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Calenda contro la Lega e Draghi in nome del PD +LEU ?

17 Mar

Stamane Carlo Calenda ha diffuso un video in cui chiede all’Italia “un potentissimo scostamento di bilancio“, minacciando “le conseguenze sociali“.
Ci vuole un Commissario straordinario per gestire l’insieme di queste cose“: facile a dirsi, ma di cosa dovrebbe occuparsi non è ben chiaro.
Il Commissario dovrebbe occuparsi della “inflazione molto alta” e “controllare i prezzi”, ma anche “aiutare imprese e lavoratori” fino “allo stoccaggio dei cereali ed ai rigassificatori”.

In altre parole Carlo Calenda – con il suo accorato appello – chiede di statalizzare il sistema di mercato interno italiano, sia per le risorse sia per l’occupazione sia per le assicurazioni, bypassando le politiche regionali come l’azione di governo e l’attività parlamentare, ponendo a capo un ‘uomo solo al comando’ con il compito primario di espandere il Debito pubblico per contrastare il Mercato.

Insomma, non dovremmo approntare misure sociali e fiscali per sostenere la crisi derivante dai cambiamenti epocali in corso, ma sottoscrivere nuovi debiti pur di non cambiare più di tanto. Dove portino questo tipo di scelte è ben evidente nel grafico storico del Debito italiano.
In colore verde si può ben notare come l’Italia, rinunciando all’innovazione 15 anni fa per non intaccare gli interessi pregressi, ha arrestato la crescita del PIL, mentre – in colore rosso – si vede come sia esploso il Debito pubblico, spacchettandosi in 19 regioni.

Un potentissimo scostamento di bilancio, peggio di quello avvenuto per la pandemia in questi ultimi due anni? E a quanto ammonta la proposta di Calenda: altri 300 miliardi di debiti con l’UE (18% PIL)? Magari, 500 miliardi (50% PIL)? Con un debito 2 volte quel che produciamo … è come abdicare alla sovranità.

Eppure, proprio Carlo Calenda si era candidato a Roma come a sindaco del risanamento e dell’innovazione, in contrapposizione al Partito Democratico, ai Cinque Stelle e a Fratelli d’Italia, che – in questi anni con le loro politiche consociative (regionali e comunali) – hanno ‘gestito’ finanze e servizi capitolini fino al limite di ‘non ritorno’ che tocchiamo con mano.

Poi, Calenda le elezioni le ha perse e Azione s’è ritrovata a dover scegliere se fare l’opposizione contro il consociativismo che cannibalizza Roma oppure farsene una ragione e … aggregarsi alla comitiva.

Mesi dopo, i fatti romani raccontano come è andata a finire:

  • ci si aspettava una strenua e competente battaglia sull’approvazione dei Bilanci disastrati di Comune e Municipi, cioè come ce li hanno lasciati Cinque Stelle e Roma Futura. Viceversa, sono stati approvati a tempo di record, forse per la prima volta nella storia di Roma ab urbe condita
  • avremmo dovuto conoscere fatti e nomi dei fallimenti della Giunta Raggi, quanto meno per porvi rimedio. Nulla di fatto, si avviano manutenzioni e ripristini ma non è dato sapere quale è l’obiettivo pubblico futuro, neanche per i trasporti che potrebbero rivelarsi troppo pieni o troppo vuoti
  • avrebbero dovuto annunciarci ‘lacrime e sangue’ alla Winston Churchill o almeno “bambole non c’è una lira” alla Nino Taranto. Invece, si sono insediati annunciando a senatori e plebei che si attingeva al PNNR per sistemare il pregresso e il ‘de poche’, non la resilienza, il contingente e, magari, anche gli investimenti, cioè il futuro
  • c’erano le opportunità del Giubileo, dell’Expo e del PNNR, se a coordinarli Roma avesse scelto degli economisti di provata esperienza internazionale come Giuseppe Sala a Milano. Viceversa, hanno scelto l’ex presidente del Municipio III (quello del TBM Salario e della speculazione di Talenti-Casal Boccone) in quota Leu, Virginia Raggi (quella della funivia a Roma Nord eccetera) in nome dei Cinque Stelle e per il Giubileo … un ex consigliere del PD ma eletto sotto la lista di Azione.

