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Sicilia, rivoluzione o involuzione?

30 Ott

Alla fine, in Sicilia, andrà che il prossimo governatore sarà Rosario Crocetta con il sostegno del PD e dell’UDC, che hanno dalla loro circa 1 siciliano su 10. In tutto sono circa 35 seggi nell’Assemblea Regionale Siciliana su un totale di 90.

Pochi. Ed anche aggiungendo SEL, Verdi e IdV, scelti da quasi 1 siciliano su 50, difficilmente si arriva alla metà dei consiglieri.

Le alleanze possibili non sono molte: il Movimento Cinque Stelle, il Popolo delle Libertà, il Grande Sud.

Messo da parte il PdL, prendiamo atto che Cancellieri del M5S (18 seggi?) annuncia ‘niente alleanze’, mentre Miccichè del Grande Sud (15 seggi?) spara ‘morti vecchi partiti’, ma precisa, possibilista, che ‘fara’ sentire la sua voce e il suo peso in ogni decisione del governo’.

Dunque, staremo a vedere se l’Assemblea Regionale Siciliana si darà un ‘governissimo’ con PD, UDC, SEL, Verdi, IdV, MPA, FLi, Grande Sud, che potrebbe avere comunque una maggioranza risicata, visto che una quarantina di seggi saranno dell’opposizione.

Le alternative? Una difficile, l’altra spaventosamente possibile.

Difficile che proprio i partiti di Bersani, Casini e D’alema ‘sdoganino’ Beppe Grillo ed i Cinque Stelle, alleandosi con loro in una regione strategica per il voto politico del 2013. Sempre possibile che si inauguri, con una Grosse Koalition PD-UDC-PdL siciliana, la (nuova) stagione di una Terza Repubblica che non c’è.

Intanto, Rosario Crocetta annuncia che ‘è una rivoluzione’. Vai a capire quale.

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La leggenda della spending review

4 Mag

Difficile scrivere qualcosa di serio in giornate in cui cronaca, informazione e governance decidono di darsi all’intrattenimento ed al varietà. Stiamo parlando della spending review.

Innanzitutto, con “revisione della spesa”, si intende quel processo diretto a migliorare l’efficienza e l’efficacia nella gestione della spesa pubblica che annualmente la Gran Bretagna attua da tempo. Come riporta l’apposito sito istituzionale britannico, “The National Archives” (of spending review), la “revisione di spesa” fissa un piano triennale di spesa della Pubblica Amministrazione, definendo i “miglioramenti chiave” che la comunità si aspetta da queste risorse. (Spending Reviews set firm and fixed three-year Departmental Expenditure Limits and, through Public Service Agreements (PSA), define the key improvements that the public can expect from these resources).

Niente tagli, semplicemente un sistema di pianificazione triennale con aggiustamenti annuali, che si rende possibile, anche e soprattutto, perchè la Camera dei Lord e la Corona britannica non vengono eletti, interrompendo eventualmente il ciclo gestionale o rendendosi esposte (nel cambio elettorale) a pressioni demagogiche o speculative.

Di cosa stia parlando Mario Monti è davvero tutto da capire, di cosa parli la stampa ancor peggio.

Venendo al super-tecnico Enrico Bondi, la faccenda si fa ancor più “esilarante” a partire dal fatto che, con tutti i professori ed i “tecnici” di cui questo governo si è dotato (utilizzandoli molto poco a dire il vero), è necessario un esterno per fare la prima cosa che Monti-Passera-Fornero avrebbero dovuto fare per guidare il paese: la spending review e cosa altro?
Il bello è che, dopo 20 anni di “dogma” – per cui di finanza ed economia potevano occuparsene solo economisti, matematici e statistici (ndr. i risultati si son visti) – adesso ci vuole un chimico (tal’è Enrico Bondi) per sistemare le cose, visto che sono gli ultimi (tra i laureati italici) ad avere una concezione interlacciata dei sistemi, una competenza merceologica e, soprattutto, la capacità di fornire stime affidabili con sveltezza.

Dulcis in fundo (al peggio non c’è mai fine) l’appello ai cittadini a segnalare sprechi.

