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Italia in balia delle lobbies

5 Dic

In questi giorni si legge esultanza per lo spread – il famigerato spread – ritornato intorno ai valori di marzo scorso, quando ci strappavamo i capelli per quanto andassero male le cose.
Uno spread, così catastrofico, generato dall’eccessiva quantità di titoli che lo Stato Italiano immetteva sui mercati, offrendo tassi di interesse generosissimi, che rappresenteranno un’onerosa palla al piede per circa un decennio.

Un decennio cruciale che vedrà arretrare l’Italia sempre di più, se le premesse sono queste.

crash test

Assistiamo ad una lotta serrata, all’interno dei vari Poteri, come per la Cassa Depositi e Prestiti, che va consolidata al più presto, oppure per le pensioni, che appaiono sospese ad libitum, ma anche per le prebende e le iniquità di cui nessuno sembra voler spogliarsi. In tutto ciò, vorremmo tutti sapere che fine hanno fatto Unicredit e Monte Paschi di Siena, come vorremmo sapere da dove prendiamo i soldi per finanziare la fabbrica di caccia F-35, per comprarne in largo numero e per manutentarli nei prossimi 15 anni.

Si va avanti a colpi di blitz, più o meno riusciti, come quello di Profumo sull’orario e le sostituzioni dei docenti, senza però toccare il costo dei libri di testo, che sono ‘unificati’ e forniti dallo Stato in molti paesi più democratici e trasparenti del nostro, alle concessioni trentennali delle spiaggie richieste da un governo che afferma di voler vendere parte del Demanio.

Oppure, il gioco d’azzardo che, grazie ad un migliaio di nuove autorizzazioni on line, arriva nelle case alla vigilia di Natale e nessuno pensa, almeno, a vietarne la pubblicità in televisione. E nel giorno della vittoria del democratico Bersani rivediamo pugni chiusi ben alti verso il cielo, come se il tempo non scorresse e gli errori non fossero diventati Storia.

La Consulta, non i Servizi Segreti, che ordina di distruggere le intercettazioni che coinvolgono il Presidente della Repubblica nell’inchiesta sulle ‘trattative Stato-mafia’. Il ministro dell’Ambiente interviene riguardo l’ILVA, una fabbrica chiusa dai magistrati per i diffusi danni alla salute delle persone, auspicando che si sia ragionevoli e la si riapra. Intanto, giusto per ricordarci il naturale ordine delle cose, la terra trema nel Piceno, scossa di magnitudo 4, e secondo Mario Monti dovremmo avere tutti un’assicurazione contro i danni geosismici.

adac crash test

L’altro ieri, a Montalcino, qualcuno ha distrutto 600 ettolitri di Brunello pregiato e gli indagini parlano di ‘vandali’,mentre il mondo degli adolescenti deve essersi fatto davvero triste, se i bulli (eufemismo che sta per youngster, ovvero giovane criminale) imperversano a danno di omosessuali, passanti e persino soccorritori, come leggiamo sulle cronache. Intanto, L’Espresso riporta che si verifica circa un caso al giorno di laser negli occhi dei piloti, in fase di atterraggio negli aeroporti italiani.

Di legge elettorale, risultati zero. Il governo auspica una riforma, ma noi cittadini prendiamo atto che è dal 1994 che devono farne una che funzioni e che, ormai, questi nostri partiti si son convinti di poter governare con il 30% dei consensi su una base di votanti del 60-65%, ovvero il 20% circa dell’elettorato complessivo. Intanto, Patroni Griffi avvisa che “nella P.A. ci sono 260.000 precari e non è possibile stabilizzare tutti”, mentre Balduzzi, alla Sanità, lancia tagli per oltre un miliardo, ma è pronto a cederne quasi altrettanto al Lazio per risanare i conti di Polverini.

Dopo un anno di governo del probo Mario Monti, la corruzione in Italia peggiora di tre posizioni nel rapporto annuale di Transparency International: siamo 72mi alla pari della Tunisia. E che l’appeal per le aziende globali sia basso, lo conferma il ministro Passera che, riguardo alla FIAT, non vede “la determinazione a superare la crisi con gli investimenti e la volontà nel campo dell’auto”.
Ovviamente, basta sfogliare Quattroruote per prendere atto che FIAT, Alfa Romeo e Lancia di modelli ne facciano pochini, di motori ancor meno e che il marchio è presente nei segmenti medio ed alto solo con la Giulietta-Delta e la ‘vecchia’ 159, il resto è Chrysler.

Quanto al bilancio complessivo del Paese, l’aver investito in cemento, anzichè tecnologia, comporta che da quasi 20 anni non esportiamo hardware, ma lo importiamo ampiamente, e che un quarto circa della nostra spesa estera consiste in energia, mentre tutto il settore agroalimentare fornisce un misero 4-5% al PIL complessivo del paese. Giusto notare che il nostro export, oltre all’agroalimentare, consiste principalmente nel Made in Italy e vedremo quanto uscirà indebolito dall’overtaxing montiano e dagli aiuti contro la crisi ricevuti a caro prezzo, in un paese che non restituisce in servizi, innovazione e sicurezza quanto i cittadini versano come tasse, tributi e previdenza.

crash test 1

Per non dimenticare 2,9 milioni di disoccupati (con il welfare che ci ritroviamo), una marea di casalinghe ‘obbligate’, qualche milione di precari e contratti a termine, 400.000 lavoratori a nero nell’agroalimentare, una ventina di milioni di pensionati che campano con redditi inferiori ad un salario minimo. O la totale inazione del governo nel bloccare, ope legis, i vitalizi che i politici locali si sono regalati nel corso di questi mesi, e la poca incisività nel trasformare le Province in distretti amministrativi, eliminando un migliaio di politici e almeno 200 milioni di spese.

