Tag Archives: Lamberto Dini

L’Italia vista dai meccanici e dagli hardwaristi

2 Set

Un veicolo per funzionare necessità di più “motori”.

Ad esempio, nella nostra autovettura c’è quello di avviamento, quello a scoppio, quello ‘inerziale’ (volano), quello elettrico (dinamo) che da corrente e ricarica la batteria, eventualmente quello elettrico nelle ibride, la centralina che è la rappresentazione logica del motore e non solo.

 

Qual’è la situazione della nostra (ex) bella Italia?

Innanzitutto, c’è che la centralina deve basarsi su un processore e un sistema operativo strutturati con tutti i limiti e i vizi che c’erano dopo il 1871, quando il Meridione era una quasi una colonia, il Vaticano quasi una banca da nazionalizzare e la ‘nazione’ coincideva più o meno con la famiglia Savoia e la sua corte di provinciali.

Un ristretto ‘core’ di poteri e di norme che sopravvisse alla Seconda Guerra Mondiale e fu upgradato alla meno peggio nel 1974 con un software di emulazione come nel 1922, senza sostituire la CPU nè riprogettare la scheda madre e, soprattutto, presumendo che fosse eterno, senza manutenzione od aggiornamenti.
Oggi, la dimensione debordante di questo software non è quantificabile, ma consta di centinaia di migliaia di leggi, determine, delibere e circolari.

Lo stesso accade per:

  • le costanti perdite di olio, acqua o benzina, cioè gli sprechi,
  • la trasmissione che è logora e va a scossoni, cioè malessere e andatura lenta,
  • luci ed elettronica che malfunzionano, cioè regole double face,
  • la carrozzeria rabberciata, cioè degrado urbano e del paesaggio.

E ritornando al ‘motore’ ed alle sue ‘parti’:

– l’ibrido (l’innovazione) diventa un costoso, superfluo e deregolabile ‘accessorio’, in realtà si va sempre avanti ‘a benzina’ (cartaceo)
– la corrente generata è alternata, mentre batteria e impianti richiedono quella continua
– lo spreco inizia dal volano dove si consuma nei pesi e contrappesi dell’obsoleto software di emulazione
– il motore a scoppio (il ‘pubblico’) è sempre quello di una volta e decisamente arranca
– il motorino di avviamento e i contatti della dinamo soffrono degli agenti atmosferici ed ambientali, cioè sono affidati al “fattore caso”
– il linguaggio con cui comunicano i diversi apparati e sistemi dell’autovettura deve essere necessariamente molto semplificato.

Dunque, dal punto di vista “funzionale” questo è il nostro (ex) Bel Paese.

La domanda che dovrebbe sorgere spontanea è semplice.

Come mai potrà uscire l’Italia da questo gorgo inabissante, se in Parlamento ed al Governo troviamo quasi solo avvocati, medici e diplomati oppure se i ministri dell’Economia e Finanze, delle Infrastrutture e dell’Istruzione durano spesso meno di una legislatura?

E quando prenderemo atto che la visione della ripresa italiana è sostanzialmente omogenea leggendo le dichiarazioni dei ‘tecnici, cioè Calenda, Cottarelli, Cantone e … Landini o Draghi?

Demata

Pensioni flessibili: perchè il PD non vuole?

1 Feb

L’art. 38 della Costituzione italiana ordina che “i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.”

Con il termine ‘invalidità’ si intende la “riduzione, congenita e/o acquisita, delle capacità fisiche o mentali, mentre la vecchiaia è una “età della vita, caratterizzata da progressivo decadimento organico”. In Italia – secondo i dati Inps /Istat – i lavoratori over 55 anni affetti da almeno due patologie croniche sono oltre il 30%.

Attualmente per questi lavoratori – obbligati a permanere al lavoro per un’altra decina di anni od a licenziarsi – non sono previsti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita, come non lo sono per gli esodati ed i disoccupati.

