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Silvio e Ruby, una sentenza da brivido

22 Nov

Cinque mesi fa – era il 24 giugno – i giudici della IV sezione penale del tribunale di Milano Orsola De Cristofaro, Carmela D’Elia e Giulia Turri condannavano Silvio Berlusconi a sette anni di carcere e alla interdizione perpetua dai pubblici uffici per concussione per costrizione e per prostituzione minorile, nonostante il Pubblico Ministero avesse chiesto una pena inferiore.

Inoltre, i giudici hanno chiesto per larga parte dei testimoni a favore di Berlusconi che la Procura della Repubblica valuti nei loro confronti una accusa di falsa testimonianza.
Parliamo di trentadue persone tra cui il consigliere per la politica Estera dell’ex premier, Valentino Valentini, la deputata Pdl Maria Rosaria Rossi, la europarlamentare Licia Ronzulli, il giornalista e presidente di Medusa Film Carlo Rossella.

Una falsa testimonianza, secondo la IV sezione penale, che finora la Procura di Milano – a ben cinque mesi dall’ipotesi di reato – non ha affatto confermato.
Ben trentadue persone – tra cui alcune certamente autorevoli – che hanno affermato cose e raccontato fatti che – evidentemente – andavano in tutt’altra direzione rispetto alle motivazioni della sentenza: “la notte ad Arcore «con il presidente del Consiglio, in promiscuità sessuale», sempre secondo i magistrati milanesi, era riservata soltanto ad alcune giovani «scelte personalmente dal padrone di casa tra le sue ospiti femminili». «Tra queste, egli scelse El Mahroug Karima in almeno due occasioni». Anche le altre ospiti femminili, si legge nelle motivazioni della sentenza, venivano ricompensate «con denaro, con gioielli, con autovetture, con il pagamento del canone di affitto delle abitazioni in via Olgettina, con contratti di lavoro a Mediaset ed altre utilità».” (Corsera)

E’ vero che alcune testimonianze erano degne di un deficiente e che qualcuno potrà credere che ben trentadue testimoni – tra cui alcune note escort se non prostitute – siano poco attendibili o che ritenere falsa una testimonianza da parte di un giudice equivalga ad averlo dimostrato in un giudizio.
Purtroppo per la nostra povera Italia, in uno Stato di diritto è vero il contrario.

Ma c’è dell’altro.

Le motivazioni della sentenza riportano che «risulta innanzitutto provato che l’imputato abbia compiuto atti sessuali con El Mahroug Karima in cambio di ingenti somme di denaro, variabili, ci circa 3.000 euro per volta, e di altre utilità quali gioielli».
Peccato che la diretta interessata non abbia confermato la cosa e che, in mancanza di testimonianze dirette dell’atto sessuale, da che mondo e mondo non c’è verso di processare qualcuno. Tra l’altro, la ragazza ha dichiarato che alle serate cui aveva partecipato c’erano solo Emilio Fede e Lele Mora, ovvero che il prostitutore non è Berlusconi ma i due noti personaggi.

«Risulta provato che il regista delle esibizioni sessuali delle giovani donne fosse proprio Berlusconi, il quale dava il via al cosiddetto bunga bunga, in cui le ospiti si attivavano per soddisfare i desideri dell’imputato».
Peccato, soprattutto, che essendo Ruby minorenne, si sarebbe dovuto parlare di ben altri reati, caso mai risultassero ‘provati’ la promiscuità o gli atti sessuali – come sostiene nella sentenza la IV sezione penale. Reati che – tra l’altro – dovevano coinvolgere anche coloro che dovevano vigilare sulla ragazza minorenne in affido e non solo la funzionaria della Questura.
E peccato che quello che emerge anche dalla testimonianza della testimone chiave dell’accusa – Nadia Tumini – è la descrizione di feste ‘scollacciate’ – ma non di ammucchiate od orge, come precisa telefonicamente al padre – e soprattutto di un gruppo di persone, principalmente donne, che ottenevano scientemente regali e favori offrendo sapientemente le loro grazie ad un attempato ed impenitente signore.

Dulcis in fundo: «Ritiene il Tribunale che la valutazione unitaria del materiale probatorio illustrato evidenzi lo stabile inserimento della ragazza nel collaudato sistema prostitutivo di Arcore ove giovani donne, alcune delle quali prostitute professioniste, compivano atti sessuali in plurimi contesti».
Ritiene?

Poco interessa che Silvio Berlusconi venga condannato per ‘concussione per costrizione’, mentre la stessa motivazione racconta di un Premer che ‘induceva il dott. Pietro Ostuni’ e non ‘costringeva’.