Dunque, dopo un anno, le chiacchiere stanno a zero e le cose vanno peggio.
Questo sarà il lascito per il Paese di Mario Monti, ex consulente di Goldman Sachs, di Giorgio Napolitano, che l’ha incaricato, e di Eugenio Scalfari, che l’ha fortemente voluto.

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Legge di Stabilità? No, è una patrimoniale

13 Ott

Oggi l’ANSA ha diffuso una lista delle principali misure contenute nella Legge di Stabilità. Un provvedimento che è anche una minipatrimoniale, che però colpisce solo lavoratori dipendenti e proprietari rurali, ed è anche un’ulteriore stretta sul welfare, dato che prevede un’ulteriore riduzione dei servizi per malati, anziani e bisognosi.

Riguardo gli aspetti ‘patrimoniali’, le norme più vistose sono:

  1. Aumento dell’IVA di due punti, di cui il primo decorre dal 2012 ed il secondo ‘si vedrà’. Una decisione che accentuerà la recessione, colpisce il settore terziario e creerà non pochi problemi, perchè ‘retrottiva’, con i gestori internazionali di vendite on line.
  2. Riduzione dell’IRPERF, una mossa che può essere di preludio, visto quanto finora fatto dal Governo Monti, per la concessione di maggiori poteri fiscali alle Regioni. Non illudiamoci.
  3. Tassazione dei Tfr, che non è altro che una tassazione ‘postuma’ sui redditi, che – si noti bene – colpisce chi non è ancora andato in pensione e che ha già subito notevoli ‘econonomie’ e dilazioni.
  4. Riduzione il tetto della deducibilità fiscale per le auto aziendali: una misura che contribuirà ad innalzare i costi aziendali ed a ridurre le vendite di auto di fascia medio-alta. Aggiungiamo che gli aumenti salariali aziendali saranno tassati nel 2013 al 10% entro il limite di 3.000 euro lordi e possiamo immaginare chi i colletti bianchi non voteranno assolutamente.
  5. Obbligo di rivalutazione del 15% per i redditi dominicali e agrari: una minipatrimoniale che colpisce solo le aree rurali del Paese.
  6. Tetto di 3.000 euro per la detraibilità fiscale: una misura che colpisce ‘i contribuenti più ricchi’, come li chiama il Corriere della Sera, ovvero quelli che dichiarano più di 15 mila euro l’anno. Più ricchi o meno poveri?

Andando ai servizi, gli interventi di maggior rilievo sono:

  1. Aumento dal 4 al 10% l’Iva sull’assistenza socio sanitaria offerta dalle cooperative sociali: una misura che colpisce direttamente i disabili, gli anziani ed i minori a rischio, gli operatori notoriamente sottopagati. Una misura iniqua che si abbina all’assoggettamento all’Irperf delle pensioni di invalidità e come le riduzioni stipendiali sui permessi previsti dalla legge 104/1992 per genitori e fratelli disabili.
  2. Sconto fiscale pari al 19% dell’imposta lorda per le erogazioni liberali al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, una norma che azzererà la contribuzione per il 5xmille, cassando tanti interventi socio sanitari e  tanta ricerca scientifica. Una batosta che si aggiunge ai ‘risparmi’ di 1,5 miliardi sulla spesa sanitaria per l’acquisto di beni, servizi e dispositivi medici.

Anche altre misure vanno a comporre questo patchwork chiamato ‘stabilità’ …

  1. Aumento definitivo delle accise sulla benzina e il gasolio: un balzello iniquo ed indecente, visto che include anche quella per il terremonto in Abruzzo, dove non è che si sia ricostruito granchè.
  2. Stanziati per il 2013, 1,6 miliardi per il trasporto pubblico locale, 800 milioni di euro per la RFI e 300 milioni per l’Anas. Speriamo solo che sia vero e … che gli autobus e  le vetture da acquistare saranno di produzione italiana.
  3. Aumento di 1 miliardo per i tagli lineari alle le regioni a statuto speciale, ma il budget delle Università potrà crescere del 3% all’anno e per alcuni enti di ricerca del 4%. 160 milioni per la Campania e quasi altrettanti per i comuni in fase di pre-dissesto finanziario. Una goccia nel mare.
  4. Vendita di beni demaniali attraverso fondi immobiliari, un’innovazione discutibile, visto che era finora stata evitata a causa della facilità con cui possano verificarsi sia il riciclaggio di denaro sporco sia svendite e speculazioni.
  5. 300 milioni di euro serviranno  “per far fronte agli oneri derivanti da transazioni relative alla realizzazione di opere pubbliche di interesse nazionale” (leggasi Ponte sullo Stretto), cosa di cui il Ministro Passera dovrebbe avere una chiara nozione provenendo proprio dalla banca che garantì in extremis i prestiti indispensabili  per avviare le opere.
  6. Tagli dell’illuminazione nelle strade, di cui non sembra siano quantificati gli effettivi risparmi. Ad ogni modo: degrado metropolitano, infortunistica stradale e malavita ringraziano. Aumenteranno anche i premi assicurativi?

