Tag Archives: IP

Lega, Bossi, Padania: lo scandalo

5 Apr

L’elenco che  la non indagata impiegata amministrativa leghista Nadia Dagrada e l’indagato tesoriere leghista Francesco Belsito al telefono hanno sciorinato lo scorso 26 febbraio ai carabinieri in ascolto (e quello che si assomma da altre intercettazioni) comprende, secondo il Corriere della Sera:

  • i costi di tre lauree pagate con i soldi della Lega
  • i soldi per il diploma di Renzo Bossi
  • i 670.000 euro per il 2011 oltre ad altre somme ingenti per gli altri anni
  • le autovetture affittate per Riccardo Bossi, tra cui una Porsche
  • i costi per pagare i decreti ingiuntivi di Riccardo Bossi
  • le fatture pagate per l’avvocato di Riccardo Bo ssi
  • altre spese pagate anche ai tempi del precedente tesoriere Balocchi
  • una casa in affitto pagata a Brescia
  • i 300.000 euro destinati alla scuola Bosina di Varese per Manuela Marrone (moglie di Bossi)
  • l’ultima macchina del “Principe”, 50.000 euro
  • i costi liquidi della scorta di Renzo Bossi  (dai 151.000 ai  251mila euro)
  • le ristrutturazioni del terrazzo nella casa di Gem onio ( 5-6.000 euro)
  • 200.000-300.000 euro dati al sindacato padano Sinpa
  • altre spese pagate anche ai tempi del precedente tesoriere Balocchi
  • altre somme date mensilmente

.

Ce ne è da far inferocire il “popolo padano” ed è arrivata l’ora dei Meridionali e del “l’avevamo detto noi” … e certo è che alle prossime elezioni al Settentrione non sapranno davvero quale partito votare.

Ma la cosa non finisce ai soliti affarucci di bottega dei partiti italiani: sempre secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, “ci sono due operazioni tra società che vengono segnalate come «sospette» dall’Uif, l’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia. Riguardano flussi finanziari tra le società di Bonet, con la «Siram spa» a fare da capofila in uno scambio con «Polare Scarl», «Marco Polo Triveneto» e «Fin. Tecno srl». «Siram, a fronte di tale fatturato passivo, usufruirebbe di un credito d’imposta pari a 6.125.694 euro, costituente il 40 per cento dell’ammontare dei costi fatturati, pari a 15.314.235 euro».

“Le indagini sono in fase cruciale. Anche perché nel mirino degli inquirenti di Reggio Calabria ci sono una serie di operazioni «improduttive» che dimostrerebbero l’attività di riciclaggio svolta da Belsito con Romolo Girardelli, il suo socio, ritenuto il referente finanziario della «cosca De Stefano», con l’imprenditore Stefano Bonet. È il filone che porta alla ‘ndrangheta e al reimpiego dei soldi in Italia e all’estero.”

Dunque, esistono altri filoni d’inchiesta che coinvolgono la Lega dei “padani”, oltre all’inchiesta dei PM di Napoli, Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e John Henry Woodcock.

Uno scandalo che riguarda sia la capacità di “penetrazione commerciale” dei grandi fornitori pubblci sia il sistema “di finanziamento e di spesa” dei partiti sia la “semplicità” con cui entità criminali riescano a far affari con gli investitori del Nord se non con quelli europei. Questo lo stato dell’arte, dopo il caso Penati a Milano, le due giunte regionali in Puglia, l’eterno affaire Formigoni a Milano, l’appaltone comunale di Roma, la gestione rifiuti in Campania, lo scandalo PD-Margherita del tesoriere Lusi, la “strana storia” Finmeccanica-UDC.

Da molti anni, ai bambini del Sud viene insegnato – da un nonno o da una zia un po’ anziana – che “la Mafia sta al Nord”, ma questo resta un concetto relegato alle memorie infantili di cui si dubita, visto che sono 150 anni che ci raccontano il contrario.

