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Parlamentari: troppe indennità e rimborsi. Mario Monti incluso.

20 Nov

I gruppi parlamentari hanno l’esigenza di essere supportati da una struttura amministrativa e tecnica, onde permettere ai propri parlamentari di assolvere alle funzioni cui sono chiamati. Andiamo dalle segreterie ai portaborse ed ai consulenti tecnici, che ci costano ben 75 milioni annui, praticamente 75.000 euro a parlamentare.

Dunque, giusto per dare una misura ad ogni eletto, oltre al vitalizio eccetera, l’Italia ritiene che sia giusto concedere l’equivalente di due impiegati, oltre ai 300 milioni che già ordinariamente vanno via sotto forma di rimborsi elettorali.

Dei soldi che l’Italia non dovrebbe spendere, in toto o in parte, per dei ben precisi motivi.

Infatti, i fondi che i singoli gruppi ricevono servono, secondo loro, a far funzionare un sistema complesso, che in realtà è, soprattutto, opaco, visto che il personale che grava sul bilancio del gruppo percepisce un rimborso, e non un compenso, mentre  l’indennità dei capigruppo, che non viene resa pubblica,  è  discrezionale.

Ma anche perchè, se il personale o le spese servono, come sembra, per mantenere il contatto con gli elettori, è evidente che questi sono costi di partito, che vanno coperti  con i soldi, non  pochi, che versiamo ai partiti, mentre i lavoratori vanno regolarmente contrattualizzati ed assicurati.

E, soprattutto, perchè, ci sono gruppi con tanti parlamentari e gruppi con pochi, fatto che implica, come conseguenza, che i piccoli gruppi ed il gruppo misto si ritrovino con ingenti somme a gestire qualcosa che somiglia più ad una segreteria personale di uno o poco più di un eletto, che ad un organismo che serva a consentire la piena partecipazione dei parlamentari alla ‘vita d’aula’.

Attualmente sono 56 alla Camera e al Senato i parlamentari che, eletti in una colazione od un partito, se ne sono dissociati e fanno oggi parte del cosiddetto Gruppo misto.

Alla Camera stiamo parlando di un sesto dell’emiciclo, ben 56 deputati: Fabbri Luigi, Mosella Donato, Pisicchio Pino, Tabacci Bruno (Alleanza per l’Italia), Buonfiglio Antonio, Ronchi Andrea, Scalia Giuseppe, Urso Adolfo (Fare Italia), Gaglione Antonio, Grassano Maurizio, Guzzanti Paolo (Iniziativa Liberale), La Malfa Giorgio, Melchiorre Daniela, Tanoni Italo (Liberal Democratici MAIE), Antonione Roberto, Gava Fabio, Mistrello Destro Giustina Santori Angelo, Sardelli Luciano Mario (Liberali per l’Italia – PLI),  Brugger Siegfried, Nicco Roberto, Zeller Karl (Minoranze Linguistiche), Belcastro Elio, Iannaccone Arturo, Porfidia Americo (Autonomia – Lega Sud),  Fallica Giuseppe, Grimaldi Ugo, Iapicca Maurizio, Miccichè GIanfranco, Misiti Aurelio, Pittelli Giancarlo, Pugliese Marco, Soglia Gerardo, Stagno D’alcontres Francesco (Grande Sud – PPA), Commercio Roberto, Lombardo Angelo, Oliveri Sandro, MPA – Alleati per il Sud), Mannino Calogero, Nucara Francesco, Ossorio Giuseppe, Pepe Mario (Repubblicani Azionisti) e, non iscritti ad alcuna componente, Alessandri Angelo, Barbareschi Luca, Cambursano Renato, Craxi Stefania, Donadi Massimo, Formisano Aniello,  Giulietti Giuseppe, Laganà Fortugno Maria Grazia, Lanzillotta Linda, Lo Monte Carmelo, Ria Lorenzo, Straquadanio Giorgio, Vernetti Gianni, Versace Santo.

Prendiamo atto che i parlamentari meridionalisti sono 16, praticamente un partito, e che non da meno sono i liberali, almeno 11 ma ben oltre i venti totali, a sentire dichiarazioni e programmi.
Sarà un caso che Report ci spiega come esista anche la “zona grigia” dei gruppi misti, ai cui membri si continua a garantire un’indennità tra i 75mila e i 150mila euro annui ciascuno?

Passando al Senato, il fenomeno è certamente minore, visto che del Gruppo misto fanno parte Pistorio Giovanni ed Oliva Vincenzo (MPA), Astore Giuseppe (Partecipazione Democratica),  Bodega Lorenzo e Mauro Rosy  (SGC), Del Pennino Antonio (PRI), Tedesco Alberto (MSA), Ciampi Carlo Azeglio, Levi-Montalcini Rita, Lusi Luigi,   Rossi Nicola,   Stiffoni Piergiorgio, Monti Mario.

Mario Monti, che esibisce al mondo la propria sobrietà, ma che pochi giorni prima aveva ottenuto la carica ed vitalizio (in pratica di questo si tratta essendo finchè morte non soprravvenga) di senatore a vita, oltre, secondo quanto spiegato da Report, a fruire dei rimborsi come appartenente al Gruppo misto.