Quante decine o centinaia di migliaia di segnalazioni arriveranno? Quanti operatori serviranno solo per catalogarle e smistarle? Quale è il modello (se è stato previsto) con cui aggregare il datawarehouse delle segnalazioni?

E quanto tempo servirà per un minimo di accertamenti “sul posto”? E chi mai eseguirà gli accertamenti?
Quante di queste segnalazioni saranno doverosamente trasmesse alla Magistratura, visto che nella Pubblica Amministrazione italiana vige ancora l’obbligo di denuncia, in caso di legittimo dubbio riguardo reati?

Una favola, insomma.
Beh, in tal caso, a Mario Monti preferisco Collodi: fu decisamente più aderente alla realtà italiana.

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L’agenda politica di maggio

2 Mag

Arriva il mese di maggio, quello maggiormente funesto, insieme all’autunno, per governi iniqui e regimi infausti. Niente paura, siamo in Italia, l’andamento è lento.

Giorni fa, si accennava alle “provincie” ed al nulla di fatto delle Regioni, nella non riposta speranza che Mario Monti si attenesse a tempi, leggi e promesse. Ed infatti, salvo una BCE (ovvero Mario Draghi?) che suggerisce di “accorpare” anzichè eradere, nulla s’è detto o s’è sentito.

Intanto, l’agenda c’è, l’ha fissata Monti stesso per decreto, ed è scaduta.

Non a caso, a fissare il viatico dei 30 giorni futuri, arrivano segnali di insofferenza dal Senato, dove una leggina “salva pensioni d’annata” è caduta su un emendamento della (nuova)Lega con 124 voti a favore, 94 contrari, 12 le astensioni.

Esiste, almeno al Senato, una “maggioranza” diversa dall’attuale non disponibile (in parte) a votare le mattanze sociali della Fornero o gli F-35 di Finmeccanica, ma propensa a legiferare in favore di minori prebende per la Casta e minore spesa pubblica?

Sarebbe interessante saperlo e, forse, lo sapremo a breve, con quello che c’è da votare in Parlamento.

Una “congiuntura interessante”, perchè un cambio di passo di Mario Monti – con rimpasto di governo, visto che stragiura da mesi che “i conti sono a posto” – rappresenterebbe un’ottima via d’uscita per Mario Monti, Giorgio Napolitano ed i partiti per restare saldi in sella mentre si avvia la tornata elettorale del 2013, per licenziare qualche ministro “ingombrante” e, soprattutto per noi, metter mano a quello che spread, default e speculatori hanno interrotto: la nascita della III Repubblica.

Del resto, i tempi sono pronti.

Tra qualche giorno conosceremo gli esiti delle elezioni locali e gli pseudomaghi di partito consulteranno le loro sfere di cristallo e detteranno alleanze e strategie.

Tra un mese circa esploderà (è il caso di dirlo) il “panico” da IMU, che verrà incassato anche da enti che la legge ha già cassato, pur senza attuare. E dopo un po’, con la chiusura delle scuola, le grandi città inizieranno ad esser piene di gente disoccupata e ragazzini senza meta, mentre le località turistiche dovranno aspettarsi i minimi storici.

Entro luglio bisognerà capire come uscire dallo “spremiagrumi fiscale impazzito” che Prodi, Visco, Padoa Schioppa, Tremonti e Monti hanno creato in questi 20 anni, portando la leva fiscale sul “cittadino onesto” ben oltre il 60% del PIL da lui prodotto.

Da settembre, forse prima, saremo in campagna elettorale per le politiche e bisognerà trovare soldi da spendere per rattoppi e ripristini, se i partiti vogliono le urne piene.

Dulcis in fundo, l’idea – cara ad una certa Roma – di riaggregare intorno Pierferdinado Casini la vecchia Democrazia Cristiana ed i comitati d’affari d’altri tempi, sembra inabissarsi dopo le esternazioni del leader dell’UDC ed il proseguire delle sue frequentazioni con Totò Cuffaro, detenuto per mafia a Regina Coeli. Dopo il fondo il “de profundis” con l’ennesima caduta del Partito Democratico che votava a favore delle “pensioni d’oro”, mentre il PdL sosteneva l’emendamento di Lega e IdV.

