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Eurozona? I soliti tedeschi …

11 Giu

Alla fine del 1943, i territori europei controllati dalla Germania del III Reich erano, nella sostanza, quelli dove era solido il senso di appartenenza alla ideologia nazionale germanica. Altrove, lo sfondamento degli Alleati e l’appoggio massivo della popolazione impediva ai soldati della Wermacht una resistenza adeguata.

Questa è la cartina che indica, grosso modo, i territori rimasti in mano alla Germania dopo l’Armistizio italiano e la Liberazione di Parigi.

La cartina di seguito, invece, descrive l’Eurozona ed, in particolare, quella rigidamente germanocentrica che Angela Merkel, Mario Monti e Corrado Passera difendono a spada tratta.

Incedibile, vero?

E possiamo notare come poco sia combiato dal 962 dopo Cristo, quando Ottone I cinse il capo con la corona imperiale.

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Dunque, stando alla geografia politica ed economica, siamo alle solite, come da mille anni a questa parte, con i  Guelfi ed i Ghibellini ad investire in fabbriche e commerci, per loro avidità, ma sempre pronti a batter cassa ‘a Sud’ se i conti, poi, non tornano.

E, sempre come al solito, – come accade quando c’è qualcuno che impone regole in nome del ‘buon esempio’ ma guardando al protafogli  – anche questo  (quarto) ‘tentativo’  di un’Europa germanocentrica ci riporta ad un continente con tre anime e tre stili: uno sassone-normanno, uno celto-latino ed uno germanico-polacco.

Tra meno di dodici mesi voteremo per il Parlamento Europeo – una babele di migliaia di deputati – ma il governo d’Europa, mancando una Costituzione, resterà altrove.

E questo non è bene.
Come non vanno (più) bene – in Italia come altrove – le isterie sullo spread e le minacce di default, il campo libero agli speculatori ed il moloch ‘svalutazione’, gli aiuti agli Stati in difficiltà ed i tabù sul welfare, gli aiuti alle banche, ma non ad imprese e cittadini, e l’enorme spesa per le amministrazioni pubbliche.

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Comune di Bologna: uno schema finanziario collaudato

17 Mag

Virginio Merola (Partito Democratico) è il sindaco di Bologna, un comune che è il maggiore azionista di Hera S.p.A. con una quota di azioni pari al 14,76 % e, tramite questa, controlla (100%)  HERA COMM, la quale si occupa di vendita di gas ed energia elettrica ed a sua volta detiene il 50,01% di HERA COMM MEDITERRANEA la quale si occupa di produzione, acquisto, trasporto e vendita di energia, mentre il restante 49,99% è detenuto dalla società S.C.R. s.r.l. con capitale coperto da segreto fiduciario e scelta senza gara ad evidenza pubblica. Il Gruppo Hera è il secondo operatore italiano nella gestione del ciclo idrico integrato, ovvero dalla raccolta alla depurazione delle acque reflue fino alla distribuzione di acqua potabile, ed è anche il principale operatore nazionale nel settore ambiente per quantità di rifiuti raccolti e trattati.

Tra l’altro, come formalmente dichiarato a bilancio comunale, “la raccolta differenziata è particolarmente bassa nel Comune di Bologna (36%),  rispetto agli standard richiesti in sede comunitaria (65% entro il 2012).”

Un Comune, quello di Bologna, che alla chiusura del consuntivo 2011 metteva a bilancio ben 12.5 milioni di euro di avanzo economico di parte corrente pari. Risorse che non il sindaco della città ed il consiglio comunale non intendono destinare alla spesa corrente, riducendo tributi e invrementando i sussidi, e che verranno destinati “cura della qualita’ urbana della città” pur di non protestare contro il Patto di stabilità.

Un bel conflitto di interessi, di questi tempi, visto che la crisi dovrebbe indurre il Primo Cittadino a non innalzare il costo delle forniture acqua-gas-luce, se si volesse essere attenti ai cittadini, e non viceversa innalzarlo, come accade, dato che si pensa solo alla cassa ed alla spesa.

Utile aggiungere che il Comune di Bologna controlla anche Interporto Bologna  S.p.A. (35,1%), con ricavi, nel 2007, superiori ai 22 milioni di Euro, e che dagli utili, che questa società  si propone di ottenere, dipende sostanzialmente il prezzo al banco di qualunque prodotto transiti da lì.

