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Reddito di cittadinanza: il rinnovato ruolo di Inps e Sindacati

21 Feb

Ben venga il Reddito di Cittadinanza inteso come sostegno per chi si ritrova a vivere con quattro soldi, ma – arrivato al traguardo – il Decreto voluto dai Cinque Stelle mostra i medesimi limiti per cui era stato criticato fin dall’inizio.

800px_COLOURBOX4129607Per notarlo, basta leggere questa semplice storiella.

Luigi e Gino sono due lavoratori e dipendono dalla stessa ditta, sono ambedue sposati con un bambino, altro coniuge disoccupato, lavorano 36 ore alla settimana, hanno un reddito di circa 20.000 euro lordi all’anno (al netto quasi 1.200 euro al mese), pagano un affitto di 450 e niente risparmi in banca.

Da gennaio 2018, Gino ha optato spontaneamente per il part time con un reddito di circa 10.000 euro, cioè un Isee inferiore a 9.360 euro annui, cosa che permette a tutto il suo nucleo familiare già di avere l’esenzione da eventuali costi contribuiti e la precedenza nell’accesso a servizi pubblici.
Luigi no, resta full time e sopra la quota Isee e come lui anche i suoi familiari.

Arriva il Reddito di Cittadinanza e da marzo 2019 Gino a part time inizia a ricevere 780 euro al mese, che in un anno sono 9.360 euro, e dopo un anno (ma lavorando solo 20 ore alla settimana) avrà ricevuto un reddito più o meno identico Luigi che lavora full time: circa 20.000 euro annui, ma con esenzione da tutti i ticket per tutto il nucleo familiare.

Anzi,  a proposito di nucleo familiare, il coniuge disoccupato di Luigi non avrà diritto al Reddito di Cittadinanza, per via dell’Isee troppo alta, ma quello del lavoratore part timer probabilmente avrà diritto ad altri 500-780 euro al mese?

A proposito, Gino in part time sotto quota Isee va a “manifestare la propria disponibilità al lavoro“ per ottenere il Reddito, ma cosa accade se dovesse rinunciare perchè interferente con il lavoro ‘primario’?

Riepilogando, avremo due situazioni familiari e lavorative identiche, che diventano antitetiche, se il reddito complessivo del nucleo ‘part time’ diventa largamente superiore a quello del nucleo ‘full time’.

Figuriamoci, poi, se l’affitto di Gino fosse spese incluse e quello di Luigi al netto del condominio e se nel tempo restante al part time  Gino svolgesse lavoretti a nero … magari proprio nella ditta che ‘spontaneamente’ gli ha suggerito il part time. 

Nel 2018, prima del Reddito di Cittadinanza, Luigi e Gino erano amici per la pelle, nel 2020 probabilmente no.

Sarà l’Inps con le sue circolari a fare ordine e, si spera, equità? E come farlo, se non dipenderanno dall’Istituto tutti gli accertamenti che la norma prevede?
Sarà il redivivo Sindacato a vigilare nelle fabbriche, come una volta era per cottimisti e crumiri?

Demata

Poletti e il vergogna del reddito di esclusione

9 Giu

Il Consiglio dei Ministri ha dato il primo via libera al reddito di inclusione, prevedendo risorse pari a circa «due miliardi di euro l’anno nei prossimi anni» e nella prima fase si rivolgerà a 660mila famiglie, di cui 560mila con figli minori.

Il ministro Poletti, ex presidente delle Coop, ha annunciato sorridente che a queste famiglie che hanno un reddito Isee inferiore ai 6.000 euro – o, peggio, 3.000 euro di reddito equivalente – verranno corrisposti … «da 190 euro a un massimo di 485 euro» mensili.

VERGOGNA !

Due miliardi annui equivalgono a meno di quanto incassa in un anno lo Stato dall’accisa benzine per il Terremoto nel Friuli, che la Finanziaria 2013 del governo Monti ha reso permanente.

Gli almeno 560mila figli di famiglie indigenti con minori, non avranno maggiori opportunità di inclusione e, comunque, una vita granchè migliore, se il reddito mensile dei genitori passerà da 6.000 ad 8.000 euro.

Si tratta di un sussidio per sopravvivere alla meno peggio (esclusione) e non di un reddito che fornisce effettivo potere di spesa (inclusione), come non è un lavoro socialmente utile (partecipazione). Insomma, se vogliamo creare un ghetto, stiamo operando secondo manuale.

Piacerebbe sapere se queste famiglie che beneficieranno dei soliti quattro spiccioli sono – per caso – i noti dipendenti sottopagati e semischiavizzati dei settori distributivi, agroalimentare, pulizie e ristorazione, cioè se sono proprio delle Coop e di certe Multinazionali europee …

Tanto s’è capita: questi stanno lì solo per salvaguardare l’apparato e gli affarucci delle ex “regioni rosse”, oltre a quelli sacrosanti del Vaticano. Sarò per questo che ormai tutti diffidano del Welfare e di dove finiscono le risorse?

A proposito di Poletti, ma se ne sarà accorto che il PIL/debito/deficit nel primo trimestre è migliorato e – oltre a spedire Padoan a chiedere sconti in Europa – lui, proprio lui, dovrebbe scalarci 2-3 mesi dal limite di 42 e 10 mesi per il pensionamento?

Demata

Roma: gli assurdi percorsi dell’Atac e gli ospedali irraggiungibili

6 Giu

Roma è una città di soli 2,7 milioni di abitanti, che però vivono nello spazio che – di norma – contiene 7-8 milioni di persone in una città europea (es. Londra con 1.500 kmq). Parigi, che ha 2,2 milioni di abitanti, occupa poco più di 100 kmq, Roma ne occupa oltre 1200, mentre a Madrid bastano e avanzano 600 kmq per oltre tre milioni di residenti.

