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Influenza A, emergenza a Roma?

14 Gen

Arriva l’influenza A (ceppo H3N2 come raccontato in un altro post link) e se altrove, in Italia ed all’estero, ci si prepara ad un paio di settimane di emergenza influenzale, a Roma i cittadini e le infrastrutture sanitarie non possono altro che preoccuparsi, dopo che addirittura si sono bloccate le ambulanze, giorni fa, perchè mancavano lettighe e letti nei pronti soccorsi.

Ovviamente, non ci si pone – in termini generali – il problema di ampliare e rinnovare i pronti soccorsi, magari a carico di qualche reparto poco blasonato o frequentato, come non ci pone l’evidenza che un’epidemia influenzale, se non si vuole l’assalto agli ospedali, va gestita a livello di ASL e di medici di base.
In tutto ciò, Gianni Alemanno annuncia che “il sistema sanitario romano rischia di saltare”, come se non fosse evidente, al confronto con Milano od una città europea, che è ‘già saltato’.

Un equivoco che persiste nelle dichiarazioni del senatore Domenico Gramazio, vicepresidente della Commissione Sanità, secondo il quale “il rischio è che se nelle strutture private non si pagano gli stipendi, si arriva a febbraio con un sistema fortemente compromesso e un sistema pubblico sottomesso ai tagli. Le due cose insieme fanno saltare il sistema”.

Il punto, però, è che i tagli sono di mesi ed anni fa, che le strutture private convenzionate sottraggono utenza a quelle pubbliche, portandole alla chiusura, e che finora nessuno a fatto nulla, se non attendere ulteriori contributi statali, e la riprova è nel fatto che – pochi o solo mal dislocati che siano posti letto e reparti – non esiste neanche quel livello minino di organizzazione necessaria per gestire una seria influenza, ovvero garantire che ambulanze e pronti soccorsi fungano da HUB di accesso alla rete ospedaliera romana e che i medici di base visitino a domicilio i pazienti che ne necessitano.

Due cose, queste, che potrebbero essere garantite subito, visto che sono ‘già pagate’, già rientrano nelle funzioni istituzionali per le quali paghiamo tasse e ticket e, dunque, non richiedono ulteriori finanziamenti.
Due disastri che nulla hanno a che vedere con epidemie e pandemie.

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Influenza, cosa c’è da sapere

14 Gen

L’influenza che arriverà quest’anno sembra particolarmente virulenta: negli Stati Uniti gli ospedali sono sotto assedio e tra i morti si contano già molti bambini. Secondo Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, “il ceppo prevalente quest’anno è l’H3N2, quello più virulento, e anche se il picco non è ancora stato raggiunto abbiamo già migliaia di malati nel Paese”.

Il bollettino del CDC (Centers for Disease Control and Prevention) precisa, anch’esso, che “un fattore che delinea la gravità di questa influenza stagionale è che il ceppo predominante è quello dell’influenza A (H3N2) (76%) e che, di solito, questo comporta un più alto numero di ospitalizzazioni e morti.”

Parliano di un sottotipo del virus dell’influenza A, codificato  subtype H3N2, un ceppo che, secondo le stime, uccide circa 36.000 persone l’anno solo negli Stati Uniti, che può infettare anche uccelli e mammiferi. In particolare, la maggior parte dei virus isolati nei maiali contengono geni umani (HA, NA, and PB1), suini (NS, NP, and M), and aviari (PB2 and PA).

Nulla di nuovo per il genere umano, visto che, secondo la scienza, sono  gli uccelli il crogiolo evolutivo da cui arrivano i virus influenzali da milioni di anni: sono i “bacini di coltura” di tutti i sottotipi dell’Orthomyxovirus di tipo A. Utile precisare che l’H3N2 in questione non ha nulla a che vedere con i ceppi della cosiddetta ‘peste aviaria’, che sono codificati H5 ed H7,  tra cui l’H5N1 che si è trasmesso dagli uccelli agli uomini e che, dal 1997 al 2007, ha colpito diverse centinaia di persone con un tasso di mortalità superiore al 50%.