Un bel balzello sulle spalle degli altri italiani che permette al Comune di Bologna di mantenere “fiori all’occhiello” a spese di altri.

Un Comune che annuncia (esultante?) che “tra i principali risultati ottenuti con le più recenti modifiche normative, vi sono l’esclusione dall’IMU degli immobili comunali e la possibilità di assimilare alla prima abitazione quelli non comunali (di proprietà Acer) destinati a Erp o Ers, così come quelli dei soci di cooperative a proprietà indivisa” , oltre che forti riduzioni per le imprese.

Mica alleviare i cittadini, visto che si tratta di “un Comune quasi totalmente autonomo da un punto di vista tributario e finanziario”, bensì finanziare la Casta e la folle spesa pubblica, per sostenere la quale il Sindaco e la Giunta bolognesi hanno già introdotto, per i servizi educativi nel corso del 2012, alcune significative innovazioni nell’utilizzo dell’ISEE (Indicatore di situazione economica equivalente) e che ulteriori modifiche saranno introdotte “al fine di conseguire maggiore equità e selettività nelle modalità di accesso e contribuzione ai servizi”.

Ma non solo, visto che la Giunta di Virginio Merola, con i tempi che corrono è riuscita a deliberare, per il 2012, · risorse aggiuntive per 1,6 milioni di euro “per estendere la rete e potenziare la manutenzione degli impianti di rilevazione automatica delle infrazioni al codice della strada”, mezzo milione di Euro per il bike-sharing ed un altro mezzo milione per “potenziare le azioni di recupero dell’evasione”. Importante aggiungere, riguardo ll’utilità di queste spese, che l’Emilia Romagna nel solo 2010 ha speso quasi 2 milioni di euro per il bike sharing, che è la regione con il più basso rischio di evasione fiscale e che il numero di feriti negli incidenti stradali a Bologna è relativamente costante dal 1995.
Tra l’altro, essendo il debito comunale nell’ordine dei 300 milioni, secondo alcune stime, davvero non si comprende come possano i revisori dei conti tollerare interessi passivi a fronte di somme eccedenti od accantonate.

Ritornando ad Hera spa, sia il Fatto Quotidiano sia la Voce di Romagna, raccontano una “strana” vicenda iniziata dieci anni fa, quando la società SCR – quella coperta da “segreto fiduciario” e indicata dal Fatto Quotidiano come vicina alla famiglia Cosentino tramite una fiduciaria – compra per tre miliardi e 715 milioni di lire (1,9 milioni di euro) l’area industriale della ex Ceramiche Pozzi di Sparanise (CE), un prezzo a dir poco stracciato, dato che il sito non aveva  i permessi per ospitare impianti energetici o per il trattamento rifiuti.  Nel 2001, l’area viene rilevata da AMI spa (azienda controllata dal Comune di Imola) proprio poco prima che il Comune di Sparanise cambi la destinazione d’uso dei terreni, consentendo la costruzione di una centrale a turbogas da 800 megawatt, e prima che la stessa AMI spa si fonda con altre ditte emiliano-romagnole, diventando Hera. Un’area che già nel 2003 Hera aveva provveduto a vendere a Calenia Energia, a sua volta ricomprata, nel settembre 2004, dalla  “stessa” Hera e dalla “quella” Scr collegata all’onorevole Nicola Cosentino per il 15%  e per il restante  85% del capitale dalla svizzera Egl.
Nel 2008 Hera Comm Med, società commerciale di Hera (nel cui cda siede Giovanni Cosentino, fratello di Nicola), cui è intanto è passato il controllo del 15 % della centrale, dichiara ricavi per 40 milioni di euro ed utili per 6 milioni e mezzo, dei quali  non vi è traccia nei dividendi e nei bilanci delle giunte romagnole e della multiservizi bolognese (fonte Voce di Romagna).

Non deve dunque meravigliare se il sindaco bolognase Virginio Merola segua con trepido interesse le vicende campane sia riguardo i rifiuti sia riguardo il caso Equitalia e sulle proteste scoppiate in tutto il paese, chiedendo «una grande manifestazione contro l’evasione fiscale», aggiungendo  «non come a Napoli dove contro Equitalia sono scesi in piazza cittadini e camorra».