Mario Monti non sembra un uomo da “cambio di passo”, come non sembra anteporre l’italianità a tutto tondo, quella “popolare” come quella “laica”, agli ambienti bocconiani e “protagonisti” dai quali proviene.

Ma, d’altra parte, sono già sei mesi sei che l’Italia non ha un ministro dell’economia a tempo pieno, quello del welfare sembra quasi che levi ai poveri per dare ai ricchi, agli esteri “vorremmo vincerne una”, alla giustizia serve sempre, da 20 anni almeno, una legge per snellire, semplificare, accelerare le procedure giudiziarie, dateci un ministro delle infrastrutture che faccia costruire o manutentare qualcosa.

Mai dire mai, però. Il trasformismo è un’arte italiana.

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Il debito non è pubblico: è dello Stato

20 Apr

Ferdinando Imposimato, 76 anni portati bene, è il Presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione. Nella sua lunga carriera si è occupato della lotta alla mafia, alla camorra e al terrorismo, tra cui il rapimento di Aldo Moro (1978), l’attentato al papa Giovanni Paolo II (1981), l’omicidio del vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Vittorio Bachelet, e dei giudici Riccardo Palma e Girolamo Tartaglione.

Di seguito, sono riportati ampi stralci di una lunga disanima pubblicata dal “cittadino” Ferdinando Imposimato sulla sua pagina Facebook, che dovrebbero davvero far riflettere non solo l’Italia – lo “Stato” italiano non i cittadini esausti – ma l’Unione Europea tutta.

“Il debito non e’ pubblico: e’ dello Stato. Riguarda il complesso delle spese sostenute dallo Stato, che costituiscono un insieme da definire con precisione: investimenti diretti quali grandi opere pubbliche, infrastrutture nei settori strategici, costate cento volte piu’ di quello che sarebbe stato giusto spendere.”

“Il debito pubblico e’ cresciuto enormemente per alimentare la corruzione e finanziare la criminalita’ organizzata, che si e’ aggiudicata il 90 per cento degli appalti di grandi opere pubbliche.
E non e’ giusto che quel debito debba essere pagato da poveracci che di quelle spese non hanno goduto minimamente.

“Non sono state costruite scuole pubbliche, non sono stati creati fondi per i non abbienti, non sono state sostenute le piccole e medie imprese, non sono stati migliorati i servizi pubblici, non sono stati assicurati salari tali da garantire una vita libera e dignitosa.”

Nella voragine-debito bisogna inserire i fondi per gli appalti con spese dilatate a dismisura a favore delle imprese del post terremoto, la costruzione di grandi ed inutili infrastrutture per i mondiali di nuoto del 2009, la moltiplicazione per mille delle spese per le autostrade e l’Alta Velocita’, il pagamento dei debiti contratti dall’Alitalia, e gli investimenti indiretti come i finanziamenti pubblici dei partiti (usati anche per acquisti di immobili privati), crediti agevolati, le assunzioni clientelari nelle Autorithy, la pletora delle burocrazie inutili nelle Regioni, nelle provincie e nei comuni, oltre che nel Parlamento italiano. Fino alle spese per gli impegni militari in Afghanistan, in Iraq e in Libano.

Tutte spese che non producono alcun vantaggio per la comunita’ nazionale nel suo insieme, ne’ assicurano la pace nel mondo.”

“Intanto la crisi travolge milioni di persone, i dati testimoniati dalle ricerche della Caritas sono drammatici: piu’ di 8 milioni di poveri e un aumento del 20 per cento della poverta’ tra i giovani sotto i 35 anni. E le speranze di lavoro si riducono sempre piu’. “

“Nessuno ci dice la verita’ su quello che sta accadendo e sui nuovi sacrifici che ci vogliono imporre con il pretesto di dovere ridurre il debito pubblico, con il pericolo del fallimento, della bancarotta che travolgerebbe solo i piu’ deboli.”