Venendo all’influenza in corso, ricordiamo che il sottotipo H3N2 ( meglio i suoi ceppi, visto che continua a mutare nel tempo) è stato il virus che ha ucciso un milione di persone al suo esordio ufficiale, nel 1968, con la cosidetta influenza di Hong Kong. Il suo progenitore, il virus H2N2 (influenza di tipo A), negli anni 1957-60 fece circa due milioni di morti, scatenando una pandemia influenzale di origine aviaria, rimasta famosa come l’influenza asiatica.

Non sarà un inverno facile, dunque, ma non è arrivato ancora il momento che la nostra civilizzazione venga messa a rischio da una pandemia letale.

Intanto, si iniziano a contare i casi anche in diverse zone d’Italia, soprattutto Lombardia e Sardegna, ma al momento senza particolari allarmi, anche perchè – come informa il Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute – durante la stagione influenzale 2010-2011 in Italia si sono registrati  ‘solo’ 5.331.295 casi su circa 60 milioni di abitanti.
In particolare, lo scorso anno, secondo quanto riportato da InfluNews, abbiamo sostenuto senza particolari allarmi e disagi, lo scorso anno, una morbilità influenzale che ha visto picchi anche di 70 persone, tra cui circa 50 minori di 14 anni, contempraneamente affette da un’influenza.

Influenza dati italia ISS
Numeri che prevedibilmente potrebbero raddoppiarsi o triplicarsi a causa del ceppo H3N2, che va ad aggiungersi a quelli influenzali di novembre scorso, e che comporterà un numero maggiore di casi di ILI (influenza patologica), visto che a Boston si è dichiarata addirittura la Public Health Emergency, per sostenere il carico di ricoveri.

Una situazione per la quale – in un sistema di sanità pubblica diffusa come quello italiano ed europeo – saranno determinanti non tanto la capacità di ricettività ospedaliera, quanto l’efficienza e la dedizione del sistema dei medici di base o la qualità del coordinamento regionale a livello di pronti soccorsi ed ospedali.

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Niente panico: l’influenza A ritorna (H1N1)

11 Gen

Arriva l’Influenza A (H1N1)? O meglio, ritorna? E’ la stessa oppure è più potente? Ci sono i vaccini, ma chissà se fanno male e se funzioneranno quando il virus muterà ancora? E se fosse tutto alalrmismo?

Che bello semplificare, specialmente se poi ci si stupisce delle inconsulte reazioni della gente.
Innanzitutto, andrebbe spiegato che diffondere allarmi non significa essere allarmisti, ma semplicemente segnalare l’esistenza di dati scientifici fuori dalla norma o che, ahimè, rientrano in modelli catastrofisti (vedi scioglimento dei Poli). Se i media, specie i quotidiani, avessero abbastanza redattori con una solida formazione scientifica eviteremmo gli allarmismi e terremmo conto degli allarmi, informando, magari, le persone con continuità e coerenza.

Così come vanno le cose accade anche che pochi, pochissimi, sappiano “perchè” vengono dati gli allarmi, che è il vero problema.

Dall’AIDS e da Ebola abbiamo imparato molte cose.
Ad esempio, oggi sappiamo che dobbiamo aspettarci qualche brutta sorpresa, visto che gli spostamenti di massa delle persone e delle merci moltiplicano enormemente la possibilità che si diffonda un qualunque virus. Fino a 100 anni fa le malattie impiegavano decenni e generazioni per trasferirsi da un continente all’altro.

E sappiamo anche che dall’enorme quantità di agenti mutageni che diffondiamo (asfalto ad esempio) e da certe tecniche di allevamento non può venire altro che una maggiore varietà di agenti patogeni, tra cui, prima o poi, il virus “perfetto”. Letale, trasmissibile attraverso le vie aeree, incubazione tra i 7 ed i 10 giorni, prognosi di una o due settimane.

Per ora, abbiamo evitato che l’aviaria e la suina si diffondessero, Ebola è “troppo veloce” mentre l’AIDS è abbastanza “lento”, ma la influenza A (H1N1) è ancora tutta da scoprire in caso di infezione massiva. Sembra depotenziata, ma …