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iPhone: il gioco vale la candela?

4 Gen

Il Corriere della Sera e l’Huffington Post riportano, quasi fosse manna dal cielo, la storia di una mamma che, regalando un iPhone al figlio tredicenne, gli ha sottoposto un contrattino d’uso, con una serie di regole che dovrebbero essere più che scontate e che invece fanno scalpore.

Non portare il telefonino a scuola, stare alla larga dal porno, non fotofilmare tutto maniacalmente, riporlo dopo una certa ora della sera.

Qualche dubbio sulla bontà dell’idea nel suo complesso sorge subito, considerato che un iPhone, come vedremo, costa quello che costa e che il ragazzino potrà usarlo, durante la settimana, solo dal ritorno da scuola (ore 14.00) e fino alle 19.00: a quell’ora ci sarebbero piscine, palestre e compiti. Altro che chattare con gli amichetti.

A cosa serve ad un tredicenne un iPhone, da 500-900 euro, che potrà usare si e no per un’oretta al giorno? Misteri del consumismo.

Infatti, un iPhone 5, secondo i dati di sostariffe.it, costa tra i 600 ed i 900 euro a seconda del contratto abbinato. Praticamente quanto un ultrabook Acer core i5 di ultima generazione oppure la metà di un motorino 50 cc. della Kymco o dell’Honda o quanto tre nebook Acer o quattro smartphone Blackberry o Nokia, tutte ditte note per la qualità delle proprie tecnologie, come lo è la Apple.

Ma non solo. Un iPhone costa quanto percepiscono di pensione mensile circa 20 milioni di italiani e di salario base tanti operai e precari o quanto si paga d’affitto in due mesi per un appartamentino in periferia od, in un anno, per il riscaldamento autonomo. Costa quasi quattro volte La Treccani ‘light’ (due volumi, 1.400 pagine ciascuno, 190 euro totali) e due volte l’abbonamento di un anno a La Repubblica. O quanto un soggiorno di 10 giorni in Irlanda con tanto di corsi d’inglese madrelingua e certificazione internazionale.

I benefit dell’iPhone non sono nella sua durevolezza, tra l’altro, visto che la casa di Cupertino solo dal novembre scorso ha accettato di estendere gratuitamente la garanzia per due anni, come di norma, dopo le proteste dei consumatori. E, sempre riguardo la durevolezza del bene, va anche rilavato che il melafonino sta diventando uno degli oggetti più rubati negli USA, mentre in Europa si arriva ad assaltare a mano armata i TIR, se carichi di i-qualcosa, quasi fossero barili di whisky durante il Proibizionismo.

I punti di forza degli iPhone sono principalmente nella fotocamera di buona definizione, nel controllo vocale – che si basa su Wolfram Alpha, un motore di intelligenza artificiale assai evoluto, che funziona, però, solo se si è connessi con il datacenter Apple via internet – nella possibilità di impostare allarmi e avvisi geolocalizzati – ma a condizione però che i servizi di localizzazione siamo sempre attivi – e nella enorme messe di giochini ed utilità.
Rievocando un giochino giapponese di qualche anno fa, qualcuno potrebbe parlare di una vita da Tamagochi, quasi l’i-phone fosse un cucciolo di cui prendersi cura e da cui essere gratificato.

Non è un caso che negli USA, dove il fenomeno iPhone è nato prima, si stiano ponendo già da anni degli interrogativi.

The New York Times pubblicava, il 30 settembre 2011 (link), uno studio del prof. Martin Lindstrom, che ha provato a rispondere all’interrogativo “se possiamo veramente caratterizzare l’intensa devozione del consumatore per l’iPhone come una dipendenza?

Utilizzando la tecnologia di neuroimaging il prof. Lindstrom ha esaminato l’attività cerebrale dei soggetti nel visualizzare immagini di marchi come Apple e Harley-Davidson ed immagini religiose come la corona del rosario e una foto del Papa: l’attività cerebrale era stranamente simile durante la visualizzazione di entrambi i tipi di immagini.

Alcuni psicologi suggeriscono che utilizzando i nostri iPhone e BlackBerry attingiamo allo stesso apprendimento associative del cervello che rende così coinvolgenti altri comportamenti compulsivi, come il gioco d’azzardo.

Il prof. Lindstrom menziona nell’articolo anche un esperimento fMRI finalizzato a scoprire quanto gli iPhone sono  coinvolgenti, condotto con la collaborazione della società di MindSign Neuromarketing di San Diego, arruolando otto uomini e otto donne tra i 18 ei 25 ann ed esponendoli separatamente all’audio di una suoneria e al video di un iPhone che vibra.

