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Riportate a casa i marò

27 Mar

In una Camera che accoglieva con una certa indifferenza o sorpresa le polemiche dimissioni del Ministro degli Esteri Giulio Terzi, date al termine di un’audizione, per pochi attimi si è udito il grido dolente di Vania Girone, moglie di Salvatore, uno dei fucilieri di Marina riconsegnati alle carceri indiane: «riportate a casa mio marito».
«Non possiamo abbandonarli», dirà ai cronisti Franca Latorre, sorella dell’altro marò, il pugliese Massimiliano.

Una situazione paradossale, se non fosse tragica e caotica, con il ‘solito’ Mario Monti colto da «stupore», dato che Giulio Terzi non gli aveva preannunciato «le sue intenzioni, benchè in mattinata si fosse tenuta presso la presidenza del Consiglio. In Mario Monti che non sorprende più nessuno nel tenere a precisare che  «le valutazioni espresse alla Camera dal ministro Terzi non sono condivise dal Governo».
Un Premier che non sa cosa frulla nella testa del suo Governo? A quanto pare si.

Una situazione tragica e caotica che vede la stessa BBC esprimere perplessità su tutto il comportamento italiano in generale, riportando alcuni elementi essenziali che non hanno avuto particolare risonanza in Italia:

  • esistono dubbi significativi sul fatto che i colpi di avvertimento siano effettivamente stati sparati. La testimonianza dei pescatori superstiti è credibile ed accurata e, inoltre, la posizione della petroliera sembra essere fuori questione, ovvero nelle acque territoriali indiane e non fuori giurisdizione come sostiene la ‘versione’ italiana;
  • i nostri marines potevano essere immediatamente trasferiti fuori dalla giurisdizione indiana, come di prassi per gli altri eserciti in casi simili e come accadde nel caso del disastro della funivia del Cermis, in val di Fiemme, il cui cavo fu tranciato da un aereo militare USA;
  • la vicenda dei marò, fin troppo procastinatasi, si è ormai intrecciata, specie sui tabloid indiani, con una denuncia per complotto e frode che la polizia criminale indiana (Cbi) ha formalizzato contro Agusta Westland (Finmeccanica) nelle indagini svolte su presunte tangenti nella fornitura di 12 elicotteri.

Il ministro alla Difesa, ammiraglio Di Paola, ha voluto precisare: «Non abbandonderò la nave in difficoltà con Massimiliano e Salvatore a bordo fino all’ultimo giorno di governo, verrei meno al senso del dovere delle istituzioni che ho sempre servito e alle scelte del governo che ho condiviso».

Ma qui la faccenda si complica. Infatti, agli occhi degli indiani, il fatto che la Procura Militare abbia avviato un’indagine per violata consegna e dispersione di armamento militare verso i due marò appare decisamente tardivo e, soprattutto, insufficiente, visto che ai due reati in ipotesi si poteva anche aggiungere qualche altra cosa, come l’omicidio colposo.
Un percorso che avrebbe, col senno di poi, certamente avvantaggiato di due fucilieri.

Infatti se, per l’art. 44 del Codice Penale Militare di Pace, “non è punibile il militare, che ha commesso un fatto costituente reato, per esservi stato costretto dalla necessità di impedire fatti tali da compromettere la sicurezza della nave”, è anche vero che per l’articolo successivo (45), “quando si eccedono colposamente i limiti imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i reati colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come reato colposo.”

Dunque, se fin dal primo giorno di rimpatrio dei due marò si fosse cambiata linea difensiva ed aperta un’indagine per mancata consegna e dispersione di armamento militare, andando a dimostrare l’eccesso colposo, sarebbe stato possibile detenere i due fucilieri, processarli per omicidio colposo e condannarli ad una pena mite (la reclusione va da sei mesi a cinque anni), che, sommando la detenzione indiana ed un po’ d’attesa di giudizio, si sarebbe trasformata in un rilascio.
Nel frattempo, un equo e congruo indennizzo alle famiglie dei pescatori morti ed alla loro comunità avrebbe aiutato a riassorbire rancori e pretese.

Una vicenda, agli occhi degli inglesi, politicamente maldestra fin dall’inizio, quando ritardi, sottovalutazioni e pressappochismo portarono all’attracco della petroliera in India con tanto di marò a bordo, a disposizione della polizia del Kerala ben pronta ad arrestarli.

Una sottovalutazione che potrebbe costare molti anni di carcere ai due militari italiani e solo una costante e capillare azione diplomatica e legale potrà, ormai, garantire che vengano scontati in Italia.

Giulio Terzi ha espresso «la propria riserva per la repentina decisione del loro ritrasferimento in India, la mia voce è rimasta inascoltata. Finalmente avevamo in patria i due fucilieri di marina. Mi dimetto perchè per 40 anni ho ritenuto e ritengo oggi in maniera ancora più forte che vada salvaguardata l’onorabilità del Paese, delle forze armate e della diplomazia italiana. Mi dimetto perchè solidale con i nostri due marò e con le loro famiglie».

Ed allora chi ha deciso tutto e chi deciso cosa in questa vicenda?
C’è Roberto Formigoni a twittare: «Il governo chiarisca chi ha voluto rimandare i marò in India». Ma gli oltre 101 eletti del Movimento Cinque Stelle non hanno nulla da dire? Che ‘tutto taccia’ era prevedibile, ma, se non anche di questo, di cosa altro mai pensavano di doversi occupare?

Riportiamo a casa i nostri marò e basta figuracce ed ipocrisie, ingenuità ed incertezze: la nostra diplomazia non può permetterselo, ma soprattutto non può permettersele la nostra Marina: annunciando le dimissioni in piena seduta della Camera, Giulio Terzi – nel bene e nel male – ha passato il testimone al Parlamento ed al Presidente della Camera, non al Governo Monti.

Il nostro paese – già molti mesì fa, quando la Ferrari corse in India esibendo la bandiera della Marina Italiana – avrebbe dovuto impegnarsi a dimostrare l’innocenza dei nostri fucilieri o, quanto meno, la loro non intenzionalità nell’uccisione dei due pescatori indiani.

Ed invece ancora si sostiene che le raffiche furono sparate a vuoto …

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The Italian Job: notizie dai giornali indiani

15 Mar

Dalla vicenda dei marò Massimilian Latorre e Salvatore Girone, l’Italia ne sta venendo fuori nel peggiore dei modi e vale la pena che le sue aziende inizino a prepararsi alle conseguenze del duro contraccolpo in termini di credibilità internazionale, di peso politico in Europa ed ai G8 e di speculazione finanziria ‘ostile’.

Infatti, come riporta la BBC, il ministro degli Esteri indiano ha ben chiarito in quali termini, nell’attuale e nel futuro, si manterranno i rapporti con il nostro Paese: “l’India si aspetta che la Repubblica d’Italia  mantenga l’impegno sottoscritto di onorare il termine ordinativo dato ad essa dalla Corte Suprema, come qualunque altra nazione che voglia considerarsi uno Stato di diritto“.

E’ stato solo a seguito di questo impegno sottoscritto (ndr. dal nostro ambasciatore Daniele Mancini), che la Corte Suprema ha consentito ai due marines di viaggiare e rimanere in Italia per un periodo di quattro settimane e tornare in India sotto la cura, la supervisione e il controllo della Repubblica Italiana.