Se la densità abitativa è relativamente bassa, non solo il costo manutentivo procapite schizza alle stelle, ma anche i trasporti ne risentono sia perchè in molte tratte diventano inconvenienti per i gestori sia perchè, con lo sviluppo caotico e palazzinaro di Roma, i percorsi diventano tortuosi, gli incroci improbabili, la segnaletica pubblica carente e quella privata onnipresente.

Il risultato è che tutta una serie di servizi è praticamente irraggiungibile con i mezzi pubblici da quartieri praticamente limitrofi, come dimostra Google Map.
E, nota bene, quelli nelle mappe sono tutti siti ospedalieri  dove convergono migliaia di malati al giorno con i loro accompagnatori per ambulatori e day hospital, oltre ai convegnisti e al personale commerciale e tecnico.

Verano - Borgo Sant'Angelo

EUR Ciampino

Magliana - Ifo San Gallicano

Rocca Cencia Pertini

Ottavia Sant'Andrea

Fidene-SF Neri

Montesacro Togliatti

Inquietante e scandaloso: non è possibile che aeroporti e ospedali siano così scollegati dai propri siti e bacini di riferimento.

Dalle mappe di Google sono evidenti due cose: l’impossibilità a spostarsi con i mezzi pubblici (n.b. le tempistiche non includono i tempi di attesa alla fermata) e l’enorme quantità di chilometri da perorrere facendo giri inutili.

Dunque, la faccenda riguarda anche la Regione Lazio se – guarda caso – alcuni ‘ospedali a rischio o parzialmente inutilizzati sono proprio quelli mal raggiunti dai trasporti pubblici.

Intanto, la Giunta Capitolina dovrebbe prendere atto che continuando a non intervenire nelle periferie, -non appena sarà completato il complesso del Palacongressi dell’Eur e lo stadio della A.S. Roma non molto lontano, con la pedonalizzazione rigida del centro storico – andremo a conseguire quello che già si prospetta: un’area centrale di una sessantina di chilometri quadrati destinata alla casta entro il perimetro della Roma Anni ’50, che garantisce sufficiente densità demografica per servizi pubblici adeguati, e i restanti 1200 kmq ridotti ad una sorta di sobborgo di Los Angeles, senza collegamenti, servizi a casaccio ed impattugliabile.

Un’elegante soluzione alla ‘francese’ direbbe, forse, il sindaco Ignazio Marino, come accade a Parigi, meravigliosa meta turistica e simbolo della Grandeur francese, ma anche sterminata e brutale banlieue di esistenze dimenticate.

Trasformare una caserma in abitazioni in un quartiere centrale dove le scuole o i presidi sanitari o i mercati son pochi non è un’ottima idea per il traffico e le vie, come non lo è mettere tutti in auto nelle periferie anche se c’è da comprare un litro di latte.

Soluzioni ‘migliori’?

Visto quello che racconta Google, si potrebbe iniziare almeno a considerare l’esistenza di un trasporto pubblico circolare (ndr. senza cambi) nei tre anelli esistenti (tram, anello ferroviario, GRA).

Metropolitana tra le corsie autostradali – Mexico City

Ma non solo, visto che abbiamo un sindaco cosmopolita e le ‘informatissime’ 5S al Campidoglio. Sarebbe bello risentir parlare, dopo 20 anni di sacco romano, di:

  1. Decentramento degli apparati centrali e locali (vedi Palazzo della Regione o progetto SDO), revisione dei contratti e delle mansioni per incrementare il telelavoro per i dipendenti pubblici.
  2. Decentramento ai municipi per i rapporti con cittadini, gli interventi  di attuare, la gestione del territorio
  3. Funzionalizzazione produttiva o vendita degli immobili pubblici inutilizzati tenendo conto della finalizzazione dei trasporti e della logistica

 E, a dirla tutta, come ristrutturare l’ATAC e trovare investimenti per rinnovare e ottimizzare senza privatizzarla almeno al 40% del pacchetto azionario?

P.S. Dimenticavo … quelli che vedete sono più o meno i tempi di intervento/ percorrenza delle ambulanze verso i pronti soccorsi.

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Viabilità Roma: troppi incidenti, troppe buche, troppo traffico. Dati e proposte

5 Giu

L’Istat, per il 2012, segnalava 15.782 incidenti con vittime Roma, di cui 145 mortali, con 154 decessi e 20.670 feriti. Negli scontri sono state coinvolte 246 bici. E, se  Roma erano ‘solo’ cinquantasei, nel Lazio si arrivava a ben 89 pedoni morti (15,8% su 564 in Italia) di cui un terzo stava attraversando sulle strisce pedonali.
Secondo i dati della Polizia Capitolina – solo tra gennaio e giugno 2013 – il numero totale degli incidenti con e senza vittime a Roma si attestava a 35.504 con 4.191 motocicli, 94 biciclette e 1.071 pedoni coinvolti.
Praticamente 200 incidenti al giorno registrati, otto all’ora, più quelli per i quali non viene richiesto l’intervento dei vigili.

Perchè?

Partiamo dalle famose ‘buche di Roma’, quelle derivanti da cattiva o mancata manutenzione stradale, e scopriamo che le Buche e voragini a Roma: i numeri di Codici
segnalazioni del sito http://www.voragini.it raccontano che , solo nel 2012, si sono aperte 72 nuove voragini. Nel 2008 il sindaco di Roma e i rappresentanti della fondazione Ania fornivano dati che contavano 215 buche sulle strade romane per un totale di 448 punti potenzialmente pericolosi per automobilisti e motociclisti romani.