Arriva anche la Tobin Tax? Sembra di si: secondo il Corriere della Sera “dal testo del provvedimento, che non può ancora considerarsi definitivo, emerge infine un nuovo particolare relativo alla tassa sulle transazioni finanziare. A pagare lo 0,05% sul valore del contratto saranno infatti «in parti uguali le controparti dell’operazione ». Compratore e venditore, dunque, divideranno il costo della Tobin tax.”
Un invito agli italiani ad investire sul ‘mattone’ od a tenere i propri risparmi sotto il materasso? Forse si.

Cosa aggiungere ad un quadro così fosco?
Che è ‘very impressive’ il dato che emerge da tutte le manovre di governo, susseguitesi nel corso degli ultimi 10 mesi.
Un dato che dimostra come si stia evitando accuratamente di toccare gli interessi acquisiti, ma non necessariamente eterni, di alcune categorie di italiani, che appaiono singolarmente omologhe agli attuali governanti: gli over-65 in buona salute, i redditi superiori agli 80.000 euro, gli apparati spreconi ed inamovibili, come le elite universitarie o bancarie.

Raining stones … mala tempora currunt.

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Legge di stabilità, il solito assemblage

10 Ott

La prospettiva verso cui sta navigando l’Italia è tutta in alcune norme contenute nella bozza di Legge di Stabilità, pubblicata da La Stampa: tagli accatastati alla meno peggio, sempre a carico delle componenti sociali più deboli, zero o quasi zero investimenti e crescita, flebili prospettive di riforma del Titolo V e dell’IRPERF, ma l’IVa aumenta.

Per non parlare di alcune norme per le quali si poteva davvero fare di meglio.

Parliamo, ad esempio, delle “controversie relative ai provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture” dove  per una causa dell’ordine di 1 milione di euro il contributo fissato è di soli 4.000 Euro, mentre per una controversia amministrativa da 10.000 Euro tocca un contributo solo dimezzato (2.000 euro).

Oppure dei ‘risparmi’ imposti agli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale pubblici, “non inferiori a 300 milioni di euro annui, da versare entro il 31 ottobre di ciascun anno ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato.” Enti nazionali di previdenza e assistenza sociale pubblici  alimentati dai soldi accantonati mensilmente dei lavoratori. Risparmi a carico di diritti essenziali ed interessi legittimi che vengono spalmati su tutti gli aventi diritto, che abbiano, ad esempio, una pensione minima o ne godano una d’annata o privilegiata.

La spesa sanitaria già ridotta di 1.800 milioni di euro per l’anno 2013, viene ulteriormente decurtata di 1.500 milioni.  Un duro contenimento della spesa sanitaria (passando dal -12% a  -23% circa), non dotato di criteri, visto che, come sanno i malati, ogni Regione fa a modo suo. Malati che, a seconda della Regione, hanno accessi e cure o non li hanno. Il ministro Balduzzi ha annunciato che non è d’accordo e che si batterà, ma, intanto, prendiamo atto che le amministrazioni pubbliche – inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione – e le autorità indipendenti possano acquistare arredi per l’80% della spesa sostenuta nell’anno 2011, mentre non ci sono vincoli di risparmio per gli enti e organismi vigilati dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali.

Allo stesso modo, le medesime amministrazioni “possono conferire incarichi di consulenza in materia informatica solo in casi eccezionali, adeguatamente motivati, in cui occorra provvedere alla soluzione di problemi specifici connessi al funzionamento dei sistemi informatici.”
Amministrazioni che ricorrono a consulenze informatiche ‘solo in casi eccezionali’ tra cui: Agenzia del Demanio, Agenzia del Territorio, Agenzia delle Dogane, Agenzia delle Entrate, Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, Amministrazione degli archivi notarili, Anas S.p.A., Ente nazionale per l’aviazione civile – ENAC, Agenzia spaziale italiana – ASI, Consiglio nazionale delle ricerche – CNR, Istituto nazionale di fisica nucleare – INFN, Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia – INGV, Istituto nazionale di statistica – ISTAT, Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione – INVALSI, Istituto superiore di sanità – ISS, Agenzie ed enti regionali del lavoro, Autorità portuali, Aziende ospedaliere, aziende ospedaliero-universitarie, policlinici e istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici, Università e istituti di istruzione universitaria pubblici, Enti nazionali di previdenza e assistenza e, forse, le le istituzioni scolastiche, che sarebbero considerate, ma solo ai fini statistici, ‘unità locali’ del MIUR.

I termini di decorrenza degli interessi di mora, dalla data di ricevimento della fattura da parte del debitore, sono prorogati a sessanta giorni per le imprese pubbliche produttive e gli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria. Non è il fallimento di una miriade di artigiani, fornitori e commercianti sia la soluzione alla recessione, come non è vietare la negoziazione al ribasso dei debiti contratti, in una logica davvero ragioneristica – che si migliora la governance pubblica e la responsabilizzazione dei suoi alti dirigenti.

Per non parlare dell’illuminazione in ambienti pubblici, per la quale saranno “individuati standard di spegnimento dell’illuminazione ovvero suo affievolimento, anche automatico, attraverso appositi dispositivi, durante tutte o parte delle ore notturne e per l’individuazione della rete viaria ovvero delle aree, urbane o extraurbane, o anche solo di loro porzioni, nelle quali sono adottate le misure dello spegnimento o dell’affievolimento dell’illuminazione, anche combinate fra loro”. Degrado metropolitano, infortunistica stradale e malavita ringraziano.