Circa un anno fa, Il Giornale esponeva nel dettaglio questi costi, dati dall’entrata in politica di Mario Monti, che “aggiunge 12.005,95 euro lordi di indennità, più 12.680 euro netti di rimborsi, al costo mensile dei senatori italiani. In un anno (12 mensilità) fanno 144mila euro lordi di stipendio, e 152mila di rimborsi: circa 300mila euro l’anno di costo per Monti senatore a vita. Lo stipendio è il 70% di quello di un magistrato con funzione di presidente di sezione della Cassazione.”

Focalizzato che un Presidente di Cassazione guadagna oltre 200.000 euro annui, mentre un senatore ‘solo’ 144.000, prendiamo atto che Il Giornale parla di indennità e rimborsi – per Mario Monti – nell’ordine di circa 25.000 euro al mese, che si ‘aggiunge’. A cosa?

Ad esempio, ai 35.000 euro circa di pensione, che sembra percepisca, come riportano diversi siti.

Ma anche, non dimentichiamo che «i senatori usufruiscono di tessere strettamente personali per i trasferimenti sul territorio nazionale, mediante viaggi aerei, ferroviari e marittimi e la circolazione sulla rete autostradale»: non pagano aerei, treni, traghetti e caselli autostradali.

Qualche malizioso potrebbe dubitare che la scarsa incisività di Mario Monti sui costi della politica possa avere come elemento significativo la sua appartenenza alla Casta, avvenuta con la sua nomina a senatore a vita. Una ‘significanza’ che chiarirebbe anche come e perchè da un anno arrivano solo norme che toccano i meno abbienti e le imprese medio-piccole e piccolissime.

Un’ipotesi possibile che resta un’ipotesi.

Non come i fatti, che vedono il sobrio Mario Monti quasi raddoppiare il proprio reddito, le somme a sua disposizione ed i suoi privilegi, mentre fustiga sprechi e restringe diritti.

Le propietà immobiliari dei partiti? Leggi anche L’italia ingiusta

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C’è un intero welfare da rottamare

22 Ott

Sono diversi anni, ormai molti, che sostengo l’utilità per il ‘sistema Italia’ di prepensionare la Pubblica Amministrazione e di introdurre un salario minimo. Ben prima che Bankitalia-MEF, nel 2007, avviassero i primi monitoraggi per quantificare spese, margini e benefici e, diversamente da loro, prevedendo ampi margini di negozialità contrattuale.

Non molti sanno che che, negli Stati Uniti, a partire dalla Grande Depressione – e per una decina di anni successivi – furono necessari aiuti, sussidi e persino gli ‘unemployed camp’, per chi non aveva più nulla, e travagliata da continui ed anche violenti scioperi.
Come pochi ricordano che il diritto di cittadinanza, così perfetto nelle società mitteleuropee, nasce dal diritto ad un salario minimo,  in una società industriale, dove accade che il lavoratore dipendente o ‘esterno’ si trovi senza occupazione a prescindere dal proprio merito od impegno, ma solo per una congiuntura generale o per il malgoverno dell’azienda oppure, peggio, per il prevalere della speculazione finanziaria sulla produttività industriale.


Alla scadenza del Governo Monti ci ritroviamo con un arcano apparentemente indistricabile, che, viceversa, con dei buoni mediatori potrebbe rappresentare una gran soluzione:

  1. la riforma Amato delle pensioni è stata troppo ‘volenterosa’ verso i coetanei di chi la scrisse ed oggi esiste un’enorme perequazione tra pensionati ed, addirittura, è possibile che per alcuni lavori/professioni i dismissed percepiscano un reddito superiore a chi al lavoro;
  2. la riforma Fornero del Welfare richiederà anni per diventare qualcosa di organico e, soprattutto, equo: tanto vale abrogarla e riscriverla non appena si avvierà la prossima legislatura;
  3. la proposta dell’ex ministro Damiano di pensionare tutti a 35 anni di servizio  è irrealizzabile, senza  incidere sui TFR e senza cambiare contratti di lavoro e liberalizzare il sistema previdenziale;
  4. l’ipotesi, sviluppata da un gruppo di esperti e formulata dall’ex ministro Veltroni, si arena ‘di per se’ a causa dei vincoli ‘populisti’ imposti durante i lavori.

Infatti, nel caso del salario minimo, uno dei vincoli ‘culturali’, che la Sinistra sembrerebbe richiedere, è che sia un reddito tassabile sia dallo Stto sia come IRPERF e che vengano detratti in contributi previdenziali, invece che chiamarsi ‘sussidio’ e basta. Con questa formula accade che servano ben 1.100 euro al mese per far arrivare ad un disoccupato forse 800, forse meno.
Tra l’altro, assegnare un salario/contributo di 800 euro significa erogare somme equivalenti o superiori agli stipendi minimi, specialmente se parliamo di Meridione, di part time, di ex Co.Co.Co o, molto peggio, se andassimo a fare un bilancio del settore dei lavoraori rurali già sussidiati.

Allo stesso tempo, nel fare i conti, non va dimenticato che mantenere al lavoro degli over50enni, che siano affetti da serie patologie croniche e/o degenerative, ha un suo costo (rilevante) sul sistema sanitario derivante dall’aggravio e dal conseguente aggravamento7recidività: potrebbe essere più vantaggioso, limatura più limatura meno, lasciarli in pace a casa e/o flessibilizzare il loro lavoro.

Recenti studi statunitensi parlano chiaro.