Una spoliazione gravissima dei diritti costituzionali e, dunque, appare davvero incomprensibile la dichiarazione pubblicata oggi – 1 febbraio 2016 – in cui il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, intervistato da Roberto Mania – La Repubblica, continua a rifiutarsi di legiferare: “il tema delle pensioni è molto delicato e sensibile. Il governo ha assunto l’impegno di verificare e ragionare sul capitolo delle flessibilità in uscita. Manteniamo questo impegno. Ma nel merito parleremo solo quando avremo proposte precise”.

Eppure, la Consulta Costituzionale ha rigettato i referendum sulla riforma Fornero delle pensioni non perchè insussistenti, ma solo perchè qualche furbastro era riuscito ad inserirla nella legge di bilancio, che, secondo l’art. 75 della Costituzione, non può essere abrogata con referendum.

Dunque, prima dei muscoli (di cartone) alla Merkel, il Governo (e soprattutto il partito) di Matteo Renzi dovrebbe almeno spiegarci perchè non vuole porre rimedio al disastro delle pensioni italiane.

Infatti, Mario Monti potrebbe non entrarci un bel nulla, se l’11 novembre 2011, nel Discorso di insediamento al Senato, tranquillizzava tutti: “negli scorsi anni la normativa previdenziale è stata oggetto di ripetuti interventi, che hanno reso a regime il sistema pensionistico italiano tra i più sostenibili in Europa e tra i più capaci di assorbire eventuali shock negativi. Già adesso l’età di pensionamento, nel caso di vecchiaia, tenendo conto delle cosiddette finestre, è superiore a quella dei lavoratori tedeschi e francesi.

La ‘doccia fredda’ arrivò a reti unificate per voce di Elsa Fornero – ex consigliere comunale di centrosinistra a Torino – il 4 dicembre 2012: “La riforma previdenziale che presentiamo segna la fine di un periodo in cui le pensioni erano viste come un trasferimento dello Stato in maniera un po’ arbitraria. Ora tutti devono capire che il meccanismo con cui si fanno le pensioni è il lavoro. Vogliamo reintrodurre una flessibilità e incentivi per proseguire l’attività lavorativa. Il pensionamento sarà consentito da un’età minima, che è stata alzata a 62 anni per le donne con una fascia di flessibilità che va fino ai 70 anni. Non ci sono più le finestre: l’età minima degli uomini è di 66 anni”.

La ‘flessibilità’ aveva cambiato verso e il nuovo significato era ‘posticipo’ … ma quali partiti e quali ideologie avevano prodotto una così scandalosa inversione di rotta del governo?

L’attacco – prima ideologico e poi ‘generazionale’ – all’accesso alla pensione di tanti italiani da parte di quel che è oggi il Partito Democratico  ebbe inizio molto tempo fa, quando  con la ‘sua’ Riforma pensionistica Giuliano Amato introduceva il sistema contributivo (a ‘capitalizzazione’), ma mantenendo il pregresso sistema retributivo a ‘ripartizione intergenerazionale’, insostenibile con il calo gemografico e l’invecchiamento della popolazione.

Inoltre, alle pensioni di vecchiaia si aggiungeva una specie ‘atipica’, cioè la pensione di ‘anzianità con 35 anni di contributi, che già nel 1995 richiedeva correttivi con la Riforma Dini apposita, che fissava il giusto riposo del lavoratore a 57 anni con 40 anni di versamenti.
Purtroppo, nessuno ebbe il coraggio di includere in quelle norme delle tutele apposite per i lavoratori con tanti anni di contribuzione ed in condizioni di salute ‘non buone’, ovvero la ‘flessibilità’, che rimase senza regole come abbiamo scoperto con la Riforma Fornero.

