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Libia, sempre peggio: un milione di profughi, a rischio i tesori archeologici

9 Mar

Mustafa Turjman, direttore del centro studi archeologici della University of Tripoli, ha dichiarato la propria preoccupazione per le devastazioni di cui potrebbero essere autori gli islamisti in Libia. Infatti, già al momento sono in serio rischio le città di Leptis Magna, uno dei maggiori resti della storia dell’Impero Romano, di Sabratha, dove si trova anche un imponente anfiteatro, di Cirene, una delle più antiche colonie greche, di Gadames, uno dei più antichi siti agricoli del Nordafrica, definito dall’ Unesco come “the pearl of the desert”, e delle pitture rupestri preneolitiche tra i monti Acacus.

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Gli affiliati di Isis non le hanno ancora colpite, ma questi gruppi controllano la striscia costiera tra Derna e Sirte, come buona parte dell’interno della Libia.

La National Oil Corporation libica ha annunciato che sette tecnici stranieri (due europei) sono stati rapiti dai militanti islamici, dopo l’attacco al centro petrolifero di Ghani, durante il quale era stata uccisa una dozzina di guardie e distrutti gli impianti.
A Tripoli, solo da una settimana è stato riparato uno degli impianti di stoccaggio, secondo la Brega Petroleum Marketing Company; a Zueitina, invece, la Wintershall riprende l’estrazione, ma con ‘personale locale’. Chissà se ‘governativo’ o ‘islamista’ come in Irak …

Sabratha-008Intanto, l’inviato speciale dell’ONU, Bernardino Leon, chiede che sia attivato un blocco navale per impedire il traffico di armi e di petrolio, senza chiarire cosa fare dei profughi, mentre il direttore dell’agenzia Frontex, Fabrice Leggeri, precisa che il blocco avrebbe un forte impatto sui migranti che cercano di fuggire dalla Libia, stimati in un milione, ed ai quali la Germania ha già garantito lo status di rifugiati.

Rifugiati come gli oltre 70.000 stipendi di insegnanti e funzionari che non saranno pagati questo mese. Settantamila persone, settantamila famiglie, trecentocianquantamila prossimi profughi o … vittime.
Traffico come quello svelato dalla GNC-Libya Dawn LANA News Agency, secondo la quale su 223 forni del pane ispezionati a Tripoli ben 94 non esistevano pur ricevendo ingenti quantità di farina dalle agenzie di aiuto umanitario. O come quell’altro – per ora negato dalla NOC che gestisce il mercato ‘esterno’- che vede letteralmente scomparire la benzina e il gasolio che vengono importati, dato che la Libia non ha raffinerie, e redistribuiti dal governo (ndr. quando c’è) tramite le compagnie ‘interne’ Libya Oil, Al-Sharara, Alrahela e Al-Toroq Assareeya.

La Libia è nel caos, si combatte nelle città.
A Tobruk per un pelo è stato sventato un attentato con una autobomba contro un ospedale. Da Derna, invece, è stato postato il video della macabra esecuzione di due soldati governativi. A Kufra, intanto, le tensioni intertribali tra Zwai e Tebu sono sempre meno contenute con agguati e morti.
E, giorni fa, a Tripoli anche la compagnia maltese Medavia ha ritirato i voli charter, dopo i continui attacchi dell’aviazione libica per impedire che venisse preso dai jihadisti. Aviazione che – a sua volta – comporta quasi 250 milioni di dollari di spese e che soffre delle restrizioni alla Libia, per cui potrebbe essere dismessa …

Dunque, o si ripeterà la tragedia degli Armeni con navi ed aerei a raccogliere un milione di persone oppure c’è da fare una ‘guerra coloniale’ come quelle che avvenivano prima dei Patti di Yalta del 1945 e dell’accordo di Sikes(UK)-Picot (FR) del 1916.

Sikes-Picot 1916
Una guerra che ‘estenderebbe i confini’ di Italia o Egitto o Tunisia (o tutte e tre) fino ai campi petroliferi, lasciando agli jihadisti il deserto e le fazioni tribali dell’interno. E che forse farebbe meno morti e meno disastri di un ennesimo esodo biblico con approdo a pochi chilometri dalle nostre coste delle stesse milizie che vediamo operare in Medio Oriente.

Una guerra che si è già estesa oltre i confini della Libia (ammesso che esistano ancora) se il portavoce delle Sudan Armed Forces (SAF), il colonnello al-Sawarmi Khalid Sa’ad, continua a ribadire che non sono coinvolti nel supporto ai ribelli libici tramite gli islamisti del Darfur oppure il portavoce del ministero dell’interno tunisino, Mohamed Ali Aroui, deve dirsi fortemente preoccupato per l’ennesimo deposito di armi (inclusi razzi) rinvenuto al confine con la Libia dalla polizia locale.
La strategia di sconfinamento e di interposizione che Is ha adottato in Medio Oriente potrebbe infiammare l’Africa sahariana e tormentare il Mediterraneo.

leptis magnaPer ora, lo scenario NATO è in stallo, dato che Obama è ideologicamente contrario ad un ‘nuovo Vietnam’ e ad un ‘nuovo Afganistan’, ma soprattutto vede nello Stato Islamico che avanza – e soprattutto nella Libia – il simbolo del suo fallimento alla Casa Bianca. Dunque, non intende occuparsene, come se la sua firma su tutto quello che sta accadendo (e quello che dovrà accadere) non sia la sua.
A sua volta anche Hollande teme una qualunque soluzione della crisi libica per l’ennesima perdita di peso nel Mediterraneo. E, quanto a Matteo Renzi, è davvero difficile credere che come distributore di giornali a Firenze si sia fatto una qualche idea di come ‘muoversi’ in questi casi; Gentiloni (e la Bonino) qualche idea gliel’avevano data, persino la Boldrini qualche ‘se’ gliel’ha lanciato … nulla.