Che ad Arcore le ‘festicciole del Premier’ somigliassero pià ad un club privé che ad un salotto borghese-sembra acclarato e questo ‘di per se’ non è reato, ma lo diventa se i presenti sono a conoscenza della minore età di Ruby-Karima. Ed, in tal caso, tutti i presenti sono in qualche modo colpevoli.
Intanto, sempre dagli atti quello che emerge è più un Silvio Berlusconi invaghito di una scaltra ‘giovane adultizzata’, che “le consegnò anche delle somme di denaro considerevoli, per un importo complessivo di euro 187.000 in appena tre mesi, da febbraio a maggio 2010.” Difficile credere che volesse ‘condividere’ con altri la sua fiamma.

Che la minorenne Ruby abbia raggiunto Milano dopo essersi “arbitrariamente allontanata dalla comunità La Glicine CIR di Messina” appare un ‘danno collaterale’. Eppure, la sua età non era molto diversa dalle due prostitute minorenni del recente scandalo pariolino, quando Emilio Fede conobbe – secondo i giudici – Karima Heyek aka Ruby Rubacuori nel 2009 alla manifestazione ‘Una ragazza per il cinema’ o quando, subito dopo, la ragazzina raggiunse Milano sostanzialmente per prostituirsi, come dimostra una conversazione telefonica del 20 agosto 2010, quando si accordava “per evadere, in una notte, le richieste di cinque clienti per la somma complessiva di euro 4.000.”

A proposito, che le signorine presenti alle serate di Arcore – non solo Ruby – abbiano evaso il fisco, non dichiarando le laute donazioni, non sembra interessare alcuno. Meglio non approfondire la questione, che poi finisce che c’è da legalizzare e tutelare la prostituzione. Non sia mai detto.

Da un collegio giudicante composto da tre donne – che paventa l’esistenza di una cricca che ‘ha messo in mezzo una (furba) ragazzina’ e non  un Silvio Berlusconi redivivo Immanuel Rath, l’attempato professore di ginnasio di Der Blaue Angel – ci saremmo aspettati ben altro.

Anche perchè –  e questa si che è una vergogna – per la legge italiana si configura il reato di atti sessuali con minorenni, anche con il consenso del minore, solo quando l’adulto è un genitore et similia.

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Putin, vattene …

1 Feb

Anche in Russia esiste un partito denominato Popolo della Libertà (Партия народной свободы) e, a differenza di quello nostrano, è schierato contro Putin, l’oligarca amico carissimo di Silvio Berlusconi.

Un partito che “non le manda a dire”, se in un recente comunicato denuncia non solo lo status da supermiliardario di cui godono Putin, Medvedev e gli altri gerarchi, ma annuncia anche un report che dimostra che il livello generale di corruzione è addirittura superiore a quello raggiunto alla fine degli anni della presidenza di Boris Eltsin.

Infatti, anche grazie all’appoggio del Popolo della Libertà russo, un comitato composto dal redattore capo della “Novaja Gazeta” Dmitrij Muratov, il giornalista Oleg Kashin, l’economista Irina Yasin ed il blogger Oleg Kozyrev hanno potuto pubblicare in 500.000 copie il rapporto “Putin Korruptsiya”, che già ad un mese dalla pubblicazione ha incassato 1.838.209 rubli tra vendite e sottoscrizioni.

Dicevamo che il Popolo della Libertà russo “non le manda a dire” … e oggi, praticamente di fronte al Cremlino, svettava un enorme striscione anti-Putin, di colore “giallo antinebbia”, caso mai fosse difficile notare l’enorme scritta “Putin, vattene” (Путин. итоГи.).

Il quotidiano Novaja Gazeta ha pubblicato un reportage fotografico dell’azione, condotta da cinque attivisti di Solidarnost, un movimento di area liberal-democratica.

Solidarnost è stato fondato il 13 dicembre 2008 da un ampio numero di noti liberali, come Garry Kasparov, Boris Nemtsov e altri esponenti del Partito Democratico – che in Russia è di centrodestra – e delle organizzazioni per i diritti civili.

Gli attivisti, travestiti da operai di un cantiere, hanno agito indisturbati e la polizia russa non ha, al momento, “nessuna pista da seguire”. Sarà il caso che Putin inizi a fare la valigie?

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Giovanni Tizian, another reporter on mafia under police protection

11 Gen

Giovanni Tizian, has twenty-nine and lives under police protection: he is a free lance reporter and writes about Mafia.


Tizian writes about criminal infiltration in public administration in his region and “the problem” is that he has even published a book, “Gotica”, chock full of names,surnames and records of criminal networks.

Not in Naples, Palermo or Calabria,

In Modena, Emilia Romagna, North Italy.
… the region where the biggest part of actual Italian politic leaders were born.

Giovanni Tizian, un autre journaliste sur la mafia sous protection policière

11 Gen

Giovanni Tizian, a vingt-neuf et vit sous protection policière: il est un journaliste free-lance et écrit sur la mafia.

Tizian écrit à propos de l’infiltration de criminels dans l’administration publique dans sa région et «le problème» est qu’il a même publié un livre, “Gotica”, pleine à craquer de noms, prénoms et enregistrements des réseaux criminels.

Non à Naples, Palerme ou la Calabre,

À Modène, Émilie-Romagne, Italie du Nord.
… la région où la plus grande partie de actuel leaders politiques italiens étaient nés.