Ma come non dubitare se puntualmente accade che toscani, romani, veneti, lombardi, piemontesi, tedeschi, francesi preferiscano gli affari facili alla gente onesta, consolidando nel Meridione un potere malvagio ed un’oppressione insopportabile come solo la Mafia sa essere?

leggi anche:Siram e lo scandalo delle risorse energetiche

originale postato su demata

Siram e lo scandalo delle risorse energetiche

5 Apr

“Sanità e Pubblica Amministrazione sono tradizionalmente i due principali settori del portafoglio clienti Siram rappresentando tuttora una parte importante del fatturato dell’Azienda.  220 enti tra cui la Presidenza del Consiglio e i Ministeri dell’interno, dell’economia, della giustizia, delle telecomunicazioni e della comunicazione.

A livello locale, infine, sono oltre 250 i clienti Siram tra comuni (ad esempio Roma, Venezia, Trieste, Piacenza), province (Bari, Firenze, Genova, Milano) ed enti (le Università di Pavia e Napoli, la Sapienza e l’Ente Poste di Roma).” Questo il comunicato che spicca alla pagina “enti pubblici” del sito della Siram, “un’azienda italiana con quasi 100 anni di esperienza nella gestione energetica di edifici complessi pubblici e privati”.
Ad essere esatti, Siram gestisce “770 strutture sanitarie, pubbliche e private, per un totale di 65.061 posti letto, 457 strutture sportive, culturali e di intrattenimento, 76 stabilimenti industriali, 93.050 alloggi residenziali, 2.222 edifici dedicati al terziario e al commercio pari a 4.186.140 mq, 6.300 siti di telecomunicazione, 6 reti di teleriscaldamento”.
Dal 2004 al 2010, Siram ha gestito gli impianti che producono calore al Pio Albergo Trivulzio, proprio l’edificio milanese “madre di tutte le tangenti”, come raccontano cronache e processi.

Siram nasce nel 1912 ed il suo primo contratto importante, dal 1927, è come gestore degli impianti di riscaldamento del Comune di Venezia, per poi estendersi ad altri clienti pubblici nel Veneto, in un settore (carbone) tradizionalmente controllato dai Rothschild.
Divenuta nel corso degli anni azienda leader in Italia nei servizi energetici e multitecnologici nei settori della sanità, dell’amministrazione pubblica, dal 2002 Siram, tramite Dalkia International, è controllata da Veolia Environnement, il più grande gruppo al mondo nel settore dei servizi ambientali (energia, acqua, rifiuti e trasporti), presente in 72 paesi con circa 312mila dipendenti e un fatturato 2009 di 34,5 miliardi di Euro.

Dalkia International opera a livello mondiale, gestendo tra l’altro circa 24.000 strutture sportive o culturali e oltra 6.000 centri di cura. La maggioranza del pacchetto azionario di Dalkia International è controllata – come detto – da Veolia Enviroment, ma il 37% appartiene a EDF (Électricité de France S.A.) azienda energetica di rilevo mondiale, che gestisce nella sola Francia 58 reattori nucleari ed in Italia controlla Edison Spa tramita Transalpina di Energia.

Utile sapere che Électricité de France S.A. è il principale concorrente in Francia di GDF Suez, la supercompagnia energetica che vede ai propri vertici Étienne Davignon, socialista ex padre fondatore dell’Europa e attuale presidente di quel Gruppo Bilderberg di cui Mario Monti è stato membro del comitato direttivo. Gerhard Schröder, socialista ex Cancelliere tedesco, alcuni mesi dopo la fine del mandato politico, accettò la nomina di Gazprom a capo del consorzio Nord Stream AG. Con la sua uscita dalla politica Angela Merkel ebbe campo libero per la formazione della Grosse Ammucchiata.

Andando a Veolia Acqua Srl, holding del’omonimo gruppo in Italia, possiamo osservare che controlla Compagnia Generale delle Acque Spa (Veneto ed Emilia-Romagna), Sagidep Spa (nord-ovest), Società dell’Acqua Potabile Srl (Liguria), Sicea Spa (Piemonte, Lazio, Emilia-Romagna, Toscana e Marche).
Veolia è anche in partnership con pubbliche amministrazioni, come Siba, (servizi di ingegneria), Veolia Water Solutions & Technologies Italia Srl (acque reflue), Acqualatina Spa (Latina), Geal (Lucca), Mediterranea delle Acque (Genova), Sorical (acqua all’ingrosso Calabria), Siciliacque (acqua all’ingrosso Sicilia).

