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Tutte le scelte (sbagliate) del Presidente

25 Set

Sono trascorsi ben quattro anni da quando Gianfranco Fini lasciò il PdL, facendo venire meno la maggioranza del Governo Berlusconi.

Il vero problema era la politica economica e la gestione del MEF da parte di Giulio Tremonti, poteva nascere una Grosse Koalition italiana, non se ne fece nulla dopo che Giorgio Napolitano riuscì a concedere mesi e mesi di tempo a Silvio Berlusconi per ricostituire una maggioranza, con i vari cambi di fronte – più o meno responsabili o interessati – di Scilipoti, Razzi e De Gregorio.

Passa il tempo e ci ritroviamo che Giorgio Napolitano nomina un consulente della maggiore banca d’Europa come senatore a vita per affidargli, poi, un governo tecnico che ‘ufficialmente’ era di programma, staccando la spina ad un governo eletto sull’onda dei media urlanti e delle speculazioni finanziarie esterodirette.
Oggi sappiamo tutti che lo spread andava su a causa delle speculazioni della Deutsche Bank e del malgoverno di Cassa Depositi e Prestiti come di due banche storicamente ‘care’ alla Sinistra: gli italiani non c’entravano nulla.

Ed arrivamo a tempi recenti, con il flop di Bersani nel flirt non riuscito con SEL e M5S, mentre un italiano su due non aveva votato ed il Parlamento non aveva trovato altro accordo che riconfermare il Presidente della Repubblica uscente, dopo essersi incaponiti su Romano Prodi, un personaggio improponibile a chiunque ricordi cosa ha combinato all’IRI e come è finita con l’industria italiana e, soprattutto, un personaggio con relazioni pregresse e correnti con alcuni discussi oligarchi come quello libico e quell’altro kazako.

Nonostante fosse stato sfiorato dalle polemiche inerenti la ‘trattativa con Cosa Nostra’ e, soprattutto, nonostante le sue responsabiità epocali nell’aver lasciato  nelle mani di Antonio Bassolino la situazione rifiuti in Campania, oggi terra di tumori e mutazioni genetiche, Giorgio Napolitano restava al Quirinale e nominava Enrico Letta premier ben sapendo che più di un manuale Cencelli de noartri non si sarebbe potuto ottenere.

Dicevamo che sono passati ben quattro anni da quando in Parlamento si creò l’opportunità di costituire un governo di larghe intese e di intervenire sul ‘declino italiano’.

Da allora, sono accadute molte cose.

I conti dello Stato non sono in sicurezza ancora oggi. Le pensioni sono blindate, ma per modo di dire, visto che per gli esodati bisognerà trovare qualche soluzione, che neanche i malati gravi riescono più a pensionarsi con un minimo d’anticipo, che abbiamo un esercito di cinquantenni che dovrà lavorare ancora per un ventennio o poco meno, che i quarantenni ed i trentenni non è che finora abbiano versato granchè all’INPS per darci speranza per il futuro.

Il Porcellum è tutto lì e l’unica riforma costituzionale è consistita nell’accettazione supina del Fiscal Compact. Le aziende italiane sono passate largamente in mano straniera, gli affarucci di Telecom, Alitalia, Fonsai e ILVA iniziano, finalmente, a rimbalzare nelle aule giudiziarie.

Le tasse sono aumentate, forse, del 10% effettivo in 12-20 mesi, i tributi e le multe ‘per un pelo nell’uovo’ gravano anch’esse, se qualcosa era rimasto nelle tasche di qualcuno ci pensa il gioco d’azzardo. Intanto, di lavoro non ce ne è, il mercato immobiliare è una valle di lacrime. Infrastrutture zero, investimenti zero, lotta alla mafia poca. I media arretrano sempre più come qualità e completezza dell’informazione.

Niente tagli alle prebende dei politici nè a quelle della Casta. 10 miliardi di laute pensioni mai contribuite restano lì a monumento dell’iniquità. Le provincie son tutte lì, una miriade di piccoli comuni anche, come le comunità montane, anche se davvero non sappiamo cosa farcene.

Riforma della magistratura, peggio che andar di notte. La Sanità spende e spande e cura poco o male. Alla scuola meglio metterci qualcuno che non la conosce, come da tradizione, giusto per cambiar tutto per non cambiar nulla. Università e Ricerca sempre protette dalla sorte. Il peso dei sindacati sullo sfascio della pubblica amministrazione è ancora letale.