Lo stesso Ufficio per la Conciliazione del Comune di Roma precisa che “i casi più frequenti possono riguardare incidenti causati da buche e dissesti del manto stradale di proprietà comunale, da caduta di alberi o da allagamenti determinati da tombini otturati.”
Difficile enumerare i costi che si ripercuotono sulle casse comunali, per decine di migliaia di contenziosi avviati da automobilisti e pedoni, se le sole raccomandate postali di risposta costano oltre 100mila euro all’anno. (Agenzia Dire)

D’altra parte, come fare a sostenere la spesa manutentiva di ben 5.400 km di strade  in una città di soli 2,7 milioni di abitanti, che però vivono nello spazio che – di norma – contiene 7-8 milioni di persone in una città europea (es. Londra con 1.500 kmq). Parigi, che ha 2,2 milioni di abitanti, occupa poco più di 100 kmq, Roma ne occupa oltre 1200, mentre a Madrid bastano e avanzano 600 kmq per oltre tre milioni di residenti.

Se la densità abitativa è relativamente bassa, non solo il costo manutentivo procapite schizza alle stelle, ma anche i trasporti ne risentono sia perchè in molte tratte diventano inconvenienti per i gestori sia perchè, con lo sviluppo caotico e palazzinaro di Roma, i percorsi diventano tortuosi, gli incroci improbabili, la segnaletica pubblica carente e quella privata onnipresente.

Il risultato è che tutta una serie di servizi è praticamente irraggiungibile con i mezzi pubblici da quartieri praticamente limitrofi, come dimostra Google Map.
E, nota bene, quelli nelle mappe sono tutti siti ospedalieri  dove convergono migliaia di malati al giorno con i loro accompagnatori per ambulatori e day hospital, oltre ai convegnisti e al personale commerciale e tecnico.

 

Verano - Borgo Sant'Angelo

EUR Ciampino

Magliana - Ifo San Gallicano

Rocca Cencia Pertini

Ottavia Sant'Andrea

Fidene-SF Neri

Montesacro Togliatti

EUR Ciampino

Magliana - Ifo San Gallicano

Rocca Cencia Pertini

Ottavia Sant'Andrea

Fidene-SF Neri

Inqquietante e scandaloso: non è possibile che aeroporti e ospedali siano così scollegati dai propri siti e bacini di riferimento.

Dalle mappe di Google sono evidenti due cose: l’impossibilità a spostarsi con i mezzi pubblici (n.b. le tempistiche non includono i tempi di attesa alla fermata) e l’enorme quantità di chilometri da perorrere facendo giri inutili.

Intanto, la Giunta Capitolina dovrebbe prendere atto che continuando a non intervenire nelle periferie, non appena sarà completato il complesso del Palacongressi dell’Eur e lo stadio della A.S. Roma non molto lontano, con la pedonalizzazione rigida del centro storico, andremo a conseguire quello che già si prospetta: un’area centrale di una sessantina di chilometri quadrati destinata alla casta entro il perimetro della Roma Anni ’50, che garantisce sufficiente densità demografica per servizi pubblici adeguati, e i restanti 1200 kmq ridotti ad una sorta di sobborgo di Los Angeles, senza collegamenti ed impattugliabile.

Un’elegante soluzione alla ‘francese’ direbbe, forse, il sindaco Ignazio Marino, come accade a Parigi, meravigliosa meta turistica e simbolo della Grandeur francese, ma anche sterminata e brutale banlieue di esistenze dimenticate.

Trasformare una caserma in abitazioni in un quartiere centrale dove le scuole o i presidi sanitari o i mercati son pochi non è un’ottima idea per il traffico e le vie, come non lo è mettere tutti in auto nelle periferie anche se c’è da comprare un litro di latte.

Soluzioni ‘migliori’?

Visto quello che racconta Google, si potrebbe iniziare almeno a considerare l’esistenza di un trasporto pubblico circolare (ndr. senza cambi) nei tre anelli esistenti (tram, anello ferroviario, GRA).

Metropolitana tra le corsie autostradali - Mexico City

Metropolitana tra le corsie autostradali – Mexico City

Ma non solo, visto che abbiamo un sindaco cosmopolita e le ‘informatissime’ 5S al Campidoglio. Sarebbe bello risentir parlare, dopo 20 anni di sacco romano, di:

  1. Decentramento degli apparati centrali e locali (vedi Palazzo della Regione o progetto SDO), revisione dei contratti e delle mansioni per incrementare il telelavoro per i dipendenti pubblici.
  2. Decentramento ai municipi per i rapporti con cittadini, gli interventi  di attuare, la gestione del territorio
  3. Funzionalizzazione produttiva o vendita degli immobili pubblici inutilizzati tenendo conto della finalizzazione dei trasporti e della logistica

 

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Roma Capitale: un bilancio in chiaroscuro

15 Mag

Siamo ormai all’estate ed il bilancio del Comune di Roma stenta a diventare pubblico, cioè ad essere scaricabile/consultabile dall’apposita pagina dell’Albo elettronico.
E’ un fatto particolarmente grave sia perchè parliamo della capitale di uno stato che sta cercando il risanamento e la trasparenza sia perchè il debito di Roma e il degrado della città sono allarmanti.

Il sindaco Ignazio Marino ha cercato di ‘metterci una pezza’, aveva promesso per oggi delle infografiche ed è stato di parola.

