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Cannabis: un referendum finito in … fumo

17 Feb

La Corte Costituzionale ha bocciato il referendum per la Cannabis, come c’era da aspettarsi.

Il quesito – infatti – chiedeva che sia abrogato il DPR 309 del 9 ottobre 1990 all’Articolo 73, comma 1, limitatamente al termine “coltiva”, ma il comma 1 è riferito alle “sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I e III”, cioè vieta di coltivare oppio, coca, allucinogeni e varie sostanze chimiche tra cui i tetraidrocannabinoli.
Ma la coltivazione della cannabis (indica) è nella tabella II …

La cannabis indica per uso personale, poi, entra in ballo al comma 5: “per i mezzi, per la modalita’ o le circostanze dell’azione ovvero per la qualita’ e quantita’ delle sostanze, i fatti previsti dal presente articolo sono di lieve entità, si applicano le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da lire due milioni a lire venti milioni se si tratta di sostanze di cui alle tabelle II e IV”.

Non sappiamo quale fosse il motivo per cui si volesse legalizzare la coltivazione di oppio, coca e allucinogeni: confidiamo che si tratti di pressappochismo e non che fosse qualcosa di voluto.

Piuttosto, è abbastanza evidente che a voler legalizzare la cannabis indica per uso personale bastava chiedere di abrogare il comma 5 agli incisi “della reclusione da sei mesi a quattro anni” e “ a lire venti milioni“, lasciando la multa “da lire due milioni” (1.000 euro circa), visto che abrogando del tutto il comma 5 si abroga anche il concetto di lieve entità.

E la cannabis sativa?
Beh, resta il fatto che il DPR fu una norma scritta davvero male, sulla base di credenze e pregiudizi: in botanica la differenza tra cannabis indica e sativa è a livello esteriore. La distinzione fu introdotta dal biologo e botanico americano Richard Evans Schultes, padre della moderna etnobotanica, alla prima metà del secolo scorso: sativa, se la pianta è alta, con rami allungati e foglie strette, indica, se è più bassa, dalla forma conica e con foglie larghe.

Ma come insegna la Scienza odierna (e come sanno bene i narcos messicani che la producono) è impossibile distinguere geneticamente se una pianta di cannabis è Indica o Sativa: l’effetto dipende “oltre che dal tipo di coltura, anche dalle condizioni del suolo, dalla presenza di contaminanti e da molti altri fattori ambientali” (fonte Istituto Superiore Sanità) e dalle condizioni ambientali di raccolto, essiccazione e conservazione.

Dunque, ‘coltivare cannabis’ resta qualcosa di arbitrario secondo la legge italiana, dato che produttore e ispettore sanno se la piantina sia in tabella I o II solo a prodotto testato (o fumato).

Non sarebbe tutto più semplice, se il Parlamento ammettesse che i tetraidrocannabinoli – per effetti e soprattutto per eventuale dipendenza – sono molto molto diversi e lontani da eroina, cocaina, metanfetamina, fentanyl eccetera e che le sanzioni per il consumo di una canna sono veramente sproporzionate rispetto a quelle per abuso di alcolici.

E, sempre riguardo ai compiti del Parlamento, “in Italia ogni giorno in media sono 48 le persone che muoiono a causa dell’alcol, oltre 17.000 ogni anno” (fonte Istituto Superiore Sanità) e basta guardare cosa c’è sugli scaffali dei supermercati per saperlo.

Demata

Disabili: il vero volto della Lega

1 Apr

Secondo la testimonianza di numerosi deputati presenti, la disabile Ileana Argentin, parlamentare italiana, è stata insultata in pieno emiciclo, durante i lavori della Camera, prima da un onorevole torinese del PdL e poi da un noto esponente della Lega per l’indipendenza della Padania.

Secondo i verbali dell’Assemblea, non risulta la volgare espressone sentita da tanti, ma, comunque, v’è la registrazione che qualcosa è accaduto e che il presidente Fini ha dovuto richiamare i due deputati.

Questo ennesimo  fattaccio alla Camera porta alla luce, come fosse  la punta dell’iceberg, un contesto politico “del Nord” che taglia incostituzionalmente i posti ai disabili nelle scuole, che li esclude dai giochi sportivi, che ne riduce al lumicino le disponibilità finanziarie degli enti locali, che  chiude reparti ed ambulatori o gli riduce terapie e cure in nome della quadratura del bilancio, che gli nega riconoscimenti ed esenzioni, che ne tollera sprechi, vessazioni ed abusi in nome della casta politica e sanitaria.

Parliamo delle disposizioni contestatissime del ministro Gelmini e delle sentenze avverse che inizia a ricevere. Oppure della recente sentenza che obbliga i medici a prestare terapie e cure opportune  a prescindere dai protocolli di bilancio.

O ancora della diffusa disapplicazione delle norme sui malati cornici e/o rari, con intere regioni prive di assistenza per numerose malattie, oppure delle liste delle invalidità, delle esenzioni e dell’assistenza integrativa ferme al 2001, nonostante in 10 anni la biomedica abbia fatto molte scoperte.

Per non parlare delle persecuzioni brunettiane a tanti malati ed invalidi per contrastare (mica licenziare) gli assenteisti ed i fraudolenti …

Dunque, è ormai evidente che i maniaci della estemporanea “politica del fare” trascurano i disabili, che viceversa hanno bisogno di una lungimirante “politica del buon senso”.

E’ anche evidente che, in Padania, dopo i meridionali, gli immigrati, ed i rifugiati,  adesso tocchi ai disabili …