E che l’attacco alle pensioni sia stato un progetto di governo ben preciso, lo dimostrano – oggi – i quotidiani del 29 giugno 2009, quando si accese il dibattito tra Enrico Letta e i sindacati, da un lato, e Massimo D’Alema e Walter Veltroni dall’altro:

  • Enrico Letta al Festival dell’Unità: “Il rapporto Ocse sulle pensioni chiama l’Italia a scelte che non si possono più procrastinare: l’innalzamento dell’età pensionabile legato alla libertà dell’individuo di scegliere quando andare in pensione. La logica deve essere più a lungo lavori e più guadagni, prima vai in pensione meno guadagni”
  • Massimo D’Alema alla platea della festa CGIL di Serravalle Pistoiese:  “Paghiamo 3 milioni di pensioni a persone che hanno meno di 60 anni e il livello medio di tali pensioni è considerevolmente più alto rispetto a quello che paghiamo a chi ha oltre 65 anni. Dare una pensione sotto i 60 anni, mediamente di 1.200 euro al mese, a persone che continuano a lavorare, rappresenta una concorrenza sleale alle nuove generazioni sul mercato del lavoro”.
  • Guglielmo Epifani, segretario CGIL, su La Repubblica: “E’ vero che i giovani e le pensioni basse sono due priorità, ma io non le contrappongo alle pensioni di anzianità e non parlerei di privilegio per un operaio che lavora 35 anni e va in pensione con 1000 euro al mese. Avrei un’ altra idea di privilegio: cioè che vadano colpite le caste anche del sistema politico”.
  • Walter Veltroni, intervistato a Tv7 da Gianni Riotta: “C’è uno squilibrio molto forte del sistema pensionistico e questo squilibrio deve essere fronteggiato con una ingente quantità di risorse. C’è una trattativa in corso con i sindacati, ma l’aumento dell’età pensionabile è assolutamente obiettivo”.

Riepilogando,

  • l’aspetto ideologico fu quello di tutta una generazione di presunti evergreen, cioè “reintrodurre incentivi per proseguire l’attività lavorativa” (Fornero),
  • il problema finanziario fu scegliere se salvare le banche (Cassa Depositi e Prestiti) o le pensioni (Inps) o tutt’e due … dato che lo squilibrio finanziario del sistema pensionistico esistente nel 2009 doveva essere “fronteggiato con una ingente quantità di risorse” (Veltroni). Sappiamo tutti com’è andata …
  • la questione politica nel PD di governo è – oggi – laconica, se non del tutto silente: “nel merito parleremo solo quando avremo proposte precise” (Poletti).

Eppure, è dall’aprile del 2013 che il ddl 857 all’esame della commissione Lavoro della Camera – elaborato da Cesare Damiano (anche lui del PD) ed in rappresentanza, a differenza del governo, di tutto il Parlamento – propone i prepensionamenti a 62 anni per tutti ma con 35 anni di anzianità contributiva e l’8% di decurtazione sul trattamento previdenziale nonché la pensione con la formula Quota 41 per i lavoratori precoci.
Inoltre, non è vero che “non si può fare perché l’Europa non vuole”: il Fiscal Compact ci obbliga solo alla quadratura di bilancio, sta al Parlamento votare una legge finanziaria compatibile con ‘tutti’ gli obblighi costituzionali.

Perchè il Parlamento e – soprattutto – il Governo non si affrettano a vararla?

E, quando si andrà a votare, a quale Pd credere?

Demata

 

 

 

Laura Prati: un’italiana decente, mentre il debito ci affonda e i kazaki imperversano

22 Lug

L’ex governatore dell’Abruzzo, Ottaviano Del Turco, è stato condannato a nove anni e sei mesi di reclusione, mentre veniva annunciata la morte cerebrale dell’ennesimo martire italiano, Laura Prati, sindaco di Cardano al Campo (Varese), a causa dei colpi esplosi contro di lei dall’ex capo dei vigili urbani, licenziato per aver truccato gli straordinari.


Più o meno nelle stesse ore, nel Lazio, finiva sotto inchiesta il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) per tangenti e sentenze pilotate, convolgendo Franco De Bernardi, magistrato della seconda sezione quater, Giovannino Antonini, ex presidente della Popolare di Spoleto, Franco Clementi e Claudio Salini, rispettivamente amministratore delegato e socio fondatore dell’impresa di costruzioni ICS Grandi Lavori, Marcantonio Trevisani  e Luciano Callini, ammiragli e parte dello stato maggiore della Difesa.