Una coincidenza: dalle carte dell’inchiesta di Reggio Calabria, emergono contatti tra la Siram e Romolo Girardelli, vicino a Paolo Martino, il boss della nDrangheta arrestato nel 2011 dalla Dda di Milano.


Dunque, mentre apprendiamo che la “libera Francia” ha “esemplarmente” privatizzato acqua ed energia, che fino a 20 anni fa erano pubblici, potremmo anche chiederci se “agli squali” interessi anche l’acqua pubblica italiana ed il gas asiatico dell’ENI.

E, forse, se volessimo un’Italia meno corrotta, meno sprecona, più efficiante, più “fiscalmente” contributiva, dovremmo spostare la nostra attenzione dai commercianti di Cortina d’Ampezzo alla rendicontazione dei partiti ed al mercato dell’energia e, perchè no, delle telecomunicazioni.

Forse … ma da come è andata con lo scandalo Finmeccanica-UDC, scomparso dai notiziari, c’è ben poco da sperare. Liberatisi di Bossi e del suo entourage, ritornerà tutto come prima, o peggio, (s)venderemo le nostre risorse “al miglior offerente” perchè l’Europa lo chiede?

leggi anche:

Mario Monti, un curriculum da conoscere

Passera una biografia non autorizzata


originale postato su demata

Tripoli è caduta: ministoria di un’insurrezione

23 Ago

Tutto iniziava il 17 febbraio 2011, il Giorno dell’Ira.

Migliaia di manifestanti scendevano in strada nelle città della Cirenaica, il regime uccide 6 persone e ferisce decine di manifestanti.

Dopo giorni di manifestazioni e dure repressioni, Bengasi e la Cirenaica insorgono il 23 febbraio . Migliaia di morti e massicce defezioni dei soldati del despota. Inizia la rivolta.

23 febbraio 2011 Un aereo con Aisha Gheddafi a bordo chiede di atterrare a Malta, ma il permesso viene negato. I media avanzano sospetti che il Colonnello stia trasferendo ed occultando capitali all’estero.

19 marzo Dopo un mese di stragi e pulizie etniche del regime, l’Aereonautica francese attacca le forze di Gheddafi in applicazione del mandato ONU.

20 marzo Alla missione si uniscono, progressivamente, gli USA, la Gran Bretagna, la Germania ed alcuni paesi della Lega Araba. L’Italia resta ai margini delle operazioni a causa dell’ambiguità delle sue relazioni con il tiranno.

26 marzo I ribelli riconquistano Brega e Ajdabija, puntando verso Ras Lanuf: inizia la ritirata dei lealisti.

11 aprile Inizia a formarsi un governo provvisorio libico e vengono fornite ampie rassicurazioni riguardo i contratti petroliferi siglati dal regime.

23 aprile Viene liberata Misurata, dopo oltre due mesi di assedi e di bombardamenti da parte dei lealisti di Gheddafi. Viene anche liberato il rimorchiatore italiano, Asso 22, rimasto bloccato lì.

30 aprile Iniziano gli attacchi missilistici al bunker del tiranno e muoiono uno dei figli dei tiranni ed alcuni nipoti. Gheddafi chiede, senza successo, di fermare i bombardamenti USA.

16 maggio Il procuratore Luis Moreno-Ocampo chiede l’emissione di mandati di cattura internazionali contro Gheddafi, il figlio Seif al Islam e il direttore dei servizi segreti libici Abdallah al Senussi.

26 giugno La Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aja emette mandato d’arresto contro il Colonnello Gheddafi per crimini contro l’umanità insieme al figlio primogenito ed al capo dei servizi di intelligence.

22 agosto 2011 Gli insorti entrano a Tripoli ed inizia l’assedio al bunker del tiranno.