Ad esempio, mettendo in chiaro lo stato di estrema povertà – stando ai dati fiscali in possesso del Campidoglio – in cui versa Roma, dove oltre mezzo milione di contribuenti avrebbe un reddito dichiarato inferiore a 10.000 euro annui, in una città dove – stando ai dati diffusi dal sindaco – di evvasione se ne trova poca o nulla, visto che la successuosa lotta ai ‘grandi evasori’ ha reso la miseria di 42 milioni in un anno.

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Come anche i dati comunali dimostrano che l’emergenza abitativa non è così eclatante, se bastano un migliaio di case popolari a risolvere il problema e che non c’era alcun bisogno da parte del sindaco di minacciare il ‘blocco di Roma’ e la ‘svendita dei beni pubblici’ – se il decreto apposito si fosse arenato in Parlamento – visto che oggi annuncia trionfalmente che il Comune può permettersi 400 nuovi posti negli asili, l’accesso ai finanziamenti UE per il superamento dell’infrazione della megadiscarica di Malagrotta, nonchè il risanamento di ATAC e AMA …

E, mentre la chiusura del Colosseo persino nella ‘Notte dei Musei’ diventa uno scandalo internazionale, si annuncia la riorganizzazione del sistema museale (quale?), come sarebbero circa 20 milioni le nuove entrate derivanti dalla cartellonistica pubblicitaria, che vistosamente imperversa in città, contribuendo al degrado.

In attesa del bilancio vero e proprio – e siamo ormai quasi a giugno – è possibile consultare on line sia il rendiconto del 2012 sia il piano esecutivo di gestione approvato prima di Natale proprio dal Comune di Roma. Si tratta di quasi 1500 pagine di tabelle, parametri e soldi, che raccontano molte cose anche prendendole a caso.

Ad esempio, a pagina 1391, scopriamo che esiste una Unità Operativa Socio-Educativa-Culturale-Sportiva, che presenta ben 3.338 ore lavorate – a fronte del 58,2% delle richieste che perviene via telefono, fax o mail e con un numero di centri/impianti pari allo 0,88 per kmq di territorio municipale –  per “concessioni per palestre scolastiche, centri e/o impianti sportivi e piscine rilasciate in essere più tesserini venatori”, mentre la stessa U.O. per lo stesso periodo e territorio consumava solo 5.437 di ore lavorate per tutto quanto riguarda i disabili, centri diurni inclusi, e solo  4.976 ore di lavoro spese per il disagio sociale e l’emarginazione. La tabella indicava anche una (pessima) media di ben 17 casi di minori seguiti dal tribunale apposito per ogni assistente sociale.

Oppure, a pagina 1447, troviamo un ufficio che occupa 250 metri quadrati, ma utilizza ben 16 condizionatori per soli 26 dipendenti, mentre a pagina 1871 troviamo un ufficio con 76 dipendenti su ben 2.000 metri quadrati che, però, necessita di solo 35 condizionatori.

Capitando a pagina 1494, scopriamo che le sezioni di scuola materna sono 102, ma le maestre non sono 204 al massimo, come tutti si aspetterebbero, bensì 328, mentre per ben 23 plessi le ausiliarie sono solo 36. E scopriamo anche che si utilizzano ben 15 autobus su altrettante linee per soli 244 alunni, ma quanto costino non si sa.
A pagina 1958, troviamo che la spesa di personale per ‘attività tributaria’ è la metà di quella per il ‘verde pubblico’ nell’ex Municipio X, che vede una presenza diffusa di attività commerciali, artigianali e distributive, ma di parchi ne ha davvero pochi.

Senza dilungarci troppo, capitiamo a pagina 1605, dove  scopriamo che nel V Municipio il ‘grado di copertura di manutenzione stradale è del 100%.
Infatti, i giornali locali titolavano giorni fa che ‘la buca sulla Collatina compie nove mesi’ o di ‘emergenza strade a La Rustica’ con tanto di foto, mentre AbitareaRoma denunciava che il “monitoraggio delle strade del Municipio Roma V abbiamo notato, come nella quasi totalità dei casi a strada particolarmente dissestata corrisponde il fatto che società di servizio come Acea, Italgas, Telecom o Fastweb abbia “aperto” qualche mese prima la strada e poi magari l’ha “richiusa” con approssimazione, tanto da cedere poi sotto il peso dei mezzi di superficie o alle prime intemperie. E’ indispensabile quindi che l’Ufficio tecnico Municipale intervenga sia nella fase di apertura che in quella di chiusura.”

E’ di ieri la sentenza che sancisce la responsabilità del Comune di Roma sulle strade e sugli appalti che le dovrebbero ben realizzare e manutentare e la sola spalla fratturata di una signora settantenne costerà ai romani 15-20.000 euro tra indennizzi e spese legali. Il tutto a fronte delle statistiche pregresse inserite nel piano di gestione recepito e delierato dal Comune, che indicavano un bassissimo numero di infortuni e reclami  – pressochè zero – a fronte di un’efficienza spropositatamente elevata persino in Svezia, ovvero vicina al 100%.

Di grazia, quanto è stato destinato per la manutenzione stradale e la sicurezza dei cittadini dal bilancio (si spera) approvato in via definitiva dal Comune di Roma?

E, se quella è la qualità e la leggibilità dei dati pregressi, quale affidabilità per il futuro?

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Buche a Roma, la sentenza: il Comune deve risarcire gli infortunati

15 Mag

Solo ieri, dopo quasi 10 anni di processi, un’anziana signora romana ha ottenuto una sentenza che condanna il Comune di Roma per l’infortunio incorsole cadendo a causa di una buca nel marciapiede.

