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L’Ucraina del battaglione neonazista e dei laboratori biohazard

12 Giu

Iniziano i Mondiali di Calcio in Russia e, forse, sarà possibile che la questione ucraina approdi ai media mondiali, che finora l’hanno narrata in modo davvero frammentario.

Nel ricostruire i fatti, partiamo dalla Dichiarazione di sovranità dell’Ucraina che è molto giovane: risale al 16 luglio 1990 ed arrivò ben un mese dopo la dissoluzione dell’USSR ed in subordine alla nascita della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa.

Fu, inoltre, una rivendicazione parziale, che demandava a miglior futuro la situazione del 1921, cioè anche la Galizia e la Volinia insieme a Leopoli, Volinia, Rovno, Ivano-Frankivs’k e Tarnopol (oggi Polonia), la Transcarpazia (Cecoslovacchia) e Černivci (Romania).
Territori che – con l’Ucraina in UE – potrebbero resuscitare ulteriori regionalismi ed autonomie.

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Un’identità nazionale complessa, quella ucraina, se fino al 1917 l’odierna Ucraina era divisa fra la Piccola Russia, la Russia Meridionale e la Russia Occidentale … mentre gli ‘ucraini’ sudditi dell’Impero austroungarico avevano il nome di un popolo – ruteni – ed erano divisi fra il Regno di Galizia e Lodomiria, la Bucovina e l’Ungheria.  A parte il Khanato di Crimea che era un vassallo dell’Impero Ottomano fino alla conquista russa nel 1783 e fu ‘donato’ nel 1954 da Nikita Sergeevič Chruščëv, come fosse un pezzo di formaggio, ma rimase comunque la base naturale della Flotta Russa del Mar Nero, sorta nel 1800.

Ancora oggi quei territori continuano a consegnarci la stessa fotografia: nel 2004 la popolazione verso il Mar Nero optava per il Regionalismo, finendo per estremizzarsi russificandosi del tutto, mentre verso la Bielorussia la cittadinanza sosteneva la centralità dello stato e … delle proprie città nel raggio di attrazione della mittel-Europa.

E’ evidente che a monte del caos iniziatosi in Ucraina nel 2004 ed esploso nel 2014 c’erano ottimi motivi diversi da quelli maggiormente noti, che la propaganda filorussa non dimentica di sottolineare.

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A parte la propaganda, è un fatto che la ‘mitica’ Flotta del Mar Nero aveva diritti di stanziamento in Crimea fino al 2042 e che referendum e secessione non erano stati dissimili da quelli del Kossovo dalla ex Yugoslavia con ampio plauso internazionale.
Ci sono anche le fabbriche aeronautiche militari russe (nuovi Mig 29) che sarebbero finite in ‘territorio ostile’, secondo i russi, per cui alcuni comparti industriali ‘ucraini’ furono delocalizzati in Russia, secondo per l’appunto gli ucraini.

Ma c’è anche che il nascente popolo dello stato ucraino si è scelto da solo un presidente come Janukovyc, noto per essersi “adoperato utilmente” tra interessi russi ma anche europei e cinesi, al quale vanno imputati la mostruosa corruzione nepotistica, i vasti territori agricoli affittati alla Cina che invia la propria manodopera a discapito di quella locale, la disastrosa gestione dei gasdotti, una totale incapacità a far decollare economicamente il paese con pesantissime ricadute sulle consociate di Unicredit.

Quanti affari ha la Germania  da quelle parti per essere esente da conflitti d’interesse, a parte quelli già storicamente consolidati?
Era necessaria la scintilla – a febbraio del 2014, prima di secessioni e belligeranze – causata dalla proposta del partito vincitore nazionalista e filoeuropeo di cancellare le leggi sulle minoranze linguistiche?

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E’ noto a tutti che il Battaglione Azov raccoglie neonazisti ucraini e di mezza Europa ed è da anni un reparto inquadrato nella Guardia nazionale dell’Ucraina sotto la giurisdizione del Ministero degli interni, con lo scopo principale di contrastare le crescenti attività di guerriglia dei separatisti filo-russi del Donbass ?

Quanto la Russia ha contribuito a questa situazione la muscolarità russa nei Mari Baltico e del Nord e quanto effettivamente ha oggi il controllo del caos militaresco scatenatosi dopo la resistenza dei militari russi nelle caserme in Crimea e la defezione della flotta ucraina? Quali responsabilità russe se il volo civile MH17 fu abbattuto da un Buk SAM dello stesso tipo di quelli in dotazione alla 53° Brigata Missili Antiaerei di stanza a Kursk in Russia a pochi chilometri dal confine ucraino?