Ciò che dovrebbe meravigliare è che nessuno ancora si sia accorto di come l’Emilia Romagna e le sue giunte rosse e bianche vantino un “successo gestionale” che si fonda su indebitamenti sine die, gestioni separate o parallele come quelle delle ex-municipalizzate, speculazioni su aree meno sviluppate del paese amministrate da “giunte amiche”, pressione fiscale ossessiva o poco trasparente.

Non meraviglia neanche che, ancora oggi, proprio negli impianti di Imola vadano a finire migliaia e migliaia di tonnellate di rifiuti campani e che a lucrare sulla “monnezza di Napoli” ci siano emiliani e romagnoli.

Come non meraviglia che, non Bersani e non Vendola, ma Giovanni Favia, consigliere comunale bolognese del Movimento Cinque Stelle (link), sostenuto dal Partito del Sud campano (vedi link) abbia presentato un ordine del giorno dove si chiede al Sindaco di Bologna di “adoperarsi affinchè persone delle quali non può essere garantita l’onestà e l’estraneità al mondo della camorra, non siedano all’interno di società partecipate dal comune”.

Utile sapere, però, che Virginio Merola è bolognese d’adozione, essendo nato a Santa Maria Capua Vetere, comune casertano limitrofo proprio a Sparanise, dove è nata anche la moglie dell’ex ministro alle telecomunicazioni, Mario Landolfi (PDL), rinviato a giudizio per presunti favori alla camorra, e dove dal 16 al 26 gennaio scorso è stato cercato come “sparito” l’ex sindaco, Salvatore Piccolo, un avvocato che aveva difeso gli interessi del boss Giuseppe Papa, poi “riapparso” adducendo «questioni strettamente personali».

… e che, come riportato dal giornalista Massimiliano Amato nel libro “Il casalese”, edito da “Cento Autori”, la centrale di Sparanise (una “creatura” di Giovanni Cosentino, fratello del deputato Nicola) sancisce l’inizio di un “consociativismo” negli affari tra imprenditori collegati alla camorra e politici, che travalica qualsiasi possibile distinzione tra sinistra e destra.

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C’è consenso e consenso

16 Feb

In tutte le televisioni, a qualunque ora, troviamo qualcuno che ci spiega che il “governo Monti ha un largo consenso”.

In effetti è vero, ma dovremmo, poi, chiedere se il consenso che Monti e Passera riscuotono è degli elettori italiani o di quei politici, seduti in Parlamento, di cui gli italiani, da anni, vorrebbero il ricambio.

Potremmo anche chiederci perchè, con tutti i talk show che ci sono, i nostri politici “consensienti” non vadano in trasmissione a spiegarci questo e quell’altro … ma sarebbe troppo.

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L’ottimismo viene dal consenso

15 Feb

L’Italia è ufficialmente in recessione, i dati di ottobre-dicembre 2011 sono carta stampata, ma questo è il passato, la scommessa è il futuro.

Ce lo racconta Corrado Passera, ministro dello sviluppo del governo Monti.

I dati «sono una conferma di quanto ampiamente previsto e del fatto che proprio da lì dovevamo partire, come abbiamo fatto, con riforme e interventi strutturali».

La recessione, annunciata da questo blog e non solo, ma snobbata dai nostri “professori”, secondo Passera «ci spinge ad andare avanti con grande determinazione: un’iniziativa al mese per rimettere il Paese in condizione di reagire».
«Un ottimismo che viene dal consenso del Parlamento e dell’opinione pubblica, questa è la grande spinta».

Ah, beh, … allora stiamo inguaiati, se la “grande spinta” arriva dal consenso dell’opinione pubblica.

Ma non solo …

«Messi i conti in sicurezza», va attuato «un’insieme di iniziative per la crescita. Infrastrutture, competitività e internazionalizzazione delle imprese, innovazione, costo e disponibilità del credito, costi dell’energia, semplificazione».
E per le opere già previste, il ministro annuncia 60 miliardi entro quest’anno: «Una messa in moto oltre le aspettative, un passaggio fondamentale per la competitività del Paese».

Male, peggio, malissimo, cosa dire?