Oppure dell’iniquo provedimento riguardo “i permessi fruiti ai sensi dell’art. 33 della Legge 5 febbraio 1992, n. 104” che sono decurtati del 50%, se non riguardano patologie del dipendente stesso o per l’assistenza ai figli o al coniuge. Ed i genitori anziani e malati? Li abbandoniamo a se stessi?

Tra l’altro, questa misura permetterà di raschiare 2-300 milioni di euro, più o meno quelli che serviranno  “per far fronte agli oneri derivanti da transazioni relative alla realizzazione di opere pubbliche di interesse nazionale” (leggasi infrastrutture avviate e mai completate con onerosi costi pubblici in penali), cosa di cui il Ministro Passera dovrebbe avere una chiara nozione provenendo proprio dalla banca che garantì i prestiti per avviare le opere per il Ponte sullo Stretto.

Per la flotta aerea antincendio dal Dipartimento della protezione civile al Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile è istituito un apposito fondo presso il Ministero dell’interno con una dotazione di … 40 milioni di euro annui, mentre un Canadair costa circa 19-24 milioni di euro e farlo volare costa 6/7mila euro l’ora (fonte Regione Calabria).

Se parliamo di servizi di trasporto pubblico locale e di servizi ferroviari regionali si annuncia “il progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi, la progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso in relazione alla domanda e il corrispondente incremento qualitativo e quantitativo dei servizi a domanda elevata, la definizione di livelli occupazionali appropriati”.

In nome del risparmio, viene istituita “l’Agenzia per la Coesione interviene nella promozione dello sviluppo economico e della coesione economica, sociale e territoriale e nella rimozione degli squilibri economici, sociali, istituzionali e amministrativi del Paese al fine di favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona”, con un massimo di 250 unità ed un Nucleo tecnico di valutazione di massimo 50 unità, con risparmi previsti in 932.446,86 di euro, quantificati con estrema esattezza fino all’ultimo centesimo. Ovviamente, prevedere una cosa del genere al ‘centesimo spaccato’ è del tutto risibile, dato che nessuno ha la sfera di cristallo. Allo stesso modo per il “Nucleo per la valutazione dei fabbisogni e dei piani e programmi di investimenti pubblici e delle operazioni di partenariato pubblico e privato”, che può raggiungere un massimo di 25 unità e che comporterà risparmi per ben 2.200.000,00 euro, anche questi previsti con esattezza centesimale.

Così andando le cose, il risultato è già scritto: non può essere un governicchio di tecnici senza programma a ‘salvare l’Italia’ e neanche a ‘salvare il salvabile’.

Altro sarebbe un Monti bis con incarichi di governo attribuiti a politici ‘di mestiere’ – attenti al bilancio, ma anche al consenso – ed a personalità del mondo delle imprese e del lavoro. Finora questo governo si è dimostrato espressione del potere bancario e della generazione del baby boom (i nati prima del 1955), garantendo la sopravvivenza di una banca ‘italiana’, pesantemente involved nel crack polacco, ed il mantenimento di interessi soggettivi del tempo che fu ache oggi appaiono a tanti come dei privilegi insostenibili.

Un governo che ha salvato il passato, finora, a discapito del futuro.

Affrontare il ‘disastro 2013’ senza un economista al timone e senza una solida maggioranza parlamentare è pura follia, lo si scriveva l’altroieri. E, d’altra parte, nè il PD mette in prima fila un Fassina nè il Centrodestra lo fa con Baldassarri, nè si propongono candidati-premier come Cicchitto, Montezemolo o Lanzillotta.

Se questo non accade l’unica alternativa a Monti è Mario Monti, che però non governa, ma somiglia sempre più ad un commissario ad acta. Ed i commissari non hanno un piano e non hanno un’agenda, gestiscono il contingente.

Esattamente quello di cui non ha bisogno una barca che affonda.

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C’è consenso e consenso

16 Feb

In tutte le televisioni, a qualunque ora, troviamo qualcuno che ci spiega che il “governo Monti ha un largo consenso”.

In effetti è vero, ma dovremmo, poi, chiedere se il consenso che Monti e Passera riscuotono è degli elettori italiani o di quei politici, seduti in Parlamento, di cui gli italiani, da anni, vorrebbero il ricambio.

Potremmo anche chiederci perchè, con tutti i talk show che ci sono, i nostri politici “consensienti” non vadano in trasmissione a spiegarci questo e quell’altro … ma sarebbe troppo.

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L’ottimismo viene dal consenso

15 Feb

L’Italia è ufficialmente in recessione, i dati di ottobre-dicembre 2011 sono carta stampata, ma questo è il passato, la scommessa è il futuro.

Ce lo racconta Corrado Passera, ministro dello sviluppo del governo Monti.

I dati «sono una conferma di quanto ampiamente previsto e del fatto che proprio da lì dovevamo partire, come abbiamo fatto, con riforme e interventi strutturali».

La recessione, annunciata da questo blog e non solo, ma snobbata dai nostri “professori”, secondo Passera «ci spinge ad andare avanti con grande determinazione: un’iniziativa al mese per rimettere il Paese in condizione di reagire».
«Un ottimismo che viene dal consenso del Parlamento e dell’opinione pubblica, questa è la grande spinta».

