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La riforma Gentile era fascista? E, comunque, i presidi a cosa servono?

21 Mag

Francobollo_Giovanni_GentileAborrire la ‘scuola fascista’ è un conto, altro è non ammettere che il sistema d’istruzione congegnato da Giovanni Gentile ha dato all’Italia gli ingegneri, gli economisti, i medici, gli architetti e i magistrati che hanno costruito e poi ricostruito il Bel Paese dagli Anni ’20 fino agli inizi degli Anni ’60.

E, seppur con una certa meraviglia, dobbiamo prendere atto che dalla scuola di Giovanni Gentile sono usciti pressochè tutti i partigiani e gli antifascisti, i sindacalisti e i politici del dopoguerra, salvo una parte che aveva studiato in scuole cattoliche.

Ancor più stupefacente è lo scoprire che – quando c’era lui, Giovanni e non Benito – tutta la sede di Viale Trastevere funzionava con una cinquantina di addetti. Sarà una leggenda metropolitana, ma a contar le stanze non sembrerebbe che vi fossero più di un centinaio di addetti. Certo c’erano meno persone e meno scuole, ma cosa dire se – a far due conti della serva – gli attuali ministeriali avrebbero praticamente 3 scuola a testa di cui occuparsi …

A seguir le leggende ci sarebbe anche quella che gran parte di questi ministeriali fossero più di sponda socialista che fascisti, cosa che troverebbe diverse riprove a partire dall’incredibile la quantità di nozioni scientifiche che bisognava apprendere fin dai 12-14 anni. Non solo le ‘elite’, che avevano una competenze linguistiche e storiche alla stregua di una laurea brevis di oggi: fa davvero impressione scoprire, oggi, cosa e quanto avessero da studiare gli alunni delle cosiddette scuole di ‘avviamento al lavoro’, che coprivano le attuali ‘medie’ e parte dell’istituto professionale.

E libri ed esercizi erano più o meno uguali, così non si poteva sbagliare nel valutare la qualità di una classe od  un istituto.

C’era, poi, la retorica fascista – che imperava tramite le materie letterarie alle elementari e nei licei – con i suoi Balilla, i Saggi Ginnici e una marea di stupidaggini annesse e connesse, ma … spesso e volentieri destinate al sabato, immancabilmente ‘fascista’.
C’era Giovanni Gentile, che commise errori ingiustificabili, come quello di aver firmato il Manifesto sulla Razza pur non essendo notoriamente antisemita (fonte Radio Radicale), ma che ebbe certamente il pregio di inventare un sistema di istruzione, che molti gli copiarono, a partire da Stalin e Mao.

All’epoca – e fino agli Anni’60 – c’erano i ‘presidi’ che ‘delegavano’ proprie funzioni – cosa che tutti vorrebbero – a persone di propria fiducia, dato che è il requisito essenziale per una delega e costringe il delegante a rispondere di quanto fatto dal delegato.
Nulla di fascista, si chiama delega, è uno strumento giuridico atto a distribuire il potere. E’ il sistema attuale che prevede ‘un uomo solo al comando’: la riprova è nella norma attuale che escude la nomina dei famosi ‘vicari’  sempre esistiti, prevedendo addirittura che i dirigenti scolastici non vadano sostituiti se non si ammalano per più di sessanta giorni.

Tra l’altro, a chi aborrisce la ‘riforma Gentile perchè fascista’ andrebbe ricordato che le politiche fasciste verso i bambini e i giovani non passavano dal ministero dell’Istruzione di Giovanni Gentile, ma da quello dell’Educazione di Giuseppe Bottai: fu Giovanni Gentile a creare i primi organismi paritetici (Consigli di Classe) nel1922-23.

E fu grazie a Gentile che venne creato un ruolo nazionale degli insegnanti con accesso tramite concorso e trasferimento a domanda dell’interessato, mentre fino all’anno prima (1922) erano scelti dal preside come poi rimasto per i soli supplenti.

Quei presidi avevano anche il dovere di intervenire, se qualcuno era sempre in ritardo e la classe restava scoperta o se in una classe la didattica non raggiungeva i risultati aspettati.
Oppure se qualcuno degli alunni faceva benchè minimamente il bullo o se tra i docenti non c’era la collaborazione reciproca oppure se qualche famiglia trascurava i figli

Ma questo è normale in un ambiente di lavoro qualsiasi (orari, risultati, rispetto, regole), figuriamoci se parliamo di persone che hanno la responsabilità sociale di eduare bambini e adolescenti: cosa c’entra rievocare la scuola fascista?