Rincara la dose Rajiv Pratap Rudy, un portavoce del principale partito di opposizione Bharatiya Janata Party, affermando che “questo è un tradimento ed un bluff da parte del governo italiano. Si tratta di una violazione di fiducia tra due nazioni sovrane e l’atto è del tutto inaccettabile“.

Queste le notizie riportate dalla BBC che riprende i giornali indiani, come quelli di seguito:

  • The Hindu:  il rifiuto dell’Italia per la restituzione Massimilian Latorre e Salvatore Girone “può far vincere al nuovo governo italiano punti sporchi in casa propria, ma è un  comportamento disdicevole per una nazione responsabile” e che il governo indiano è troppo “esposto per lasciarsi prendere in giro così facilmente da un governo straniero“.
  • The Times of India:  “livello spaventoso di ingenuità da parte delle istituzioni indiane nel consentire ai marines di andare, nella convinzione che gli italiani avrebbero poi voluto mandarli indietro. Nel caso in cui c’è poco che New Delhi può fare ora. Nella migliore delle ipotesi si può fare una manifestazione di rabbia diplomatica ed espellere l’ambasciatore italiano, ma tutto ciò ben poco servirebbe alla causa della giustizia per i pescatori“.
  • Mint Newspaper:  “l’episodio verrà ricordato come una macchia nera nella storia del diritto dell’India: i diritti dei due stranieri erano più importanti quelle dei poveri pescatori, il cui unico obiettivo era quello di guadagnar da vivere per le proprie famiglie“.
  • The Indian Express: l’India starebbe valutando “dure opzioni diplomatiche, tra cui la rottura delle relazioni e l’interruzione dei rapporti commerciali“.
  • Hindustan Times: “se l’India vuole davvero essere una superpotenza regionale, non può essere colta alla sprovvista da un paese che negli ultimi tempi non è stato solo travolto da una crisi economica, ma si è anche dimostrato politicamente instabile e ingovernabile in più occasioni“.

Questa, dunque, la situazione di un continente, quello indiano, dove vivono oltre un miliardo di persone e questo è quanto leggono i traders della Borsa di Londra.

A buona connotazione è utile sapere che, consultando le cronache anglofone, emergono alcuni elementi essenziali che non hanno avuto particolare risonanza in Italia:

  • esistono dubbi significativi sul fatto che i colpi di avvertimento siano effettivamente stati sparati. La testimonianza dei pescatori superstiti è credibile ed accurata e, inoltre, la posizione della petroliera sembra essere fuori questione, ovvero nelle acque territoriali indiane;
  • i nostri marines potevano essere immediatamente trasferiti fuori dalla giurisdizione indiana, come di prassi per gli altri eserciti in casi simili e come accadde nel caso del disastro della funivia del Cermis, in val di Fiemme, il cui cavo fu tranciato da un aereo militare USA;
  • da ieri l’ambasciatore d’Italia a New Delhi, Daniele Mancini, è sotto arresto – invitato a non allontanarsi dalla propria residenza – al posto dei due marò, che, prevedibilmente, avrebbero ricevuto una condanna da scontare in Italia, ovvero a piede libero in attesa di ricorso;
  • la polizia criminale indiana (Cbi) ha formalizzato, l’altro ieri, una denuncia per complotto e frode, nell’intento di approfondire le indagini svolte su presunte tangenti nella fornitura di 12 elicotteri Agusta Westland (Finmeccanica).

The Hindu, principale organo d’informazione indiano, racconta di “Finmeccanica, che ha una presenza abbastanza grande in India, in diversi progetti di difesa tra cui quello per la prima portaerei in corso a Kochi, è probabile che questo induca il governo ad un approccio ‘morbido’ nei suoi rapporti con l’Italia.”

Secondo l’ammiraglio Uday Bhaskar, autorevole analista della Difesa indiana, “il rifiuto dell’Italia di mandare indietro due dei suoi marines, sotto processo in India per aver ucciso due pescatori indiani fuori Kerala, e l’indagine di CBI sul gigante della difesa (ndr. Finmeccanica) e la sua controllata AgustaWestland avrebbero un impatto politico a lungo termine con un’elevata posta in gioco. Il governo italiano deve avere fatto i suoi calcoli e studiato la situazione prima di rinnegare la sua promessa di mandare indietro i marines per essere processato in India. Il CBI, che ha inviato un team di invastigatori, lo scorso mese, a Milano, in relazione con le indagini sullo scandalo per corruzione nell’acquisto degli elicotteri, è probabile che ponga ostacoli pretendendo l’aiuto delle autorità italiane di andare avanti con la sua indagine“.

Gli investigatori indiani accusano due intermediari di aver pagato tangenti per la compravendita di 12 elicotteri a favore di AgustaWestland, in un paese dove di recente è stata adottata la linea dura chiesta dal ministro della Difesa AK Antony: inserire in una “lista nera” qualsiasi società che viola le leggi anti-corruzione. Non a caso il Ministero della Difesa ha chiesto al nuovo CEO di Finmeccanica, Alessandro Pansa, “qualsiasi informazione che potrebbe essere in grado di fornire su transazioni sospette“.

The Hindu precisa anche che “la presenza di Finmeccanica in India risale ai primi anni 1970, quando il gruppo ha fornito 41 elicotteri Sea King della Marina Militare indiana. Il gruppo ha un tie-up per i progetti chiave con le industrie partner BHEL, BEL, Bharat Dynamics Limited, HAL e Tata Sons.

Finmeccanica e le società controllate hanno contratti per il valore di migliaia di milioni di rupie da parte del governo indiano e hanno una presenza enorme in molti settori. Queste aziende sono SELEX Galileo, Ansaldo STS e AgustaWestland.
Ansaldo STS è una società tecnologica multinazionale che produce sistemi di segnalamento e automazione per l’utilizzo da parte degli operatori ferroviari e di trasporto rapido. Ansaldo STS ha sede a Genova, in Italia, e Finmeccanica ha un 40 per cento delle azioni della società. L’azienda ha 240 dipendenti in India e, secondo fonti del settore, occupa un’importante quota di mercato nel mercato del segnalamento ferroviario.
SELEX ES fornisce sistemi di navigazione e di comunicazione per le principali piattaforme avioniche indiane dal 1995 e ATC sistemi VHF per la Airports Authority of India e i radar di precisione per l’aeronautica militare indiana dal 2001.
Nei sistemi di difesa, OTO Melara, altra società del gruppo, ha fornito armamenti di grosso calibro ed unità navali medie e piccole alla Marina Militare indiana.

E questo è quanto afferma la brochure “Finmeccanica & India, in the spirit of partnership”: “l’India è un paese di fondamentale importanza per Finmeccanica. La crescita economica sostenibile, i crescenti investimenti per la difesa, la sicurezza e le infrastrutture, la grande base industriale e la forza lavoro qualificata hanno favorito la presenza di Finmeccanica e gli investimenti con una visione a lungo termine. Per i prossimi anni, le nostre operazioni in India saranno destinate a migliorare la nostra presenza e aumentare la nostra reputazione come un partner solido e affidabile.