Questi i post passati che si sono occupati del Colonnello Gheddafi:

04-mar-10 Lo stile inconfondibile della Famiglia Gheddafi
04-mar-10 Gheddafi e l’embargo alla Svizzera: dopo il petrolio tocca ai datteri
16-giu-10 Il denaro che puzza
31-ago-10 Gheddafi, dall’Europa un silenzio di tomba
21-feb-11 Gheddafi e l’amico Berlusconi
23-feb-11 Libia, scoperti corpi bruciati (video)
24-feb-11 Massacri libici, affari italiani
23-mar-11 Libia, petrolio e guerra
04-apr-11 Non solo Libia
26-apr-11 Italia in guerra senza Bossi e Bersani?
11-apr-11 Libia, chi sono gli insorti
30-mag-11 Perché Al Qaeda attacca l’Italia?

Italia in guerra senza Bossi e Bersani?

26 Apr

Sì ad «azioni aeree mirate» italiane in Libia. Questa la brief note con cui il Governo ha annunciato l’entrata in guerra dell’Italia.

Una decisione, come conferma il ministro degli Esteri Franco Frattini, che che poteva attuata ben quindici giorni fa, visti i toni tenuti dal rappresentante del governo provvisorio Jalil, in visita a Roma.
“Voi vi siete fatti ingannare dalla retorica di Gheddafi, ma noi che siamo i libici di Bengasi, i libici che dovrebbero odiare di più gli italiani, riconosciamo che voi non ci avete solo colonizzato: avete costruito il nostro Paese. E’ per questo ha continuato – che abbiamo bisogno di voi, proprio di voi, adesso: aiutateci.”
Un accorato appello, al quale Silvio Berlusconi aveva pubblicamente risposto, pochi giorni dopo, che “considerata la nostra posizione geografica ed il nostro passato coloniale, non sarebbe comprensibile un maggior impegno militare.”

Una mossa, imposta da Obama a nome evidentemente del Consiglio NATO, che potrebbe, almeno, riqualificare l’immagine italiana dall’imbarazzante amicizia di Gheddafi con Berlusconi, il quale, per l’appunto, si dichiara imbarazzato.

Una ripresa “obbligata” della politica italiana nel Mediterraneo, dopo 150 anni di stasi, che  riporterebbe le regioni ed i porti del Sud agli antichi fasti, con prevedibili ricadute (negative?) per le regioni padane e quelle “rosse”.

Infatti, se Calderoli annuncia un “Non con il mio voto”, aprendo un’ulteriore frattura nel governo, dalla riva opposta arriva un durissimo il comunicato di Emergency.
“Il governo italiano continua a delinquere contro la Costituzione e sceglie la data del 25 aprile per precipitare il Paese in una nuova spirale di violenza. Le bombe non sono uno strumento per proteggere i civili: infatti non sono servite a proteggere la popolazione di Misurata. La città di Misurata, assediata e bombardata da oltre due mesi, nelle ultime 24 ore ha vissuto sotto pesantissimi attacchi che hanno raso al suolo quartieri densamente popolati, anche per l’impiego di missili balistici a medio raggio”.
Intanto, il ministro della Difesa Ignazio La Russa precisa che  “non si tratterà di bombardamenti indiscriminati ma di missioni con missili di precisione su obiettivi specifici” per “evitare ogni rischio di colpire la popolazione civile”.
E Frattini conferma: «Bombarderemo obiettivi mirati, per esempio batterie anticarro, carrarmati, depositi di munizioni. Obiettivi pianificati dalla Nato, che ce li indicherà di volta in volta».

Quanto al popolo padano, Berlusconi rassicura (secondo lui) che “non occorre un nuovo voto del Parlamento, dunque non ci sarà nessuna spaccatura tra noi e la Lega come spera l’opposizione”.

L’opposizione?  Tace, imbarazzatamente tace, trincerandosi dietro “i limiti posti dalla risoluzione Onu”, come se non ci siano un popolo insorto, un dittatore efferato e tremila anni di storia comune.

Intanto, a Misurata l’assedio, la fame, la sete, le morti innocenti continuano.

Non solo Libia

4 Apr

Ho scritto della crisi libica mentre accadevano i primi eventi e l’impressione è che il fenomeno in atto sia molto più ampio della sola Libia o del Nordafrica.

