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Caso Kyenge: i razzisti sono eleggibili?

15 Lug
Al ministro dell’integrazione Cecile Kyenge, italiana di origine congolese, arrivano anche gli insulti del vicepresidente del Senato alla festa della Lega a Treviglio: «Quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare alle sembianze di un orango».
Le prime reazioni annoverano la presidente della Camera, Laura Boldrini, «parole volgari e incivili, indegne per le istituzioni», il capo del governo, Enrico Letta, «parole inaccettabili», il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, «piena solidarietà per le frasi ingiuriose», il presidente del Senato, Pietro Grasso, «non ci sono giustificazioni possibili».
Il pesante insulto riapre un’altra ferita profonda, che affligge quest’Italia della Seconda Repubblica.
Infatti, giorni fa, gli italiani e i loro politici sembravano giunti ad una posizione diffusamente critica riguardo l’eleggibilità di Silvio Berlusconi e, più precisamente, il suo accesso a ruoli chiave nelle istituzioni.
E cosa dire della Lega che con i suoi slogan raccoglie ed alimenta una fobia di vecchia data, ieri verso i meridionali e oggi anche verso gli immigrati slavi e africani?
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Se l’iscrizione alla Loggia P2 ed il Lodo Mondadori, oltre alle sue attività di tycoon dei media – incluse quelle erotiche e quelle offshore Mediaset – e quanto emerso su Marcello Dell’Utri, dovevano bloccare ogni velleità di Silvio Berlusconi nel proporsi come leader politico, come è possibile che sieda in Parlamento la Lega, con le sue convention dove – con una notevole frequenza – si inneggia contro slavi, neri e meridionali?
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Quel che è certo è che non si può dare della scimmia ad una persona di origini africane o asiatiche senza essere tacciati di razzismo sotto ogni latitudine.
E’ razzismo ed andrebbe perseguito per legge, se non fosse che insultare con allusioni ‘razziali’ una persona, in Italia, non è razzismo: è solo ingiuria su querela di parte. Come anche, per i crimini d’odio, il (giusto) rigetto del ‘fascismo’, incluso nelle norme, dimentica, però, che di odio possa parlarsi anche nel caso di altri totalitarismi e xenofobie varie.
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E’ vero che siamo un ‘popolo indifferente a tutto’ e che, altrove, è ‘razzista’ anche la nota comica del filippino che non sa parlare e gioca con gli scarafaggi (come lo sarebbe quella dell’italiano mangiaspaghetti, mafioso e millantatore), ma anche sugli spalti degli stadi di calcio italiani, dove ‘tutto è permesso’, una frase come quella di Calderoli avrebbe comportato squalifiche e multe pecuniarie.
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Il solito pasticcio all’italiana, come quello della Prima Repubblica, che riassorbì tra i repubblichini e i partigiani anche gli assassini, in nome di una riconciliazione che, sessant’anni dopo, è tutta lì ancora da delinearsi.
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Per non andare troppo lontano, potremmo iniziare a chiederci come il ‘popolare europeo’ PdL possa sostenere tre governatori leghisti (Cota, Zaia, Maroni) se la Lega si dimostra razzista.
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Resta da chiedersi, in tema di ineleggibilità, se possano chiamarsi regolari delle elezioni, se in lista ci sono dei partiti che inneggiano alla discriminazione etnica e, soprattutto, se siano legittimi dei governi che consegnano posti di potere a siffatte persone.
Certamente, chi «non è in grado di tradurre un disagio in un linguaggio anche duro, ma corretto», dovrebbe «dare il suo incarico a chi è capace di farlo».
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Come anche, in Italia, se una donna o un immigrato ‘tirano la testa fuori dal sacco’ – vedi cosa accade alla Boldrini, alla Santanché, alla Kyenge – arrivano insulti e minacce a tutto spiano, «quotidianamente, con ogni mezzo. Lettere, email, telefonate. Le più terribili sono online, anche minacce di morte. Non c’è ancora una legge e invece servirebbe. L’istigazione al razzismo sta diventando man mano istigazione alla violenza».
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A dirlo non è una persona qualunque, bensì il ministro dell’integrazione della Repubblica Italiana, che ormai vive sotto scorta e dovunque vada – anche in via privata – trova mobilitazioni contrarie al fatto che l’Italia sia rappresentata da una cittadina dalla pelle nera e che i lavoratori immigrati abbiano pari diritti.
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Razzisti, per i quali, oltre che vergognarci e, magari, prendere provvedimenti urgenti e draconiani, dovremmo ‘as soon as possible’ prendere atto che c’è da fare a meno di loro, quando si parla delle istituzioni e dei media.