“Il movimento degli indignati e’ stato oggetto dell’attacco di persone estranee ad esso, ed e’ stato ingiustamente delegittimato dalla violenza di pochi mascalzoni, che sono i principali alleati di questa maggioranza, responsabile di una politica scellerata e ingiusta. Noi siamo solidali con le Forze dell’Ordine e condividiamo la loro protesta, ma sarebbe un errore confondere i delinquenti che hanno sconvolto Piazza San Giovanni e altre vie di Roma mediante aggressioni e incendi, con coloro che stavano protestando pacificamente.”

“Orbene una minoranza di teppisti non puo’ oscurare le ragioni del dissenso. Essi fanno solo gli interessi di questo Governo che se ne deve andare a casa.

I movimenti, nell’assenza dei partiti, sono oggi i protagonisti di una democrazia diretta, mobilitano milioni di cittadini a sentirsi protagonisti e a spingere il governo verso scelte che non penalizzino ancora una volta i poveri e i diseredati.”

leggi anche Eroi civili? No, colonnelli

broken English version Italy? A cleptocracy, as a Supreme Court judge wrote

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Eroi civili? No, colonnelli

20 Apr

Piercamillo Falascia, su Libertiamo, scriveva ieri che “rispetto al 2001 abbiamo meno dipendenti pubblici, ma stipendi molto più sostanziosi, senza peraltro un corrispettivo aumento della produttività degli stessi. All’interno del mare magnum del pubblico impiego ci sono ovviamente situazioni molto sperequate, con sfacciati fannulloni ben remunerati accanto ad autentici “eroi civili” sottopagati.

Una descrizione dello stato dell’arte essenziale ed impeccabile che ci indica la “strada” della ripresa e del rilancio: gli “eroi civili” sottopagati.

Perchè nessuno, neanche il Governo Monti, il Presidente Napolitano, il Governatore BCE Draghi non ne vanno a caccia onde servirsi della loro competenza e del comprovato senso dello Stato?

Forse perchè bisognerebbe ricercare curriculum molto diversi da quelli “graditi” all’establishment e molto meno portentosi di quelli cui la famiglia Fornero è abituata.

Quali, dunque, i profili degli “eroi civili” sottopagati?

Parliamo di laureati tecnici spesso ex studenti lavoratori, nella dirigenza pubblica con esperienza almeno ventennale nel settore, lungo servizio in territori di mafia o disagiati, qualche incarico di elevata responsabiità finito nel dimenticatoio a “lavoro compiuto”, militanza pregressa nel sociale, conflittualità lavorativa con sindacati ed enti locali, zero condanne.

Sono i cinquantenni, i cinquantenni  ex-giovani degli Anni Ottanta, che, avendone le capacità, hanno avuto le carriere bloccate da un sistema antimoderno e simil-mafioso, dove cooptazione e negligenza hanno regnato sull’innovazione e la buona volontà.

Una generazione che non ha mai avuto un posto al sole, dato che il Boom economico era finito ed i pregiudizi ottocenteschi dei Sessantottini erano diventati dogmi.

Un’Italia di “colonnelli” e non di “generali”. L’Italia di coloro che sono “emersi” per bravura e capacità e che per onestà e tenacia sono stati discriminati.
Gli unici in grado di prendere in mano le cose quando in un Paese che si risveglia dopo 20 anni di cleptocrazia ed azzeramento democratico.

E non saranno i i partiti logori nè l’antipolitica arraffona a dar loro spazio. Avrebbe dovuto farlo Mario Monti, ma i ministri di cui si è voluto circondare erano di tutt’altro avviso, come stiamo vedendo.

Come andrà a finire non è dato saperlo, ma, male che andasse, una cosa è certa: gli “eroi civili”, i “colonnelli” della democrazia, hanno carisma, coraggio e competenze. I “generali” proprio no.

Che ora, dunque, il dado venga tratto, che il Call Up!” si inizi, che un nuovo partito nasca.

Come? Permettendoci di vedere uniti da una “missione” e da un programma i vari personaggi di primo piano “inspiegabilmente” destinati ad essere un “numero bis”. Imposimato, De Magistris, Saviano, Baldassarri, Lanzillotta, Gabanelli, Aprea, Cirielli, lo stesso Gianfranco Fini od il coraggioso Giuseppe Lumia, forse Maroni, forse Zagrebelski, forse Santoro e Fazio o Mentana … lo stesso Giorgio Napolitano o Luca di Montezemolo?