Come vivremmo oggi in Italia senza le infauste decisioni del nostro Presidente della Repubblica?
Il disastro ambientale in Campania sarebbe potuto arrivare ai livelli a cui è arrivato con dieci anni in meno di Bassolino-Iervolino?

Poteva il nostro Presidente far la voce forte’ ed ottenere una legge elettorale ed un governo di larghe intese tra 2009 e 2010 affrontando il rinnovo dei titoli di Stato senza il disastro della Cassa Depositi e Prestiti, il down di Unicredit e l’implosione di MontePaschi?

Si poteva arrivare ad un governo tecnico senza la leadership di Mario Monti e, soprattutto, prima che gli speculatori – finanziari e politici – avessero la meglio sul Sistema Italia?

E si poteva almeno pretendere che quello di Mario Monti fosse un governo tecnico con finalità precise od un governo di programma ‘vero’? Come anche, poteva il nostro Presidente della Repubblica rifiutare la propria firma dinanzi a provvedimenti iniqui come la riforma pensionistica di Elsa Fornero, specialmente se – di toccare le pensioni – neanche se ne era parlato fino alle ‘lacrime in diretta’?

Probabilmente si, visto che dopo quattro anni dobbiamo prendere atto che non s’è fatto altro che  alzare le tasse, invadere la privacy, ridurre l’effimero welfare che spetterebbe ad anziani, malati e giovani famiglie, mentre le città diventano sempre più in balia di se stesse e mentre i sindacati si battono con veemenza per tre sindacalisti licenziati, ma non accade lo stesso per milioni di disoccupati.

Difficile prevedere cosa racconterà la Storia di questa Italia e dell’uomo che più di tutti ha influito su scelte irrevocabili.
Più facile essere molto pessimisti sul corrente settennato presidenziale, certamente animato da buone intenzioni, ma molto, molto lontano dall’accettare che è impossibile salvare capra, cavoli, lupo e barca …

Intanto, WIkipedia riporta della carriera politica del nostro Presidente della Repubblica:

  1. il 2 febbraio 1993 all’ingresso posteriore di palazzo Montecitorio si presentò un ufficiale della Guardia di finanza con un ordine di esibizione di atti: esso si riferiva agli originali dei bilanci dei partiti politici per verificare se talune contribuzioni a politici inquisiti fossero state dichiarate a bilancio, secondo le prescrizioni della legge sul finanziamento pubblico ai partiti. Il Segretario generale della Camera, su istruzioni del Presidente Giorgio Napolitano, oppose all’ufficiale l’immunità di sede, la garanzia delle Camere per cui la forza pubblica non vi può accedere se non su autorizzazione del loro Presidente;
  2. nel processo Cusani, il 17 dicembre 1993, Craxi affermò: “Come credere che il Presidente della Camera, onorevole Giorgio Napolitano, che è stato per molti anni ministro degli Esteri del Pci e aveva rapporti con tutta la nomenklatura comunista dell’Est a partire da quella sovietica, non si fosse mai accorto del grande traffico che avveniva sotto di lui, tra i vari rappresentanti e amministratori del Pci e i paesi dell’Est? Non se n’è mai accorto?”. Secondo la sentenza sulle tangenti per la metropolitana di Milano Luigi Majno Carnevale si occupava di ritirare la quota spettante al partito comunista e di girarle, in particolare, alla cosiddetta “corrente migliorista” che “a livello nazionale”, “fa capo a Giorgio Napolitano”;
  3. Romano Prodi lo sceglie come Ministro dell’Interno del suo governo nel 1996. Mentre ricopre tale incarico, è molto criticato per non aver attuato una tempestiva e adeguata sorveglianza su Licio Gelli, fuggito all’estero (dopo essere evaso dal carcere già nel 1983) il 28 aprile 1998, il giorno stesso della divulgazione della sentenza definitiva di condanna per depistaggio e strage da parte della Cassazion;
  4. come primo ex-comunista a occupare la carica di Ministro dell’Interno, propone (con Livia Turco) quella che diverrà nel luglio 1998 la Legge Turco-Napolitano, che istituisce i (ndr. ormai famigerati) centri di permanenza temporanea (CPT) per gli immigrati clandestini;
  5. nel 2008, nel pieno delle polemiche per la presenza dello Stato di Israele alla Fiera Internazionale del Libro di Torino, senza dare spazio anche agli scrittori palestinesi) l’annunciata visita di Napolitano alla manifestazione viene criticata dallo scrittore svizzero Tariq Ramadan, perchè Napolitano avrebbe equiparato le critiche a Israele all’antisemitismo;
  6. in occasione della promulgazione del Lodo Alfano Napolitano è stato criticato da Beppe Grillo e dall’ex-presidente Carlo Azeglio Ciamp per aver firmato e quindi legittimato una legge che il 7 ottobre 2009 la Corte ha effettivamente ritenuto incostituzionale;
  7. in occasione della promulgazione del cosiddetto Scudo fiscale, l’Italia dei Valori ha criticato Napolitano per aver firmato senza rinvio una legge accusata da vari economisti di essere un mezzo per riciclare legalmente denaro sporco;
  8. qualche settimana prima delle elezioni regionali italiane del 2010, a seguito dell’esclusione delle liste PDL in Lazio e Lombardia, Napolitano ha firmato nottetempo il decreto legge del governo per la riammissione delle liste escluse;
  9. nell’aprile del 2010 Giorgio Napolitano ha promulgato con la propria firma la legge sul legittimo impedimento del capo del governo e dei ministri. Nel gennaio 2011 la corte ha ritenuto la legge in parte incostituzionale;
  10. altre promulgazioni criticate e discusse hanno riguardato il decreto Mastella per distruggere i dossier della security Telecom, l’ordinamento giudiziario Mastella-Castelli, la legge “salva-Pollari”, la norma della legge finanziaria che ha raddoppiato l’Imposta sul valore aggiunto a Sky, i due pacchetti sicurezza del ministro Maroni accusati di contenere norme anti-immigrati.