Ah, beh, … allora stiamo inguaiati, se la “grande spinta” arriva dal consenso dell’opinione pubblica.

Ma non solo …

«Messi i conti in sicurezza», va attuato «un’insieme di iniziative per la crescita. Infrastrutture, competitività e internazionalizzazione delle imprese, innovazione, costo e disponibilità del credito, costi dell’energia, semplificazione».
E per le opere già previste, il ministro annuncia 60 miliardi entro quest’anno: «Una messa in moto oltre le aspettative, un passaggio fondamentale per la competitività del Paese».

Male, peggio, malissimo, cosa dire?

Sostenere con 60 miliardi le opere già previste, senza entrare nel merito, significa, molto probabilmente, incrementare la cementificazione senza provvedere agli interventi urgentissimi per contrastare il dissesto idrogeologico, più volte richiesti da Giorgio Napolitano, invano, alla legislatura di Berlusconi.
Inoltre, senza intervenire sulle norme inerenti i subappalti, si rischia di consegnare all’Italia un ulteriore ammasso di sprechi, collusioni, infiltrazioni mafiose, clientela politica.

Quanto alla crescita ed all’ottimismo, le domande sono tante o tantissime.

  • Quali nuove infrastrutture, se l’Italia muore di scarsa o nulla manutenzione dell’ordinario?
    Internazionalizzazione delle imprese significa molte cose, incluso che arrivino i “russi” a comprarsi tutto o, peggio, che la Padania possa incrementare la spoliazione produttiva del paese, delocalizzando ancor più la produzione?
    Costo e disponibilità del credito è cosa corretta in un paese che, causa declassamento, paga caro il denaro e che ha bisogno di “inflazione” per superare la recessione? O, guardando alla demografia ed agli anziani che abbiamo, in un paese che non dovrebbe affatto invoglaire i giovani continuino ad indebitarsi “a vita” per un mutuo trentennale?
    Per non parlare dei costi dell’energia, che possono aprire la strada a maggiori privatizazioni, e della semplificazione, che finora ha comportato solo un aumento dei contenziosi, delle collusioni e delle corruttele, visto che tra farraggini, tributi e territorialità l’iter è solo peggiorato.

Domande non eccessive se ricordiamo che Corrado Passera si è finora distinto per la sua abilità nel far ricadere  i costi aziendali sullo Stato (Alitalia, Caboto-FinMek, Nextra-Parmalat …) e per la sua capacità di tagliare posti di lavoro a favore delle concentrazioni di capitale (Comit, Intesa San Paolo, Olivetti, Telecom …).

Un manager che della politica e della pubblica amministrazione conosce solo un aspetto riflesso, come Tremonti era esperto sono nella fiscalità e nella gestione di un bilancio.

Un uomo che muove i primi passi in politica e già gode dell’appoggio di Roberto Formigoni, governatore della Lombardia ininterrottamente dal 1995, e di Pier Ferdinando Casini, genero di Francesco Gaetano Caltagirone, undicesimo italiano più ricco al mondo, a capo di uno dei più importanti gruppi industriali italiani.

Un ministro che annuncia “un’iniziativa al mese per rimettere il Paese in condizione di reagire”, mentre la riforma delle pensioni non trova una forma regolativa, gli F-35 si son ridotti di un terzo, le liberalizzazioni raccolgono migliaia di emendamenti, la riforma del lavoro è deve essere recepita dai lavoratori e non semplicisticamente i sindacati con cui discute il governo.

Mala tempora currunt.

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Rating A3 per il governo Monti

14 Feb

Ieri, l’Ambasciata Italiana a Washington pubblicava sul proprio sito che “l’incontro con l’elite finanziaria, almeno stando a quanto riferisce lo stesso Monti, è più che positivo“.

Infatti, il Primo Ministro italiano aveva dichiarato: “Penso di aver convinto gli investitori, non lo dicono seduta stante, ma … c’é molto interesse per l’Italia e per il mercato italiano … ma già oggi … per il ruolo che si aspettano che l’Italia giochi.
A giudicare dall’andamento del mercato qualcuno deve aver già investito e penso che l’opinione dei mercati, così come gli altri governi, si stanno formando della serietà con cui l’Italia sta affrontando i suoi problemi, non possa che far aumentare l’atteggiamento positivo” verso le imprese italiane e i suoi titoli di Stato.

Il comunicato dell’Ambasciata italiana a Washington precisava che il governo Monti non è preoccupato per “il declassamento di 34 banche italiane da parte dell’agenzia di rating Standard & Poor’s e si concentra sulle aspettative che si hanno nei confronti del suo esecutivo: i mercati ci chiedono “di continuare quello che abbiamo cominciato” e che viene molto apprezzato“.

Sarà un caso, ma, oggi, l’agenzia Moody’s ha ribassato ulteriormente il rating dell’Italia, da A2 ad A3, come per la Spagna, mentre il Portogallo è “crollato” al livello Ba3.
Risultato atteso dopo il BBB+ di Standard & Poor’s
oppure poteva e, soprattutto, doveva andare meglio?

Il premer aveva anche minimizzato, intervistato dall’emittente finanziaria Cnbc, l’ipotesi di uscita dell’Italia dall’euro, anche nel caso in cui la Grecia fallisca, dato che “non ci sarebbe un riflesso automatico sull’Italia ed ha assicurato che, quando “i partiti torneranno a costituire un governo da soli”, non si tornerà indietro dalle riforme intraprese dal governo tecnico.

