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Capodanno, la festa della Luce e i suoi nomi nel mondo

30 Dic

(tempo di lettura 7-10 minuti)

Perché a Capodanno in tutto il mondo si sparano fuochi d’artificio, anche quando la data non coincide con quella cattolica / romana, anzi non cade neanche in inverno? E’ una antica e avvincente storia per quella che è una festa antica come il genere umano.

Il Capodanno è una festività istituita nel 46 prima di Cristo da Gaio Giulio Cesare, quando era dittatore della Repubblica romana, per onorare Giano patrono del mese Januarius e dio degli inizi, materiali e immateriali.
Il così detto Calendario Giuliano fu elaborato dall’astronomo egizio Sosigene di Alessandria, che ebbe la geniale intuizione di istituire gli anni bisestili (bis sexto die) per compensare la durata dell’anno solare che supera di qualche minuto i 365 giorni effettivi.

Nei secoli il suo uso si estese a tutti i Paesi d’Europa e d’America, man mano che venivano cristianizzati o conquistati dagli europei, e nel 1582 sotto papa Gregorio XIII è stato definitivamente corretto nella sua forma attuale con lo scopo di renderlo ‘esatto’.

Firenze

L’inverno era chiamato dagli europei geimhredh o skammdegi (trad. giorni brevi) mentre l’estate era detta samradh o nóttleysi (trad. senza notte) ed ambedue avevano una festa di inizio, Samhain o Vetrablót (trad. primo sacrificio d’inverno) in ottobre e Beltane o Hǫkunótt (trad. prima notte di Yule) a maggio. Ambedue le ricorrenze sono rimaste fortemente radicate nel sincretismo cristiano e nelle culture occidentale e ispanica, col nome di Halloween o Día de Muertos a metà del ‘nostro’ autunno e di Valpurga o Los Mayos a metà della ‘nostra’ primavera.

Questa suddivisione e i relativi festeggiamenti li ritroviamo anche nell’India, colonizzata dagli Arya europei molto prima di Cristo, dove ancora oggi si festeggia a metà novembre il Diwali, il festival della Luce. Ed anche in Giappone, grazie alle tradizioni Jomon e poi Ainu, c’era un anno di dodici mesi e un capodanno festeggiato nel passaggio dall’ultimo (Shiwasu) al primo (Mutsuki).

L’affermazione mondiale del Calendario Giuliano e poi Gregoriano è dovuta al fatto che la scansione del tempo per cicli lunari rispondeva solo a credenze affermatesi durante il Neolitico nell’area Indo-iranica, ma non rispondeva nè alle tempisitiche (stagionali) della transumanza e dell’agricoltura nè a quelle basate la misurazione del tempo del ciclo Terra-Sole (annuali), essenziali per la sopravvivenza nell’emisfero nord e per le migrazioni.

Infatti, il calendario ebraico, infine, prevede tre diversi capodanni e, nel nostro caso, quello religioso è il Rosh haShana, che cade generalmente nel mese di settembre, come l’Enkutatash, il Capodanno etiopico.
Questo perchè l’anno lunare è circa 11 giorni più breve dell’anno solare del calendario gregoriano e questo comporta notevoli complessità a partire dalla non coincidenza delle data tra un anno e l’altro.

Ma parliamo di tradizioni spirituali che hanno radici nella Preistoria, come il ‘capodanno cristiano’ che si festeggia ogni Santo Natale, ma più o meno alla data di quando nell’Impero Romano si festeggiavano Yule e Osiride.

Teheran

Le nazioni dell’Islam festeggiano il Capodanno al primo giorno del mese di Muharram, che può corrispondere a qualsiasi periodo dell’anno gregoriano, ma le nazioni turco-iraniche (Afghanistan, Iran e repubbliche centroasiatiche) festeggiano il Nowrūz, l’equinozio primaverile del 21 marzo.

Ancora oggi gli orientali (Cina, Vietnam, Penisola coreana) festeggiano il Capodanno lunare (農曆新年, 农历新年, Nónglì Xīnnián) in corrispondenza del novilunio che cade tra il 21 gennaio e il 20 febbraio, mentre dalla Tailandia al Bengala vige il Songran o Pahela Baishakh, un capodanno solare ricorrente il 14 aprile.

Per la tradizione buddista (Theravāda) il capodanno è la festa del Visakha Pūjā (Vesak), plenilunio di maggio in cui si rievoca la nascita e l’illuminazione del Buddha Shakyamuni.

Ma … che si festeggi in un mese o con un nome diverso, c’è una costante che nei secoli e nei millenni accomuna gli uomini e le donne all’inizio di un nuovo anno: la Luce, quella particolare energia che Einstein scoprì convertirsi in materia, quando rallenta molto, la ‘madre’ del nostro universo.

Luce come quella dei fuochi d’artificio che tanto amiamo … a Capodanno ancora oggi. Capodanno, mille nomi e tante date, ma una sola festa da sempre

Demata

Automobili: la Cina supera l’Europa

2 Gen

Il Financial Times annuncia che la Cina, nel 2013, per la prima volta supererà l’Europa nella produzione di autovetture e veicoli leggeri. La previsione è di  19,6 milioni di veicoli rispetto ai 18,3 milioni europei.