Sei mesi fa, in una videointervista concessa ad Eugenio Scalfari, Giorgio Napolitano dichiarava: “Abbiamo vissuto un momento terribile. Abbiamo assistito a qualcosa a cui non avevamo assistito. Ho detto di sì per senso delle istituzioni.”

Si, noi italiani abbiamo assistito ad un dramma nazionale che ci crollava addosso. Noi, ma non Re Giorgio: lui non ha assistito a qualcosa, lui è uno dei protagonisti ‘storici’ del declino italiano.
Un disastro le cui vie sono state lastricate da buone intenzioni, ideologie del tutto errate, acerrime lotte di fazione, eccessiva tolleranza verso lobbisti e marioli, una centralità ‘culturale’ de Sinistra del tutto ingiustificata, la nota intoccabilità del sindacato e della magistratura o le redazioni politicizzate e la qualità d’informazione a livelli africani …

Non gli italiani, signor Presidente, sono la causa di quanto, ma i partiti che hanno occupato la democrazia italiana e che hanno permesso il caos ed il declino pur di consentire lauti affari a pochi riccastri di serie B, come Alitalia, Fonsai, Telecom, Ilva raccontano ancora oggi.

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Giustizia: l’ora del Buon Senso

7 Ago

E’ difficile non chiedersi se il processo Mediaset, conclusosi con la condanna di Silvio Berlusconi, non abbia bisogno di un’attenta revisione, se salta fuori che la condanna è stata emessa perchè ‘non poteva non sapere’.
Una sentenza ‘indiziaria’, documentata per ‘relata refero’? Una motivazione, non ancora consegnata, che già mostra falle inconfessabili?

Speriamo di no, speriamo che la nostra Giustizia non si dimostri la stessa dello scandalo della Banca Romana e del caso Giolitti, dopo un secolo e mezzo di Trasformismo e Cleptocrazia ampiamente sfuggiti a processi e sentenze.

E’, però, sorpendente scoprire tramite La Repubblica che il Presidente della Sezione Feriale della Corte di Cassazione, Antonio Esposito, che ha emesso la sentenza Mediaset, sia anche fratello e padre di altri magistrati. Un fenomeno già diffuso tra docenti e medici e già notoriamente deleterio.
Come è sorprendente che un così emerito magistrato pretenda che un cronista pubblichi non  l’intervista rilasciata e debitamente registrata, ma un testo diverso, concordato ex post.

Disdicevole, poi, è il pasticciaccio della norma Cancellieri, da applicarsi, secondo alcuni, anche alla sentenza Berlusconi, facendolo decadere da senatore. Infatti, è davvero poco ‘liberale’ applicare una norma ad eventi pregressi e giudicati, anche se in corso di revisione del giudizio, come è ‘iniquo’ che Silvio Berlusconi, come al solito, vada via impunito.
Incredibile, infine, è che la frode fiscale non venga applicata a tutti i processi per corruzione, concussione, malversamento di denaro pubblico, eccetera.