Quanto alle attività delle autorità kazake, riguardo le quali Emma Bonino temporeggia nell’allontanare l’ambasciatore, i media confermano che è almeno dal 28 maggio scorso che l’ambasciatore Yelemessov tempestava di telefonate i massimi decisori istituzionali, ma passa in sordina che Muxtar Qabılulı Äblyazov, oltre ad è stato il Ministro dell’energia, dell’industria e del commercio del suo paese dal 1998 al 2001, quando fondò il partito di opposizione Scelta Democratica e venne prima arrestato e poi scarcerato, nel maggio 2003, a condizione, però, che rinunciasse all’attività politica.
Bene sapere anche che la BTA Bank era sì insolvente per errate esposizioni creditizie, ma anche che Ablyazov volò dal Kazakhstan a Londra solo dopo che, nel settembre 2009, un fondo sovrano kazako, Samruk-Kazyna, aveva immesso ingenti capitali nella BTA Bank a garanzia della solvibilità, diventando così il suo azionista di maggioranza.
Che ‘gatta ci covi’ è reso palese dalla sentenza del novembre 2012, nella quale una corte britannica ha ingiunto a Mukhtar Ablyazov di pagare 1,63 miliardi di dollari, oltre agli interessi maturati, ma ha anche disposto contro Mr. Ablyazov nuovi blocchi post-giudizio di beni per un ammontare illimitato …

Anche perchè EurasiaNet – di base a New York – sta riferendo da tempo un incremento del social gap in Kazakhstan, mentre i profitti derivanti dalle risorse naturali sono concentrati nelle mani di pochi clan vicini al presidente Nursultan Nazarbayev. Nell’aprile scorso, il Council of Entrepreneurs of Kazakhstan ha ufficializzato che nel paese vivono 1,5 milioni di personi con un reddito mensile inferiore ai 76 euro, mentre il 55.6% della popolazione guadagna mediamente 183 euro al mese.
Secondo gli analisti, il costo delle risorse primarie (acqua e benzina) viene gestito in modo da scoraggiare le attività impreditoriali locali, specie in alcune regioni del paese etnicamente diverse dalla maggioranza dominante.

Una situazione scandalosa ed illiberale, che l’Europa vorrebbe ignorare a tutti i costi, come Der Spiegel raccontava, giorni fa, rivelando che, se Silvio Berlusconi è amico personale del presidente kazako di Nazarbayev, altri noti politici ne sono consulenti o dipendenti, come gli ex cancellieri tedesco e austriaco Gerhard Schröder e Alfred Gusenbauer, gli ex primi ministri britannico e italiano Tony Blair e Romano Prodi, così come l’ex presidente polacco Aleksander Kwaniewski e l’ex ministro degli interni tedesco Otto Schily. Tutti costoro sono membri nei loro paesi di partiti socialdemocratici. Gusenbauer, Kwaniewski e Prodi sono ufficialmente membri dell’Intenarnational Advisory Board di Nazarbayev. S’incontrano spesso ogni anno – nella più recente occasione due settimane fa nella capitale kazaka Astana – e ciascuno di loro percepisce onorari annuali che raggiungono le sette cifre.”

Una chiamata in causa per Emma Bonino e Laura Boldrini, se Viola von Cramon, deputata dei Gruenen, deve stigmatizzare come accada che politici come Schröder, Schily, Prodi e Blair si lascino coinvolgere nei giochetti di Nazarbayev, “specialmente perché ora il suo regime è impegnato in un giro di vite. Ma grazie all’influenza dei lobbisti occidentali, poco di quello che succede oltrepassa i confini.”

Un segnale d’allarme, se ricordiamo che Unicredit ha annunciato solo 3 settimane prima (2 maggio 2013) dell’espulsione dall’Italia di Alma e Aula che la controllata Bank Austria aveva competato la vendita del 99,75% della seconda banca kazaka, la JSC ATFBank, alla KazNitrogenGaz, interamente controllata da Galimzhan Yessenov, genero del sindaco di capitale Almaty e magnate sel settore estrattivo dei fosfati.
Un’operazione di cui comprenderemo le ripercussioni a breve, per la quale l’Ufficio Studi del Gruppo SACE precisa un Country Risk Update: “secondo alcuni fonti il prezzo pagato per ATF Bank è pari al patrimonio netto della banca, circa USD 500 milioni. Unicredit aveva acquisito ATF Bank prima della crisi finanziaria internazionale, per un importo di USD 2,1 miliardi.”