Dunque, è ben chiaro quale enorme pasticcio stia combinando la nostra Casta – politicamente instabile e ingovernabile in più occasioni, come afferma Hindustan Times – a danno del nostro ‘complesso industrial-militare’, distruggendo una presenza ed una friendship nel continente indiano ormai consolidate e creando tutte le premesse per la frammentazione di un importante patrimonio pubblico (Finmeccanica e non solo), cui non potrà far altro che seguire un’instabilità finanziaria ed una minore occupazione nel lungo periodo.

My compliments: it’s another Italian job.

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Il Berlusconismo? Pensiamo al futuro

20 Giu

Se c’è qualcosa che ‘a Destra’ andrebbe detto, è che il Berlusconismo è finito, sempre che sia mai iniziato.

Infatti, il maggior dissenso tra i suoi (ex) elettori risiede nell’aver consegnato l’Italia nelle mani degli attuali governanti, dopo essere stati troppo ‘timidi’ con i sindacati e troppo ‘disponibili’ verso la componente cattolica e consociativa.

Non a caso il risultato di 18 anni di Berlusconismo è una spesa pubblica enorme ed inclassificabile e tagli eseguiti selvaggiamente, poco e male, oltre ad un duopolio televisivo costoso ed una rete di conflitti di interessi che sembra  toccare quasi ogni carica pubblica ormai.

Stavolta, la colpa non è degli ‘infidi comunisti’, ma risiede nel poco coraggio di Silvio Berlusconi nel fare politica sul serio e nel farla laica e di destra, ovvero liberale.

La perpetuazione della cassa integrazione sotto altre forme, la spesa pubblica di cui sopra, le leggi contro omosessuali e spinelli, l’assenza di strumenti per contrastare le violazioni professionali (vedi falso in bilancio, danno erariale, errata diagnosi, captata fiducia eccetera), la poca o nulla attività nelle infrastrutture e nel supporto alle aziende, un sistema sanitario e pensionistico da paesi dell’Est, un welfare cucito apposta per il Gatto e la Volpe, la immanente lentezza ed imprevedibilità delle sentenze, la mafia che si è spostata a Milano.

Un governo di destra tutto questo non lo avrebbe lasciato in eredità ai Posteri.

E, dunque, così si comprendono i tentativi di Alfano e Cicchitto nel salvare qualcosa che non c’è e non c’è mai stato.

Il Berlusconismo? Un tentativo mal riuscito, se parliamo di politica e di crescita dell’Italia.

Questo  – almeno questo dato – dovrebbe far riflettere i nostri parlamentari sull’opportunità di proseguire nello scellerato esperimento del Bipolarismo, prendendo atto che – come i manuali di sociologia insegnano – l’esistenza del Vaticano alimenta una quota di elettorato che va dal 15 al 30% e che un cattolico ‘serio’ non è di destra o di sinistra, ma prima di tutto un credente.

Una questione fuori discussione – empirica ormai – sulla quale ci sarebbe da mettere solo un punto fermo ed un partito che rappresenti le istanze cattoliche.

Il nostro paese, come tutti gli altri, ha bisogno di un partito di destra, anzi di diversi partiti di destra (postfascista, liberale, ultralib, eccetera), come di sinistra, anzi di diversi partiti di sinistra (socialdemo, libdem, postcomunisti, verdi).
L’Italia, però, ha soprattutto bisogno di un partito cattolico, ispirato non solo a valori come quelli ‘della Vita’ (aborto, eutanasia, omosessualità), ma anche – si spera – a quelli del ‘non rubare’, ‘non commettere atti impuri’, ‘non desiderare donna d’altri’, ‘non desiderare cose d’altri’.

L’alternativa è che tutti saranno allo stesso tempo pro e contro l’aborto, l’eutanasia e gli omosessuali (come per questi 20 anni).

Come ‘tutti’ saranno come è stato spesso finora, con scandali alla cocaina, prostitute e qualche trans, soldi pubblici sprecati e rubati, comitati d’affari che saccheggiano o deturpano territori e vite. Ed a farlo saranno anche persone che, praticano regolarmente la propria fede od, in base ad essa, raccolgono il consenso elettorale.

Tra due mesi, saremo in campagna elettorale. Mario Monti ha compiuto la sua missione di salassarci, rianimarci e farci durare un anno come fossimo zombie, ma un anno sarà quasi trascorso ed il Tempo va solo in avanti.

Speriamo che per settembre – quando ormai saremo ai prodomi della campagna elettorale e ci sarà almeno da sceglie big ed organigrammi – che qualcuno si faccia venire un’idea.

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Senza informazione non c’è democrazia

13 Giu

Ripubblico, in stralcio, un articolo (link) di Alessandro Citarella, segretario provinciale per Napoli del Partito del Sud .

Gli stessi poteri che vogliono che il Sud rimanga una colonia interna cercano di ridurre lo spazio democratico ed eliminare la pluralità delle fonti d’informazione.”

“E’ particolarmente interessante notare che esiste un fondamentale accordo, anche se tacito, fra gli attuali e i recenti governanti neoliberisti di centrodestra e quelli precedenti della coalizione pseudo socialdemocratica di centrosinistra, sia nella trasformazione in senso negativo della prassi politica, sia nella sottomissione degli interessi della popolazione rispetto a quelli della Banca Centrale Europea.

La stessa entrata dell’Italia nell’Euro, eseguita con condizioni capestro e di sicuro svantaggio per i lavoratori e per i risparmiatori, è stata gestita proprio dalla coalizione di partiti della coalizione pseudo socialdemocratica di centrosinistra, la quale, almeno in linea teorica, dovrebbe essere più vicina alle classi più deboli.

In questo quadro di riferimento, si è potuto assistere alla trasformazione dell’uso degli organi d’informazione, sia televisivi sia in carta stampata, che sono diventati dei semplici strumenti di propaganda e di orientamento politico che mirano a catalizzare l’attenzione dei cittadini verso argomenti frivoli e secondari per distrarli totalmente dall’involuzione della democrazia e dall’assoggettamento ancora più marcato della politica economica nazionale nei confronti dei poteri forti europei e internazionali.”

I pochi organi di stampa e le televisioni non in linea con il potere fanno battaglie in salita, specialmente a causa della concorrenza sleale fatta da sovvenzioni pubbliche generosamente elargite ai vari personaggi del sottobosco politico corrotto e corruttore, e da un drogaggio dei “mercati dell’informazione”, dove cambiando troppo spesso burocrazia e i relativi costi si piega o si elimina la concorrenza di quei soggetti inclini all’autonomia e all’imparzialità.

“Non è un caso che l’Italia continua a scendere nelle classifiche mondiali relative alla corruzione e all’obiettività dell’informazione, ma è una precisa scelta di potere: portare il pubblico verso una rosa ristretta di testate televisive e giornalistiche fortemente orientate dalle proprietà verso un preciso quadro politico, distraendolo del tutto o in larga parte da scenari “socialmente pericolosi” per chi detiene il potere.