La cronaca del Messaggero così descrive il fatto: “era la tarda mattinata del 25 maggio 2005 quando l’anziana, mentre percorreva il marciapiede di piazza Tolosetto Farinata degli Uberti, dove oggi sorge il nuovo mercato comunale coperto, cadeva a terra. Non solo la pavimentazione era costellata di avvallamenti e di buche ma queste erano anche coperte da un tappeto di fogliame che rendeva la situazione una vera trappola.”

Un caso lampante, ma non per il Comune di Roma, che ricorreva in appello contro la condanna già ottenuta in primo grado al pagamento di circa 8.000 euro.
Le ragioni?
Le responsabilità era delle ditte appaltatrici …

Non a caso «la sentenza d’appello – sottolinea l’avvocato Neri – stabilisce però l’importante assunto: il Comune di Roma deve esercitare manleva a carico delle ditte appaltatrici. In poche parole i magistrati hanno richiesto che l’amministrazione capitolina eserciti il suo diritto di sgravarsi della responsabilità per eventuali inadempienze o lavori non eseguiti a regola d’arte dalle imprese che si occupano della manutenzione di strade e marciapiedi».

Dunque, ci aspettiamo tutti che il Comune di Roma – oltre a saldare al più presto quanto dovuto all’anziana cittadina, che non è cosa del tutto scontata pur essendoci una sentenza – voglia esercitare rivalsa su chi doveva controllare (ndr. lo dice la magistratura), dato che le tasse ed i tributi li pagano i cittadini.
Come anche che il Campidoglio si decida a saldare le decine di migliaia di contenziosi derivanti dalle ‘proprie’ buche, invece che andare in giudizio inutilmente sperperando denaro pubblico.

Sarebbe bello se, contestualmente, la giunta del sindaco Ignazio Marino volesse chiedersi se contano di più  un migliaio di emergenze abitative e i premi dei suoi dipendenti oppure le esigenze di sicurezza minima (e di salute) di milioni di romani ed il degrado diffuso che allontana aziende e turisti e che ‘coltiva’ teppisti e prebende.

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IMU, service tax, catasto: la verità che non vogliono sentire

16 Set

I dati riportati da L’Espresso sui valori catastali nelle maggiori città italiane segnalano una situazione di mostruoso privilegio per i residenti dei quartieri centrali, in particolar modo a Roma.

Basti dire che un appartamento zona via Frattina a Roma (valore commerciale 10.000 euro per metro quadro) vale per il catasto appena 1.211 euro, meno del valore catastale di un immobile zona Cimitero Maggiore a Milano e meno del valore commerciale di una casa nella suburbia di Napoli o Palermo.

Una casa a ridosso di VIlla Pamphili (via Vitellia ad esempio) vale per il catasto poco meno di una abitazione di una casa nella suburbia di Napoli o Palermo ed un quinto dell’effettivo valore commerciale.

Un’abitazione in Via San Giovanni in Laterano ha un valore catastale quasi la metà di un’abitazione sulla Prenestina (Via Giuseppe Donati) a Roma e – incredibile – pari a due terzi di quello attribuito a Quarto Oggiaro (Via Carlo Amoretti) a Milano.

Una mostruosità capitolina che è la punta dell’iceberg di un dato consolidato: se la casa è centrale per il Fisco vale molto meno che in periferia. Incredibile ma vero.

A Torino una casa a Via Garibaldi varrebbe la metà che in via Sabaudia. A Palermo un immobile in via Colonna Rotta o in Via Scordia varrebbe più o meno quanto uno in Via Pietro Perricone. A Firenze, chi abita nella periferica Via di Fagna possederebbe un immobile dal valore più che doppio di quelli siti in via Giano della Bella e Via Giuseppe la Farina o in Via Aretina e Viale Europa.

Praticamente un’enorme evasione fiscale legalizzata per ‘inertia legis’, visto che il valore catastale degli immobili contribuisce alla parametrazione delle fasce ISEE che hanno diritto ad esenzioni, riduzioni e servizi sociali.

Un sistema di privilegi causato dallo Stato Sabaudo che costruì in centri amministrativi delle nostre città (come Prati a Roma o il Rettifilo a Napoli), destinando interi blocchi residenziali di pregio con affitti irrisori ai propri funzionari … e alle loro discendenze.

Un’enorme intrigo di interessi piccini ed enormi che vede strenui difensori del paesaggio italiano affiancarsi ai portabandiera delle cementificazioni palazzinare, se si tratta di difendere la ‘slow life’ e i ‘mitici Anni ’60’ con tutte le prebende necessarie a mantenerli in vita.

Un popolo di presunti arricchiti che non potrebbe permettersi le case in cui vive o da cui trae lauto reddito con affitti e subaffitti, se il Fisco italiano facesse il proprio dovere.
Una lunga fila di ‘ticket esenti’ che tali non sarebbero se il loro appartamentino al centro risultasse valere quanto vale per il mercato e/o se vendessero ciò che non possono permettersi, ricomprando casa altrove, al loro livello, e, magari, reinvestendo qualche centinaio di migliaia di euro in attività produttive.
L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro … che i quartieri migliori vadano a chi effettivamente produce di più per la nazione. Un principio che non sarebbe male adottare anche per i redditi oltre i 60.000 euro annui, visto che di risultati nella pubblica amministrazione se ne vedono molto pochi da un ventennio e passa e dato che di ricchi scialaquatori sembrano essercene non pochi in giro, visti i raggiri e le cessioni fallimentari che raccontano le cronache.