Un Kazakistan ed un oligarca, Nazarbayev, che hanno ricevuto – oltre all’ex candidato alla Presidenza della Repubblica Romano Prodi – le visite di Luciano Violante, Giorgio Napolitano, Emma Bonino, Lamberto Dini, Massimo D’Alema, Tiziano Treu, secondo quanto riporta il quotidiano Libero di Maurizio Belpietro.

Visite di Stato, ne vorremmo esser sicuri, come quella, nel 2007, di Emma Bonino, in occasione dell’incontro per la centrale estrattiva di Kazakhstan fra il primo ministro kazako Karim Masimov , il ministro dell’Energia Sauat Mynbayev e l’Amministratore Delegato di Eni Paolo Scaroni, poi indagato per corruzione internazionale, mentre Human Rights Watch accusa da quasi un anno l’Ente nazionale Idrocarburi di violazione dei diritti umani proprio in Kazakhistan, dopo che numerosi operai vennero uccisi dalla polizia durante scioperi contro le multinazionali del petrolio

eni-kasakistan-bonino

Intanto – a Roma, ma non in Italia – anche Papa Francesco vuole vederci chiaro nella finanza pubblica ed ha istituito una commissione, che dovrà raccogliere «puntuali informazioni sulle questioni economiche interessanti le amministrazioni vaticane», preposte «ad evitare dispendi di risorse economiche, a favorire la trasparenza nei processi di acquisizione di beni e servizi, a perfezionare l’amministrazione del patrimonio mobiliare e immobiliare, ad operare con sempre maggiore prudenza in ambito finanziario, ad assicurare una corretta applicazione dei principi contabili ed a garantire assistenza sanitaria e previdenza sociale a tutti gli aventi diritto».
Eh già, se la spesa pubblica tracima, sono Sanità, Welfare e Infrastrutture a farne le spese.

Un’ora fa, ADN-Kronos annunciava che, “secondo Eurostat, il rapporto debito/Pil ha raggiunto quota 130,3%, contro il 127% dell’ultimo trimestre del 2012 e il 123,8% del primo trimestre dello scorso anno. In termini assoluti, il debito pubblico italiano nei primi tre mesi del 2013 è stato di 2.034.763 miliardi.”
Peggio di noi , in Europa, sta solo la Grecia, con la differenza che ogni greco è esposto per ‘solo’ 24.000 euro di debito pubblico pro capite, mentre noi italiani ce ne ritroviamo poco meno di 40.000.

Debito%PIL ITALIA 2010 2013

E non ci salverà – nella fiducia che ormai pochi, all’estero, si azzardano a riporre sull’Italia – l’uscita di Emma Bonino: ‘Allontanare l’ambasciatore kazako? Devo tutelare i nostri interessi là’. Nostri starebbe per ENI, Impregilo e tante altre aziende italiane andate ad investire all’estero …

Purtroppo, varrebbe la pena di convincersi che l’affaire kazako, come dichiara Gustavo Zagrebelsky intervistato da La Repubblica, “è l’umiliazione dello Stato. Ammettiamo che nessun ministro ne sapesse qualcosa. Sarebbe per questo meno grave? Lo sarebbe perfino di più. Vorrebbe dire che le istituzioni non controllano quello che accade nel retrobottega e che il nostro Paese è terreno di scorribande di apparati dello Stato collusi con altri apparati, come già avvenuto nel caso simile di Abu Omar, rapito dai “servizi” americani con la collaborazione di quelli italiani e trasportato in Egitto: un caso in cui s’è fatta valere pesantemente la “ragion di Stato”.