Ma come mai – stando alle rivelazioni hacker diffuse giorni fa – l’attuale governo mantiene sul territorio ucraino ‘senza interferire’ ben sedici laboratori dediti allo studio e alla produzione di agenti infettivi … non per scopi bellici ma di  ‘bio-difesa’, finanziati direttamente dal Pentagono ed occupano solo personale statunitense ?
Vi è un nesso tra le recenti gravi epidemie/infezioni causate da rari agenti tra la popolazione ucraina e le dimissioni del Ministro della Salute Ulyana Suprun, fino al 2013 residente a Detroit e solo dal 2015 cittadina ucraina?

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A quanto pare sono molte le cose che non stanno come stanno …

L’unica cosa certa è che Europa, Russia ed Ucraina avrebbero interesse ad estinguere “l’economia di guerra” del Donbass prima che produca qualche milizia come Al Qaeda in Afganistan, ma è anche evidente che gli ucraini hanno da risolvere qualche problema interno prima di entrare nell’Unione, che – comunque, prima e innazitutto – ha da risolvere i problemi … di casa nostra.

In Ucraina, la soluzione irlandese insegna dove sia la strada per la Pace.

Quanto all’Europa,, deve chiedersi che conseguenze avrebbe l’ingresso forzato in Europa di regioni e provincie dove oggi si combatte per non entrare in Europa, se l’Ucraina nasce (incompleta) nel 1990, collassa a partire dal 2004 e  finisce nel 2014 con le sommosse e le secessioni?

Vista la situazione finanziaria dell’Italia come di tutte le periferie dell’UE, l’Ucraina in Europa assorbirà capitali ed investimenti che potrebbero servire nelle aree dell’Unione che avrebbero bisogno di investimenti pubblici per lo sviluppo e/o il risanamento?

Demata

 

Iva, Imu, Irperf, Irap, Cis: arrivano altre tasse?

4 Giu

Per comprendere la situazione recessiva in cui Mario Monti ed Elsa Fornero ci hanno portati, dopo Padoa Schioppa e Tremonti, basta accorgersi che, con un PIL da 2.000 miliardi di dollari, l’Italia debba soffrire e sobbalzare perchè non riesce a far cassa neanche per lo 0,5% del valore totale del paese, che, intanto, crolla del 5% tra 2012 e 2013.

Due miliardi e mezzo per un punto d’IVA, altrettanti per le Casse Integrazioni, circa tre per l’IMU prima casa: sette miliardi in tutto da ‘giostrare’, mentre di IRPERF e IRAP – la nostra follia quotidiana – neanche se ne parla.

Intanto, un incremento dell’IVA suonerebbe come il de profundis per il nostro mercato interno, di cassa integrazione neanche dovremmo parlare, se avessimo un Welfare, di IMU è vietato discutere, dato che la sua abolizione è il prezzo da pagare ad un governo mediocre, la Germania è anch’essa ferma al palo, dopo aver scaricato sul Sud Europa i propri guai.

Forse, erano e sono eccessivi i parametri rigidissimi che l’Europa si accinge a rinnegare. Forse, è necessario intervenire sul sistema di bilancio e spesa degli stati – per uniformarlo – piuttosto che fissare tetti e ricette intollerabili.
Forse, sarebbe da bandire qualunque economista e politico – italiano o straniero – facesse riferimento a Mario Monti, alle sue politiche, al suo rigore a senso unico, ai suoi conti che, ormai si sa, non tornano affatto.
Il Fondo Monetario ha annunciato, ieri, la situazione potenzialmente recessiva della Germania e la sua opacità finanziaria, tre mesi fa la Camera dei laender (alta) ha respinto il Fiscal Compact, da un mese è ufficialmente in crisi il settore manifatturiero cinese ed è troppo tardi per quella svalutazione dello Yuan attesa da un decennio.

C’è un mondo dell’economia che, anche quando ha operato con correttezza, ha fornito ipotesi e soluzioni errate alla politica ed ai poteri forti europei, specialmente nel corso dell’ultimo biennio.

I cittadini, un po’ dovunque, ne hanno una netta percezione; i media ed i partiti no. Non ancora.