E non dimentichiamo – in un’ottica di mercato – che, secondo Moody’s, ‘Mps non è stata in grado di aumentare la propria base di capitale ai livelli richiesti’ e che, in Italia, il mercato assicurativo e gli enormi capitali che vi circolano servono solo ad arricchire una statica finanza pubblica, governata, non di rado, da enti e commissioni espresse dal sottobosco politico-amministrativo che conosciamo.

Ovviamente, se esistesse una ‘responsabile voglia di negozialità’ da parte di tutti, gli anatemi dei ‘tecnici’ di Mario Monti si scioglierebbero come neve al sole, le perplessita del Terzo Polo verso le proposte della Sinistra decadrebbero e, finalmente, ci si potrebbe mettere al lavoro per trovare un modo in cui i conti possano ‘tornare’, garantendo il futuro dell’Italia e di chi indistintamente giovane, anziano, lavoratore, malato, disoccupato, bambino, casalinga.

Infatti, se è, correttamente, troppo tardi per introdurre certi ammortizzatori sociali, è anche il tempo di riconcepire costoso ed inefficiente sistema welfare-sanità italiano, prima che arrivi l’impennata di costi e di malati, che tutti gli indicatori prevendono nel corso del decennio, mentre i tassi effettivi di disoccupazione ritornano a due cifre.

Infatti, una Grosse Koalition, che badi al futuro, potrebbe porre trovare i fondi necessari ad una ‘riforma del welfare’, equa e lungimirante, attingendo da risorse interne come:

  1. revisione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, eliminazione delle casse integrazioni e degli aiuti per ristrutturazione aziendale;
  2. razionalizzazione del sistema pensionistico con eliminazione di pensioni d’annata, privilegiate e qualsiasi altro benefit che sia stato introdotto nel sistema assicurativo da norme oggi abrogate o modificate;
  3. compensazione del TFR come titoli di Stato e possibilità di negoziabilità (parametrata) a partire dal 30esimo anno di contribuzione
  4. liberalizzazione del comparto assicurativo (modello tedesco), scivoli per lavoratori seriamente malati che nel triennio abbiano comportato un elevato costo delle gestione sanitaria, riforma del sistema pensionistico e delle indennità per i disabili a seguito del salario minimo;
  5. avviare – con l’introduzione delle coppie di fatto – un’effettiva politica per le famiglie, che probabilmente ci costerebbe molto meno della miriade di interventi causati da coppie disastrate e minori incontrollabili.

Inoltre, comunque andasse, lo Stato determinando ‘di per se’ l’esistenza di ‘redditi’ garantiti andrebbe a deformare il mercato del costo del lavoro e ciò implicherebbe che si rivedano le norme sui contratti collettivi nazionali.

Una mission impossible che il governo futuro dovrà intraprendere comunque, per dare speranze agli italiani, che, ricordiamolo, sono stanchi di interventi scollegati, iniqui, spreconi ed estemporanei.
E non è credibile continuare a non prevedere dei costi, nei prossimi anni, per dare delle risposte a chi, colpito da un 2012 ‘persino retroattivo’, dal 2013 non vedrà alcuna prospettiva o certezza, neanche l’anno in cui andrà in pensione o come arrivare a fine mese con un figlio a carico od a quale istituzione voltarsi per ottenere quell di cui ha bisogno.

Servono riforme, proposte negoziabili di riforme; non i ‘post it’ o le bozze di partito.

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Legge di Stabilità? No, è una patrimoniale

13 Ott

Oggi l’ANSA ha diffuso una lista delle principali misure contenute nella Legge di Stabilità. Un provvedimento che è anche una minipatrimoniale, che però colpisce solo lavoratori dipendenti e proprietari rurali, ed è anche un’ulteriore stretta sul welfare, dato che prevede un’ulteriore riduzione dei servizi per malati, anziani e bisognosi.

Riguardo gli aspetti ‘patrimoniali’, le norme più vistose sono:

  1. Aumento dell’IVA di due punti, di cui il primo decorre dal 2012 ed il secondo ‘si vedrà’. Una decisione che accentuerà la recessione, colpisce il settore terziario e creerà non pochi problemi, perchè ‘retrottiva’, con i gestori internazionali di vendite on line.
  2. Riduzione dell’IRPERF, una mossa che può essere di preludio, visto quanto finora fatto dal Governo Monti, per la concessione di maggiori poteri fiscali alle Regioni. Non illudiamoci.
  3. Tassazione dei Tfr, che non è altro che una tassazione ‘postuma’ sui redditi, che – si noti bene – colpisce chi non è ancora andato in pensione e che ha già subito notevoli ‘econonomie’ e dilazioni.
  4. Riduzione il tetto della deducibilità fiscale per le auto aziendali: una misura che contribuirà ad innalzare i costi aziendali ed a ridurre le vendite di auto di fascia medio-alta. Aggiungiamo che gli aumenti salariali aziendali saranno tassati nel 2013 al 10% entro il limite di 3.000 euro lordi e possiamo immaginare chi i colletti bianchi non voteranno assolutamente.
  5. Obbligo di rivalutazione del 15% per i redditi dominicali e agrari: una minipatrimoniale che colpisce solo le aree rurali del Paese.
  6. Tetto di 3.000 euro per la detraibilità fiscale: una misura che colpisce ‘i contribuenti più ricchi’, come li chiama il Corriere della Sera, ovvero quelli che dichiarano più di 15 mila euro l’anno. Più ricchi o meno poveri?