E, se questa è Azione a Roma Capitale, in questi mesi Carlo Calenda ha fatto anche delle scelte di livello nazionale:

  • ha deciso la federazione tra Azione e +Europa senza alcuna consultazione del partito e/o della base elettorale, anche se questo comporta una precisa presa di pozione sul diritto di famiglia, sulla procreazione e sulla religione
  • +Europa (e Azione) hanno sostenuto fin dai primi momenti di crisi in Ucraina l’esigenza di ‘sanzioni dure per isolare Russia’. Anzi, Calenda chiedeva persino di “isolare il partito di Conte e di Di Battista che flirtava con Putin”, pur potendo prevedere le conseguenze delle sanzioni, dato che per tre anni è stato Viceministro dello sviluppo economico con delega al commercio estero,

Intanto, proprio i Bilanci approvati di recente (e molto rapidamente) dimostrano che nè Roma Capitale nè la Regione Lazio hanno le risorse finanziarie, infrastrutturali e umane per compiere in un anno quel che non si è fatto in dieci (… figuriamoci il PNRR) e, Carlo Calenda si è accorto dell’inflazione galoppante, cioè che … le sanzioni da lui sollecitate contro la Russia sono ‘contro’ il Commercio internazionale (della Russia), dunque anche noi.

E cosa fa Carlo Calenda, federato con i liberali europei di Alde / +Europa e parlamentare europeo di Renew Europe fondata dai demoliberali francesi e tedeschi?

  • Va a battere cassa allo Stato, dopo aver sollecitato le sanzioni, pur essendo consapevole che l’esposizione del debito pubblico italiano è molto peggiore di Germania e Francia e che è l’UE che “garantisce” per almeno 1/3 del nostro debito.
  • Propone l’istituzione di un “potere forte” a Commissariamento del ministero ad hoc, quello dello Sviluppo Economico, ed un incardinamento amministrativo davvero complicato, vista la sovrapposizione sulle Regioni e sui Comuni.

Non dubitiamo che Calenda sia un sincero democratico e certamente ha una solida formazione in legge, ma allora perchè chiedere un Commissario Straordinario con i poteri … del dittatore per attingere alla ‘possiede’ alla Res Publica come facevano i tribuni plebei, anima della Repubblica e … del Fascismo come del Comunismo?

Visto che il ministero dello sviluppo economico è affidato a Giancarlo Giorgetti della Lega, è possibile che Carlo Calenda si faccia avanguardia del PD romano, con annessi moVimenti e comitati, i quali – dopo i mal di pancia per le norme anti-spreco inserite da Draghi nel PNRR – si ritrovano a dover innovare (anzichè ‘gestire’) una capitale paralizzata dal basso livello di istruzione e reddito, come denuncia da anni proprio l’osservatorio #MappaRoma con dati diffusi dalla CGIL Roma e Lazio il 16 giugno 2021?

Demata

Gigafactory: Roma arranca, Torino spinge e Termoli perde?

28 Gen

L’8 luglio 2021 era arrivato l’annuncio di Stellantis (Fiat-Chrysler-Peugeot) di investimenti per “oltre 30 miliardi di euro entro il 2025” nella Gigafactory di batterie per le auto elettriche che si farà a Termoli, in Molise. [link]

Infatti, Termoli è una cittadina che ha ormai una solida tradizione industriale, da quando – 50 anni fa – venne inaugurato uno stabilimento della Fiat. Una fabbrica ‘gloriosa’ dove si producevano gli innovativi motori ‘Fire’ e dal 2005 quelli della Alfa Romeo Giulia. Da quel 1972, a Termoli sono stati prodotti oltre venti milioni di motori e oltre tredici milioni di ricambi, con un’occupazione che oggi sostiene circa 2.400 dipendenti e un indotto di circa 20mila abitanti.

All’epoca dell’annuncio, però, la FCA di Termoli faceva un abbondante ricorso alla Cassa integrazione e c’erano rallentamenti per l’avvio della produzione di motori ibridi, e non a caso il ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti esprimeva soddisfazione ma anche cautela: “come ministero dello Sviluppo economico abbiamo lavorato affinché questo accadesse. Ora deve proseguire il confronto sul piano industriale con le parti interessate”.

Infatti, oggi, la Stellantis corregge il tiro: “Stiamo negoziando con il governo, ma non abbiamo ancora concluso” e si dice pronta a restituire in anticipo il prestito con garanzia Sace, che prevedeva impegni su stabilimenti e personale in Italia.

Quale sia il problema è ben chiaro e non è nel Governo e – forse – neanche in Fiat..

Ieri, l’AD di Stellantis Tavares ricordava a tutti che “se l’elettrificazione non verrà sostenuta ci sarà un impatto sulla crescita del mercato dell’auto elettrica e questo genererebbe altre conseguenze”, dato che la “brutalità del cambiamento crea rischi sociali“, a proposito del passaggio a motori solo elettrici nel 2035

In altre parole, Roma è motivata e competente per innovare l’Italia, se ha avuto enormi difficoltà per eliminare le auto Euro 0, non sa ancora come gestire i propri rifiuti e solo da poco si stanno diffondendo i pagamenti elettronici per servizi pubblici?