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La Germania frena, il FMI conferma

4 Giu

I giornali titolano sulle stime di crescita dimezzate della Germania, fatto annunciato ufficialmente dal Fondo Monetario Internazionale, ma atteso da giorni, visto il recente annuncio di un Pil tedesco in crescita di un effimero 0,1% nel primo trimestre 2013 – dopo il tonfo del -0,7% nel dicembre 2012 – mentre su base annua restava un calo del prodotto interno lordo dell 0,2%. Il tutto mentre le principali borse asiatiche mantengono un trend negativo, come conseguenza della contrazione del settore manifatturiero cinese.

Un evento probabilmente prevedibile da almeno tre mesi, quando, il primo marzo, la Camera Alta aveva bocciato proprio i Fiscal Compact, ovvero l’integrazione costituzionale che obbliga ai parametri dell’Eurozona la disciplina di bilancio nei sistemi giuridici nazionali, mettendo in imbarazzo il governo Merkel nei confronti dei Paesi europei, a partire dall’Italia che l’aveva festosamente e frettolosamente adottato.

Ebbene si, proprio la Germania si rifiuta di adottare il Fiscal compact, tanto voluto da Angela Merkel e dalla Deutsche Bank, per imporre ai singoli stati una disciplina di bilancio determinata nelle stanze dell’Eurozona. Singoli stati che in Germania si chiamano anche Laender e non solo Italia, Francia, Grecia o Romania.

Il timore è che l’introduzione del patto di stabilità introdurrebbe dei vincoli eccessivi, minacciando la tenuta economica dei singoli Laender, perchè come spiega Peter Friedrich (Spd), rappresentante del Bundesrat a Bruxelles, «Il patto di stabilità ha inasprito le regole per l’indebitamento anche per noi. È una misura di risanamento molto dura».
Timori che non stanno solo a sinistra, se Peter Friedrich, esponente del Baden Wuertenberg – regione tedesca nota per la ricchezza e per le esportazioni – segnala che le esportazioni nei paesi europei stanno calando per l’effetto boomerang della politica di austerità imposta da Berlino.

Il Fondo monetario internazionale ha dimezzato le stime sull’andamento dell’economia tedesca per il 2013, mettendo in guardia sul fatto che la recessione dell’Eurozona potrà frenare la crescita della maggiore economia europea. L’istituto di Washington, al termine della relazione cosiddetta Article IV, prevede ora una crescita “attorno allo 0,3%” nell’anno in corso, poichè la congiuntura dell’eurozona ha penalizzato esportazioni e investimenti. Meno di otto settimane fa il Fondo aveva alzato le stime a un +0,6% per il 2013.

Dunque, a rimarcare un primo trimestre debole, dopo l’annuncio del governo tedesco di una risicata ripresa nel primo trimestre 2013 e dopo il semaforo rosso dei Laender riguardo il Fiscal Compact, arriva anche il Fmi con una revisione al ribasso a sostegno di quanto Mario Draghi, riferendosi all’intera Europa, sostiene da tempo.

Ciò che preoccupa gli analisti è la spirale recessiva che ha ridotto le esportazioni verso gli altri paesi dell’Eurozona più in difficoltà, dopo che sui loro sistemi bancari e finanziari era andata a ricadere maggiormente la Crisi.
Non a caso Subir Lall, l’economista del Fmi che ha presentato il rapporto sulla Germania, ha sottolineato la richiesta che Berlino aumenti gli ammortizzatori di capitale e migliori la supervisione bancaria, in modo da ridurre il rischio. Anche riguardo la politica fiscale tedesca, il Fondo Monetario Internazionale ha ammonito la Germania riguardo un eccessivo consolidamento fiscale.

A volte la storia si scrive dopo 50 anni, a volte, quando le sconfitte sono brucianti, la si scrive subito.
La situazione, oggettiva, in cui stanno andando a trovarsi la Germania e la Cina Popolare, dimostra molte cose e porta allo scoperto errori e marachelle.

Ad esempio, quelle/i di Mario Monti, di Elsa Fornero e di chi li volle lì, che hanno mandato in recessione la sesta o settima (forse ormai dodicesima) potenza mondiale.
Oppure quelle di Ackermann, ex dominus della Deutsche Bank, che (s)vendendo Bot italiani rilanciò i Bund tedeschi ad un punto tale che per un anno lo spread non si è tenuto a bada.
Ed anche quelle di Angela Merkel, ex ufficio propaganda del partito comunista della DDR, che ha dimostrato di avere un’idea un po’ rudimentale della politica, piuttosto inesperta del capitalismo e fin troppo germanocentrica.