I risultati hanno mostrato l’attivazione in entrambe le cortecce audio e video di cervelli dei soggetti. In altre parole, quando sono stati esposti al video, il cervello dei soggetti non solo ha visto l’iPhone vibrante, ma ha anche “sentito” la suoneria, e, quando sono stati esposti al solo audio, ha anche “visto” il melafonino. Questo potente fenomeno cross-sensoriale è noto come sinestesia.

Ma la cosa più sorprendente di tutte è stata la raffica di attivazioni nella corteccia insulare del cervello, che è associata a sentimenti di amore e compassione: i cervelli dei soggetti hanno risposto al suono dei loro telefoni come avrebbero potuto rispondere alla presenza o la vicinanza di un membro della famiglia od un fidanzata/o.

In una parola, è “amore“.

originale postato su demata

Sony ed il crash della Playstation

28 Apr

George Hotz (Glen Rock, 2 ottobre 1989) è un giovane programmatore che l’anno scorso aveva sviluppato e pubblicato un software libero e legale che permette di sfruttare le prestazioni degli iPhone al massimo.

Un’operazione che gli hacker chiamano “jailbreak” e che è finalizzata a “liberare” l’hardware dai limiti artificiali creati via-software dalle case costruttrici per motivi commerciali.

E’ un problema diffuso tra le tecnologie, che spesso sfruttano meno della metà del proprio potenziale per i parametri imposti da accordi e cartelli commerciali.
Visto il successo con l’iPhone, il giovanissimo George Hotz aveva iniziato a cimentarsi con la Playstation della Sony e, in gennaio, aveva pubblicato alcuni codici ed alcune procedure per “sbloccare” il giocattolo che ben 70 milioni di persone amano.
Hotz voleva permettere alle Playstation di eseguire anche software libero e sistemi operativi come Linux.

A questo punto la Sony accusava il ragazzo di violare il Digital Millennium Copyright Act per una procedura che, si noti bene, se fatta su un cellulare non è considerata vietata.
A dire di Riley Russell, legale della Sony, il programmatore andava processato “per proteggere la proprietà intellettuale e i consumatori” (sic!).

Adesso, George Hotz rischia una condanna federale per diverse decine di migliaia di dollari, anche se ha ragggiunto un accordo con la Sony pochi giorni fa, e il magistrato gli ha già chiuso gli account Twitter, YouTube e PayPal, oltre ad oscurare la pagina incriminata, che, intanto, era rimbalzata in mirroring su mezza rete.
L’unico commento è stato, tramite una email inviata a Wired.com: “Non mi piace la censura, non mi piace la censura ai miei danni. State tranquilli, sto combattendo la mia battaglia, nel miglior modo che conosco”.

Naturalmente, la comunità hacker mondiale era rimasta alquanto turbata dall’accanimento dimostrato dalla potentissima casa giapponese contro un ragazzo “inerme”, colpevole solo della sua intelligenza.

Il 20 aprile scorso, il sito della Sony che serve 77 milioni di amanti della Playstation iniziaa ad avere seri problemi, fino a pervenire al black out, mandando offline i servizi «Psn» (Playstation Network) e «Qriocity» (video e musica).
Il 25 aprile, un comunicato della casa giapponese informava che si era verificato un attacco da parte di un gruppo di hacker, gli Anonops, che dal 5 aprile scorso avevano condotto un attacco “Denial of service” contro i server nipponici, in sostegno di Geo Hotz.
A questo comunicato, facevano risposta gli hacker, che rigettavano le accuse e accusavano la Sony di incompetenza, la quale correggeva il tiro è parlava di «persona non autorizzata».

Un attacco dall’interno? Un furto di nomi, date di nascita, indirizzi, codici postali, password, e-mail, numeri delle carte di credito, come quelli che vediamo nei film?
Secondo l’esperto informatico di La Stampa, Anna Masera, “è la domanda che sta rimbalzando fra gli esperti informatici, secondo cui è più probabile che si tratti o di un attacco criminale organizzato oppure di un difetto di sistema della Sony, che è criticata perché adopera un sistema proprietario chiuso e quindi non permette a nessuno di sapere come funziona e quali siano le sue vulnerabilità. E’ lo stesso problema dei sistemi proprietari di Microsoft e di Apple, a differenza dei software open source.”

Intanto, il diretto concorrente della Playstation Sony, la Nintendo Wii, ha annunciato la presentazione, il 7 giugno a Los Angeles, della nuova consolle.