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Vendola “gay con turbe psichiche”

8 Gen

Che la Giunta di Nichi Vendola navighi in cattive acque è cosa, forse, poco nota, come ha avuto poca risonanza, finora, la pesante nota spese della Regione per viaggi e rappresentanza (quasi un milione di Euro). Però, che il Governatore della Regione Puglia venga apostrofato su Facebook, dandogli del “gay” o delle “turbe psicologiche” è una vera vergogna.

A farlo è l’assessore ai trasporti del Comune di Lecce, Giuseppe Ripa (Pdl), il cui sindaco, Paolo Perrone, che si è dissociato pubblicamente “dalle affermazioni inopportune” anche a nome del governo cittadino., nonostante sia fortemente critico verso Vendola, allorchè scrive che «la sanità pugliese è al tracollo perchè la politica regionale è fatta di interventi col contagocce».

Ma cosa di tanto grave ha scritto Giuseppe Ripa, politico locale del PdL in quel dì di Lecce?

“Sono ormai 7 anni che governate e le liste di attesa, tanto attaccate dal Sig. o Sig.ina Vendola non solo non sono diminuite, ma sono ormai divenute annuali”.

Signore o Signorina? Mica siamo nel Medioevo e, comunque, la cosa è davvero di cattivo gusto e non resta che interrogarsi sulla rozzezza del personaggio.

In natura esistono solo due tipi di generi umani: l’uomo e la donna. Il resto viene classificato scientificamente come ‘turbe della psiche, patologia che rientra nelle competenze della scienza sanitaria in generale e della psicanalisi in particolare”.

Omofobia, sembrerebbe a prima vista, ma Wikipedia, in sintesi, può esserci d’aiuto.

“Le teorie sulla differenziazione dell’orientamento sessuale vengono classificate in quattro categorie, a seconda del tipo di fattore che si ritiene determini (o predisponga) l’orientamento sessuale:

  1. il comportamento e l’orientamento sessuale è determinato da fattori biologici (in particolare ormonali e/o genetici)
  2. il comportamento e l’orientamento sessuale è ricollegato allo sviluppo psichico infantile ed alle esperienze vissute
  3. il comportamento e l’orientamento sessuale viene strutturato nei modelli estraibili dal contesto antropologico
  4. l’omosessualità è un istinto patologico, una “malattia” non una “tendenza sessuale” di cui ricercarne le sue “cause”
  5. l’omosessualità è un comportamento patologico, un “vizio”, un “atto nocivo” secondo le religioni”

In poche parole, fatta eccezione per l’approccio genetico e quella antropologico, l’accezione psicologica o religiosa dell’omosessualità è quella di una “normalità deformata”.

In alcuni casi si tratta di pregiudizi fondati su testi sacri ed in altri di tradizioni mediche millenarie, ma, almeno se parliamo di transessualità e di alcuni precisi comportamenti omosessuali, è corretto affermare che l’Organizzazione Mondiale della Sanità  li includa tra le patologie psichiatriche (vedi link). E’ anche vero che, per l’OMS, l’orientamento sessuale “non è di per se individuabile come un disordine psichico” (vedi link).

Ai posteri l’ardua sentenza, con buona pace degli omosessuali, che persino il Vaticano vuole che vengano accolti “con rispetto, compassione, delicatezza”, anche se nella “castità e  perfezione cristiana” (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2358-9).

Restano, dunque, il cattivo gusto e l’inopportunità dell’assessore leccese, Giuseppe Ripa, che il vicepresidente della Regione Puglia, Loredana Capone, ha doverosamente definito «inaccettabile», «indegno» e «meschino».

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Eurozone: va changer le budget de l’Etat

1 Dic

Alors que les Monti gouvernement se prépare à soumettre au Parlement un plan financier pour 200 milliards d’euros, malgré la possibilité que la récession va submerger tous, une voix de bon sens vient de Francfort.

Nous avons besoin d’une structure équilibre unique feuille, comme la BCE est unique. Il est Mario Draghi sur la parole, gouverneur de la Banque Centrale Européenne.