Intanto, sullo sfondo, la Cina Popolare chiude fabbriche e rallenta.

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Spread, di chi fu la colpa?

15 Gen

Silvio Berlusconi sostiene – l’ha ribadito stamane ad  Omnibus su La7 – che la crisi dello spread dei BTP sui Bund tedeschi è stata ingigantita dalla (s)vendita di titoli di Stato italiani messa in atto dalla Germania.
Un’iperbole berlusconiana? Affatto.
Era la fine di luglio 2011 quando il Financial Times annunciava che nei primi sei mesi del 2011 Deutsche Bank aveva tagliato l’esposizione verso le obbligazioni italiane dell’88% (per un controvalore di circa 7 miliardi di euro).
Un fatto acclarato che spinse Romano Prodi a dichiarare pubblicamente: «E’ la dimostrazione di una mancanza di solidarietà che porta al suicidio anche per la Germania. Significa la fine di ogni legame di solidarietà e significa obbligare tutti a giocare in difesa. E quando questo viene dalla Germania, un Paese che ha avuto più saggezza nel capire gli altri fino a qualche anno fa, sono assolutamente turbato».

Un’operazione di killeraggio finanziario dei partner europei, necessaria per agevolare la vendita dei Bund tedeschi, che di li a poco sarebbe avvenuta, messa scientemente in atto da Josef Ackermann (link), allora al vertice di Deutsche Bank, ma anche dominus di Siemens AG (energia) e Shell (petrolio).
Un’azione indispensabile ed inderogabile, visto che l’economia tedesca stentava a riprendersi dal crollo dei propri titoli, avvenuto a cavallo tra il 2008 ed il 2009.

Non a caso, i nostri BTP iniziarono la corsa al rialzo esattamente dopo che il Financial Times annunciò al mondo che Josef Ackermann ci aveva ‘silurato’; fino al giorno prima la stessa Deutsche Bank (bollettini del 20 luglio) diffondeva rapporti lusinghieri sui medesimi, come riportò in quei giorni Dagospia.

Una cospirazione germanico-svizzera ai nostri danni? Dal punto di vista finanziario ed industriale è probabile, se non addirittura storia europeea moderna, ma dal punto di vista politico va fatta almeno un’altra riflessione.

Infatti, il ferale annuncio del Financial Times arrivò ‘a latere’ dell’annuncio dei nostri parlamentari (democratici e berlusconiani) di andarsene in ferie senza aver messo in sicurezza i conti e senza, per l’ennesima volta, aver votato una nuova legge elettorale.

Un atto irresponsabile specchio di una mentalità provinciale e di una incompetenza diffusa, che il duro attacco finanziario tedesco avrebbe dovuto sconsigliare ed interdire.
Infatti, come ricordiamo tutti, fu in quei giorni che oltre al salasso della nostra economia, iniziarono le pressanti richieste internazionali di ‘commissariamento’ dell’Italia.

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La leggenda della spending review

4 Mag

Difficile scrivere qualcosa di serio in giornate in cui cronaca, informazione e governance decidono di darsi all’intrattenimento ed al varietà. Stiamo parlando della spending review.

Innanzitutto, con “revisione della spesa”, si intende quel processo diretto a migliorare l’efficienza e l’efficacia nella gestione della spesa pubblica che annualmente la Gran Bretagna attua da tempo. Come riporta l’apposito sito istituzionale britannico, “The National Archives” (of spending review), la “revisione di spesa” fissa un piano triennale di spesa della Pubblica Amministrazione, definendo i “miglioramenti chiave” che la comunità si aspetta da queste risorse. (Spending Reviews set firm and fixed three-year Departmental Expenditure Limits and, through Public Service Agreements (PSA), define the key improvements that the public can expect from these resources).

Niente tagli, semplicemente un sistema di pianificazione triennale con aggiustamenti annuali, che si rende possibile, anche e soprattutto, perchè la Camera dei Lord e la Corona britannica non vengono eletti, interrompendo eventualmente il ciclo gestionale o rendendosi esposte (nel cambio elettorale) a pressioni demagogiche o speculative.

Di cosa stia parlando Mario Monti è davvero tutto da capire, di cosa parli la stampa ancor peggio.