Andando ai servizi, gli interventi di maggior rilievo sono:

  1. Aumento dal 4 al 10% l’Iva sull’assistenza socio sanitaria offerta dalle cooperative sociali: una misura che colpisce direttamente i disabili, gli anziani ed i minori a rischio, gli operatori notoriamente sottopagati. Una misura iniqua che si abbina all’assoggettamento all’Irperf delle pensioni di invalidità e come le riduzioni stipendiali sui permessi previsti dalla legge 104/1992 per genitori e fratelli disabili.
  2. Sconto fiscale pari al 19% dell’imposta lorda per le erogazioni liberali al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, una norma che azzererà la contribuzione per il 5xmille, cassando tanti interventi socio sanitari e  tanta ricerca scientifica. Una batosta che si aggiunge ai ‘risparmi’ di 1,5 miliardi sulla spesa sanitaria per l’acquisto di beni, servizi e dispositivi medici.

Anche altre misure vanno a comporre questo patchwork chiamato ‘stabilità’ …

  1. Aumento definitivo delle accise sulla benzina e il gasolio: un balzello iniquo ed indecente, visto che include anche quella per il terremonto in Abruzzo, dove non è che si sia ricostruito granchè.
  2. Stanziati per il 2013, 1,6 miliardi per il trasporto pubblico locale, 800 milioni di euro per la RFI e 300 milioni per l’Anas. Speriamo solo che sia vero e … che gli autobus e  le vetture da acquistare saranno di produzione italiana.
  3. Aumento di 1 miliardo per i tagli lineari alle le regioni a statuto speciale, ma il budget delle Università potrà crescere del 3% all’anno e per alcuni enti di ricerca del 4%. 160 milioni per la Campania e quasi altrettanti per i comuni in fase di pre-dissesto finanziario. Una goccia nel mare.
  4. Vendita di beni demaniali attraverso fondi immobiliari, un’innovazione discutibile, visto che era finora stata evitata a causa della facilità con cui possano verificarsi sia il riciclaggio di denaro sporco sia svendite e speculazioni.
  5. 300 milioni di euro serviranno  “per far fronte agli oneri derivanti da transazioni relative alla realizzazione di opere pubbliche di interesse nazionale” (leggasi Ponte sullo Stretto), cosa di cui il Ministro Passera dovrebbe avere una chiara nozione provenendo proprio dalla banca che garantì in extremis i prestiti indispensabili  per avviare le opere.
  6. Tagli dell’illuminazione nelle strade, di cui non sembra siano quantificati gli effettivi risparmi. Ad ogni modo: degrado metropolitano, infortunistica stradale e malavita ringraziano. Aumenteranno anche i premi assicurativi?

Arriva anche la Tobin Tax? Sembra di si: secondo il Corriere della Sera “dal testo del provvedimento, che non può ancora considerarsi definitivo, emerge infine un nuovo particolare relativo alla tassa sulle transazioni finanziare. A pagare lo 0,05% sul valore del contratto saranno infatti «in parti uguali le controparti dell’operazione ». Compratore e venditore, dunque, divideranno il costo della Tobin tax.”
Un invito agli italiani ad investire sul ‘mattone’ od a tenere i propri risparmi sotto il materasso? Forse si.

Cosa aggiungere ad un quadro così fosco?
Che è ‘very impressive’ il dato che emerge da tutte le manovre di governo, susseguitesi nel corso degli ultimi 10 mesi.
Un dato che dimostra come si stia evitando accuratamente di toccare gli interessi acquisiti, ma non necessariamente eterni, di alcune categorie di italiani, che appaiono singolarmente omologhe agli attuali governanti: gli over-65 in buona salute, i redditi superiori agli 80.000 euro, gli apparati spreconi ed inamovibili, come le elite universitarie o bancarie.

Raining stones … mala tempora currunt.

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Legge di stabilità, il solito assemblage

10 Ott

La prospettiva verso cui sta navigando l’Italia è tutta in alcune norme contenute nella bozza di Legge di Stabilità, pubblicata da La Stampa: tagli accatastati alla meno peggio, sempre a carico delle componenti sociali più deboli, zero o quasi zero investimenti e crescita, flebili prospettive di riforma del Titolo V e dell’IRPERF, ma l’IVa aumenta.

Per non parlare di alcune norme per le quali si poteva davvero fare di meglio.

Parliamo, ad esempio, delle “controversie relative ai provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture” dove  per una causa dell’ordine di 1 milione di euro il contributo fissato è di soli 4.000 Euro, mentre per una controversia amministrativa da 10.000 Euro tocca un contributo solo dimezzato (2.000 euro).

Oppure dei ‘risparmi’ imposti agli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale pubblici, “non inferiori a 300 milioni di euro annui, da versare entro il 31 ottobre di ciascun anno ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato.” Enti nazionali di previdenza e assistenza sociale pubblici  alimentati dai soldi accantonati mensilmente dei lavoratori. Risparmi a carico di diritti essenziali ed interessi legittimi che vengono spalmati su tutti gli aventi diritto, che abbiano, ad esempio, una pensione minima o ne godano una d’annata o privilegiata.