Dunque, ritorniamo alla questione ‘vera’ del serio problema istituzionale in cui l’Italia viene a trovarsi: l’effettiva forza del Parlamento, ovvero del Popolo Sovrano.

Un Parlamento che non ha solo bisogno di una legge elettorale decente, ma anche di processi celeri e fondati esclusivamente sulle prove, che chiariscano agli elettori chi, tra gli eletti, è ladro od incauto o marpione.
Basterebbe ricordare che Silvio Berlusconi è diventato il tycoon ed il politico che è stato grazie ad un mostruoso inviluppo della nostra magistratura, durato due generazioni di italiani, nonostante più di venti anni fa fosse già provato e giudicato che s’era fatto cartello tra i due principali concorrenti e che s’erano corrotti dei giudici: il Lodo Mondadori.

Un processo non può e non deve durare più di un quinquennio e benchè meno dieci anni od una generazione intera, le cause civili vanno gestite secondo una Common Law, le carriere vanno separate e deve esserci un organo che sanzioni chi causa danni a cittadini innocenti, la Corte Costituzionale dovrebbe essere di sola nomina parlamentare/presidenziale.

Scrive Angelo Panebianco sul Corriere della Sera che “la magistratura è l’unico «potere forte» oggi esistente in questo Paese e lo è perché tutti gli altri poteri, a cominciare da quello politico, sono deboli. Non permetterà mai al potere debole, al potere politico, di riformarla. Certo, si potranno forse fare – ma solo se i magistrati acconsentiranno – interventi volti ad introdurre un po’ più di efficienza: sarebbe già tanto, per esempio, ridurre i tempi delle cause civili. Ma non ci sarà nessuna «riforma della giustizia» se per tale si intende una azione che tocchi i nodi di fondo“.

Speriamo si sbagli.

Anche perchè – alla ricerca di un po’ di buon senso – la luce in fondo al tunnel ci arriva proprio dall’accusatore finale di Silvio Berlusconi, il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati, che ha dichiarato a L’Espresso che «la procura di Milano non chiederà il carcere per Silvio Berlusconi», precisando che non si tratta di una decisione ad personam, ma della semplice applicazione di un principio generale, valido per tutti gli imputati e condannati.

Un approccio che ‘tutelerebbe’ Silvio Berlusconi dal carcere, anche a seguito di altre sentenze che lo colpirebbero senza lo scudo di parlamentare. Qualcuno potrebbe chiamarlo ‘salvacondotto’, in realtà è solo la legge che va applicata.

L’agibilità politica di Silvio Berlusconi? Non riguarda nè i magistrati nè il Presidente della Repubblica … è una questione ‘inter pares’ … la discutano in Senato.

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Il Presidente fa quello che può …

1 Ott

In rete e su Facebook, imperversano i commenti e le proposte su cosa dovrebbe fare il nostro Presidente Giorgio Napolitano, dalla legge anti-corruzione, a quella elettorale, al ruolo di Mario Monti, alla legittimità di alcune norme varate dalla ministra Elsa Fornero e da lui avallate, la trattativa Stato-mafia, eccetera eccetera eccetera e chi più ne ha più ne metta.

Penso che ognuno di noi non possa far altro che quello che è nella sua natura, entro i propri limiti e secondo i propri talenti. Ciò a maggior ragione se si tratta di un politico ottuagenario, che, seppur tenutosi al passo dei tempi, difficilmente può smentire logiche, stili e metodi d’altri tempi, che l’hanno caratterizzato e, come nel caso di Giorgio Napolitano o di altri VIP, l’hanno reso vincente per una vita.

Toccherebbe al Parlamento eleggere un Presidente della Repubblica men che settantenne ed, al possibile, ancora in età lavorativa.

Per caratterizzare ‘logiche, stili e metodi’ il nostro Presidente Giorgio Napolitano le cronache ci propongono un incipit abbastanza clamoroso, ‘very impressive’, pubblicato da L’Unità nel 1956, quando aveva 31 anni ed iniziava ad essere il politico ‘a tutto tondo’ ce conosciamo.

