nord un sistema di classificazione che strutturava la società in tre classi: il nucleo, i “tiepidi” e gli ostili, divisi a loro volta in cinquantuno categorie.

Da allora, lo status (e il destino) di ogni coreano del nord viene determinato dalla lealtà politica e dai precedenti familiari, incluso l’accesso a viveri e altri beni materiali. L’appartenenza di classe determina anche l’accesso all’istruzione, alle carriere e ai posti di responsabilità, ma anche ai privilegi che vi sono annessi: automobili, negozi speciali, appartamenti riscaldati, cure sanitarie.

Nel 1994, alla morte di Kim Il-Sung successe il figlio Kim Jong-il, ritenuto sostanzialmente un imbelle, che immediatamente proclamò tre anni di lutto nazionale e pretese di essere chiamato “Beloved Leader Kim Jong-il” …
Che i nordcoreani fossero caduti dalla padella alla brace fu subito chiaro: del tutto succube della casta militare, il tiranno attese, ad esempio, oltre un anno prima di chiedere gli aiuti umanitari internazionali, a fronte di una grave carestia iniziata nel 1994 con almeno 220.000 vittime (secondo i dati ufficiali) e, probabilmente, oltra tre milioni di morti secondo le organizzazioni non governative.
Come anche venne accentuata, se possibile, la prassi dell’internamento che venne estesa ai parenti di terzo grado di chiunque fosse scomodo agli appartenenti al regime.

L’infamia di cui si è macchiato il regime di Kim Il-Sung se di suo figlio Kim Jong-il è inenarrabile, anche a causa dei pochissimi testimoni riusciti a fuggire all’estero: poche decine in oltre sessant’anni.

Uno di questi, l’ex carceriere Ahn Myong Chol, ascoltato da una commissione internazionale, racconta che nei campi i prigionieri vengono costretti in 12 ore di lavoro al giorno in campi, fabbriche o miniere, oltre ad ore ed ore di “rieducazione”.
Anche per un semplice ritardo comporta brutali pestaggi, non di rado letali. L’uccisione di evasi permette, inoltre, ai carcerieri di essere trasferiti nella polizia locale, come premio, e non è raro che si incitino i prigionieri alla fuga per poi ucciderli freddamente. E’ anche vietato ai parenti di piangere di fronte alle quotidiane brutalità (stupri, violenze, esecuzioni sommarie) subite dai prigionieri, i cui cadaveri vengono semplicemente accatastati od, al massimo, parzialmente seppelliti.
Il cibo è talmente scarso che i prigioneri si nutrono di rane, topi, lombrichi.

Ad aggiungersi a questi sventurati, ci sono coloro che quotidianamente scompaiono dalle campagne e dalle città, senza che nessuno si ricordi più di loro, dato che chi li cercasse farebbe la stessa fine.

Nel 2011, per la prima volta, sono state registrate le prime proteste “organizzate” della storia della Corea del Nord, avvenute nelle città della provincia confinante con la Cina Popolare. Evidentemente, è difficile attribuire ad i “corrotti colonialisti USA”, il dilagante “benessere” del potente vicino cinese.  Sempre nel corso del 2011, l’ONU ha ricevuto una richiesta formale per aprire un’inchiesta ufficiale sulla Corea del Nord per crimini contro l’umanità

Adesso che Kim Jong-il è morto, il successore designato è suo figlio Kim Jong-un, un ventottenne che ha studiato fino alle superiori in Svizzera, è amante del lusso e, naturalmente, è inviso alle gerarchie militari, che mantengono il paese nel terrore.

Riuscirà l’avidità della famiglia Kim ad abbattere il comunismo in Corea e farsi dinastia?
Probabile: è quello che sta avvenendo anche in Cina Popolare.

Detto questo, prendiamo atto che i Comunisti – Sinistra Popolare hanno emesso il seguente comunicato di cordoglio: “Il Segretario del Partito Marco Rizzo e il Responsabile esteri Alfonso Galdi hanno espresso dolore e presentato le proprie condoglianze al popolo nordcoreano per la morte di Kim Jong-il, guida della causa rivoluzionaria dell’ideologia Juche e del Partito, dell’esercito e del popolo della Repubblica Democratica Popolare di Corea.”

Marco Rizzo rappresenta l’Italia al Parlamento Europeo (Lista dei Comunisti Italiani nella circoscrizione nord-ovest) ed è stato vicepresidente della Commissione per gli affari esteri, della Sottocommissione per la sicurezza e la difesa, della Delegazione per le relazioni con i paesi dell’America Centrale, tra cui il regime cubano, e della Delegazione per le relazioni con gli Stati del Golfo, tra cui lo Yemen.

Considerato che in Corea del Nord si commettono crimini contro l’umanità da decenni … senza parole.

originale postato su demata