Le proiezioni si basano sui dati della IHS, LMC Auto e consulenza PwC, gli investimenti banche UBS e Credit Suisse. Essi dipingono un quadro di lieve ripresa nel 2013 per l’industria automobilistica mondiale con un’Europa la cui produzione ha perso il 10% della fetta di mercato rispetto al 2001 ed il 30% rispetto al 1970, quando quasi una ogni due auto prodotte nel mondo nasceva in una fabbrica in Europa.

Non a caso, Norbert Reithofer, amministratore delegato della casa automobilistica tedesca BMW, ha detto di aspettarsi le condizioni per la vendita di autovetture in Europa rimangono “molto impegnative” nel 2013.

Una criticità che era stata prevista in Europa come conseguenza del un forte calo delle vendite di auto in tutto il continente dopo la crisi finanziaria, che non sembra essere cessata, con gravi difficoltà anche per i produttori di veicoli di grandi dimensioni, in particolare francese PSA Peugeot Citroën, che sta tagliando quasi 10.000 posti di lavoro ed è in attesa di un pacchetto di € 7 miliardi per il salvataggio del suo braccio finanziario da parte del governo francese.

Un’Europa che è generalmente riconosciuta come il luogo in cui l’industria automobilistica mondiale ha avuto inizio con un rudimentale  veicolo a tre ruote, prodotto nel 1885 dall’inventore tedesco Karl Benz.

Un’Europa dove oggi, Håkan Samuelsson, amministratore delegato di Volvo Cars,  dice che “per quanto riguarda l’industria automobilistica europea, si può solo pregare”. E c’è da credergli se teniamo in conto che la Volvo, solo due anni fa, è stata ceduta dalla Ford alla società cinese Zhejiang Geely Holding Group, che ha l’ha pagata 1,3 miliardi di euro.

Del resto, come competere se ‘lo stipendio medio mensile di un operaio cinese della Fiat a Shan Chat è di 250,00 euro’ (fonte Paolo Longo – RAI) ed ‘il costo salariale medio nell’industria automobilistica è di 1 euro all’ora’ (Les Echos , France , 25/03/2006)?
Operai che svolgono 12 ore di attività giornaliera, senza accantonamenti previdenziali, che mangiano, vivono e dormono in strutture messe a disposizione dalle fabbriche e da loro regolate. Per non parlare dei detenuti, inviati ai lavori forzati anche e spesso perchè ‘divergenti’, costretti ai lavori più rischiosi senza neanche un salario.

Condizioni di vita subumane che la nostra civilizzazione si vanta, rispetto a quelle orientali, di aver superato. Anzi, essendo la nostra europea una società di uomini liberi, una tale costrizione è degna del nome di schiavismo, come quello denunciato in una disperata richiesta di aiuto, arrivata dalla Cina nascosta in un gadget di Halloween, e trovata giorni fa una donna dell’Oregon all’interno di una confezione acquistata da Kmart.

Cattivi cinesi, allora? Non esattamente.
Le fabbriche dove si lavora in quel modo e/o con quei salari sono di proprietà di Haier Group Co, Benetton Group S.p.A., Hermès International, Vivarte ex-André Groupe, Liz Claiborne, Inc., Hi-Tec Sports plc, Giovanni Crespi Spa, Cone Denim, Cortefiel, S.A., Geox Spa., Dainese, Triumph International, H&M (Hennes & Mauritz), Rossignol SA, Samsonite Corp., Beaumanoir, FIAT, Citroen, Dell Computer, Acer Inc., Apple Inc., DC Leisure, DeCoro, Hewlett-Packard Co., Mattel Inc., Merton Company Ltd, New Balance Athletic Shoe Inc., Polo Ralph Lauren Corp., Nokia, Brown Shoe Company, Timberland Co.,Wolverine World Wide, Liz Claiborne, Phillips-Van Heusen Corp, Toys “R” Us Inc., Wal-Mart Stores, Nestlé SA, C&J Clark International Ltd, Fila Holding SpA, McDonald’s, Reebok International Ltd., Disney (Walt), Hasbro Inc., Polo Ralph Lauren Corp., Adidas, Nike Inc., Levi Strauss & Co., Volkswagen, eccetera eccetera.

E non v’è necessità di pensare in grande, dato che la presenza delle aziende italiane solo nell’area est della Cina e’ stimata in circa 900 unità, con un aumento del 291% rispetto al dato registrato nel 2006 (230 unità). La sola rilevazione dell’ufficio ICE di Shanghai, per il territorio di competenza, aggiornata a novembre 2011 (sulla base delle richieste volontarie delle imprese) comprende 443 società italiane.

Un’idea brillante – ma solo in termini di bolla speculativa generazionale – quella di far produrre cose agli operai cinesi pagandoli un quinto degli operai nostrani ai quali rivendere cose per il doppio od il triplo del costo di produzione.
Ma quanto potrà durare? O meglio, come non prender atto che è già finita?

originale postato su demata