«Un des objectifs est urgent de parvenir à un système d’imposition de l’Union européenne».

Un «signal important», qui, comme ce blog a longtemps appelé, permettra de surmonter le  obsolètes du le système public d’équilibre financier , qui caractérise l’Italie et la France. Les pays où la rigidité de la dépense et l’imprévisibilité des budgets publics sont «normales», avec la lenteur de la dépensela complexité de étapes de la procédure.

Une réforme qui va toucher, de façon prévisible, les traités européens et la soi-disant «pacte fiscal», mais, surtout, aura un impact non seulement sur les systèmes budgétaires nationaux et locaux, mais aussi sur le contrôle financier et d’audit, comme le processus , judiciaire ou extrajudiciaire, qui sera suivie pour les déficits et dettes publics.

Une révolution, si elle s’enracine dans les pays latins, où, jusqu’à présent, le pouvoir discrétionnaire accordé aux fonctionnaires publics a toujours été «négative» plutôt que «proactive».
Un système de castes où qui rien ne change (et n’avez pas dépenser ou produire des ressources) est récompensée et ceux qui ont vraiment de gérer sont cent fois vérifié.

Un monde où il est presque un péché d’innover et de s’améliorer. Un monde qui doit changer.

d’origine affiché sur demata

Draghi, bilancio unico per l’Eurozona

1 Dic

Mentre il governo Monti si appresta a sottoporre al Parlamento una finanziaria da 200 miliardi, nonostante la possibilità che la recessione travolga tutto, ecco una voce di buon senso che arriva da Francoforte.

E’ necessaria una “struttura di bilancio unica, come è unica la Bce”, queste le indicazioni che arrivano da Mario Draghi, governatore della Banca Centrale Europea.

Uno degli obiettivi è arrivare all’unione fiscale.

Un “segnale importante”, che, come questo blog chiede da tempo, porterà al superamento del sistema ordinativo che caratterizza Italia e Francia, dove rigidità della spesa ed imponderabilità dei bilanci pubblici sono la norma, insieme alla lentezza procedurale nelle fasi di spesa ed attuazione.

Una riforma che toccherà, prevedibilmente, i trattati europei ed il cosiddetto “Patto di bilancio”, ma, soprattutto, inciderà non solo sui sistemi di bilancio nazionali e locali, ma anche sul sistema degli apparati di controllo e di revisione dei conti, come sulla procedura, giudiziale od extragiudiziale, da seguire per disavanzi e crediti pubblici.

Una rivoluzione, se dovesse attecchire nei paesi latini, dove, finora, la discrezionalità data ai pubblici funzionari era sempre “negativa” e non “propositiva”. Un sistema di caste dove chi non spende è premiato e chi fa management deve render conto cento volte, quasi che sia una colpa innovare e migliorare.

(leggi anche Disanima del debito italiano)

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Napoli, l’immondizia e le best practices

24 Giu

L’aspetto più scandaloso del disastroso sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti a Napoli è l’aleatorietà e la superficialità con cui è stato, di volta in volta, affrontato il problema.

La questione di fondo, irrisolta, è data dalla densità sia demografica sia criminale della provincia di Napoli: l’affollamento abitativo impedisce la dislocazione “safe” dei centri di raccolta o stoccaggio e la ramificazione camorristica ostacola una attività molto delicata che può essere gestita solo se si rimane nella legalità.

A questo livello, è evidente che le responsabilità, le miopie e le ignavie ricadono solo ed esclusivamente sui diversi  Parlamenti e i Governi, che non hanno voluto e non vogliono tener conto delle peculiarità dell’area partenopea e che, a differenza di molti altri paesi, non sono mai riusciti ad attuare una strategia vincente contro le organizzazioni mafiose o quanto meno di contenimento al loro espandersi al di fuori della Calabria e Sicilia a partire dagli Anni ’70.

Vale anche la pena di prender nota che non c’è anima viva (tra redazioni, ministeri e sedi di partito) che ricordi come  il problema dei siti di raccolta o stoccaggio riguardi la Provincia di Napoli e non semplicemente il Sindaco di Napoli, come anche che lo smaltimento dei rifiuti sia responsabilità della Regione Campania, prima ancora che del Comune di Napoli.