La spesa sanitaria già ridotta di 1.800 milioni di euro per l’anno 2013, viene ulteriormente decurtata di 1.500 milioni.  Un duro contenimento della spesa sanitaria (passando dal -12% a  -23% circa), non dotato di criteri, visto che, come sanno i malati, ogni Regione fa a modo suo. Malati che, a seconda della Regione, hanno accessi e cure o non li hanno. Il ministro Balduzzi ha annunciato che non è d’accordo e che si batterà, ma, intanto, prendiamo atto che le amministrazioni pubbliche – inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione – e le autorità indipendenti possano acquistare arredi per l’80% della spesa sostenuta nell’anno 2011, mentre non ci sono vincoli di risparmio per gli enti e organismi vigilati dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali.

Allo stesso modo, le medesime amministrazioni “possono conferire incarichi di consulenza in materia informatica solo in casi eccezionali, adeguatamente motivati, in cui occorra provvedere alla soluzione di problemi specifici connessi al funzionamento dei sistemi informatici.”
Amministrazioni che ricorrono a consulenze informatiche ‘solo in casi eccezionali’ tra cui: Agenzia del Demanio, Agenzia del Territorio, Agenzia delle Dogane, Agenzia delle Entrate, Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, Amministrazione degli archivi notarili, Anas S.p.A., Ente nazionale per l’aviazione civile – ENAC, Agenzia spaziale italiana – ASI, Consiglio nazionale delle ricerche – CNR, Istituto nazionale di fisica nucleare – INFN, Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia – INGV, Istituto nazionale di statistica – ISTAT, Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione – INVALSI, Istituto superiore di sanità – ISS, Agenzie ed enti regionali del lavoro, Autorità portuali, Aziende ospedaliere, aziende ospedaliero-universitarie, policlinici e istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici, Università e istituti di istruzione universitaria pubblici, Enti nazionali di previdenza e assistenza e, forse, le le istituzioni scolastiche, che sarebbero considerate, ma solo ai fini statistici, ‘unità locali’ del MIUR.

I termini di decorrenza degli interessi di mora, dalla data di ricevimento della fattura da parte del debitore, sono prorogati a sessanta giorni per le imprese pubbliche produttive e gli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria. Non è il fallimento di una miriade di artigiani, fornitori e commercianti sia la soluzione alla recessione, come non è vietare la negoziazione al ribasso dei debiti contratti, in una logica davvero ragioneristica – che si migliora la governance pubblica e la responsabilizzazione dei suoi alti dirigenti.

Per non parlare dell’illuminazione in ambienti pubblici, per la quale saranno “individuati standard di spegnimento dell’illuminazione ovvero suo affievolimento, anche automatico, attraverso appositi dispositivi, durante tutte o parte delle ore notturne e per l’individuazione della rete viaria ovvero delle aree, urbane o extraurbane, o anche solo di loro porzioni, nelle quali sono adottate le misure dello spegnimento o dell’affievolimento dell’illuminazione, anche combinate fra loro”. Degrado metropolitano, infortunistica stradale e malavita ringraziano.

Oppure dell’iniquo provedimento riguardo “i permessi fruiti ai sensi dell’art. 33 della Legge 5 febbraio 1992, n. 104” che sono decurtati del 50%, se non riguardano patologie del dipendente stesso o per l’assistenza ai figli o al coniuge. Ed i genitori anziani e malati? Li abbandoniamo a se stessi?

Tra l’altro, questa misura permetterà di raschiare 2-300 milioni di euro, più o meno quelli che serviranno  “per far fronte agli oneri derivanti da transazioni relative alla realizzazione di opere pubbliche di interesse nazionale” (leggasi infrastrutture avviate e mai completate con onerosi costi pubblici in penali), cosa di cui il Ministro Passera dovrebbe avere una chiara nozione provenendo proprio dalla banca che garantì i prestiti per avviare le opere per il Ponte sullo Stretto.

Per la flotta aerea antincendio dal Dipartimento della protezione civile al Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile è istituito un apposito fondo presso il Ministero dell’interno con una dotazione di … 40 milioni di euro annui, mentre un Canadair costa circa 19-24 milioni di euro e farlo volare costa 6/7mila euro l’ora (fonte Regione Calabria).

Se parliamo di servizi di trasporto pubblico locale e di servizi ferroviari regionali si annuncia “il progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi, la progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso in relazione alla domanda e il corrispondente incremento qualitativo e quantitativo dei servizi a domanda elevata, la definizione di livelli occupazionali appropriati”.

In nome del risparmio, viene istituita “l’Agenzia per la Coesione interviene nella promozione dello sviluppo economico e della coesione economica, sociale e territoriale e nella rimozione degli squilibri economici, sociali, istituzionali e amministrativi del Paese al fine di favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona”, con un massimo di 250 unità ed un Nucleo tecnico di valutazione di massimo 50 unità, con risparmi previsti in 932.446,86 di euro, quantificati con estrema esattezza fino all’ultimo centesimo. Ovviamente, prevedere una cosa del genere al ‘centesimo spaccato’ è del tutto risibile, dato che nessuno ha la sfera di cristallo. Allo stesso modo per il “Nucleo per la valutazione dei fabbisogni e dei piani e programmi di investimenti pubblici e delle operazioni di partenariato pubblico e privato”, che può raggiungere un massimo di 25 unità e che comporterà risparmi per ben 2.200.000,00 euro, anche questi previsti con esattezza centesimale.

Così andando le cose, il risultato è già scritto: non può essere un governicchio di tecnici senza programma a ‘salvare l’Italia’ e neanche a ‘salvare il salvabile’.