In un quadro di forte interferenza nel mondo dell’informazione, diventa semplice creare notizie su persone e organizzazioni puntualmente pubblicizzate in maniera scientifica in precisi momenti, anche nella forma dei famigerati “dossier” che sembrerebbero, a prima vista, ben documentati, dando vantaggi strategici apparenti a una delle parti politiche contrapposte.

In realtà il gioco delle parti, le finte opposizioni, i richiami a fantomatiche unità nazionali e a sensi di responsabilità servono solo a conservare il potere detenuto dai soliti noti, con l’obiettivo di emarginare e sopprimere quei movimenti realmente capaci di proporre cambiamenti alle regole del gioco e che vorrebbero restituire la decisionalità ai cittadini, togliendola a quel ristretto novero di “decisori” in cima alla piramide economico-finanziaria.

E’ questa la stessa piramide che nel nostro Paese è stata responsabile della creazione della colonia interna chiamata “meridione” attraverso l’annessione forzata al Piemonte dei territori del Regno delle Due Sicilie 151 anni fa.

Il massacro della popolazione e la spoliazione dei territori dell’ex Regno delle Due Sicilie hanno permesso che l’Italia “unita” seguisse un modello planetario dove ci sono un “nord” ricco e un “sud” colonia, cardine di un sistema di disuguaglianza dei diritti, dove l’uno non può essere uguale all’altro.

Insomma, “liberté, égalité, fraternité”, ma solo per chi appartiene al “club”.

“E’ necessario, pertanto, per un Partito che vuole difendere gli interessi delle popolazioni dell’ex Regno delle Due Sicilie, lottare a livello nazionale con forza contro i poteri che oggi cercano di ridurre lo spazio democratico ed eliminare la pluralità delle fonti d’informazione, perché questi sono gli stessi poteri che vogliono che il Sud rimanga una colonia interna.

La lotta politica per la difesa della democrazia e della pluralità dell’informazione è una lotta meridionalista a tutti gli effetti, che deve essere abbinata a quella per la verità storica, per l’uguaglianza dei diritti e delle opportunità.

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Il barile è raschiato. La cleptocrazia andrà a finire?

6 Giu

Oggi, ‘Il Jester’ esce con una efficace e sintetica disanima del fallimento di Mario Monti (Ecco i dati del fallimento del Governo Monti. Il gettito fiscale è diminuito di 3,5 miliardi di euro), analogamente alle notizie e riflessioni diffuse da questo blog ieri (DEF: i conti di Mario Monti, alla prima verifica semestrale, non tornano), aggiungendo che la “Corte dei Conti, proprio ieri ha denunciato l’eccessiva pressione fiscale che ha avvitato l’economia italiana in una recessione pericolosa.”

Sono andato a spulciare tra i suoi post di dicembre: anche Il Jester, come questo blog ed altri, ha sentito odore di bruciato e di marcio fin da subito.

Rispetto al post in questione, però, non mi allarmerei troppo per lo ‘spread’, dato che è evidente che non dipende da noi quano dalla Germania e dal sistema finanziario in-grassato dalle decine di migliaia di miliardi di Euro che dai paesi dell’Est le ‘oligarchie’ (mafie?) locali hanno riversato sull’Europa da 15 anni a questa parte.

Quello che preoccupa me e non solo è altro, come scrivevo ieri.

La riforma delle pensioni è vigente e sta facendo solo danni, la riforma del lavoro presenta troppe ‘dimenticanze’ e troppi salti in avanti per lasciar ben sperare, dei cacciabombardieri F-35 (che costano tantissimo) e dell’effettiva quantità non si è saputo più nulla.

Del Meridione inutile parlarne, neanche se impugna i Forconi o inneggia ai Briganti oppure, peggio ancora, se è vittima di un oscuro e gravissimo attentato a Brindisi. Niente per le donne, per l’istruzione e la formazione professionale nulla, la sicurezza che – neve o terremoti, viabilità o rapinatori – non c’è. Niente famiglia, niente bambini, niente anziani, niente disabili: non esistono nelle priorità di questa maggioranza di governo.

Solo farisaica ignavia e flaccida inazione per la Sanità, dove i giusti tagli hanno interrotto parzialmente il ‘Paese del Bengodi’, ma che, senza monitoraggio e government, sono in balia delle Regioni e dei loro dissesti o delle oligarchie che fanno da base consensuale di questo sistema partitico. I malati? Siano … pazienti. Il buco nero del deficit pubblico? Andiamo oltre …

Alle province da abolire per legge, ma che possono restare per legge. Oppure, alla riforma elettorale che non c’è, dato che – come la mettono la mettono – comunque la Partitocrazia perderà tanti seggi. Meglio tenesi le attuali mille poltrone mille …

Questo è lo stato attuale della Nazione e, da oggi, non è più un cittadino blogger a pensarlo: il disastro è firmato di loro pugno nel Documento di Economia e Finanza (DEF).

Cosa fare?

Continuare a rincorrere lo ‘spread’ è impresa folle, come lo fu quella di immettere nelle aste titoli con interessi del 7%: praticamente una corda al collo.

Continuare ad incidere sul welfare e sulle infrastrutture, sottraendo risorse, sarebbe la negazione del Programma di governo – poca roba – e, soprattutto, del Keynesismo, in nome di un ultraliberismo che non trova più adepti neanche tra i Repubblicani statunitensi.

Allo stesso modo, in nome di una stabilità che si sfilaccia di giorno in giorno, non si è voluto abbandonare al proprio destino Unicredit, aumentando il gravame sull’Italia e gli Italiani, come non si vuole prendere atto che il consenso dei partiti di governo è pressochè inesistente, vista l’astensione ed il voto espresso alle recenti amministrative.

Come anche, per più antichi ed imbarazzanti motivi, si evita di nominare il Meridione od a non pretendere efficienza e sobrietà dalle pubbliche amministrazioni, dagli ospedali, dalle scuole, dalla Politica e dai Partiti.

Dunque, è la realtà dei fatti a dirci che il barile è raschiato e va a finire questa cleptocrazia iniziata 150 anni fa con il saccheggio del Triveneto e delle Due Sicilie e con ‘l’acquisizione’ del patrimonio clericale.

Cosa ne sarà è difficile dirlo, visto il senso di ‘irresponsabilità’ verso la Nazione che questa gerontocrazia all’ultima spiaggia sta dimostrando.

L’unica cosa certa è che, con gente così al potere, non lasciamo spazio che agli speculatori ed agli usurai. Quale pazzo, ma onesto investitore giocherebbe le sue fiches sull’Italia?

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DEF: i conti di Mario Monti, alla prima verifica semestrale, non tornano

5 Giu

Circa sette mesi fa, dinanzi alle prime avvisaglie del Governo Monti, scrissi che questa gestione del paese ci avrebbe portato, prima dell’estate, allo stallo e/o al caos.

Diciotto giorni fa, annotai che “tra pochi giorni, i dati ci dimostreranno che l’inflazione è salita, le economie sulle pensioni non sono così tante, i cacciabombardieri F-35 non sono 131 e neanche 25″ e “delle richieste diffuse, anche tra i ceti più informati, di rimpasto del governo Monti o di elezioni anticipate.”