Ed, a suo tempo, il presidente della Regione Alberto Cirio e la sindaca di Torino Chiara Appendino non gradirono (a nome della cittadinanza tutta) la scelta di Termoli: “questa decisione tradisce Torino. Tradisce il Piemonte, la sua storia, i suoi lavoratori, le sue Università e in generale una terra che ha inventato l’auto, ha investito, ha rischiato e che ha un credito enorme verso questa azienda e verso questo Stato”.

Come anche sul fronte sindacale è ben chiara la posizione del segretario generale della Fiom torinese Edi Lazzi: “continuo a pensare che l’allocazione ideale era proprio Mirafiori per le ragioni ricordate durante la nostra manifestazione di lunedì. Adesso bisogna immediatamente iniziare a ragionare su quale missione produttiva per gli stabilimenti italiani complessivamente e in particolar modo per quelli torinesi”.

Una fabbrica con una solida tradizione nella produzione di motori vale quanto una che verniciava le carrozzerie?

Termoli e il Meridione dovranno sacrificarsi (ancora una volta) per tutelare gli interessi piemontesi come avvenne nella vicenda della fabbrica degli F-35?

Anche se, senza sviluppo industriale, ma con una ricca capacità idroelettrica, il futuro di Termoli e dintorni sarà quello di farsi succursale di Foggia e della Puglia, inevitabilmente?

E per quale ragione tutto queso, se il decentramento strategico delle strutture Fiat piemontesi va avanti e, a luglio scorso, è arrivato l’annuncio che verrà venduto l’edificio torinese di via Nizza 250 (Lingotto), completato nel 1926 e dove avevano sede gli uffici di Gianni Agnelli, Vittorio Valletta e Sergio Marchionne?

Piuttosto, Roma riuscirà a riformare il mercato ‘pubblico’ dell’energia e le competenze esclusive delle Regioni e dei Comuni che tanto ostano con l’elettrificazione ‘su strada’ che serve per ricaricare le auto elettriche?

A.G.

I nomi dei predestinati alla Camera

25 Gen

In una repubblica parlamentare, il Parlamento è l’unica istituzione a detenere la rappresentanza della volontà popolare, non i partiti. I seggi alla Camera sono 630, il Porcellum non consente agli elettori di scegliere individualmente gli eletti, ma solo di votare un partito e conferire il mandato parlamentare ai candidati seguendo l’ordine con cui sono elencati nella lista.

Questo sistema comporta una diretta conseguenza: già oggi possiamo conoscere i nomi di oltre 400 candidati che saranno ‘sicuramente’ eletti. Quattrocento eletti che equivalgono a ben due terzi dell’assemblea, se parliamo della Camera dei Deputati.
Forse, non stiamo parlando di libere elezioni …

Infatti, se in una data circoscrizione/regione un partito ha raccolto 100 consensi è alquanto difficile che alle successive elezioni ne raccolga meno di 70, ovvero che, se alle scorse politiche si è raccolto il 20% dei voti, difficilmente in quelle attuali si andrà sotto il 15%: su un tetto di 14-18 seggi massimi conquistabili, almeno i primi 12 sono ‘sicuri’.

Così andando le cose ed essendo state pubblicate le liste di tutti i partiti, è stato un gioco da ragazzi individuare le quote elettorali minime di molti partiti – salvo fatti eccezionali – e, di conseguenza, elencare chi sono i cittadini predestinati a divenire onorevoli deputati.

I nomi dei 400 e passa fortunati? Tutti – circoscrizione per circoscrizione – nel file pdf scaricabile qui ->  I nomi dei predestinati alla Camera Deputati 2013

Scommettiamo che sono giusti al 99%? Possiamo davvero dire che è tutto regolare, in una repubblica parlamentare a sovranità popolare, se va ad accadere che i nomi di due terzi della Camera dei Deputati italiana sono prevedibili ben prima che inizi la campagna elettorale, perchè pre-scelti, pre-destinati, dai partiti?

P.S. 26-01-2013 – Si segnala che il Direttore Mario Calabresi di La Stampa, insieme alla Fondazione Hume e a Luca Ricolfi, sulla base di un sondaggio Piepoli – dunque operando su una base di dati ‘meno artigianale’ di quella cui ha potuto attingere l’autore di questo blog – da notevole attenzione e approfondimento, oggi, alla tematica/problematica di cui si scriveva ieri, chiedendosi “come sarà il prossimo Parlamento? A questa domanda si dovrebbe rispondere che lo sapremo soltanto tra un mese, dopo il voto, ma non è così. La legge elettorale con cui saremo chiamati alle urne anche questa volta permette ai cittadini di scegliere soltanto un simbolo ma non i deputati e i senatori che li rappresenteranno. I parlamentari, come noto, li hanno già scelti i partiti – con delle differenze non di poco conto dove ci sono state le primarie – e molti di loro sanno già quante possibilità hanno di conquistare un seggio.”  (link)

A proposito, l’elenco dei predestinati pubblicato da questo blog è gratis …

originale postato su demata