Il gap catastale è ormai tale e così interlacciato con il sistema del Welfare da rendere inevitabile che la schiera di ‘poco o non abbienti’, di ‘pensionati minimi’ con appartamenti da un milione di euro debba scomparire e che la crisi del mercato immobiliare subirà non poche turbolenze. Ciò è scritto nella globalizzazione dei sistemi finanziari, inclusi quelli previdenziali (ndr. e noi stiamo ancora all’INPS …) e nelle riforme che vanno inevitabilmente fatte: nessuna service tax può funzionare e passare il vaglio costituzionale se non verte sul valore catastale degli immobili, come nessun welfare decente può essere finanziabile se esistono falle irreparabili nel sistema di computo del reddito.

Cambiare, ma come? Come hanno fatto i nostri coinquilini europei.

I siti per la ricerca/vendita/affitto di case forniscono di continuo dati aggiornati sul valore medio per metro quadro degli immobili e i dati tra le diverse agenzie sono sostanzialmente convergenti. Basterebbe che il Fisco attribuisse un valore catastale pari alla media dei valori commerciali nel triennio per risolvere il problema ed avremmo potuto farlo già 5-10 anni or sono.
Tra l’altro, in un paese dove si urla ‘dagli all’evasore’ da un ventennio, sarebbe ora di porre fine a quella che appare una forma legalizzata di elusione dei propri doveri verso la Comunità nazionale.

Comprensibile che i ‘vecchi partiti’ siano restii a mutare scenari e alleanze lobbistiche, molto meno se parliamo dei partiti come SEL, Lega, M5S, Scelta Civica per Mario Monti e, venendo alla loro credibilità, prendiamo atto che lo studio di L’Espresso, che denuncia lo scandalo del Catasto e anche quello delle fasce ISEE, risale al 1° agosto scorso. Son trascorsi quasi 50 giorni e tutto tace, se non il sibillino Enrico Letta che tiene appeso il suo governo all’abolizione dell’IMU.

Eppure Casaleggio, Renzi, Maroni, Boldrini dovrebbero rifuggire un’Italia con una sbilenca service tax e tutti i quattrini che restano a Roma che li redistribuisce a modo suo a Comuni, Regioni e Agenzie varie. Come anche tutti i partiti dovrebbero dar conto ai loro elettori, spiegando che si intende redistribuire la leva catastale e risanare il Welfare. Non aumentare come al solito le tasse ai soliti ceti medi.

Senza dimenticare che se il Governo Letta riuscirà a portare a casa almeno questa riforma entro la fine dell’anno, avremo dato all’Europa e ai Mercati uno dei segnali politici che si attendono.

Altrimenti, oltre alle conseguenze finanziarie e di consenso, sarà un po’ più difficile sfatare il mito che l’Italia è fondata sul lavoro di tanti ma non di tutti. Tra l’altro, se dovettero scriverlo in capo alla Costituzione, vuol dire che il problema è di vecchia data e che potremmo, ancora oggi, rifarci al Pinocchio di Collodi per conoscere i ‘colpevoli’ dell’eterno stallo italiano.

Tra l’altro, quella del Catasto sarà il banco di prova per capire se l’M5S di Casaleggio, la Lega di Maroni e Zaia e Sinistra renziana sono effettivi portatori di cambiamento oppure rappresentano il solito opportunismo provinciale di Bertoldo e Bertoldino.
Sempre troppo tardi se, poi, i nostri sindacati, che invadono la sfera politica con tradizione cinquantennale, volessero pronunciarsi dinanzi a tale scandalo e tale iniquità che colpisce vistosamente i ceti meno abbienti. O, forse, dovremmo constatare che tanti nostri leader abitano proprio nei quartieri privilegiati?
E non sarebbe male se anche il Clero – che è una nota presenza nei centri delle città – volesse prendere atto del danno sociale e umano causato da certe prebende.

Da un mese traballiamo perchè cade Letta, ritorna l’IMU o forse no?
Ma vogliamo scherzare? Meglio tenersi la service tax …

Resta un mistero del perchè M5S, SEL e Lega – che sono all’opposizione – facciano finta di nulla e della ‘questione catasto’ i guru della ‘democrazia dal basso’ non ne facciano un cavallo di battaglia, visto che basterebbe far muro sul volume compessivo del gettito catastale per poter promettere almeno a metà degli italiani che il sistema sarà più equo e, soprattutto, che chi vive in provincia o nelle periferie suburbane avrà qualche diritto e qualche risparmio in più.

A proposito, con un catasto che funziona anche il costo di acqua e energia diventa più equo … non solo l’accesso a servizi, cure e medicinali, studi universitari.

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IMU: Alemanno trova la soluzione?

10 Mag

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha comunicato che le domande di anticipazione di liquidità superano l’importo delle disponibilità del Fondo dedicato agli Enti locali dalla Cassa depositi e prestiti. Parliamo di un fabbisogno stimato in sei miliardi di euro a fronte di soli quattro distribuiti su due rate per l’esercizio corrente e per quello del 2014.

Dunque, sono ancora aperti i nodi per i quali si dovette intervenire d’urgenza, un anno e mezzo fa, proclamando Mario Monti a salvatore della Patria e lasciando Elsa Fornero libera di usare il Welfare per salvare la cassa.

Se qualcuno cerca il ‘tesoretto di Mario Monti’ è meglio che lasci perdere, anzi sarebbe bene che si preparasse al peggio: la Corte dei Conti ha bocciato il DL Sviluppo, la Legge di Stabilità e, persino, la fiscalità che Monti e chi lo sosteneva hanno voluto.