Oggi, il Corriere della Sera titola “Lo Stato incassa meno: entrate tributarie in calo. Il Def (Documento di Economia e Finanza): 3.477 milioni di euro in meno nei primi 4 mesi dell’anno rispetto alle previsioni” e aggiunge che sono “in flessione anche i ruoli per -93 milioni di euro (-4,5%), le poste correttive per -160 milioni di euro (-2,2%) e le entrate tributarie degli enti territoriali per -84 milioni di euro (-1,2%)”.

Un mese prima (e 66 giorni fa) scrivevo che arrivava l’inflazione, “un qualcosa di prevedibile se i commercianti non vendono (stagnazione) e le tasse aumentano vertiginosamente. L’alternativa sarebbe quella di vedere serrande callate e avvisi di fallimento.

Ricordiamo che inflazione e recessione non vanno molto d’accordo, anzi, non sono affatto sostenibili da un sistema produttivo-finanziario. Qualunque professore di economia o sostenitore di un “ordine mondiale” sa che la congiuntura va evitata a tutti i costi.

Un situazione che si sta accompagnando, ma saranno i dati di fine anno a confermarlo, all’inabissamento dell’evasione e della corruttela secondo un meccanismo abbastanza prevedibile. Infatti, il monitoraggio ossessivo dei conti bancari di chiunque sta creando (ed era prevedibilissimo) un circuito parallelo di attività saldate per contanti e, ovviamente, non fatturate o sotto-fatturate.

Questo è quello che provoca un Welfare iniquo ed una fiscalità esosa e sprecona. I libri di storia coloniale e del Terzo Mondo grondano di esempi simili.

Ma Elsa Fornero e Corrado Passera non lo sanno e non riescono a comprendere che sarebbero bastati una patrimoniale sui redditi, lo spacchettamento di Finmeccanica e l’abbandono di Unicredit agli squali tedeschi suoi partner per evitare la mattanza sociale, lo stallo economico del Paese, l’interessata inerzia tedesca.”

Adesso la frittata è fatta e volge alla fine la saccenza di Mario Monti e delle centinaia di ‘professori’ di cui hanno lautamente riempito ministeri e commissioni di lavoro.

Non è un caso che Fassina, l’esperto di economia pubblica del Partito Democratico, ha presentato “l’asso di picche” proprio ieri, paventando l’approssimarsi di elezioni anticipate.

Nulla di male, in Italia hanno praticamente floppato quasi tutti e nessuno ha pagato il pegno, anzi talvolta è stato richiamato a ‘completare l’opera’.

Il punto è che la riforma delle pensioni è vigente e sta facendo solo danni, la riforma del lavoro presenta troppe ‘dimenticanze’ e troppi salti in avanti per lasciar ben sperare, dei cacciabombardieri F-35 (che costano tantissimo) e dell’effettiva quantità non si è saputo più nulla.

Del Meridione inutile parlarne, neanche se impugna i Forconi o inneggia ai Briganti oppure, peggio ancora, se è vittima di un oscuro e gravissimo attentato a Brindisi. Niente per le donne, per l’istruzione e la formazione professionale nulla, la sicurezza che – neve o terremoti, viabilità o rapinatori – non c’è. Niente famiglia, niente bambini, niente anziani, niente disabili: non esistono nelle priorità di questa maggioranza di governo.

Solo farisaica ignavia e flaccida inazione per la Sanità, dove i giusti tagli hanno interrotto parzialmente il ‘Paese del Bengodi’, ma che, senza monitoraggio e government, sono in balia delle Regioni e dei loro dissesti o delle oligarchie che fanno da base consensuale di questo sistema partitico. I malati? Siano … pazienti. Il buco nero del deficit pubblico? Andiamo oltre …

Alle province da abolire per legge, ma che possono restare per legge. Oppure, alla riforma elettorale che non c’è, dato che – come la mettono la mettono – comunque la Partitocrazia perderà tanti seggi. Meglio tenesi le attuali mille poltrone mille …

Questo è lo stato della Nazione allo stato attuale e, da oggi, non è più un cittadino blogger a pensarlo: il disastro è firmato di loro pugno nel Documento di Economia e Finanza (DEF).

Complimenti, dunque, a Mario Monti, Elsa Fornero e Corrado Passera per … la loro capacità di ipnotizzare leader di partito e direttori di testate.

Purtroppo, per noi, però, i loro conti, alla prima verifica semestrale, non tornano.

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Le origini della corruzione in Italia secondo Francesco Nitti

28 Mag

Francesco Saverio Nitti (Melfi, 19 luglio 1868 – Roma, 20 febbraio 1953) è stato un economista internazionale, politico, saggista e antifascista italiano. Fu il primo Presidente del Consiglio proveniente dal Partito Radicale Storico e  più volte ministro.

Un meridionalista di famiglia liberal-socialista ed antiborbonica, che, 110 anni fa, delineava un quadro desolante e perverso del ‘sistema Italia’.

Uno scenario che si perpetua identicamente ancora oggi e che lascia aperta una serie di riflessioni.

Innanzitutto, come possiamo dar fiducia, almeno noi meridionali che viviamo al Sud od altrove, ad un governo i cui ministri rappresentavano, fino a pochi mesi fa, gli interessi degli ‘eredi’ dei saccheggiatori del Meridione e degli ‘speculatori storici’, ovvero la Compagnia di San Paolo, Unicredit, le ‘cooperative’ bianche e rosse, lo IOR ed i vecchi ‘latifondisti’. Resta da capire anche come riescano ancora a farlo il resto degli italiani, visto che la Crisi li ha costretti ad arroccarsi in una unica entità: l’attuale Governo Monti ed i partiti che lo sostengono, Unione Democratica di centro, Partito Democratico e, più timidamente, Popolo delle Libertà.

Inoltre, come non riconoscere nel sistema sprecone di overtaxing ed appalti pubblici sabaudo la matrice originaria del dissesto italiano, ampiamente confermata nell’inefficienza e nel carrierismo ‘storici’ dei suoi funzionari. Un sistema di opere pubbliche e di amministrazione pubblica elefantiaca, finalizzato, sotto i Savoia, al mantenimento di un’economia imperialistica e di ‘complesso industrial-militare’ ante litteram ed, oggi, necessario al trasferimento di risorse, centralità e know how verso gli stessi terminali di allora: Torino, Roma, Bologna.

Infine, come non ricordare che prima venne massacrato o deportato chiunque esitò nel ‘sentirsi italiano’, ad esempio inginocchiandosi al passaggio dei soldati sabaudi, poi vennero portate vie le terre demaniali e tanto, tantissimo, oro e poi ancora fu l’ora del trasferimento delle industrie e delle relazioni commerciali, dopo ancora si spostarono le ‘risorse umane’ … finchè, grazie a mafia, camorra e ndrangheta, venne realizzato il sistema d’oppressione perfetto: oggi si lucra sulla manifattura a basso costo, sull’agroalimentare mandato la macero, sull’immondizia da trasformare (altrove) in oro nero, sull’evasione fiscale ed il denaro sporco.

Dunque, Nicky Vendola e Tonino Di Pietro – come Massimo D’Alema, Francesca Scopelliti, Fabio Granata, Alessandra Mussolini, Luigi De Magistris  e tanti altri – dovrebbero dare una rapida scorsa agli scritti di Saverio Nitti, prima di promettere un futuro migliore agli elettori del Sud … e prima stendere programmi o di siglare alleanze.