Sostenere con 60 miliardi le opere già previste, senza entrare nel merito, significa, molto probabilmente, incrementare la cementificazione senza provvedere agli interventi urgentissimi per contrastare il dissesto idrogeologico, più volte richiesti da Giorgio Napolitano, invano, alla legislatura di Berlusconi.
Inoltre, senza intervenire sulle norme inerenti i subappalti, si rischia di consegnare all’Italia un ulteriore ammasso di sprechi, collusioni, infiltrazioni mafiose, clientela politica.

Quanto alla crescita ed all’ottimismo, le domande sono tante o tantissime.

  • Quali nuove infrastrutture, se l’Italia muore di scarsa o nulla manutenzione dell’ordinario?
    Internazionalizzazione delle imprese significa molte cose, incluso che arrivino i “russi” a comprarsi tutto o, peggio, che la Padania possa incrementare la spoliazione produttiva del paese, delocalizzando ancor più la produzione?
    Costo e disponibilità del credito è cosa corretta in un paese che, causa declassamento, paga caro il denaro e che ha bisogno di “inflazione” per superare la recessione? O, guardando alla demografia ed agli anziani che abbiamo, in un paese che non dovrebbe affatto invoglaire i giovani continuino ad indebitarsi “a vita” per un mutuo trentennale?
    Per non parlare dei costi dell’energia, che possono aprire la strada a maggiori privatizazioni, e della semplificazione, che finora ha comportato solo un aumento dei contenziosi, delle collusioni e delle corruttele, visto che tra farraggini, tributi e territorialità l’iter è solo peggiorato.

Domande non eccessive se ricordiamo che Corrado Passera si è finora distinto per la sua abilità nel far ricadere  i costi aziendali sullo Stato (Alitalia, Caboto-FinMek, Nextra-Parmalat …) e per la sua capacità di tagliare posti di lavoro a favore delle concentrazioni di capitale (Comit, Intesa San Paolo, Olivetti, Telecom …).

Un manager che della politica e della pubblica amministrazione conosce solo un aspetto riflesso, come Tremonti era esperto sono nella fiscalità e nella gestione di un bilancio.

Un uomo che muove i primi passi in politica e già gode dell’appoggio di Roberto Formigoni, governatore della Lombardia ininterrottamente dal 1995, e di Pier Ferdinando Casini, genero di Francesco Gaetano Caltagirone, undicesimo italiano più ricco al mondo, a capo di uno dei più importanti gruppi industriali italiani.

Un ministro che annuncia “un’iniziativa al mese per rimettere il Paese in condizione di reagire”, mentre la riforma delle pensioni non trova una forma regolativa, gli F-35 si son ridotti di un terzo, le liberalizzazioni raccolgono migliaia di emendamenti, la riforma del lavoro è deve essere recepita dai lavoratori e non semplicisticamente i sindacati con cui discute il governo.

Mala tempora currunt.

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Corrado Passera, una biografia non autorizzata

9 Gen

Corrado Passera, 58 anni, è un banchiere e manager italiano, dal 16 novembre 2011 ministro dello Sviluppo Economico, ministro delle Infrastrutture e ministro dei Trasporti del governo Monti.

Si è laureato alla Bocconi e, nel 1980, ha conseguito un Master in Business Administration (MBA) alla Wharton School di Philadelphia.

Dopo di che, grazie ad un’entratura di Guido Roberto Vitale, a.d. di Euromobiliare, entrò nell’entourage dei Di Benedetti e quella, come vedremo, fu la sua fortuna.