Come non notare che, dopo la Siria,  solo Palestina-Israele manca all’appello del “Day of rage” e che, se non avverrà, potrebbe solo significare che Hamas è ovunque e che la repressione israeliana soffoca anche i laici palestinesi.

Oppure, come non rendersi conto che il disastro nucleare di Fukushima e l’intensità di certi eventi naturali mettono in crisi sia una certa visione dello sviluppo futuro delle nostre infrastrutture ed attivano un’ancor più spietata ricerca di risorse energetiche e minerarie.

Tornando ai crucci italiani sulla Libia, esistono dei “quid” che sono del tutto disattesi dall’informazione italiana, vuoi per interessi di bottega, vuoi per formazione risorgimentale, vuoi per appartenenza militante.

Questioni, tutte squisitamente politiche ed economiche, che sottendono ai quesiti ondivaghi con cui la pubblica opinione sta lentamente e confusamente apprendendo riguardo gli eventi molto variegati e le (poco) diverse posizioni.

Ad esempio, in uno scenario di superamento degli accordi coloniali del 1884, quale può essere mai il ruolo e le garanzie dell’Italia verso i paesi emergenti se lo stesso Meridione viene tenuto nel degrado con l’aiuto delle mafie?

Oppure, quale politica possiamo mai sostenere nel Mediterraneo, se tutto è deciso a Roma (che ha ormai accettato i “patti di Yalta” tra Saladino e Federico ai tempi delle Crociate) ed a Milano, che è più svizzera che penisola? Sarà un caso che il comando NATO sta proprio a Napoli?

Come rispettare la convenzione di Ginevra per i profughi, se negammo l’asilo persino ai fiumani, oppure garantire la firma delle Carte dei diritti ONU, se 4 milioni di italiani devono ricorrere ai banchi alimentari con la spesa pubblica che abbiamo?

E’ anche da quesiti come questi, che gli altri si pongono e noi no, che nasce la marginalità italiana nel contesto africano e mediorientale.

leggi anche Libia petrolio e guerra

con le mappe petrolifere

e Massacri libici, affari italiani

con i dettagli sulle nostre aziende

Libia, petrolio e guerra

23 Mar

La Libia possiede circa il 3,5% delle riserve mondiali di petrolio, più del doppio di quelle degli Stati Uniti e, con 46,5 miliardi di barili di riserve accertate, (10 volte quelli d’Egitto), supera la Nigeria e l’Algeria (Oil and Gas Journal). Al contrario, le riserve accertate di petrolio degli Stati Uniti sono dell’ordine di 20,6 miliardi di barili (dicembre 2008) secondo la Energy Information Administration. (fonte CoTo)

Le sue riserve di gas a 1.500 miliardi di metri cubi, ma la sua produzione è stata tra 1,3 e 1,7 milioni di barili al giorno, ben al di sotto della capacità produttiva secondo i dati della National Oil Corporation (NOC) l’obiettivo a lungo termine è di tre milioni di b / g ed una produzione di gas di 2.600 milioni di piedi cubi al giorno.

E’ evidente che una invasione della Libia, anche se nel quadro di un mandato umanitario, servirebbe anche gli interessi delle imprese petrolifere angloamericane, come l’invasione del 2003 e l’occupazione dell’Iraq, in modo da prendere possesso delle riserve di petrolio della Libia e privatizzare l’industria petrolifera del paese. Wall Street, i giganti petroliferi anglo-americani, i produttori di armi USA-UE ne sarebbero soli beneficiari.

 

Tra l’altro, mentre il valore di mercato del petrolio greggio è attualmente ben al di sopra dei 100 dollari al barile, il costo estrattivo del petrolio libico è estremamente basso, a partire da 1,00 dollari al barile: a 110 dollari sul mercato mondiale, la semplice matematica dà la Libia un margine di profitto 109 $ per barile” … (fonte EnergyandCapital.com 12 Marzo 2008)

 

Non sorprenderà sapere che, da qualche tempo, anche  la Cina sta giocando un ruolo centrale nel settore petrolifero libico e non a caso la China National Petroleum Corp (CNPC) ha dovuto rimpatriare dalla Libia ben 30.000 cinesi. L’unico dato certo è che l’11% delle esportazioni di petrolio libico vengono incanalate verso la Cina, ma non ci sono dati sulla dimensione e l’importanza, certamente notevole,  della produzione cinese in Libia e delle trivellazioni.