Eccone alcuni stralci significativi, non solo per i meridionali d’Italia, ma per quelli di ‘qualunque Sud’.

“L’Italia, conquistatrice del mondo durante l’antichità romana, museo di tutte le arti del medio evo, mirabile nella civiltà moderna per i suoi sforzi di rinnovazione è, e rimane tuttavia, un paese molto povero: soprattutto essa soffre d’impécuniosité, deficienza di danaro, deficienza di capitali. (da La ricchezza dell’Italia, Napoli, 1904, p. 8)”

“Prima del 1860 non era quasi traccia di grande industria in tutta la penisola. La Lombardia, ora così fiera delle sue industrie, non avea quasi che l’agricoltura; il Piemonte era un paese agricolo e parsimonioso, almeno nelle abitudini dei suoi cittadini. L’Italia centrale, l’Italia meridionale e la Sicilia erano in condizioni di sviluppo economico assai modesto. Intere provincie, intere regioni eran quasi chiuse ad ogni civiltà.” (Nord e sud -1900)

Ora dunque l’Italia è naturalmente, nelle condizioni attuali della produzione, un paese povero. Si aggiunga che si deve lottare contro paesi nuovi, ove la terra non ha ipoteche, e non ha né meno la ipoteca del passato. Si deve lottare con paesi dove esistono territorii a unità di cultura grandi quanto più le grandi regioni d’Italia. Oramai nell’industria i popoli più progrediti hanno accumulato tesori d’energia. Hanno asservito forze naturali che parevano invincibili: hanno strappato dalle viscere della terra i tesori che vi erano accumulati. (da L’Italia all’alba del secolo XX – 1901, pp. 21-22)

Due cose sono oramai fuori di dubbio: la prima è che il regime unitario, il quale ha prodotto grandi benefizi, non li ha prodotti egualmente nel Nord e nel Sud d’Italia; la seconda è che lo sviluppo dell’Italia settentrionale non è dovuto solo alle sue forze, ma anche ai sacrifizi in grandissima misura sopportati dal Mezzogiorno.

Quando per la prima volta sollevai la questione del Nord e del Sud e cercai farla passare dal campo delle delle affermazioni vaghe, in quello della ricerca obbiettiva, non trovai che diffidenze. Molti degli stessi meridionali ritenevan pericolosa la discussione e non la desideravano. (da L’Italia all’alba del secolo XX  – 1901. p. 108)

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Eppure, Francesco Saverio Nitti era un repubblicano da ben tre generazioni, nonno carbonaro, padre mazziniano socialista, altri parenti esuli. Ma, proprio perchè acerrimo oppositore del Regno Borbonico per amor di patria, non potè rendersi indifferente dinanzi al saccheggio cui aveva assistito.

“Ora, ciò che noi abbiamo appreso dei Borboni non è sempre vero: e induce a grave errore attribuire ad essi colpe che non ebbero, ed è fiacchezza d’animo per noi tutti non riconoscere i lati manchevoli del nostro spirito e della nostra educazione, e voler attribuire ogni cosa a cause storiche.
É un grave torto credere che il movimento unitario sia partito dalla coscienza popolare: è stata la conseguenza dei bisogni nuovi delle classi medie più colte; ed è stato più che altro la conseguenza di una grande tradizione artistica e letteraria.

Bisogna leggere le istruzioni agli intendenti delle province, ai commissari demaniali, agli agenti del fìsco per sentire che la monarchia cercava basarsi sull’amore delle classi popolari. Fra il 1848 e il 1860 si cercò di economizzare su tutto, pure di non mettere nuove imposte: si evitavano principalmente le imposte sui consumi popolari. Il Re dava il buon esempio, riducendo la sua lista civile spontaneamente di oltre il 10 per cento; fatto questo non comune nella storia dei principi europei, in regime assoluto o in regime costituzionale. (da L’Italia all’alba del secolo XX – 1901, p. 110-111)

Pochi principi italiani fecero tra il ’30 e il ’48 il bene che egli (ndr. (Ferdinando II delle Due Sicilie) fece.
Mandò via dalla corte una turba infinita di parassiti e di intriganti: richiamò i generali migliori, anche di parte liberale, e licenziò gli inetti; ordinò le leve militari; fece costruire, primo in Italia, una strada ferrata, istituì il telegrafo, fece sorgere molte industrie, soprattutto quelle di rifornimento dell’esercito, che era numerosissimo; ridusse notevolmente la lista civile; mitigò le imposte più gravi.

Giovane, forte, scaltro, voleva fare da sé, ed era di una attività meravigliosa. Educato da preti e cattolicissimo egli stesso, osò, con grande ammirazione degli intelletti più liberi, resistere alle pretese del papato e abolire antichi usi, umilianti per la monarchia napoletana.  (da Scritti sulla questione meridionale: Volume 1, Laterza, Bari, 1958, p. 41)

Senza togliere nessuno dei grandi meriti che il Piemonte ebbe di fronte all’unità italiana, che è stata in grandissima parte opera sua, bisogna del pari riconoscere che senza l’unificazione dei varii Stati, il regno di Sardegna per lo abuso delle spese e per la povertà delle sue risorse era necessariamente condannato al fallimento. La depressione finanziaria, anteriore al 1848, aggravata fra il ’49 e il ’59 da un’enorme quantità di lavori pubblici improduttivi, avea determinata una situazione da cui non si poteva uscire se non in due modi: o con il fallimento, o confondendo le finanze piemontesi a quelle di altro stato più grande.  (Nord e sud -1900)

Nel 1800, la situazione del Regno delle Due Sicilie, di fronte agli altri Stati della penisola, era la seguente, data la sua ricchezza e il numero dei suoi abitanti. Le imposte erano inferiori a quelle degli altri Stati;

  1. I beni demaniali e i beni ecclesiastici rappresentavano una ricchezza enorme e, nel loro insieme, superavano i beni della stessa natura posseduti dagli altri Stati;
  2. Il debito pubblico, tenutissimo, era quattro volte inferiore a quello del Piemonte e di molto inferiore a quello della Toscana;
  3. Il numero degli impiegati, calcolando sulla base delle pensioni nel 1860, era di metà che in Toscana e di quasi metà che nel Regno di Sardegna;
  4. La quantità di moneta metallica circolante (ndr. in oro), ritirata più tardi dalla circolazione dello Stato, era in cifra assoluta due volte superiore a quella di tutti gli altri Stati della penisola uniti assieme. Il Mezzogiorno era dunque, nel 1860, un paese povero; ma avea accumulato molti risparmi, avea grandi beni collettivi, possedeva, tranne la educazione pubblica, tutti gli elementi per una trasformazione. (Nord e sud -1900, p. 113)

Bisogna ricordare che nel 1860 il Piemonte avea grandissima rete stradale; numerose ferrovie e canali e opere pubbliche di molta importanza. Queste cause, estranee in gran parte alla guerra, erano i veri agenti della depressione finanziaria. (Nord e sud -1900, p. 38)

Dei Borbone di Napoli si può dare qualunque giudizio … Non furono dissimili dalla gran parte dei prìncipi della penisola, compreso il Pontefice. Ma qualunque giudizio che si dia di essi non bisogna negare che i loro ordinamenti amministrativi erano spesso ottimi; che la loro finanza era buona, e in generale, onesta. ((Nord e sud -1900, pp. 30-31)

La mia famiglia è stata tra le più perseguitate, anzi tra le più tormentate dal passato regime … Poiché appartengo a una razza di perseguitati e non di persecutori, ho appunto perciò maggiore dovere della equità; e trovo che a quaranta anni di distanza cominciamo ad avere l’obbligo e il bisogno di giudicare senza preconcetti. Dei Borbone di Napoli si può dare qualunque giudizio … ma qualunque giudizio che si dia di essi non bisogna negare che i loro ordinamenti amministrativi erano spesso ottimi; che la loro finanza era buona, e in generale, onesta.