Poi, ci sono Napoli, i napoletani ed i politici che Roma decide di mettergli in lizza.

Riguardo i napoletani, c’è un aspetto che molti ignorano e che delinea tutta la faccenda sotto un’altra luce: percorrono molti metri, anche centinaia per deporre il proprio sacchetto, visto che i siti dove collocare cassonetti sono pochi, in una città millenaria con un reticolo stradale ancora medioevale, se non latino. Siti dove, tra l’altro, spesso non c’è abbastanza spazio per disporre un numero sufficiente di cassonetti.

In tutte le altre città i cittadini protestano se non hanno i cassonetti a 50 metri, mentre a Napoli gli “sporchi e disordinati” partenopei accettano tranquillamente di adattarsi al contingente.

Detto questo, quali best practices possono risolvere la situazione?

Innanzitutto, va evitato in futuro che procedure e protocolli vadano in tilt, come a Napoli, dove le competenze, le responsabilità, le infrastrutture, le burocrazie e, temo, gli intralci sono ormai di tutti: Governo, Regione, Provincia e Comune. E’ anche un problema costituzionale e, forse, la Suprema Corte potrebbe essere proficuamente coinvolta, se solo una delle istituzioni coinvolte volesse.

I sindaci, entro budget prefissati o per motivi di emergenza, devono poter spedire (o vendere) l’immondizia altrove. In Padania, se i gestori dei loro termovalorizzatori vorranno far affari,  o in Europa, dove lo smaltimento è un business come altri ed opera in libero mercato. A contraltare, una giunta comunale che non riuscisse a garantire l’igiene minima nel proprio territorio andrebbe dimissionato e commissariato: il disasrtro Iervolino è un monito per tutti, a Napoli, come a Milano, Roma o Bari.

I siti di raccolta e di stoccaggio vanno posti sotto il controllo diretto dell’autorità pubblica, visti i danni ambientali ed alla salute che possono provocare o le infiltrazioni criminali che ogni tanto emergono, a Napoli come a Roma o Milano.

L’aspetto cruciale, emerso anche nella Parentopoli di Alemanno o in Padania con allarmante frequenza, è che lo smaltimento dei rifiuti genera un enorme business nel settore del  trasporto su gomma. Ogni singolo sacchetto può percorrere anche centinaia di chilometri prima di essere definitivamente smaltito, tra centri di raccolta, stoccaggio, smaltimento eccetera fino al “mitologico” termovalorizzatore. Una riforma del sistema è essenziale se si vuole consentire sia l’emersione e la legalizzazione di un sommerso al momento tutto da comprendere sia una pianificazione finanziaria e gestione credibile.

Alla fine di tutto, c’è Napoli ed i napoletani.

Parlando della città, senza differenziata, non c’è via d’uscita: l’umido deve essere raccolto con quotidianita e nei giusti orari, se si vuole evitare di strabordare dai cassonetti, gli imballi dovrebbero essere accumulati e raccolti in un giorno specifico. Riguardo la plastica, visto anche che parliamodi una città e di una cultura antiche oltre 2500 anni, dovrebbero esserci gli elementi (anche a livello di normativa europea, di Unesco e chi più e ha ne metta), per  regolamentarne l’immissione sul mercato come imballi ed articoli usa e getta.

Quanto ai partenopei, è inutile organizzare una raccolta dei rifiuti umidi senza tener conto delle abitudini alimentari e, soprattutto, degli orari: il sacchetto della sera, ad esempio, è pronto, spesso, a mezzanotte, non alle 19,30, e basta, come nei paesi freddi.

Ma soprattutto è impensabile che, attaccando un sindaco eletto con una forte maggioranza, l’Italia possa venir fuori da una brutta situazione che inizia a degenerare con “roghi”, “blocchi stradali” e “scorte armate”, come riportano un po’ tutti i media.

Purtroppo, nell’Italia del governo della Lega, viene quasi il sospetto che l’ipotesi di una “Napoli insorgente” appaia più come un’opportunità che una tragedia … e su questo De Magistris come Berlusconi dovrebbero davvero meditare.