La ragione perchè di queste riforme se ne è parlato molto ma senza che fossero introdotte era il costo politico. Ma il costo politico per noi non è questione rilevante, e quando i partiti torneranno a formare un governo da soli, non torneranno indietro dalle riforme, perchè il costo è iniziarle, ma una volta che sono lì“.

Sarà un caso, ma, sulle “modeste” liberalizzazioni del governo Monti – che non toccano banche, assicurazioni, sindacati, giornali e società cooperative – gli emendamenti presentati “dai partiti” sono circa 2.300. Figuriamoci cosa accadrà nell’arco di un triennio, a fronte di misure e norme che non hanno alcun sostegno da parte di tanti, tantissimi elettori.

Non è un caso che, da circa due mesi, questo blog sostenga che la manovra impostata dai “professori” potrebbe peggiorare le cose.
L’azione dell’attuale governo, infatti, lascia ampi spazi all’antipolitica ed alle mafie, che traggono linfa vitale dalla disoccupazione e dal rischio aziendale, non interviene sulla celerità, sull’economicità e sull’efficienza della governance pubblica, sistema giudiziario incluso, e, soprattutto, impedisce, con gli alti tassi dati dai titoli di Stato pur di mantenere un’elevata spesa pubblica, l’investimento di grandi capitali per il rilancio della produttività. Il tutto mentre gli investitori extra-europei sono alla finestra, dato che l’Euro, dopodomani mattina, potrebbe valere un terzo o non esistere proprio più.

Intanto, in Grecia va sempre peggio, grande è l’incognita del Portogallo e gli investimenti, per ora languono. D’altra parte, quale corporation o quale banca d’affari investirebbe in un paese dove un recupero crediti dura dieci anni e lo stesso accade per edificare l’impianto industriale?

Mario Monti sta rendendo più efficiente, celere, efficace, economica, la “macchina pubblica” italiana? No, almeno non ancora.

E dunque, a quanto i fatti dimostrano, “non siamo stati apprezzati”, neanche un tot, se in due mesi di governo Monti l’Italia ha perso due punti di rating.

Leggi anche Un programma per l’Italia, tutte le leggi che avremmo dovuto fare e non abbiamo ancora fatto.

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L’Italia non può fare da sola

17 Gen

L’aspetto più inquietante della premiership di Mario Monti è l’omologazione dell’informazione, in Italia, che riguarda lui e le sue scelte.
Già quando erano in cantiere le pensioni “alla Fornero” questo blog si è ritrovato unico e solo nel sollevare timori riguardo una prevedibilissima recessione, dubbi sull’esattezza dei conti e delle ricadute finanziarie, perplessità sulla necessità della misura, imbarazzo per la costituzionalità di quanto accadeva. Tutto confermato da quanto, poi, tutti hann scritto “dopo”, quando la riforma era legge.

Come allora, è da qualche tempo che questo blog cerca di attirare l’attenzione sui “mal di pancia” quantomeno britannici e statunitensi, riguardo la strada che Monti e Merkel (son rimasti soli …) continuano a perseguire con risultati nulli o pessimi.
Avremmo potuto e potremmo ancora, noi europei, intraprendere strade diverse da quella indicata dai dogmi del “politically correct made in Europe”, che, ancor prima del welfare, predilige il salvataggio di banche ed aziende sull’orlo del fallimento.

Non è un caso, allora, che pochi o nessuno vengano a spiegare che le motivazioni di Standard & Poor’s non sono affatto assurde o faziose: “il taglio (ndr. della spesa pubblica per come attuato dal governo Monti) riflette quella che consideriamo una crescente vulnerabilità dell’Italia ai rischi di finanziamento esterni e le negative implicazioni che ciò può avere per la crescita economica e quindi per le finanze pubbliche“ e sussiste il timore “che ci sia un’opposizione alle attuali ambiziose riforme del governo e questo aumenta l’incertezza sull’outlook di crescita e quindi sui conti pubblici”.

Come non è un caso che accada qualcosa di molto più allarmante.

Infatti, nessuno parla della crisi che sta travagliando la Polonia: un paese popoloso, relativamente giovane ed adiacente alla Germania, cosa alquanto disdicevole se i polacchi dovessero emigrare “in massa”.

Una Polonia che non fa parte dell’Eurozona, ma le cui due principali banche, crollate se non fallite, sono nel pacchetto della Unicredit italiana, che a sua volta partecipa (link) al 21,6% in Banca d’Italia, ovvero nell’Euro stesso.

Un eventuale crollo di Unicredit graverebbe direttamente sull’Euro, ma all’origine di questa “pericolosa trasfusione”, non c’è la scelleratezza italica, ma un’OPA vincente che Unicredit lanciò sulla austriaca HBV che portò al controllo di Pekao e Bph, le due principale banche della Polonia. Il tutto con ampio plauso della finanza bavarese.

Questo il problema, relativamente noto tra gli addetti ai lavori e, precisiamolo, non v’è alcuna necessità che Unicredit venga fortemente ridiensionata o che gli italiani si svenino.