L’Italia nuova non ha avuto il suo Manhes; ma le persecuzioni sono state terribili, qualche volta crudeli. Ed è costata assai più perdite di uomini e di danaro la repressione del brigantaggio di quel che non sia costata qualcuna delle nostre infelici guerre dopo il 1860.

L’ordinamento finanziario del Regno di Sardegna fu esteso a tutto il resto d’Italia. Fu il [Pietro] Bastogi, che fra il 1861 e il 1862, compì l’opera di trasformazione. Con cinque disegni di leggi, che furono la base delle leggi successive, il Bastogi estese il sistema fiscale piemontese a tutti i vecchi Stati che erano entrati a far parte del nuovo regno.

Avvenne così, per effetto del nuovo ordinamento, che il regno delle Due Sicilie si trovò a un tratto, senza che nessuna trasformazione economica fosse in esso avvenuta, anzi perdendo quasi tutto il suo esercito e molte sue istituzioni, a passare dalla categoria dei paesi a imposte lievi, nella categoria dei paesi a imposte gravissime.  (Nord e sud -1900)

Il governo delle province, prefetti, intendenti di finanza, generali, ecc., è ancora adesso in grandissima parte nelle mani di funzionari del Nord. Non vi è nessun senso d’invidia in quanto diciamo. Ma vogliamo solo dire che se i governi fossero stati più onesti e non avessero voluto lavorare il Mezzogiorno, cioè corromperne ancor più le classi medie a scopi elettorali, molto si sarebbe potuto fare.

Le loro amministrazioni locali vanno, d’ordinario, male; i loro uomini politici non si occupano, nel maggior numero, che di partiti locali. Un trattato di commercio ha quasi sempre per essi meno importanza che non la permanenza di un delegato di pubblica sicurezza. (Nord e sud -1900)

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Sembra scritto oggi … specialmente se constatiamo che gli Stati europei fuori dall’Eurozona sono la maggior parte delle monarchie costituzionali (Gran Bretagna, Svezia, Danimarca, Norvegia) e che proprio nei regni d’Olanda e di Spagna si riscontra il maggiore euroscetticismo e non nelle ‘democratiche’ repubbliche di Francia, Germania e Italia.

Addirittura, a star dal ‘lato sud’ dell’Europa, ci sarebbe da iniziare a dubitare che la Crisi – almeno in termini di gravità estrema e di efficacia delle strategie in atto – sia effettivamente ‘generale’ e non riguardi, viceversa, solo le repubbliche capitaliste (e corrotte) d’Europa e le sue oligarchie, arricchitesi sulle spoglie di guerra di ‘qualche Sud’ o grazie al Piano Marshall e la Guerra Fredda che ne venne dopo. Non necessariamente i nostri Stati o le nostre imprese od i nostri lavoratori.

Qualcuno, negli Stati Uniti, racconta che il Capitalismo e l’Industrialesimo nacquero grazie alla spoliazione degli Stati del Sud (arretrati, malvagi e schiavisti …) e qualcosa di simile si racconta in Gran Bretagna, riguardo  l’avvento degli ‘sassoni’ Coburg e la scomparsa dei ‘normanni’  Hannover (pazzi, malvagi ed imperialisti …), ma questa è un’altra storia.
Se non fosse che somiglia moltissimo a quello che ha fatto la Germania con l’Europa dalla Riunificazione in poi: risucchiare verso nord benefit, mercati e risorse, confinare a sud degrado, criminalità e fallimenti.

Che, dunque, il Meridione – d’Italia e d’Europa – si doti di una forza rappresentativa delle sue istanze e, soprattutto, che garantisca i suoi interessi, pretendendo antimafia, defiscalizzazione, interventi strutturali e, perchè no, un modo diverso – sobrio, responsabile, solidale – di fare governance rispetto agli ultimi 150 anni.
Poco conta che sia un’anima comune nei diversi partiti oppure elemento di aggregazione di un neonato partito -, ‘liberale’, ‘sociale’ od ‘autonomista’ che sia – purché venga superata la frammentazione degli intenti e delle soluzioni, frutto avvelenato dell’Annessione e degli interessi privati degli allora funzionari sabaudi, come Nitti ricorda.

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Amministrative: i segnali sono nei dettagli

22 Mag

Al di là dell’analisi generale del voto alle amministrative, dopo i ballottaggi, alcuni dettagli sono da considerarsi, specie in luce di una riforma elettorale tutta da farsi e da “inventarsi”.

Dettagli, forse, non tutti determinanti dei quali, però, sarà bene tener conto, se vogliamo evitare qualche altro “svarione” al nostro già danneggiato paese.

1- Difficile pensare che i cittadini digeriranno la scelta di un Senato federale eletto dalle giunte regionali, ovvero dai partiti. Come è difficile immaginare che, nell’arco di un decennio, le Regioni non trasformino il Senato in un gerontocomio ed in un groviglio di lobbies.

2- Marco Doria ha raccolto più voti al primo turno (127.477) che al ballottaggio (114.245) ed il Partito Democratico, a Genova, raccoglie 55.000 voti, mentre i suoi alleati ne totalizzano 62.000.

3- A Parma, il Movimento Cinque Stelle conquista il seggio di Sindaco, ma Pizzarotti vince grazie ai voti degli elettori dell’UDC e del PDL, che assommati sono superiori ai suoi.

4- A Palermo, Orlando sbanca, dopo i cattivi risultati raccolti dal PD nelle precedenti amministrative, segno che la Sicilia vuole interloquire con lo Stato nazionale e non vuole sottostare a decisioni prese altrove, come anche che diffida di forze politiche che hanno alimentato l’emigrazione al Settentrione industiralizzandolo e degradato il Sud, dimenticandolo.

5- Il Partito Democratico vince nelle maggiori città, ma i candidati sono iscritti di SEL (Marco Doria) e dell’IdV (Orlando). Non vince, a causa del fronteggiamento con l’UDC, nelle città più piccole, ma di una certa entità demografica e produttiva come Parma,  Trani, Taranto e Verona, dove sono candidati iscritti al PD.

6- E’ nell’evidenza dei fatti che far parte del Governo Monti si stia rappresentando come un vero e proprio abbraccio fatale per il Popolo delle Libertà. La Sinistra prevale, ma attuando un’equivocante politica del “doppiopetto”, con il PD al ‘governo’ e SEL alla ‘lotta’.