Altro sarebbe un Monti bis con incarichi di governo attribuiti a politici ‘di mestiere’ – attenti al bilancio, ma anche al consenso – ed a personalità del mondo delle imprese e del lavoro. Finora questo governo si è dimostrato espressione del potere bancario e della generazione del baby boom (i nati prima del 1955), garantendo la sopravvivenza di una banca ‘italiana’, pesantemente involved nel crack polacco, ed il mantenimento di interessi soggettivi del tempo che fu ache oggi appaiono a tanti come dei privilegi insostenibili.

Un governo che ha salvato il passato, finora, a discapito del futuro.

Affrontare il ‘disastro 2013’ senza un economista al timone e senza una solida maggioranza parlamentare è pura follia, lo si scriveva l’altroieri. E, d’altra parte, nè il PD mette in prima fila un Fassina nè il Centrodestra lo fa con Baldassarri, nè si propongono candidati-premier come Cicchitto, Montezemolo o Lanzillotta.

Se questo non accade l’unica alternativa a Monti è Mario Monti, che però non governa, ma somiglia sempre più ad un commissario ad acta. Ed i commissari non hanno un piano e non hanno un’agenda, gestiscono il contingente.

Esattamente quello di cui non ha bisogno una barca che affonda.

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La leggenda della spending review

4 Mag

Difficile scrivere qualcosa di serio in giornate in cui cronaca, informazione e governance decidono di darsi all’intrattenimento ed al varietà. Stiamo parlando della spending review.

Innanzitutto, con “revisione della spesa”, si intende quel processo diretto a migliorare l’efficienza e l’efficacia nella gestione della spesa pubblica che annualmente la Gran Bretagna attua da tempo. Come riporta l’apposito sito istituzionale britannico, “The National Archives” (of spending review), la “revisione di spesa” fissa un piano triennale di spesa della Pubblica Amministrazione, definendo i “miglioramenti chiave” che la comunità si aspetta da queste risorse. (Spending Reviews set firm and fixed three-year Departmental Expenditure Limits and, through Public Service Agreements (PSA), define the key improvements that the public can expect from these resources).

Niente tagli, semplicemente un sistema di pianificazione triennale con aggiustamenti annuali, che si rende possibile, anche e soprattutto, perchè la Camera dei Lord e la Corona britannica non vengono eletti, interrompendo eventualmente il ciclo gestionale o rendendosi esposte (nel cambio elettorale) a pressioni demagogiche o speculative.

Di cosa stia parlando Mario Monti è davvero tutto da capire, di cosa parli la stampa ancor peggio.

Venendo al super-tecnico Enrico Bondi, la faccenda si fa ancor più “esilarante” a partire dal fatto che, con tutti i professori ed i “tecnici” di cui questo governo si è dotato (utilizzandoli molto poco a dire il vero), è necessario un esterno per fare la prima cosa che Monti-Passera-Fornero avrebbero dovuto fare per guidare il paese: la spending review e cosa altro?
Il bello è che, dopo 20 anni di “dogma” – per cui di finanza ed economia potevano occuparsene solo economisti, matematici e statistici (ndr. i risultati si son visti) – adesso ci vuole un chimico (tal’è Enrico Bondi) per sistemare le cose, visto che sono gli ultimi (tra i laureati italici) ad avere una concezione interlacciata dei sistemi, una competenza merceologica e, soprattutto, la capacità di fornire stime affidabili con sveltezza.

Dulcis in fundo (al peggio non c’è mai fine) l’appello ai cittadini a segnalare sprechi.

Quante decine o centinaia di migliaia di segnalazioni arriveranno? Quanti operatori serviranno solo per catalogarle e smistarle? Quale è il modello (se è stato previsto) con cui aggregare il datawarehouse delle segnalazioni?

E quanto tempo servirà per un minimo di accertamenti “sul posto”? E chi mai eseguirà gli accertamenti?
Quante di queste segnalazioni saranno doverosamente trasmesse alla Magistratura, visto che nella Pubblica Amministrazione italiana vige ancora l’obbligo di denuncia, in caso di legittimo dubbio riguardo reati?

Una favola, insomma.
Beh, in tal caso, a Mario Monti preferisco Collodi: fu decisamente più aderente alla realtà italiana.

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L’agenda politica di maggio

2 Mag

Arriva il mese di maggio, quello maggiormente funesto, insieme all’autunno, per governi iniqui e regimi infausti. Niente paura, siamo in Italia, l’andamento è lento.

Giorni fa, si accennava alle “provincie” ed al nulla di fatto delle Regioni, nella non riposta speranza che Mario Monti si attenesse a tempi, leggi e promesse. Ed infatti, salvo una BCE (ovvero Mario Draghi?) che suggerisce di “accorpare” anzichè eradere, nulla s’è detto o s’è sentito.

Intanto, l’agenda c’è, l’ha fissata Monti stesso per decreto, ed è scaduta.

Non a caso, a fissare il viatico dei 30 giorni futuri, arrivano segnali di insofferenza dal Senato, dove una leggina “salva pensioni d’annata” è caduta su un emendamento della (nuova)Lega con 124 voti a favore, 94 contrari, 12 le astensioni.