  • 1985, ricopre la carica di assistente di Carlo De Benedetti per poi diventare Direttore Generale di CIR, la holding del Gruppo De Benedetti, fino al 1991, quando diventa direttore generale di Arnoldo Mondadori Editore e, a seguire, del Gruppo Editoriale L’Espresso.
  • 1992, è anche co-amministratore delegato del Gruppo Olivetti, ristrutturato drasticamente, per il settore informatico, e immesso nel settore telecomunicazioni come Omnitel e Infostrada.
  • 1996, viene nominato sia amministratore delegato che direttore generale del Banco Ambrosiano Veneto, che si “consolida” con Cariplo, creando il Gruppo Intesa, che assorbirà, nel 2001, anche la Banca Commerciale Italiana.
  • 1998, il Governo Prodi lo nomina amministratore delegato di Poste Italiane con un Piano d’Impresa che prevedeva il taglio di oltre 20.000 posti di lavoro nel settore pubblico.
  • 2002, Passera lascia l’incarico alle Poste e va a ricoprire la carica di amministratore delegato di Banca Intesa, e, nel 2006, è tra gli artefici del processo che porterà all’integrazione tra Banca Intesa e Sanpaolo IMI dando vita a Intesa Sanpaolo.
  • 2008, è advisor dell’operazione di salvataggio Alitalia che rafforza il monopolio nel trasporto aereo su molte tratte nazionali ed accentra su Fiumicino il traffico internazionale.

Dunque, è anche Corrado Passera che dobbiamo ringraziare se:

  • abbiamo “trasformato” tanti potenziali giovani programmatori ed impiegati in definitivamente precari operatori di call center, grazie alla “trasformazione” di Olivetti in Infostrada
  • abbiamo non solo salvato la banca che fu di Guido Calvi, ma, a furia di fusioni, l’abbiamo addirittura resa comproprietaria di circa il 30% dell’azionariato che controlla la Banca d’Italia
  • abbiamo ristrutturato le Poste, che son lente come prima ma costano di più, proprio mentre, nel mondo ma non da noi, la posta elettronica iniziava a farla da padrona
  • abbiamo salvato Alitalia, Fiumicino e Roma (che non ha grandi aziende), versando nelle sue casse, tramite ministero dell’economia e finanze, tanti di quei miliardi che oggi ci farebbero comodo.
  • abbiamo salvato la Fiat dalla Chrysler, grazie a Banca IntesaSanpaolo, ma la Fiat non salverà i nostri interessi italiani dalla Chrysler.

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Corrado Passera è stato coinvolto in tutti i principali scandali finanziari della storia recente italiana, anche se ne è uscito sempre pulito:

  • 1996, Olivetti-CIR, falso in bilancio  (indagato dalla Procura di Ivrea) (fonte )
  • 1996, fallimento Sasea, concorso in bancarotta (indagato dalla Procura di Milano)  (fonte)
  • 1999, Poste italiane, indebitamento per emissione eccessiva di bond, verifica di Mediobanca ed indagine della Procura di Roma (fonte)
  • 2004, Cirio, scandalo dei bond (indagato dalla procura di Milano) (fonte)
  • 2004, Parmalat, concorso in aggiotaggio,  avvisi di garanzia per Nextra di Banca Intesa (personalità giuridica) (fonte)

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Le domande che restano sono diverse:

  1. quanto è costato Corrado Passera all’Italia in soli quindici anni, ovvero dal 1996 ad oggi?
  2. dopo Poste Italiane, Alitalia, Cirio e Parmalat, mettereste voi i vostri soldi nelle mani di Corrado Passera?
  3. come è possibile che faccia proprio il ministro delle infrastrutture lo stesso uomo, intercettato al telefono con Cesare Romiti, che ha finanziato, tramite Intesa SanPaolo, l’inutile avventura dello Stretto di Messina?
  4. quale è l’utilità per l’Italia nell’affidare tre ministeri strategici ad un uomo che, per bene che vada, si è finora distinto per la sua abilità nel far ricadere  i costi aziendali sullo Stato (Alitalia, Caboto-FinMek, Nextra-Parmalat …) e per la sua capacità di tagliare posti di lavoro a favore delle concentrazioni di capitale (Comit, Intesa San Paolo, Olivetti, Telecom …)?

A proposito, sembra che Corrado Passera possa vantare un reddito almeno pari a 38 milioni di Euro annui, per lo meno nel 2005 e 2006 (fonte).

Era possibile con un Corrado Passera così, secondo voi, fare una minipatrimoniale o toccare seriamente i “capitali scudati”, invece di colpire drasticamente i diritti dei nati dopo il 1950, in fatto di pensioni e carriere?

P.S.  25-01-2013 – Prendiamo atto dell’onestà intellettuale dimostrata da Corrado Passera che, seppur solleticato da più parti, ritorna alla sua professione, dopo aver servito l’Italia come ministro delle infrastrutture, anziché ‘mettersi in politica’.

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