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Lavoro, Iva, F35: rinviare è peggio

27 Giu

Marco Tullio il Temporeggiatore non sarebbe riuscito a far di meglio, se si voleva perpetuare lo stallo cattolici-comunisti, in cui sta lentamente sprofondando l’Italia da che si è fatta repubblica.

L’IMU è sospeso e diventerà, entro Natale, una cambiale raddoppiata per tanti cittadini, mentre i Comuni restano senza risorse proprie. Anche per le commesse degli F35 se ne riparla tra sei mesi, nonostante questo significhi azzerare quel poco di elettronica e meccanica d’eccellenza che esiste ancora in Piemonte. L’incremento dell’IVA è anch’essa sospeso, con appuntamento a dopo l’estate e sperando di rinviare il tutto a dopo le elezioni autunnali in Germania.

Rinvii pericolosi, come insegna l’esperienza, visto che, comunque andassero le elezioni in Germania, stanno preparando una Patrimoniale per il Capodanno, da attuare con urgenza tra i botti (in borsa) di fine anno.

Intanto, aumentano al 100% l’acconto Irpef, del 101% (dal 100%) quello Ires; contanti ed in anticipo per ben 2,6 miliardi stimati. Arriveranno (si noti il tempo futuro) 1,5 miliardi per le aziende che avranno la forza di investire e assumere giovani under30.

Niente sgravi per le aziende, niente riduzione del costo del lavoro: welfare camuffato da investimento infrastrutturale a patto che ci siano commesse e appalti per creare lavoro. Cosa resterà di quanto lo sappiamo già: l’abbiamo imparato durante gli Anni ’90 dalle analoghe politiche del Centrosinistra.

La legge elettorale è rinviata ad un ipotetico termine di 180 giorni, come lo sono tutte le riforme del sistema politico. Nelle carceri si preferisce andare avanti con mini-indulti, piuttosto che affontare la questione di due leggi poco costituzionali come quella sull’immigrazione e quell’altra sul consumo di stupefacenti. Berlusconi è fuori gioco, a Napolitano non restano che le dimissioni per motivi di salute e alle urgenze si aggiunge quella – dimenticata – di riformare la giustizia e la pubblica amministrazione, scuole, università e ricerca incluse. Il Partito Democratico paralizzato dall’incombente congresso che somiglia ad una nemesi storica, prefigurandosi simile a certe assemblee toscane, tramandateci dalle cronache del Rinascimento, come quelle, romane, che potrebbero descrivere cosa accade a Destra, alal ricerca di una Papessa, caduto il Papa Re.

Uno stallo, non un rinvio, in cui Milano e la ‘Padania’ vogliono solo un minimo di stabilità per profittare al massimo dell’Expo 2015, Roma ed il Centroitalia trovano gioco per nulla mutare pur cambiando tutto, al Sud ‘va tutto bene’.

Intanto, Beppe Grillo resiste e continua a raccogliere – nonostante diaspore, polemiche ed espulsioni – più persone di quante ne mettano insieme la Triplice sindacale o anche il maggiore dei partiti. Cosa ovvia, se lo spettacolo è quello del rinvio, dopo aver urlato agli italiani per due anni “fare presto, fare tutto”.