Venendo al super-tecnico Enrico Bondi, la faccenda si fa ancor più “esilarante” a partire dal fatto che, con tutti i professori ed i “tecnici” di cui questo governo si è dotato (utilizzandoli molto poco a dire il vero), è necessario un esterno per fare la prima cosa che Monti-Passera-Fornero avrebbero dovuto fare per guidare il paese: la spending review e cosa altro?
Il bello è che, dopo 20 anni di “dogma” – per cui di finanza ed economia potevano occuparsene solo economisti, matematici e statistici (ndr. i risultati si son visti) – adesso ci vuole un chimico (tal’è Enrico Bondi) per sistemare le cose, visto che sono gli ultimi (tra i laureati italici) ad avere una concezione interlacciata dei sistemi, una competenza merceologica e, soprattutto, la capacità di fornire stime affidabili con sveltezza.

Dulcis in fundo (al peggio non c’è mai fine) l’appello ai cittadini a segnalare sprechi.

Quante decine o centinaia di migliaia di segnalazioni arriveranno? Quanti operatori serviranno solo per catalogarle e smistarle? Quale è il modello (se è stato previsto) con cui aggregare il datawarehouse delle segnalazioni?

E quanto tempo servirà per un minimo di accertamenti “sul posto”? E chi mai eseguirà gli accertamenti?
Quante di queste segnalazioni saranno doverosamente trasmesse alla Magistratura, visto che nella Pubblica Amministrazione italiana vige ancora l’obbligo di denuncia, in caso di legittimo dubbio riguardo reati?

Una favola, insomma.
Beh, in tal caso, a Mario Monti preferisco Collodi: fu decisamente più aderente alla realtà italiana.

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L’agenda politica di maggio

2 Mag

Arriva il mese di maggio, quello maggiormente funesto, insieme all’autunno, per governi iniqui e regimi infausti. Niente paura, siamo in Italia, l’andamento è lento.

Giorni fa, si accennava alle “provincie” ed al nulla di fatto delle Regioni, nella non riposta speranza che Mario Monti si attenesse a tempi, leggi e promesse. Ed infatti, salvo una BCE (ovvero Mario Draghi?) che suggerisce di “accorpare” anzichè eradere, nulla s’è detto o s’è sentito.

Intanto, l’agenda c’è, l’ha fissata Monti stesso per decreto, ed è scaduta.

Non a caso, a fissare il viatico dei 30 giorni futuri, arrivano segnali di insofferenza dal Senato, dove una leggina “salva pensioni d’annata” è caduta su un emendamento della (nuova)Lega con 124 voti a favore, 94 contrari, 12 le astensioni.

Esiste, almeno al Senato, una “maggioranza” diversa dall’attuale non disponibile (in parte) a votare le mattanze sociali della Fornero o gli F-35 di Finmeccanica, ma propensa a legiferare in favore di minori prebende per la Casta e minore spesa pubblica?

Sarebbe interessante saperlo e, forse, lo sapremo a breve, con quello che c’è da votare in Parlamento.

Una “congiuntura interessante”, perchè un cambio di passo di Mario Monti – con rimpasto di governo, visto che stragiura da mesi che “i conti sono a posto” – rappresenterebbe un’ottima via d’uscita per Mario Monti, Giorgio Napolitano ed i partiti per restare saldi in sella mentre si avvia la tornata elettorale del 2013, per licenziare qualche ministro “ingombrante” e, soprattutto per noi, metter mano a quello che spread, default e speculatori hanno interrotto: la nascita della III Repubblica.

Del resto, i tempi sono pronti.

Tra qualche giorno conosceremo gli esiti delle elezioni locali e gli pseudomaghi di partito consulteranno le loro sfere di cristallo e detteranno alleanze e strategie.

Tra un mese circa esploderà (è il caso di dirlo) il “panico” da IMU, che verrà incassato anche da enti che la legge ha già cassato, pur senza attuare. E dopo un po’, con la chiusura delle scuola, le grandi città inizieranno ad esser piene di gente disoccupata e ragazzini senza meta, mentre le località turistiche dovranno aspettarsi i minimi storici.

Entro luglio bisognerà capire come uscire dallo “spremiagrumi fiscale impazzito” che Prodi, Visco, Padoa Schioppa, Tremonti e Monti hanno creato in questi 20 anni, portando la leva fiscale sul “cittadino onesto” ben oltre il 60% del PIL da lui prodotto.

Da settembre, forse prima, saremo in campagna elettorale per le politiche e bisognerà trovare soldi da spendere per rattoppi e ripristini, se i partiti vogliono le urne piene.