La campagna militare contro la Libia è , evidentemente, volta ad escludere la Cina dal Nord Africa, che ha interessi petroliferi anche in Ciad e Sudan.

Importante è il ruolo d’Italia, dato che ENI, il consorzio petrolifero italiano, tratta 244 mila barili di gas e petrolio, che rappresentano quasi il 25 per cento delle esportazioni totali della Libia. (fonte SKY News UK), come quello tedesco che, nel novembre 2010, ha firmato tramite la compagnia petrolifera nazionale, la RW Dia,  un accordo settennale con la National Oil Corporation (NOC) libica di entità paragonabile a quelli italiani e cinesi.

 

L’operazione militare in corso ha come scopo “a lungo termine” di ristabilire l’egemonia anglo-statunitense nel Nord Africa, una regione storicamente dominata da Francia e in misura minore, da Italia e Spagna.

Per quanto riguarda la Tunisia, il Marocco e l’Algeria, il disegno di Washington potrebbe essere quello di indebolire i legami politici di questi paesi verso la Francia e spingere per l’installazione di nuovi regimi politici che hanno un rapporto stretto con gli Stati Uniti con esclusione della Cina dalla regione. I precedenti sono noti e disastrosi: parliamo dell’Indocina-Vietnam e  delle guerre dei soldati-bambino dell’Africa equatoriale.

La Libia, inoltre, confina con molti paesi che sono sfera d’influenza della Francia tra cui Algeria, Tunisia, Niger e Ciad. Exxon, Mobil e Chevron hanno interessi nel sud del Ciad, tra cui un progetto di gasdotto che arriverà fino alla regione sudanese del Darfur, ricco di petrolio, ma anche la China National Petroleum Corp (CNPC) ha firmato un accordo di vasta portata con il governo del Ciad nel 2007.

Sempre ai confini della Libia c’è il Niger che possiede ingenti riserve di uranio, attualmente controllate dal gruppo francese Areva nucleare, precedentemente conosciuto come Cogema ed anche la Cina ha una partecipazione nell’estrazione di uranio del Niger.

Dunque, il confine meridionale della Libia è strategico per gli Stati Uniti nel suo tentativo di estendere la sua sfera di influenza in Africa francofona, una regione che faceva parte degli imperi coloniali Francia e Belgio, i cui confini sono stati stabiliti dalla Conferenza di Berlino del 1884, in cui gli USA ebbero un ruolo minore.

 

Inoltre, l’Unione europea è fortemente dipendente dal flusso di petrolio libico, di cui ben l’85% viene venduto a paesi europei e, principalmente Italia e Germania attraverso il gasdotto Greenstream nel Mediterraneo.

Dunque, l’operazione statunitense ha  anche un impatto diretto sul rapporto tra Stati Uniti e l’Unione europea: considerato che gli USA e la NATO sono coinvolti in tre distinti teatri di guerra (Palestina-Libano, Afghanistan-Pakistan, Iraq-Curdistan), un attacco contro la Libia comporta il rischio di escalation militare.

Infatti, dal punto di vista di Obama e del suo staff, l’attacco in Libia non sembra essere altro che un ulteriore “teatro bellico”, nella logica del Pentagono di “multiple simultaneous theater wars”, che gli USA ritengono necessarie, come affermava il documento PNAC del 2001, dove venivano definite le strategie statunitensi nel medio periodo.

Intanto, mentre i caccia francesi difendono insorti, pozzi di petrolio e, probabilmente, la pace nel Mediterraneo, i Tornado italiani si alzano in volo, consumano un tot di carburante, monitorano dei radar che non ci sono e tornano a casa … questa è tutta la politica dell’Italia nel Mediterraneo.

Anche questi sono i frutti di uno scandaloso premier, del suo governo “de poche” e della “politica del fare” (ndr. poco e male) della Lega.

(leggi anche “Chi sono gli insorti

“Non solo Libia” “La guerra ingiusta”

e “Massacri libici, affari italiani”)