Dunque, tutto rinviato all’autunno, quando, trascorse le elezioni germaniche, si spera arrivi qualche fiume di denari o qualche strappo ai vincoli di Maastricht oppure il solito ultimatum UE che consenta di far cadere il governo. E nessuno ha – per ora, solo per ora – da ridire che le carenze finanziarie che necessitano di Imu anche sulle prime case, Iva maggiorata, acconti Irperf e Ires raddoppiati e ‘verifica’ degli F35 derivano tutti da errori di computo (vedi titoli di Stato o pensioni), da generose elargizioni (vedi Monte Paschi di Siena) e da scelte avventate (leggasi recessione) attuate dal senatore a vita Mario Monti e dal suo governo. Scelte che, nonostante i rapporti della Corte dei Conti e dell’INPS, nessuno si accinge a risanare. Come nessuno tiene in conto degli interventi della Corte Costituzionale su troppe leggi, che restano lì, e della ‘lettera morta’ che è rimasta la Riforma Brunetta, se parliamo di contratti, mansionari e metodi di assunzione nel pubblico impiego.

Dicevamo di Expo 2015 a Milano. Ma siamo davvero sicuri di non ritrovarci, con un palcoscenico mediatico simile e andando di questo passo, con una ‘patata bollente’ come quella brasiliana per la Confederation Cup?
Forse Letta o Alfano non se ne rendono conto, ma – dopo il transito di Monti e Fornero – la gente non sa neanche più quale dei mille cavilli rispettare o quale balzello gli tocchi mentre va a ritirare lo stipendio … figuriamoci a tirar su i consumi e la produzione se a tavola si mangia pane e bollette.

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Berlusconi ineleggibile. E gli altri?

20 Giu

Che Silvio Berlusconi fosse ineleggibile è un dubbio (certezza per alcuni) che ci affligge da almeno un Ventennio, come quello sull’incostituzionalità delle leggi elettorali ed i conflitti di interessi (bancari, cooperativi, sindacali e patrimoniali) del Partito Democratico.

L’eleggibilità del Caimano è ancora sul tavolo e sulle cronache, ma avrebbe dovuto essere un dato di fatto almeno dal novembre 2001, quando la Corte di Cassazione respinse il ricorso dei legali di Berlusconi con il quale chiedevano la piena assoluzione e non il semplice proscioglimento per prescrizione del reato di corruzione di un magistrato nel Lodo Mondadori.
Un indagine che comprovò “movimenti” per circa 2,5 milioni di euro (odierni) da parte di una società offshore di Silvio Berlusconi, a seguito delle dichiarazioni di Stefania Ariosto riguardo i rapporti esistenti tra i giudici Arnaldo Valente e Vittorio Metta con Cesare Previti, avvocato Fininvest.

In quell’anno, poco prima della sentenza d’Appello (25 giugno) confermata in Cassazione, si tennero le elezioni politiche con un nuovo sistema di voto (la c.d. “Legge Mattarella“), che prevedeva per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica un sistema elettorale misto: maggioritario a turno unico per la ripartizione del 75% dei seggi parlamentari, mentre, per il rimanente 25% dei seggi, c’era il recupero proporzionale dei più votati non eletti per il Senato, con liste bloccate e sbarramento del 4% alla Camera.
Una follia, che favoriva il ricorso alle cosiddette liste civetta, permetteva la formazione di coalizioni che, non appena elette, potevano scomporsi di tot gruppi parlamentari, minimizzava il margine di consenso, favorendo piccoli partiti (i così detti cespugli) e lobbies nel condizionare alleanze e consensi.
Non poteva che vincere il Deus del marketing italiano, Silvio Berlusconi, che – alleatosi con la Lega di Bossi – prevalse con una maggioranza bulgara sia alla Camera sia al Senato.

Difficile ipotizzare che un Parlamento così composto addivenisse ad una norma sui reati perseguibili o quanti comunque avvenuti ma prescritti da parte di deputati e senatori, ma poteva farlo, nel 2006, quello che subentrò con la XV Legislatura: il Governo Prodi bis.