Le norme di carattere fiscale “risultano prive di clausole di salvaguardia per fronteggiare il minor gettito rispetto alle stime”.  La legge di Stabilità “viene svuotata della sua componente fondamentale, non si realizza la manovra.” Il Decreto Legge per lo Sviluppo costituisce “un provvedimento disorganico, che reca i più disparati interventi; molti emendamenti approvati in sede parlamentare sono privi di relazione tecnica o registrano un visto negativo”.

Per il resto, “coperture improprie”, “gettito non affidabile”: un’ennesima voragine nei conti pubblici?

Intanto, la ‘pacificazione’ passa attraverso il taglio dell’IMU (voluto da Berlusconi) ed il rinnovo della Cassa integrazione speciale (voluta dalla CGIL), mentre è più che evidente che non la copertura finanziaria, andando avanti con questo metodo, non c’è.
L’IVA non aumenta, forse, ma, di sicuro, non cala, eppure c’è recessione. L’Irperf viene lasciata libera di crescere in balia della malasanità e della malagestione, come se non contribuisse ad aumentare il carico fiscale di tutti.

E, per non farsi mancare nulla, anche i parlamentari del Movimento Cinque Stelle scoprono che vivere a Roma con seimila euro al mese è difficile, chissà come faranno i residenti che vanno avanti con 1.000-4.000 euro mensili per nucleo familiare …
Dunque, niente interventi sui costi della Casta o della P.A., i piccoli comuni e le Province son tutti lì, la magistratura ha avuto il periodico aumento stipendiale, i nostri media neanche più ricordano che i mercati e gli stati esteri ci guardano ancora con attenzione, sorpresa e sospetto.

Tornando all’IMU, c’è l’esempio della Giunta di Roma Capitale, presieduta dal sindaco Alemanno, che ha dato il via libera all’esenzione totale dal pagamento dell’Imu sulla prima casa per le famiglie con un reddito Isee non superiore a 15.000 euro.
La copertura finanziaria sarà assicurata dai maggiori introiti garantiti dalla rivalutazione delle rendite catastali degli immobili situati nelle zone di pregio di Roma, che rappresentano il 7,49% delle prime case.  La stima di incremento di gettito derivante dalle nuove rendite in base alle stesse aliquote IMU dello scorso anno è di un gettito di 116,2 milioni di euro. In questo modo, non saranno penalizzate le attività produttive, come, viceversa, sembra prevedere il decreto al vaglio del Governo Letta.

Saranno 376.000 le  famiglie romane, in particolari situazioni di disagio economico-sociale, che beneficieranno di questi provvedimenti di solidarietà sociale.

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Comune di Bologna: uno schema finanziario collaudato

17 Mag

Virginio Merola (Partito Democratico) è il sindaco di Bologna, un comune che è il maggiore azionista di Hera S.p.A. con una quota di azioni pari al 14,76 % e, tramite questa, controlla (100%)  HERA COMM, la quale si occupa di vendita di gas ed energia elettrica ed a sua volta detiene il 50,01% di HERA COMM MEDITERRANEA la quale si occupa di produzione, acquisto, trasporto e vendita di energia, mentre il restante 49,99% è detenuto dalla società S.C.R. s.r.l. con capitale coperto da segreto fiduciario e scelta senza gara ad evidenza pubblica. Il Gruppo Hera è il secondo operatore italiano nella gestione del ciclo idrico integrato, ovvero dalla raccolta alla depurazione delle acque reflue fino alla distribuzione di acqua potabile, ed è anche il principale operatore nazionale nel settore ambiente per quantità di rifiuti raccolti e trattati.

Tra l’altro, come formalmente dichiarato a bilancio comunale, “la raccolta differenziata è particolarmente bassa nel Comune di Bologna (36%),  rispetto agli standard richiesti in sede comunitaria (65% entro il 2012).”

Un Comune, quello di Bologna, che alla chiusura del consuntivo 2011 metteva a bilancio ben 12.5 milioni di euro di avanzo economico di parte corrente pari. Risorse che non il sindaco della città ed il consiglio comunale non intendono destinare alla spesa corrente, riducendo tributi e invrementando i sussidi, e che verranno destinati “cura della qualita’ urbana della città” pur di non protestare contro il Patto di stabilità.

Un bel conflitto di interessi, di questi tempi, visto che la crisi dovrebbe indurre il Primo Cittadino a non innalzare il costo delle forniture acqua-gas-luce, se si volesse essere attenti ai cittadini, e non viceversa innalzarlo, come accade, dato che si pensa solo alla cassa ed alla spesa.

Utile aggiungere che il Comune di Bologna controlla anche Interporto Bologna  S.p.A. (35,1%), con ricavi, nel 2007, superiori ai 22 milioni di Euro, e che dagli utili, che questa società  si propone di ottenere, dipende sostanzialmente il prezzo al banco di qualunque prodotto transiti da lì.

Un bel balzello sulle spalle degli altri italiani che permette al Comune di Bologna di mantenere “fiori all’occhiello” a spese di altri.

Un Comune che annuncia (esultante?) che “tra i principali risultati ottenuti con le più recenti modifiche normative, vi sono l’esclusione dall’IMU degli immobili comunali e la possibilità di assimilare alla prima abitazione quelli non comunali (di proprietà Acer) destinati a Erp o Ers, così come quelli dei soci di cooperative a proprietà indivisa” , oltre che forti riduzioni per le imprese.