Demata (since 2007)

Scuola: dieci domande per Renzi, Camusso & co.

6 Mag

Con uno sciopero così massiccio del personale scolastico, ci sono dieci domande alle quali i sindacati della scuola dovrebbero rispondere.

sciopero scuola

1- Se un medico di base, pagandosi studio e personale ma svolgendo non meno di  1.500 ore annue  con 1.500 assistiti, percepisce un reddito reale di poco  superiore ai 2.000 euro, vi sembra uno stipendio da fame percepire da laureati 1.200 – 1.700 euro al mese per 7-900 ore di lavoro annuo (18-24 ore setttimanali per 33 settimane + 80 ore funzionali) con circa tre mesi di ‘vacanze’, che potrebbero e dovrebbero essere destinati a turno a quel recupero degli alunni che le famiglie salatamente pagano?

2- Se le scuole ‘crollano’ perchè manifestare una tantum sotto il ministero e non everyday sotto il Comune o la Regione che ne sono responsabili?

3- Come si pensa di funzionare senza un dirigente, se il personale della Scuola risulta essere quello a maggiore conflittualità interna?

4- Quale è l’iter per diventare docenti dopo aver chiuso le SISS e scavalcato concorsi su concorsi: una laurea e tanto praticantato?

5- Cosa dovrebbe insegnare una ‘buona scuola’, se ancora oggi le ore di matematica o scienze sono in tutto 5-6, mentre arte, musica e presportiva sono un miraggio, specialmente se il docente non ha un tutor d’aula compresente?

6- Come valutare la qualità di docenti in un contesto di ‘posto fisso’, se gran parte dei libri di antropologia, sociologia e psicologia – su cui fondano saperi, competenze e convinzioni – si sono dimostrati errati secondo le scoperte ormai ventennali della genetica, dell’archeologia e della sistemica?

7- Come evitare sprechi e sovracosti alla popolazione se trovano le scuole aperte per 6-8 ore al giorno, mentre altrove funzionano (a carico degli enti locali) fino a sera inoltrata, per corsi, convegni e manifestazioni, come anche offrono on site i servizi di sportello comunali e di supporto sociale o genitoriale?

8- Quale turn over e quale innovazione se in Italia i docenti vanno per i cinquanta, ma hanno spesso solo una ventina d’anni di contribuzione, mentre nell’Ocse almeno un quarto sono under30 e vedranno la pensione prima dei 55 anni?

9- Quale Scuola e Amministrazione 2.0, se molti che scioperano sono quelli ‘contro’ il registro elettronico e le prove telematiche unificate?

10- Quale logica del servizio pubblico può animare una Scuola dove – se si tratta del personale – si torna indietro alla scuola fascista e statalista del Ventennio e degli Anni ’50 – ’60, mentre – se parliamo di programmi e valutazione – pare di stare ai tempi di ‘nessuno mi può giudicare’ della Beat Generation?

11- Se abbiamo docenti e dirigenti che hanno poca dimestichezza con una lingua straniera e/o con internet, perchè lasciamo correre se i nostri figli e nipoti aspettano ormai da un decennio il futuro che gli appartiene?

Demata (blogger since 2007)

Fuga di cervelli? Una buona notizia …

11 Set

(ASCA) – Chianciano Terme (Si), 8 settembre
”Fuga di cervelli, cioe’ belle teste italiane che vanno a fare ricerche in altri Paesi? Ma la fuga dei cervelli e’ innanzitutto una buona notizia: vuol dire che abbiamo cervelli e che, se ce li portano via, abbiamo buone scuole”. Lo ha detto Corrado Passera, ministro per lo Sviluppo economico, rispondendo a una domanda dei giovani dell’Udc.

Buone scuole?

Il ministro sa che siamo il fanalino di coda dell’OCSE quanto a livello di istruzione dei nostri ragazzini e che il dato è persistente da anni ed anni, dunque stiamo parlando anche degli attuali 25enni in cerca di impiego con danni epocali per il paese.

Oppure che la quota di laureati in materie scientifiche ed ingegneria, da decenni, è una piccolissima parte del totale, forse nemmeno il 5%, mentre nei paesi avanzati si supera, di norma, il 10% della popolazione. Ovviamente, in un paese così, va progressivamente a finire che non funziona nulla come dovrebbe e diventa difficile anche il manutentare correttamente.