Dopo una campagna elettorale fondata su un unico tema, l’antiberlusconismo, sarebbe stato naturale che il Parlamento andasse a dirimere le annose questioni dell’immunità parlamentare, dell’eleggibilità dei parlamentari, dei conflitti di interessi e del finanziamento dei partiti.
Come sappiamo questo non accadde e non solo perchè ce ne erano troppi con qualche carico pendente, prescritto o saldato tra ex estremisti di destra e di sinistra, ex amministratori locali, ultra-benestanti con il fisco alle costole, ex dirigenti del parastato, sanitari con i bilanci in Corte dei Conti.

Dati della Ragioneria Generale dello Stato

C’era anche l’enorme apparato comunista degli Anni ’70, spacchettato ma ancora coeso: l’ex Pci, l’ex Arci, le Coop, le polisportive, Unipol e Montepaschi, la CGIL, i Consorzi agrari, le Onlus del welfare esternalizzato, i Centri Studi, i giornali ed i comitati di redazione, un quota della RAI lottizzata, eccetera.
Un universo del consenso durante la Guerra Fredda, un costoso e corruttibile network dopo la caduta del Muro di Berlino.

E così accadde, per la seconda volta in dieci anni, che un parlamento ed un governo eletti in nome del conflitto di interessi e delle mani pulite non facessero nulla, ma proprio nulla, come le vicende Cosentino e Luzi hanno ampiamente dimostrato.

Intanto, siamo alle solite. La settimana scorsa Silvio Berlusconi è finito in prima pagina sul quotidiano Irish Sun, perchè sarebbe indagato in Irlanda per evasione fiscale e riciclaggio da parte del Garda Bureau of Fraud Investigation’s, per alcune operazioni delle societa’ di Berlusconi effettuate con l’International Financial Services Centre di Dublino. L’avvocato di Berlusconi, Niccolò Ghedini, fa il suo lavoro e smentisce: “La notizia apparsa sull’Irish Sun dell’esistenza di una indagine fiscale in Irlanda per il periodo 2005-2007 nei confronti del Presidente Berlusconi, è certamente frutto di un travisamento e di una erronea informazione.”

Vero o falso che sia non si può mica andare avanti così: è almeno dal 2001 che dura questa storia e quella del Lodo Mondadori è ormai non più ‘sentenza’, ma Storia, anche perchè, senza il subentro agli eredi nella Arnoldo Mondadori Editore, Silvio Berlusconi non sarebbe mai diventato quello che è stato nè, soprattutto, avrebbe avuto i mezzi per diffondere un’immagine di se diversa da quanto raccontano testimoni, intercettazioni e prove nei tribunali.

Allo stesso modo, se un pluriprescritto non dovrebbe di certo essere eleggibile come premier, anzi meriterebbe assidue indagini se tentasse di farlo, è anche vero che i recenti casi Luzi e Monte Paschi di Siena come le dolenti affermazioni di Papa Francesco sull’Alto Clero italiano connotano una sfera di relazioni e di ‘falle nel sistema’ notevoli, se parliamo di partiti in generale.
Possono essere eleggibili partiti che incassano donazioni ‘personali e spontanee’ da parte di alti dirigenti? E che dire di quella realtà con cui dovettero confrontarsi anche Mussolini e gli Alleati che è la nobiltà e l’apparato vaticano (Nobiltà pontificia , Sovrano militare ordine di Malta , Opus Dei) in Italia e, particolarmente, a Roma e in Calabria? E come risolvere, senza una legge sui contratti di lavoro, il dato di fatto che la CGIL sconfina spesso su temi di stretta pertinenza politica, condizionando equilibri, programmi ed alleanze?

Rendere ineleggibile Silvio Berlusconi servirà solo a permettere la ricongiunzione dei ‘popolari’ italiani, che il PPE auspica e sollecita da anni, ma senza affrontare tutta la questione per intero, dalla legge elettorale ed i regolamenti dei gruppi parlamentari al finanziamento dei partiti.
Avvenne lo stesso con Bettino Craxi, quando la Mitteleuropa voleva un’Italia bipolare e c’erà il PSI (terzo incomodo) da smantellare: sappiamo come è andata a finire.

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