E se uno dei paesi ‘membri titolari’ dei G8 deve ritrovarsi, oggi, a subire il ricatto di qualche ‘benzinaio’ e di qualche corrotto lobbista, non è che le cose andranno meglio, domani.
Anzi, il sacrificio di Laura Prati sarà stato del tutto inutile e, forse, è proprio da lei e dal suo esempio che dovremmo ripartire.

originale postato su demata

Inciucio senza riforme?

15 Gen

Visto che Berlusconi regge ancora saldamente il timone del PdL, a Monti non resta che vedere ‘cosa avrà da dire  Bersani’, al quale non resta altro che dichiararsi ‘pronto a collaborare’, ed affermare che si tratta di un ‘rapporto contro natura’ è quasi un’ovvietà, dato che il primo è ‘no alla patrimoniale’, mentre il secondo, giorni fa, raccontava di una patrimoniale sugli immobili «fino a 1,5 e mezzo catastale che significa a mercato 3 milioni».

Pierluigi Bersani vuole ‘eliminare l’Imu per chi sta pagando fino a 400-500 euro’, Mario Monti si barrica con un ‘assolutamente non penso ad un’imposta patrimoniale’.

Il segretario del PD è il candidato premier del centrosinistra e l’ex consulente di Goldman Sachs rammenta che ‘noi non siamo stampella di nessuno’.

L’ex consulente di Goldman Sachs difende le sue riforme a Porta a Porta, rivendicando che ‘i partiti mi hanno lasciato un piedistallo di impopolarità’, mentre  l’ex presidente della Regione Emilia Romagna spiega al Washington Post che vuole ‘applicare o apportare dei correttivi alle sue riforme’.

L’Agenda Monti prevede “un reddito di sostentamento minimo”, “condizionato alla partecipazione a misure di formazione e di inserimento professionale”, mentre il Manifesto riporta che ‘il segretario del Pd ieri ha aperto alla possibilità di un salario minimo imposto per legge, mentre la segretaria della Cgil – seguendo una tradizione più contrattualista del sindacato – ha chiuso le porte’.

Secondo B., ‘pensare che in fase di recessione possa diminire il debito pubblico è impossibile’, mentre M. sostiene che ‘la crescita non nasce dal debito pubblico. Finanze pubbliche sane a tutti i livelli’.

Pierluigi ritiene che priorità siano ‘una legge contro la corruzione, una legge sulla vita e il funzionamento dei partiti politici’ e ancora ‘leggi sui diritti civili, come quello dei lavoratori di partecipare alla scrittura dei contratti aziendali. Le unioni civili per le coppie gay. Diritti di cittadinanza per gli immigrati’.
Mario pensa che  sia fondamentale attuare ‘il principio del pareggio di bilancio strutturale, ridurre lo stock del debito pubblico a un ritmo sostenuto e sufficiente’ e ‘ridurre a partire dal 2015, lo stock del debito pubblico in misura pari a un ventesimo ogni anno, fino al raggiungimento dell’obiettivo del 60% del prodotto interno lordo’.

E tutto via così, come quando si allearono per governare Prodi, D’Alema, Franceschini, Mastella, Di Pietro, Bertinotti, Giorgio La Malfa e Lamberto Dini.  Sappiamo tutti come andò a finire.

Così andando le cose, ‘Dio ci scampi da destra e sinistra’, come ha dichiarato di recente Mario Monti.
Infatti, prendiamo atto che Alfredo Bazoli, nipote del banchiere Giovanni Bazoli, ex numero uno di Banca Intesa, è candidato col Pd e sarà quasi sicuramente eletto, dato che è ottavo della lista in Lombardia, mentre Gregorio Gitti, genero di Bazoli senior e cognato del presidente del Consiglio di sorveglianza di Intesa San Paolo, Fabio Coppola, punta anch’egli al Parlamento, essendo terzo di lista, sempre in Lombardia, con Mario Monti.

originale postato su demata

Baby pensioni? Meglio se privilegiate

27 Apr

Antonio Di Pietro, sessantenne ex magistrato fondatore dell’IdV, è in pensione dall’età di 44 anni e percepisce 2.644 euro lordi al mese. (Mario Giordano – “Sanguisughe”, Ed. Mondadori)