Le strade per venirne fuori sono almeno tre.
La prima, quella seguita da Monti e Merkel, vede gli italiani, gente sparagnina e poco indebitata, intervenire a sostegno del bilancio del proprio Stato, ovvero della propria banca, dando il tempo al sistema bancario di “rimettersi in sella”, dato che dai polacchi c’è poco da aspettarsi anche se dovessero entrare nell’Eurozona.
La seconda via d’uscita dalla Crisi dell’Eurozona, paventata in vari modi da USA e UK oltre che sostenuta da Mario Draghi, lascerebbe cadere un po’ di rami morti, intervenendo sulla fluidità del denaro e sul diverso apprezzamento dell’Euro sui mercati per rilanciare occupazione  e competitività, mentre l’Europa si dota di un impianto organico ed omogeneo per la fiscalità ed i conti pubblici. I Polacchi? Ci pensassero i tedeschi …
La terza, che può essere parallela alle altre due, consiste in un forte afflusso di capitali extraeuropei in Unicredit o la cessione del “pacchetto polacco” ad entità extraeuropee, con ricadute poco gradite per gli USA e, soprattutto, la Germania.

Quale delle divrse vie d’uscita (exit strategies) possa dare maggior beneficio è chiaramente impossibile dirlo a priori, anche se la minore conflittualità sociale dovrebbe suggerire la seconda, come dovrebbe suggerirla la perentorietà con la quale mercati, economisti extraeuropei ed agenzie stanno bacchettando l’Eurozona, ormai ben oltre ogni ipotesi speculativa o cospirativa.

Passando dai dubbi alle certezze, alcune cose sono evidenti, anche in questo caso.

Nessuno ancora nota che gli italiani si stanno ritrovando ad essere i “salvatori dell’Euro”, probabilmente loro malgrado: una cosa che va riconosciuta a livello generale, dato che la Germania di Angela Merkel non può cavarsela con due pacche sulla spalla e tre consigli da maestrina.

Oppure, che la politica intrapresa dalla Cancelliera del Bundestag in questi due anni è stata del tutto passiva e fallimentare e che è necessariamente un’altra – quella indicata da Mario Draghi? – la strada della ripresa.

In ambedue i casi, l’Italia va sostenuta e non abbandonata a se stessa, dopo averle imposto scelte industriali e finanziarie nel nome dell’interesse europeo collettivo.

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Declassamento? Niente scuse

16 Gen

Se non fossimo italiani ed europei, potremmo quasi metterci a leggere certe dichiarazioni dei “big” auropei quasi come fosse uno dei tanti spettacoli dell’esimia ditta Crozza & dolce consorte.

La migliore è quella del Commissario Ue al mercato Michel Barnier,una sorta di “proclama all’impotenza”, secondo il quale “non vale la pena discutere in profondità del taglio del rating, in quanto il punto di vista delle agenzie di rating dovrebbe essere solo uno fra tanti”.
Eh già, che ne parliamo a fare? Tanto le Borse che contano sono in Gran Bretagna, USA e Asia ed il costo del danaro non lo decidiamo noi, ma la Federal Reserve Bank, direttamente, e la Cina Popolare e lo Yuan, indirettamente.

Meno semplicistico il parere del Commissario Ue Olli Rehn: “le agenzie di rating svolgono il loro ruolo molto in linea con il capitalismo finanziario Usa”, che – dimentica di dire il politico finlandese -è allineato con quello cinese, che ne è in discreta parte il finanziatore.
Ergo, è l’Europa “fuori sistema”, non il resto del globo, al quale, ricordiamolo, dobbiamo vendere le nostre merci e da cui dobbiamo ottenere materie prime e produzione base.

L’Italia sta andando nella giusta direzione in modo che il suo contributo possa essere a favore di una Europa più prospera” – precisa il presidente del consiglio europeo Herman Van Rompuy “Non c’è differenza tra ciò che viene perseguito a Roma e a Bruxelles“.
Peccato che a Parigi, Varsavia e Berlino sembrerebbe proprio che badino ad interessi più “nazionali” …

Riguardo l’azione di declassament attuata da Standard and Poor’s, Mario Monti spiega che “per l’Italia si sottolinea con molta forza la positività dell’azione del governo italiano e si addita la insufficienza della governance della eurozona”.
Peccato che Standard & Poor’s abbia specificamente affermato che il taglio riflette quella che consideriamo una crescente vulnerabilità dell’Italia ai rischi di finanziamento esterni e le negative implicazioni che ciò può avere per la crescita economica e quindi per le finanze pubbliche“ e come sussista il timore “che ci sia un’opposizione alle attuali ambiziose riforme del governo e questo aumenta l’incertezza sull’outlook di crescita e quindi sui conti pubblici”.

E’ evidente che Wall Street e gli USA, dopo aver “sacrificato” Lehmann Brothers Bank per stabilizzare il sistema e dare un esempio, non possano vedere di buon occhio il risicato salvataggio di Unicredit che Merkel e Monti stanno tentando di fare.

D’altra parte, se i nostri media europei, hanno voluto minimizzare le avvisaglie e le tirate d’orecchie all’Italia ed all’Europa, che arrivavano da un mese che dagli USA, Financial Times incluso, è evidente che la nostra intellighentzia al governo non possa improvvisamente svelare a noi comuni mortali che di dottrine e di di impostazioni di governance, nel campo della politica economica, ce ne sono diverse e non tutte amate od approfondite dai professori delle accademie e delle banche.