Esiste, almeno al Senato, una “maggioranza” diversa dall’attuale non disponibile (in parte) a votare le mattanze sociali della Fornero o gli F-35 di Finmeccanica, ma propensa a legiferare in favore di minori prebende per la Casta e minore spesa pubblica?

Sarebbe interessante saperlo e, forse, lo sapremo a breve, con quello che c’è da votare in Parlamento.

Una “congiuntura interessante”, perchè un cambio di passo di Mario Monti – con rimpasto di governo, visto che stragiura da mesi che “i conti sono a posto” – rappresenterebbe un’ottima via d’uscita per Mario Monti, Giorgio Napolitano ed i partiti per restare saldi in sella mentre si avvia la tornata elettorale del 2013, per licenziare qualche ministro “ingombrante” e, soprattutto per noi, metter mano a quello che spread, default e speculatori hanno interrotto: la nascita della III Repubblica.

Del resto, i tempi sono pronti.

Tra qualche giorno conosceremo gli esiti delle elezioni locali e gli pseudomaghi di partito consulteranno le loro sfere di cristallo e detteranno alleanze e strategie.

Tra un mese circa esploderà (è il caso di dirlo) il “panico” da IMU, che verrà incassato anche da enti che la legge ha già cassato, pur senza attuare. E dopo un po’, con la chiusura delle scuola, le grandi città inizieranno ad esser piene di gente disoccupata e ragazzini senza meta, mentre le località turistiche dovranno aspettarsi i minimi storici.

Entro luglio bisognerà capire come uscire dallo “spremiagrumi fiscale impazzito” che Prodi, Visco, Padoa Schioppa, Tremonti e Monti hanno creato in questi 20 anni, portando la leva fiscale sul “cittadino onesto” ben oltre il 60% del PIL da lui prodotto.

Da settembre, forse prima, saremo in campagna elettorale per le politiche e bisognerà trovare soldi da spendere per rattoppi e ripristini, se i partiti vogliono le urne piene.

Dulcis in fundo, l’idea – cara ad una certa Roma – di riaggregare intorno Pierferdinado Casini la vecchia Democrazia Cristiana ed i comitati d’affari d’altri tempi, sembra inabissarsi dopo le esternazioni del leader dell’UDC ed il proseguire delle sue frequentazioni con Totò Cuffaro, detenuto per mafia a Regina Coeli. Dopo il fondo il “de profundis” con l’ennesima caduta del Partito Democratico che votava a favore delle “pensioni d’oro”, mentre il PdL sosteneva l’emendamento di Lega e IdV.

Mario Monti non sembra un uomo da “cambio di passo”, come non sembra anteporre l’italianità a tutto tondo, quella “popolare” come quella “laica”, agli ambienti bocconiani e “protagonisti” dai quali proviene.

Ma, d’altra parte, sono già sei mesi sei che l’Italia non ha un ministro dell’economia a tempo pieno, quello del welfare sembra quasi che levi ai poveri per dare ai ricchi, agli esteri “vorremmo vincerne una”, alla giustizia serve sempre, da 20 anni almeno, una legge per snellire, semplificare, accelerare le procedure giudiziarie, dateci un ministro delle infrastrutture che faccia costruire o manutentare qualcosa.

Mai dire mai, però. Il trasformismo è un’arte italiana.

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Il debito non è pubblico: è dello Stato

20 Apr

Ferdinando Imposimato, 76 anni portati bene, è il Presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione. Nella sua lunga carriera si è occupato della lotta alla mafia, alla camorra e al terrorismo, tra cui il rapimento di Aldo Moro (1978), l’attentato al papa Giovanni Paolo II (1981), l’omicidio del vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Vittorio Bachelet, e dei giudici Riccardo Palma e Girolamo Tartaglione.

Di seguito, sono riportati ampi stralci di una lunga disanima pubblicata dal “cittadino” Ferdinando Imposimato sulla sua pagina Facebook, che dovrebbero davvero far riflettere non solo l’Italia – lo “Stato” italiano non i cittadini esausti – ma l’Unione Europea tutta.

“Il debito non e’ pubblico: e’ dello Stato. Riguarda il complesso delle spese sostenute dallo Stato, che costituiscono un insieme da definire con precisione: investimenti diretti quali grandi opere pubbliche, infrastrutture nei settori strategici, costate cento volte piu’ di quello che sarebbe stato giusto spendere.”

“Il debito pubblico e’ cresciuto enormemente per alimentare la corruzione e finanziare la criminalita’ organizzata, che si e’ aggiudicata il 90 per cento degli appalti di grandi opere pubbliche.
E non e’ giusto che quel debito debba essere pagato da poveracci che di quelle spese non hanno goduto minimamente.

“Non sono state costruite scuole pubbliche, non sono stati creati fondi per i non abbienti, non sono state sostenute le piccole e medie imprese, non sono stati migliorati i servizi pubblici, non sono stati assicurati salari tali da garantire una vita libera e dignitosa.”

Nella voragine-debito bisogna inserire i fondi per gli appalti con spese dilatate a dismisura a favore delle imprese del post terremoto, la costruzione di grandi ed inutili infrastrutture per i mondiali di nuoto del 2009, la moltiplicazione per mille delle spese per le autostrade e l’Alta Velocita’, il pagamento dei debiti contratti dall’Alitalia, e gli investimenti indiretti come i finanziamenti pubblici dei partiti (usati anche per acquisti di immobili privati), crediti agevolati, le assunzioni clientelari nelle Autorithy, la pletora delle burocrazie inutili nelle Regioni, nelle provincie e nei comuni, oltre che nel Parlamento italiano. Fino alle spese per gli impegni militari in Afghanistan, in Iraq e in Libano.