Come si può, ad esempio, non polemizzare aspramente col compagno Giolitti quando egli afferma che oltre che in Polonia anche in Ungheria hanno difeso il partito non quelli che hanno taciuto ma quelli che hanno criticato?

E’ assurdo oggi continuare a negare che all’interno del partito ungherese – in contrapposto agli errori gravi del gruppo dirigente, errori che noi abbiamo denunciato come causa prima dei drammatici avvenimenti verificatisi in quel paese – non ci si è limitati a sviluppare la critica, ma si è scatenata una lotta disgregatrice, di fazioni, giungendo a fare appello alle masse contro il partito. E’ assurdo oggi continuare a negare che questa azione disgregatrice sia stata, in uno con gli errori del gruppo dirigente, la causa della tragedia ungherese.

Il compagno Giolitti ha detto di essersi convinto che il processo di distensione non è irreversibile, pur continuando a ritenere, come riteniamo tutti noi, che la distensione e la coesistenza debbano rimanere il nostro obiettivo, l’obiettivo della nostra lotta.

Ma poi ci ha detto che l’intervento sovietico poteva giustificarsi solo in funzione della politica dei blocchi contrapposti, quasi lasciandoci intendere – e qui sarebbe stato meglio che, senza cadere lui nella doppiezza che ha di continuo rimproverato agli altri, si fosse più chiaramente pronunciato – che l’intervento sovietico si giustifica solo dal punto di vista delle esigenze militari e strategiche dell’Unione Sovietica; senza vedere come nel quadro della aggravata situazione internazionale, del pericolo del ritorno alla guerra fredda non solo ma dello scatenamento di una guerra calda, l’intervento sovietico in Ungheria, evitando che nel cuore d’Europa si creasse un focolaio di provocazioni e permettendo all’Urss di intervenire con decisione e con forza per fermare la aggressione imperialista nel Medio Oriente abbia contribuito, oltre che ad impedire che l’Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, abbia contribuito in misura decisiva, non già a difendere solo gli interessi militari e strategici dell’Urss ma a salvare la pace nel mondo.

Un testo ‘very impressive’, dunque, ma non solo per i contenuti di cui Giorgio Napolitano ha fatto personale ammenda nel 2006 sulla tomba dell’eroe ungherese Nagy – ahimè dopo ben 50 anni dai fatti – precisando, come riportato nell’intervista del direttore della Gazeta Wyborcza, Adam Michkin, che “innanzitutto fu una tragedia, anche per il Pci, un errore grave e clamoroso del gruppo dirigente, a partire da Togliatti. Poi, anche prima che si ammettesse l’errore, si comprese la lezione: per cui, quando nel 1968 (Togliatti era già deceduto da 4 anni) ebbe luogo l’intervento armato dell’Urss e degli altri paesi del blocco sovietico in Cecoslovacchia, il Pci ufficialmente si schierò contro quell’intervento”.

Un testo ‘very impressive’ non solo per chi vede gli ‘uomini d’apparato’ come il fumo negli occhi, ma anche per chi bada ai dettagli per intepretare l’animo e la logica umani, dato si tratta di ben 2.100 caratteri (una intera cartella dattilografica) con solo quattro punti. L’unico interrogativo, l’unica ‘ipotesi’, è in realtà una figura retorica, piuttosto che essere finalizzato ad introdurre ad un reale quesito o dibattito – ovvero informazione e costituzione di una pubblica opinione – su una questione gravissima come l’invasione sovietica dell’Ungheria.

Beato a chi vive di certezze.

Un testo che si conferma ‘very impressive’ per quanto accadde l’11 aprile del 1975,  quando il Comitato centrale del Pci – di cui facevano parte D’Alema e Napolitano – votò una risoluzione per esaltare «l’eroica resistenza dei popoli cambogiano e vietnamita» e invitare tutti i comunisti a «sviluppare un grande movimento di solidarietà e di appoggio ai combattenti». Peccato che, in Cambogia, i ‘combattenti’ erano i Khmer Rossi di Pol Pot, che, nell’arco di quindici anni circa, massacrarono brutalmente almeno un milione di oppositori politici.

Una ‘impressività’ che avrà il suo giusto verdetto dai posteri – a fronte dei dati sanitari attuali che raccontano un disastro ambientale ed etnico, che ancora oggi prosegue e che resterà ad imperitura memoria – per il sostegno dato al Governatore della Campania e Commissario straordinario all’emergenza rifiuti, mentre la Campania era un enorme rogo di rifiuti – e reclamassero ormai anche l’UE e la WHO – e nonostante che Bassolino fosse ormai oggetto di inchieste, denunce e processi (poi pervenuti a condanne e prescrizioni, oltre che decaduti spesso per vizi formali).