Niente scuse, dunque, sui declassamenti di mezza Europa: erano giorni e giorni che “dall’Atlantico” arrivavano esortazioni e moniti a non intraprendere politiche recessive, a non penalizzare più di tanto la Grecia per quattro spiccioli, ad usare le risorse esistenti per rilanciare i consumi e l’occupazione, anzichè salvare i rami morti della finanza europea …

… ed, aggiungerei, gli interessi di bottega della Germania.

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Italia BBB+ secondo S&P. Perchè?

14 Gen

Standard & Poor’s declassa mezza Europa, dopo le vane rassicurazioni di Monti e Merkel, e l’Italia crolla da A+ a BBB+.

Almeno per ora, le cose non vanno troppo male per la Francia, passata dalle tre A alla classe AA+, ed, infatti, il ministro delle Finanze francese, Francois Baroin, ha dichiarato che “AA+ è ancora un buon rating”.  Beati loro …

Quali le motivazioni, se non le cause, di un tale flop, che se non è default gli somiglia abbastanza?

Il taglio riflette quella che consideriamo una crescente vulnerabilità dell’Italia ai rischi di finanziamento esterni e le negative implicazioni che ciò può avere per la crescita economica e quindi per le finanze pubbliche“. (report S&P)
E’ evidente che Wall Street e gli USA, dopo aver “sacrificato” Lehmann Brothers Bank per stabilizzare il sistema e dare un esempio, non possano vedere di buon occhio il risicato salvataggio di Unicredit che Merkel e Monti stanno tentando di fare.
Una “mossa” che non coincide esattamente con gli interessi degli italiani, ma che consentirebbe un insperato salvataggio della pericolante economia della popolosa Polonia in cambio del suo ingresso nell’Euro.
L’Italia difficilmente potrebbe reggere, però, alle dinamiche speculative – politiche e finanziarie – che si metterebbero in atto.

Ci aspettiamo che ci sia un’opposizione alle attuali ambiziose riforme del governo e questo aumenta l’incertezza sull’outlook di crescita e quindi sui conti pubblici”. (report S&P)
E qui c’è poco da commentare, ahimè.
“Opposizione” vuol dire che le reazioni sociali alla recessione ci saranno, le “ambiziose riforme” sta per passo più lungo della gamba, l’espressione “incertezza sull’outlook di crescita” equivale a manifestare dubbi sui conti e sulle promesse,  il solo menzionare i “conti pubblici” di per se evoca una discreta sfiducia sulla capacità della politica di evitare sprechi e prebende.

E dire che è da un mese che dagli USA, Financial Times incluso, arrivavano avvisaglie e tirate d’orecchie all’Italia, con l’invito a Mario Monti di avviare una politica antirecessiva e non penalizzante verso gli italiani.
Adesso è arrivato il declassamento di ben due livelli, speriamo che qualcosa cambi.

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Monti: “allarme populismo”

11 Gen

Un “divertente” Monti a Berlino spiega ad una Merkel “divertita” che: «l’Italia ha sopportato molto, senza aiuti dalla Ue si rischiano proteste antieuropee».

«Con la mia politica non posso avere successo se l’Unione europea non cambia, e se ciò non si verifica il mio Paese, che è stato sempre un Paese molto favorevole all’Europa, potrebbe gettarsi nelle braccia dei populisti».

Allarme! Arrivano i Populisti? E chi saranno mai?

Infatti, gli studiosi di scienze politiche hanno proposto diverse definizioni del termine ‘populismo’, “a seconda del suo approccio e interessi di ricerca” (Peter Wiles – 1969) ed il termine ha un’accezione contradditoria e confusa, spesso usata per definire nuovi partiti e nuove strutture di governance non classificabili né come democrazie liberali né come socialismi reali.

Daniele Albertazzi e Duncan McDonnell hanno definito il populismo, in Twenty-First Century Populism: The Spectre of Western European Democracy,  come: ‘una ideologia secondo la quale al ‘popolo’ (concepito come virtuoso e omogeneo) si contrappongono delle ‘elite’ e una serie di nemici i quali attentano ai diritti, i valori, i beni, l’identità e la possibilità di esprimersi del ‘popolo sovrano’.”

Concetti discutibili ma, visto cosa accade, non errati in partenza …

Il populismo può essere uno strumento della tirannide per mantenere il consenso, come per le le dittature fascista e nazista, od una vera e propria forma di governance alternativa, come per il peronismo, il gandhismo ed il gaullismo, oppure, ancora, un fattore reciproco di stabilizzazione del consenso, come nell’Italia della DC e del PCI.

Cosa avrà inteso Mario Monti con il suo “allarme populismo” è difficile dirlo, anche perchè potrebbe semplicemente trattarsi, nella piccineria delle cose italiche, di Di Pietro e Beppe Grillo che “resistono”, mentre Bersani ammonisce una base in subbuglio con Vendola tace e basta.

Fatto sta che i conti pubblici italiani, con Tremonti, avevano recuperato lo 0,8% durante i primi otto mesi del 2011 (fonte ISTAT) ed il Presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione, giudice istruttore dle processo Moro, ci ricorda che  “ se invece i sacrifici debbono essere sopportati soltanto dai lavoratori, dagli operai, dei pensionati e dai dipendenti che hanno uno stipendio limitato e non invece dai grandi evasori, questo fatto che provocherà una ribellione nei confronti dello Stato.

Di quale “populismo” avrà parlato mai Mario Monti … sarebbe bello saperlo.

E … chissà se, poi, è così cattivo.

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