Tutte spese che non producono alcun vantaggio per la comunita’ nazionale nel suo insieme, ne’ assicurano la pace nel mondo.”

“Intanto la crisi travolge milioni di persone, i dati testimoniati dalle ricerche della Caritas sono drammatici: piu’ di 8 milioni di poveri e un aumento del 20 per cento della poverta’ tra i giovani sotto i 35 anni. E le speranze di lavoro si riducono sempre piu’. “

“Nessuno ci dice la verita’ su quello che sta accadendo e sui nuovi sacrifici che ci vogliono imporre con il pretesto di dovere ridurre il debito pubblico, con il pericolo del fallimento, della bancarotta che travolgerebbe solo i piu’ deboli.”

“Il movimento degli indignati e’ stato oggetto dell’attacco di persone estranee ad esso, ed e’ stato ingiustamente delegittimato dalla violenza di pochi mascalzoni, che sono i principali alleati di questa maggioranza, responsabile di una politica scellerata e ingiusta. Noi siamo solidali con le Forze dell’Ordine e condividiamo la loro protesta, ma sarebbe un errore confondere i delinquenti che hanno sconvolto Piazza San Giovanni e altre vie di Roma mediante aggressioni e incendi, con coloro che stavano protestando pacificamente.”

“Orbene una minoranza di teppisti non puo’ oscurare le ragioni del dissenso. Essi fanno solo gli interessi di questo Governo che se ne deve andare a casa.

I movimenti, nell’assenza dei partiti, sono oggi i protagonisti di una democrazia diretta, mobilitano milioni di cittadini a sentirsi protagonisti e a spingere il governo verso scelte che non penalizzino ancora una volta i poveri e i diseredati.”

leggi anche Eroi civili? No, colonnelli

broken English version Italy? A cleptocracy, as a Supreme Court judge wrote

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Eroi civili? No, colonnelli

20 Apr

Piercamillo Falascia, su Libertiamo, scriveva ieri che “rispetto al 2001 abbiamo meno dipendenti pubblici, ma stipendi molto più sostanziosi, senza peraltro un corrispettivo aumento della produttività degli stessi. All’interno del mare magnum del pubblico impiego ci sono ovviamente situazioni molto sperequate, con sfacciati fannulloni ben remunerati accanto ad autentici “eroi civili” sottopagati.

Una descrizione dello stato dell’arte essenziale ed impeccabile che ci indica la “strada” della ripresa e del rilancio: gli “eroi civili” sottopagati.

Perchè nessuno, neanche il Governo Monti, il Presidente Napolitano, il Governatore BCE Draghi non ne vanno a caccia onde servirsi della loro competenza e del comprovato senso dello Stato?

Forse perchè bisognerebbe ricercare curriculum molto diversi da quelli “graditi” all’establishment e molto meno portentosi di quelli cui la famiglia Fornero è abituata.

Quali, dunque, i profili degli “eroi civili” sottopagati?

Parliamo di laureati tecnici spesso ex studenti lavoratori, nella dirigenza pubblica con esperienza almeno ventennale nel settore, lungo servizio in territori di mafia o disagiati, qualche incarico di elevata responsabiità finito nel dimenticatoio a “lavoro compiuto”, militanza pregressa nel sociale, conflittualità lavorativa con sindacati ed enti locali, zero condanne.

Sono i cinquantenni, i cinquantenni  ex-giovani degli Anni Ottanta, che, avendone le capacità, hanno avuto le carriere bloccate da un sistema antimoderno e simil-mafioso, dove cooptazione e negligenza hanno regnato sull’innovazione e la buona volontà.

Una generazione che non ha mai avuto un posto al sole, dato che il Boom economico era finito ed i pregiudizi ottocenteschi dei Sessantottini erano diventati dogmi.

Un’Italia di “colonnelli” e non di “generali”. L’Italia di coloro che sono “emersi” per bravura e capacità e che per onestà e tenacia sono stati discriminati.
Gli unici in grado di prendere in mano le cose quando in un Paese che si risveglia dopo 20 anni di cleptocrazia ed azzeramento democratico.

E non saranno i i partiti logori nè l’antipolitica arraffona a dar loro spazio. Avrebbe dovuto farlo Mario Monti, ma i ministri di cui si è voluto circondare erano di tutt’altro avviso, come stiamo vedendo.

Come andrà a finire non è dato saperlo, ma, male che andasse, una cosa è certa: gli “eroi civili”, i “colonnelli” della democrazia, hanno carisma, coraggio e competenze. I “generali” proprio no.

Che ora, dunque, il dado venga tratto, che il Call Up!” si inizi, che un nuovo partito nasca.

Come? Permettendoci di vedere uniti da una “missione” e da un programma i vari personaggi di primo piano “inspiegabilmente” destinati ad essere un “numero bis”. Imposimato, De Magistris, Saviano, Baldassarri, Lanzillotta, Gabanelli, Aprea, Cirielli, lo stesso Gianfranco Fini od il coraggioso Giuseppe Lumia, forse Maroni, forse Zagrebelski, forse Santoro e Fazio o Mentana … lo stesso Giorgio Napolitano o Luca di Montezemolo?

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