Mica alleviare i cittadini, visto che si tratta di “un Comune quasi totalmente autonomo da un punto di vista tributario e finanziario”, bensì finanziare la Casta e la folle spesa pubblica, per sostenere la quale il Sindaco e la Giunta bolognesi hanno già introdotto, per i servizi educativi nel corso del 2012, alcune significative innovazioni nell’utilizzo dell’ISEE (Indicatore di situazione economica equivalente) e che ulteriori modifiche saranno introdotte “al fine di conseguire maggiore equità e selettività nelle modalità di accesso e contribuzione ai servizi”.

Ma non solo, visto che la Giunta di Virginio Merola, con i tempi che corrono è riuscita a deliberare, per il 2012, · risorse aggiuntive per 1,6 milioni di euro “per estendere la rete e potenziare la manutenzione degli impianti di rilevazione automatica delle infrazioni al codice della strada”, mezzo milione di Euro per il bike-sharing ed un altro mezzo milione per “potenziare le azioni di recupero dell’evasione”. Importante aggiungere, riguardo ll’utilità di queste spese, che l’Emilia Romagna nel solo 2010 ha speso quasi 2 milioni di euro per il bike sharing, che è la regione con il più basso rischio di evasione fiscale e che il numero di feriti negli incidenti stradali a Bologna è relativamente costante dal 1995.
Tra l’altro, essendo il debito comunale nell’ordine dei 300 milioni, secondo alcune stime, davvero non si comprende come possano i revisori dei conti tollerare interessi passivi a fronte di somme eccedenti od accantonate.

Ritornando ad Hera spa, sia il Fatto Quotidiano sia la Voce di Romagna, raccontano una “strana” vicenda iniziata dieci anni fa, quando la società SCR – quella coperta da “segreto fiduciario” e indicata dal Fatto Quotidiano come vicina alla famiglia Cosentino tramite una fiduciaria – compra per tre miliardi e 715 milioni di lire (1,9 milioni di euro) l’area industriale della ex Ceramiche Pozzi di Sparanise (CE), un prezzo a dir poco stracciato, dato che il sito non aveva  i permessi per ospitare impianti energetici o per il trattamento rifiuti.  Nel 2001, l’area viene rilevata da AMI spa (azienda controllata dal Comune di Imola) proprio poco prima che il Comune di Sparanise cambi la destinazione d’uso dei terreni, consentendo la costruzione di una centrale a turbogas da 800 megawatt, e prima che la stessa AMI spa si fonda con altre ditte emiliano-romagnole, diventando Hera. Un’area che già nel 2003 Hera aveva provveduto a vendere a Calenia Energia, a sua volta ricomprata, nel settembre 2004, dalla  “stessa” Hera e dalla “quella” Scr collegata all’onorevole Nicola Cosentino per il 15%  e per il restante  85% del capitale dalla svizzera Egl.
Nel 2008 Hera Comm Med, società commerciale di Hera (nel cui cda siede Giovanni Cosentino, fratello di Nicola), cui è intanto è passato il controllo del 15 % della centrale, dichiara ricavi per 40 milioni di euro ed utili per 6 milioni e mezzo, dei quali  non vi è traccia nei dividendi e nei bilanci delle giunte romagnole e della multiservizi bolognese (fonte Voce di Romagna).

Non deve dunque meravigliare se il sindaco bolognase Virginio Merola segua con trepido interesse le vicende campane sia riguardo i rifiuti sia riguardo il caso Equitalia e sulle proteste scoppiate in tutto il paese, chiedendo «una grande manifestazione contro l’evasione fiscale», aggiungendo  «non come a Napoli dove contro Equitalia sono scesi in piazza cittadini e camorra».

Ciò che dovrebbe meravigliare è che nessuno ancora si sia accorto di come l’Emilia Romagna e le sue giunte rosse e bianche vantino un “successo gestionale” che si fonda su indebitamenti sine die, gestioni separate o parallele come quelle delle ex-municipalizzate, speculazioni su aree meno sviluppate del paese amministrate da “giunte amiche”, pressione fiscale ossessiva o poco trasparente.

Non meraviglia neanche che, ancora oggi, proprio negli impianti di Imola vadano a finire migliaia e migliaia di tonnellate di rifiuti campani e che a lucrare sulla “monnezza di Napoli” ci siano emiliani e romagnoli.

Come non meraviglia che, non Bersani e non Vendola, ma Giovanni Favia, consigliere comunale bolognese del Movimento Cinque Stelle (link), sostenuto dal Partito del Sud campano (vedi link) abbia presentato un ordine del giorno dove si chiede al Sindaco di Bologna di “adoperarsi affinchè persone delle quali non può essere garantita l’onestà e l’estraneità al mondo della camorra, non siedano all’interno di società partecipate dal comune”.

Utile sapere, però, che Virginio Merola è bolognese d’adozione, essendo nato a Santa Maria Capua Vetere, comune casertano limitrofo proprio a Sparanise, dove è nata anche la moglie dell’ex ministro alle telecomunicazioni, Mario Landolfi (PDL), rinviato a giudizio per presunti favori alla camorra, e dove dal 16 al 26 gennaio scorso è stato cercato come “sparito” l’ex sindaco, Salvatore Piccolo, un avvocato che aveva difeso gli interessi del boss Giuseppe Papa, poi “riapparso” adducendo «questioni strettamente personali».

… e che, come riportato dal giornalista Massimiliano Amato nel libro “Il casalese”, edito da “Cento Autori”, la centrale di Sparanise (una “creatura” di Giovanni Cosentino, fratello del deputato Nicola) sancisce l’inizio di un “consociativismo” negli affari tra imprenditori collegati alla camorra e politici, che travalica qualsiasi possibile distinzione tra sinistra e destra.

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