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Giovanni Tizian, giornalista di mafia

11 Gen

Giovanni Tizian, ha ventinove anni e da due settimane vive sotto scorta: fa il pubblicista (giornalista precario) e si occupa di mafia.

Tizian scrive di infiltrazioni criminali nell’amministrazione pubblica nella sua regione, è bravo e puntiglioso, “da fastidio” ed ha pubblicato addirittura un libro, “Gotica”, pieno zeppo di nomi e cognomi e documenti delle reti criminali.

Non a Caserta, Catania o Catanzaro.

Tutto questo accade a Modena.

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Comitati di redazione: un’altra Casta

15 Dic

Il Contratto Nazionale di Lavoro Giornalistico, siglato dalla FNSI (Federazione Nazionale Stampa Italiana) e la FIEG (Federazione Italiana Editori Giornali) dedica il dovuto spazio ai diritti ed ai compiti dei Comitati di Redazione, ovvero di quelle che si configurano come le Rappresentanze Sindacali Unitarie di base degli altri comparti.

Leggendo il contratto è possibile scoprire molte cose interessanti sugli “interessi”, soggettivi o di categoria, che vengono tutelati in favore dei giornalisti, tra cui la defiscalizzazione delle componenti accessorie della retribuzione, ma, soprattutto, ci permette di prender atto di quali siano i poteri riservati ai Comitati di Redazione.

Ad esempio, tocca ai CdR “controllare l’applicazione esatta del contratto di lavoro”, “intervenire per l’osservanza delle norme di legislazione sociale” e “tentare la conciliazione delle controversie individuali”.

Tre attività che, per analogia con gli altri contratti di lavoro, dovrebbero competere all’Ordine dei Giornalisti ed ai Tribunali del lavoro.
D’altra parte, l’idea che i sindacati “controllino l’applicazione esatta del contratto di lavoro” è del tutto folle, visto che sono parte in causa quali firmatari, per l’appunto, degli accordi.

Ma il potere dei Comitati di Redazione è molto più ampio.
Possono, infatti, esprimere pareri preventivi e formulare proposte sugli indirizzi tecnico-professionali e i criteri per la loro realizzazione, anche in rapporto alle esigenze dei singoli settori della redazione, l’utilizzazione delle collaborazioni fisse, gli orari, i trasferimenti, i licenziamenti.

Pareri che, in alcuni casi, sono obbligatori e che non trovano alcun riscontro nei contratti nazionali delle altre categorie e che rappresentano un notevole elemento di pressione su direttori e redattori non sindacalizzati, oltre che, soprattutto, hanno un pesante effetto riguardo le notizie pubblicate e commentate, ovvero sulla libertà e qualità di informazione.

Non non finisce qui.
I Comitati di redazione possono “esprimere pareri preventivi o formulare proposte su ogni attività che possa procurare pregiudizio alle specifiche prerogative dei giornalisti.”

Prerogative, mica diritti e doveri …

leggi anche Dalla parte di Enrico Mentana

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Dalla parte di Enrico Mentana

15 Dic

C’è un sindacato che serve e ce ne è un altro che non serve. Servire sia come “essere utili a se ed agli altri”, servire come “farsi istituzione e mettersi al servizio del cittadino”.

C’è un sindacato che, come hanno fatto CGIL e CISL in questi giorni, pone istanze, chiede alternative, sollecita la politica. Un ruolo indispensabile, specialmente in una società di massa, dove i lavoratori diventano dei “senza volto”, mentre le aziende hanno una “personalità” (giuridica).

Ce ne è un altro che dovremmo buttar via ed è quello che ha attaccato Enrico Mentana, denunciandolo per un’inezia tutta da verificare, proprio mentre La7 ed il suo telegiornale si connotavano come uno dei pochi baluardi della libertà e correttezza dell’informazione in Italia.

Quali le colpe di Mentana? Non aver letto, durante il TG, un comunicato della Federazione Nazionale della Stampa in sciopero e, così facendo, assumere un “comportamento antisindacale”, secondo l’Associazione Stampa Romana ed il Comitato di Redazione del TgLa7.
Un Comitato di redazione, quello di La7, che prende le distanze solo “a frittata fatta”, con il direttore dimessosi ed il tonfo in borsa dell’azienda.

Nulla che abbia a che vedere con la Costituzione che istituisce i sindacati, con il diritto cittadini ad essere informati, con quello dei lavoratori a scioperare.

Dinanzi a fatti del genere, non il primo non l’ultimo, alcune domande sorgono spontanee sulla situazione della stampa in Italia.

Quale è il potere dei Comitati di Redazione, dei giornali ad esempio, sulle notizie che noi leggiamo?
Chi decide su cosa veniamo informati?

In che misura i sindacati dei media sono corresponsabili della disinformazione in cui versa l’Italia da oltre un decennio?

leggi anche Comitati di redazione: un’altra Casta

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