Manuela Marrone, cinquattottenne moglie di Umberto Bossi fondatore della Lega, è un’insegnante in pensione dall’età di 39 anni con 766 euro lordi al mese. (fonte Corsera)

Rainer Stefano Masera, ex ministro del Bilancio nel governo Dini, è un docente universitario in pensione dall’età di 44 anni con  18.413 eu­ro lordi al mese. (fonte Corsera)

Fabio Granata, esponente cinquantunenne di Futuro e Libertà, e Leonluca Orlando, cofondatore dell’Idv, percepiscono da diversi anni 8.000 euro al mese di pensione come ex consiglieri regionali. (fonte Il Giornale)

Piero Marrazzo, cinquantaduenne attualmente giornalista RAI, è un ex consigliere regionale che ha presentato alla Regione Lazio apposita domanda di pensione per 2.000 euro al mese.  (fonte Il Giornale)

Sandro Frisullo, plurindagato cinquantacinquenne ed vicepresidente della Regione Puglia, è andato in pensione con 10.071 euro lordi al mese come ex consigliere regionale. (fonte Il Giornale)

Pier Carmelo Russo, quarantasettenne plurindagato ed assessore della Giunta regionale siciliana, è un ex funzionario della Regione Sicilia in pensione dall’età di 44 anni con 10.980 euro lordi al mese. (fonte Il Giornale)

Non è esattamente un problema di Baby pensioni, ma di pensionamenti “privilegiati” o “d’annata”.

Era la prima cosa da azzerare, nel 1994 quando si intervenne sulle pensioni, ma, lo raccontano i fatti, è rimasta lì come se nulla fosse: molte migliaia di “onesti” italiani hanno beneficiato, vent’anni fa, delle stesse “condizioni favorevoli” pur non essendo anziani od invalidi. Tra loro sindacalisti, magistrati, funzionari, docenti universitari: la casta.

D’altra parte, poteva mai la riforma delle pensioni essere equa, se coloro che la concordarono erano tutti in età pensionabile?
Fu un caso che Giuliano Amato, esponente di rilievo del PD che volle l’innalzamento dell’età pensionabile, sia andato subito dopo in pensione, a 60 anni, con 22.048 euro lordi al mese (fonte Il Giornale) … giusto il tempo di varare la riforma ed andar via con tutte le salvaguardie?

(cliccando qui trovi i numeri ed i grafici delle Baby pensioni)

Baby pensioni? In buona parte al Nord

27 Apr

Il Corriere della Sera del 26 aprile scorso pubblicava (link) un compendioso articolo di Enrico Marro sulla disastrosa situazione delle “Baby pensioni”, ancor più accentuata dal vergognoso fenomeno delle pensioni privilegiate o d’annata, di cui si parla in un altro post di questo blog.

Per capirci qualcosa di più, ho messo in tabella  i numeri pubblicati dal Corsera che connotano l’iniquità della situazione venuta a crearsi.

Infatti, a sorprendere non è tanto l’esistenza (residuale) di baby pensionati, che per altro diverse categorie di lavoratori “producono” in ogni paese, vedi docenti, militari, poliziotti eccetera.

Piuttosto, a sorprendere è l’evidente situazione di privilegio accumulatasi nel Settentrione, che dimostra come tante contrattazioni sindacali e tante leggine fossero funzionali sono ad una parte dei lavoratori e solo in determinati territori.

Chi l’avrebbe mai detto che in Friuli Venezia Giulia, come in Liguria ed in Trentino, un abitante su settanta è un baby pensionato da un ventennio ormai, mentre in Emilia Romagna, Veneto, Piemonte e Lombardia ve ne è uno ogni 90-100?

E come farsi una ragione dei 5 miliardi e mezzo di Euro che da quasi due decenni prendono la via del Settentrione e dei suoi “fortunati”, mentre al Sud si sopravvive ancora con la pensione della nonna?