Dulcis in fundo, l’idea – cara ad una certa Roma – di riaggregare intorno Pierferdinado Casini la vecchia Democrazia Cristiana ed i comitati d’affari d’altri tempi, sembra inabissarsi dopo le esternazioni del leader dell’UDC ed il proseguire delle sue frequentazioni con Totò Cuffaro, detenuto per mafia a Regina Coeli. Dopo il fondo il “de profundis” con l’ennesima caduta del Partito Democratico che votava a favore delle “pensioni d’oro”, mentre il PdL sosteneva l’emendamento di Lega e IdV.

Mario Monti non sembra un uomo da “cambio di passo”, come non sembra anteporre l’italianità a tutto tondo, quella “popolare” come quella “laica”, agli ambienti bocconiani e “protagonisti” dai quali proviene.

Ma, d’altra parte, sono già sei mesi sei che l’Italia non ha un ministro dell’economia a tempo pieno, quello del welfare sembra quasi che levi ai poveri per dare ai ricchi, agli esteri “vorremmo vincerne una”, alla giustizia serve sempre, da 20 anni almeno, una legge per snellire, semplificare, accelerare le procedure giudiziarie, dateci un ministro delle infrastrutture che faccia costruire o manutentare qualcosa.

Mai dire mai, però. Il trasformismo è un’arte italiana.

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Italy? A cleptocracy, as a Supreme Court judge wrote

20 Apr

Ferdinando Imposimato, 76 years old, is the Honorary President of the Supreme Court. In his long career he was involved in the fight against Mafia,  Camorra and Terrorism, including the kidnapping of Aldo Moro (1978), the attempted assassination of Pope John Paul II (1981), the murder of the vice president of the Superior Council, Vittorio Bachelet, or of judges as Ricccardo Palma and Girolamo Tartaglione, killed by Mafia. A brother killed by Camorra for revenge.

Below, extensive abstracts are reported (translated by me, I hope correctly) from a long examination published by the “citizen” Ferdinando Imposimato on his Facebook page (link).
A “brief”, which should give pause not only to Italy but to the whole European Union and the Atlantic Alliance, as Mexican situation has required.

“The debt is not ‘public’: it is of the State. It covers the total expenditure incurred by the State, as direct investments such as large public works infrastructures, costed hundred times more ‘than it would be right to spend’.

“Public debt is grown tremendously to fuel corruption and financial crime, that ‘won’ 90% of large public works contracts.
And it ‘s not true that that debt should be paid by those poor souls who have not enjoyed at all. “

“Italy have not built new public schools, no funds have been created for the indigent, small and medium enterprises were not supported, public services were not improved, wages have not been collected to guarantee a free and dignified life. “

“We need funds for debts contracted – with dilated to excess costs for firms – in the post-earthquake emergencies, in the construction of large and unnecessary infrastructures for the swimming championships in 2009, to increase per thousand of the costs of highways and high speed railroads, in the payment of debts incurred by Alitalia and in indirect investments such as public financing of political parties (also used for purchases of private property), in soft loans or in patronage hiring in Autorithies, in the plethora of unnecessary bureaucracies in Regions, provinces and municipalities, as well as in the Italian Parliament. Up to the costs of military commitments in Afghanistan, Iraq and Lebanon.

All expenses that do not produce any benefit to the community as they will not ensure peace in the world”.

“Meanwhile the crisis overwhelms millions of people, data from studies of Caritas have witnessed more than 8 million poor and an increase of 20% of poverty among young people under 35 years. Job opportunities are heavly reduced. “

“Nobody tells us the truth about what is happening and they want to impose new sacrifices with the pretext of having to reduce the public debt, with the danger of bankruptcy, the bankruptcy that will sweep only the most weak people.”

“The movement of Indignati was under  attack and it was unjustly de-legitimized by the violence of a few scoundrels, who are the main allies of the Parlamentar Majority, responsible for a iniquitous and unjust policy. We stand in solidarity with the Police and share their protest, but it would be a mistake to confuse the criminals that have rocked the Piazza San Giovanni and other streets of Rome by assaults and arsons, with those who were protesting peacefully. “

“However a minority of thugs can not obscure the reasons of the disagreement. They only do the interests of this Government that should go home.

The movements, in the absence of the parties, are now the protagonists of a direct democracy, mobilizing millions of people to feel like characters and push the government toward decisions that do not penalize again poors and dispossessed. “

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