Attendiamo Washington, con li sarracini alle porte. Intanto, però, prendiamo atto che in Libia le cose vanno male per davvero e che i nostri media preferiscono raccontarci dei terribili foreign fighters in Siria, ma non di cosa accade al di là del mare, Tunisia ed Egitto inclusi, passando per Leptis Magna, Cirene, Gadames e Sabratha.
Fecero lo stesso con Cosa Nostra, mentre occupava e devastava il Meridione, e se la sono ritrovata a Roma e Milano …

originale postato su demata

I numeri della guerra al terrorismo in USA

11 Set

I casi di terrorismo islamista che la New America Foundation e Siracuse Maxwell School hanno rilevato in questi dieci anni negli Stati Uniti dopo l’11 settembre sono in tutto 188, incluso il fiancheggiamento ed il trading finanziario.
Infatti, solo in un terzo degli arresti sono stati contestati relativi il possesso di armi od esplosivi. Inoltre, nel 33% dei casi le autorità sono state attivate da un informatore e nel 22% da una soffiata, se non addirittura si è potuto contare sull’assistenza data da familiari o persone della comunità religiosa.

Un recente studio pubblicato dalla CNN indica che al Qaeda e gli Jihadisti non sono gli unici terroristi che gli USA devono affrontare e che in 10 anni le morti causate da costoro sono “solo” trenta a fronte di 150.000 omicidi di cittadini americani, avvenuti nello stesso periodo.
Inoltre, la ricerca di Peter Bergen (CNN’s national security analyst) dimostra che il Jihadismo non ha fatto più danni dei terroristi “interni”, come le milizie, o gli ambientalisti, sfatando così la principale paura che si era diffusa tra gli statunitensi: quella di subire ondate di attacchi chimici, biologici, radiologici.
Anzi, gli ultimi dieci anni raccontano come siano gli estremistri di destra e di sinistra, e non al Quaeda, a preferire questo tipo di attacchi.

I casi di terrorismo interno, in questi dieci anni, sono stati almeno 114, secondo le statistiche federali, tra cui il report della CNN rammenta quelli che hanno rappresentato un pericolo consistente su larga scala:

  1. il microbiologo Bruce Ivins uccise cinque persone con lettere all’antrace (Columbia District 2001).
  2. William Krar e Judith Bruey erano pronti ad uccidere migliaia di persone con bombe al cianuro (Texas 2003).
  3. Joseph “Dr. Chaos” Konopka era in possesso notevoli quantità di prodotti chimici pericolosi, tra cui cianuro, quando è stato arrestato (Chicago 2002).
  4. i suprematisti bianchi Demetrius van Crocker e James Cummings sono stati catturati, rispettivamente nel 2004 e nel 2008, mentre tentavano di costruire bombe per attacchi con gas tossici o con sostanze a bassa radioattività.

In realtà, il numero di azioni terroristiche interne, è di gran lunga superiore, se si considerano anche i casi di violazione delle leggi sulle armi e gli esplosivi, le distruzioni di proprietà e gli incendi dolosi per “cospirazione sediziosa”, come, ad esempio, è accaduto per la milizia antigovernativa Hutaree nel Michigan.
Molto spesso i terroristi interni si erano mimetizzati all’interno di comunità marginali, al punto che nel 50% dei casi sono stati agenti infiltrati a scoprire il complotto e solo nel 18% dei casi le autorità hanno potuto contare sulla collaborazione di parenti o conoscenti dei terroristi.

USA: Attacchi di terroristici (2001-2011)

  • 37% antigovernativi – black bloc
  • 23% ambientalisti – animalisti
  • 17% suprematisti – neonazisti
  • 11% integralisti cristiani – antiabortisti

Il numero dei incidenti che hanno causato morti vede otto casi attribuiti al terrorismo interno e solo quattro a quello islamista.
Nel dettaglio, se si esclude l’attacco di Fort Hood – Texas nel 2009, attuato da un militare USA veterano dell’Afganistan con 13 morti, gli islamisti hanno ucciso solo 4 persone, mentre ai terroristi interni sono attribuite almeno 14 morti.

In conclusione, a dieci anni dagli attentati alle Twin Towers, le statistiche confermano che la guerra al terrorismo avviata dagli USA è stata una scelta sbilanciata, visto che lo Jihadismo appare essere più un fenomeno che si va radicando nei territori islamizzati, inclusi quelli occidentali.
Del resto, i moderni assertori dello Jihad sono i figli degli intergralisti islamici degli Anni ’80, il cui scopo era quello di portare l’Islam alla “purezza originaria”, macchiata, secondo loro, dall’emancipazione femminile, dal consumismo, dall’usura.
Non è un caso che l’ex Segretario alla Difesa di Henry Ford e G.W. Bush, Donald Rumsfeld, ha dichiarato, proprio ieri, che “fu un errore chiamare la guerra in Afganistan come Guerra al Terrorismo”. Se lo dice lui …