7- Mentre nelle giunte che si sono formate al primo turno, la possibilità di “far da terza sponda” si è di per se annullata, dai ballottaggi esce un risultato impressionante riguardo l’UDC, che a Parma va con Cinque Stelle, a Rieti e Taranto col PD, a Palermo, Verona e Trani è con il PdL.

8- In non pochi Comuni, i neoeletti sindaci hanno un consenso del 25% o poco più, visto che a stento ha votato la metà degli elettori.

Difficile pensare che alle prossime elezioni si possa andare a votare con un Partito Democratico rappresentato da SEL, con l’IDV che sembra poter diventare la prima forza “a Sud”, un Centrodestra inesistente, l’UDC che è disponibile a qualunque alleanza, i Grillini in parlamento senza un programma nazionale e “soli contro tutti”.

E difficile pensare che le cose possano andar meglio, senza un rimpasto del governo Monti, che rimetta la politica al suo posto, ed un salto di qualità del Parlamento, nell’abolizione delle provincie e dei troppi privilegi.

Quanto alla legge elettorale, la cautela è d’obbligo, dato che l’obbligo di dichiarare programmi ed alleanze sembra ineludibile, come quello di un solido sbarramento, che, però, Mattarellum e Porcellum non offrono, agevolando come fanno le “filiere di cespugli”. Allo stesso tempo, l’attuale sistema elettorale da un bonus di seggi eccessivo alla compagine vincente, che ‘de facto’ vanifica il ruolo dell’opposizione e del parlamento, se parliamo di politiche, e le azzera del tutto, se parliamo di piccoli comuni.

Qualcosa va fatto e presto, dopo i fischi dei partenopei all’Inno di Mameli, dei terremotati emiliani all’arrivo di Mario Monti, di alcuni brindisini persino verso il vescovo.

L’Eurozona? Ci pensino Francia e Germania.

leggi anche Dopo le elezioni, il caos?

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Dopo le elezioni, il caos?

22 Mag

Circa sei mesi fa, dinanzi alle prime avvisaglie del Governo Monti, scrissi che questa gestione del paese ci avrebbe portato, prima dell’estate, allo stallo e/o al caos.
Come volevasi dimostrare, i fatti di questi giorni ne sono la riprova.

L’astensione è alle stelle, il PdL è imploso, la Lega tiene solo dove ci sono i maroniani, il Partito Democratico vince con candidati di SEL, l’UDC approfitta dei ballottaggi e riesce a mettersi in giunta, a seconda dei comuni, con il PD, con il PDL e addirittura con Cinque Stelle, che avanza localmente con un “programma nazionale” che, per ora, si mantiene qualunquista e demagogico.

Il tutto mentre esplodono bombe davanti alle scuole e tre giorni dopo non ci sono tracce da seguire, mentre “salta” la filiera del parmigiano perchè, a quanto pare, gli uffici tecnici italiani proprio non riescono a tener conto del rischio sismico.

Intanto, il Parlamento è fermo, ferma la riforma del lavoro, ferma l’abolizione delle Provincie, fermi la legge elettorale, i rimborsi dei partiti, la riforma della Pubblica Amministrazione, la destrutturazione della RAI. E, tra pochi giorni, i dati ci dimostreranno che l’inflazione è salita, le economie sulle pensioni non sono così tante, i cacciabombardieri F-35 non sono 131 e neanche 25, mentre i media inizieranno a raccontarci, si spera, che Unicredit, Finmeccanica e Monte Paschi di Siena non navigano in buone acque.

Dunque, secondo la ‘dottrina’ del sistema mediatico italiano, le testate son piene di Bersani e del suo ‘abbiamo vinto’, senza chiedersi se, con le giunte locali nelle mani di SEL, Cinque Stelle ed UDC,  non siamo sull’orlo del “peggio”.

D’altra parte, cosa aspettarsi da un sistema mediatico italiano – quello affiancato dal Ghana nella classifica mondiale sulla correttezza dell’informazione – i cui comitati di redazione dovrebbero iniziare a chiadersi ‘come mai’ la partitocrazia di sinistra riesca puntualmente a sopravvivere, da 20 anni, “all’aggiornamento del sistema” senza nulla cambiare, nonostante sia stata coinvolta “come tutti i partiti” sia nel malaffare di Tangentopoli, ai tempi della Prima Repubblica, sia nei misfatti delle giunte regionali e locali della Seconda Repubblica.

Vedremo se, almeno, nei prossimi giorni i media si decideranno a palesare il forte malcontento esistente nel paese e, magari, dar voce alle richieste diffuse, anche tra i ceti più informati, di rimpasto del governo Monti o di elezioni anticipate.

leggi anche Amministrative: i segnali sono nei dettagli

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Marò in India verso la scarcerazione?

17 Mag

Anche oggi, Roma, ormai in piena campagna elettorale, in rossi, neri, bianchi e gente comune.
Il “pretesto” di oggi è la polemica intorno l’iniziativa dei consiglieri del Pdl di indossare in aula delle magliette con le foto dei due fucilieri della Marina Militare detenuti in India.

Il problema, secondo la presidente della Commissione delle Elette di Roma Capitale, Monica Cirinnà, è stato che ” in apertura di seduta dell’Assemblea capitolina gli uffici di Presidenza hanno distribuito una maglietta nera raffigurante i due marò detenuti in India. Oltre a chiedere la sottoscrizione al momento del ritiro della t-shirt, ai consiglieri presenti è stato chiesto di indossarla al momento dell’esecuzione dell’Inno di Mameli. Ritengo questa iniziativa del tutto sbagliata, indebita, non concordata in conferenza dei capogruppo e soprattutto un uso improprio dell’istituzione da parte del presidente Pomarici il quale lui stesso ha indossato la maglietta distribuita”.

Ugo Cassone, consigliere Pdl di Roma Capitale, parla di “stupefacente reazione antitaliana”, affermando che “è inaccettabile che, invece di aderire spontaneamente alla simbolica manifestazione l’opposizione abbia indegnamente sollevato per questa occasione questioni procedurali e di regolamento, indicative solo del suo atteggiamento ostile e per niente patriottico”.

Un po’ come a Costantinopoli, quando erano in assise per determinare il sesso degli angeli, mentre le mura cadevano sotto l’assedio dei turchi.

Possiamo tutti immaginare il profondo scoramento che potrebbe cogliere, dinanzi a tale “veemente polemica”, non solo i nostri marò ed i loro colleghi o familiari, ma tutti i nostri concittadini che, per lavoro, sono andati per mare e per terra in terra straniera.

La buona notizia è che le autorità dello stato indiano del Kerala hanno disposto il trasferimento, tra 20 giorni, dei due marò italiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, dal carcere di Trivandrum ad un’altra struttura della città.

La Corte Suprema Indiana, infatti, aveva, nei giorni scorsi, invitato le autorità locali a dare seguito all’impegno di trasferire i militari italiani in una struttura diversa dal carcere, in risposta ad una petizione del procuratore generale aggiunto, Harin P. Raval,  “perchè lo Stato del Kerala non ha giurisdizione, essendo l’incidente avvenuto in alto mare dove la competenza è dell’Unione Indiana e non dei singoli stati.”

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