Ci sarebbe anche da spiegare al nostro ministro – con tutto lo staff che si sono portati dietro – che, secondo i dati più svariati, sembrerebbe proprio che all’incirca il 40% degli italiani adulti ha conseguito un diploma, che potrebbe esserci un bel 15% di popolazione che ha conseguito solo la licenza elementare.
Bisognerebbe accennare anche alle periferie e alle zone depresse/a rischio, dove i maschi diplomati a volte non superano il 20% del totale e che le donne, che arriverebbero al 40%, sono sostanzialmente disoccupate o precarie anche a causa della poca formazione ricevuta in istituti malmessi con docenti che cambiavano di anno in anno. Oppure a quel 3-4% del PIL che comunie province dovrebebro spendere per ‘il diritto allo studio’ e che, invece, diventano sagra patronale, intercultura, multimedialità, evento locale.

Dulcis in fundo, potremmo ricordare che non stiamo parlando dell’istruzione o delle scuole, ma di una infrastruttura nazionale chiamata Sistema di Istruzione Nazionale. Proprio quell’infrastruttura che lo Stato italiano, fin dal 1871, finanziò poco e male, ritardando fino al Ventennio fascista la formulazione di un quadro unitario di studi e gestendo ancora oggi il comparto come una sorta di riserva lavorativa per donne (casa, chiesa scuola) e giovani laureati precari e come un settore minore dell’edilizia pubblica nonostante si tratti di oltre 40.000 edifici, dove ospitiamo quotidianamente il futuro del nostro paese.

E se – già oggi e probabilmente domani – dovessimo prendere atto che i cervelli in fuga dall’Italia fossero gli ultimi rimasti e che non ne abbiamo abbastanza per far funzionare il paese?
Farci dirigere da francesi e tedeschi o cinesi, è questa la soluzione infrastrutturale per l’Italia?

originale postato su demata

Precari: meridionali tutti a casa?

1 Apr

Ancora 3 mesi e le decine di migliaia di supplenti meridionali in servizio al Nord  resteranno senza lavoro e stipendio, dato che il ministro Gelmini progetta di relegare ognuno nella propria provincia di residenza.

Una iniziativa, che fa seguito agli ostacoli già posti dal MIUR, da qualche anno a questa parte, ai trasferimenti del personale di ruolo da regione a regione e che ha trovato finora “ampia disponibilità” da parte del sindacato più rappresentativo del mondo della scuola, ovvero la Federazione Lavoratori della Conoscenza della CGIL.

Un approccio unico al mondo, dato che insegnamento, cultura e sapere non hanno confini ed amano la pluralità. Intanto, su circa 65mila precari della scuola 2/3 sono meridionali e la maggior parte dei posti ad incarico è nelle regioni settentrionali …

Il panico che si sta diffondendo tra i precari è giustificato anche dall’estinzione delle cosiddette graduatorie “di coda”, un coup de frode del ministro Gelmini avallato dai sindacati, che sono state giustamente dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale.

Per non parlare della class-action di 40 mila precari  (scuola e università) annunciata dal Codacons o della sentenza del giudice del lavoro di Genova che ha condannato il ministero a pagare quasi 400mila euro come risarcimento per 15 precari, non assunti dopo 3 anni di servizio continuativo.

Il MIUR promette tante assunzioni, forse 50mila in tre anni, ma questo significherebbe far saltare i vincoli di bilancio fissati da Tremonti che sono ormai l’unica “certezza” della maggioranza al governo. Improbabile o meno che sia, la soluzione gradita a ministro e sindacati non farebbe altro che riproporci, tra pochi anni, un’eguale massa di precari tra gli attuali neolaureatiche non potranno trovare alcuna collocazione.

Una “politica del fare” piuttosto fallimentare, quella del ministro Gelmini, specie se si tiene in conto che da tre anni almeno esiste una proposta dell’on. Aprea del PdL che avrebbe evitato questo disastro “generazionale”, dotando le scuole di piena autonomia, trasferendo competenze alle Regioni, fornendo le famiglie di sussidi e libertà di scelta.

Una proposta di legge “di destra” che nasce in seno alla maggioranza, che adempie al mandato costituzionale riguardo le competenze sull’istruzione e che, seppur sgradita dall’opposizione, con qualche limatura poteva essere ragionevolmente accettabile per tanti.

Peccato che il disegno di legge equiparasse la scuola pubblica alla privata e che, nell’attuale contesto, quest’ultima goda di inestimabili vantaggi … oppure che, trasferendo le competenze alle regioni, andrebbero a federalizzarsi anche i contratti di lavoro.