Cosa dire di più oltre il constatare che, se il Centrodestra italiano, durante tutta la Seconda Repubblica, è stato condizionato dal Berlusconismo, il Centrosinistra non è stato da meno, dato che i gli obiettivi erano (e son rimasti) la ‘conciliazione’ con i Cattolici – ovvero il Compromesso Storico di berlingueriana e fallimentare memoria – e la ‘vocazione maggioritaria, cioè la creazione di una forza politica monopolista, come il PCUS in Russia od il Partito dei Lavoratori in Norvegia.

Chiarito che gli obiettivi di fazione hanno prevalso sull’interesse generale per troppi e troppi anni – oltre che l’età anagrafica del Presidente è anch’essa, ormai, un elemento di significativa ed attesa innovazione – ricordiamo che la norma conferisce al Presidente della Repubblica un ruolo ‘quasi notarile’ con prerogative limitate e che Giorgio Napolitano, dimostrando comunque un grande senso delle istituzioni nei frangenti attuali, non è un ‘dilettante’ (come noi comuni cittadini frequentatori di salotti e bar dello sport) e ‘fa quello che può come lo sa fare’, visto, tra l’altro, che l’attuale legge elettorale ha reso le legislature più deboli ed i poteri presidenziali ancor meno espliciti.

Andrebbe chiarito anche che il senso delle istituzioni è una cosa leggermente diversa dal senso dello Stato, specialmente se sono proprio le istituzioni (ed i suoi uomini) quello che lo Stato deve riformare con antica urgenza. E specialmente se qualcuno fosse convinto che tra le istituzioni vi siano anche i partiti, che viceversa non sono altro, ormai, che delle organizzazioni finalizzate alla raccolta del consenso.

Un consenso ormai incomputabile, visto che ormai siamo ad ottobre 2012 , di partiti e colaizioni non ve ne è l’ombra ed il ‘popolo’ ed i ‘servizi pubblici’ (anche questo è Stato) non reggono più un obsoleto temporeggiare che si traduce in disoccupazione, degrado e carestia.

Ma le istituzioni vanno comunque rispettate fino a diversa riformulazione: il Caos porta solo lacrime e sangue senza alcun costrutto.

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Lettieri – De Magistris: programmi a confronto

26 Mag

Secondo quello che paventano i media, quella di De Magistris a Napoli sarà una cavalcata plebiscitaria.

Considerato che l’IDV ha sempre sostenuto Bassolino e Jervolino e che dietro il candidato sindaco s’intravedono i soliti nomi, tutto questo è a dir poco strano.

Visto quanto scoperto nel confrontare i programmi di Moratti e Pisapia, viene il sospetto che i candidati sindaco “per Berlusconi” abbiano più di una ragione per lagnarsi dei media.

Presi i programmi di Gianni Lettieri e di Luigi De Magistris, infatti, l’impressione è la stessa che per Milano: completo e lungimirante  il primo, limitato e sparagnigno il secondo.

Un dettaglio, però, induce a diffidare fermamente: il programma del candidato berlusconiano costa davvero molto, attingendo a risorse che la città, al momento, non ha: buona parte delle promesse, a ben vedere, farebbero affidamento al “Piano per Napoli” che il governo leghista dovrebbe approvare e che Lettieri considera propedeutico …

Qua nisciuno è fesso.

 

GIANNI LETTIERI

LUIGI DE MAGISTRIS

 

Ambiente e Cultura
  • raccolta differenziata porta a porta
  • individuazione di un sito di trasferenza e avvio dei lavori per la realizzazione di un sito di compostaggio
  • isole ecologiche
  • piano per la balneabilità
  • diffusione degli impianti fotovoltaici
  • introduzione dell’Ecopass
  • abbattimento di edifici degradati nelle periferie
  • Museo della musica napoletana
  • abbandonare il ricorso a società di capitali per la gestione dell’acqua
  • raccolta differenziata porta a porta in tutti i quartieri della città
  • incentivi alla vendita di prodotti domestici alla spina
  • creazione di una isola ecologica per municipalità
  • riqualificazione del patrimonio immobiliare pubblico
Welfare e Imprese
  • interventi fiscali e forme di sostegno per le famiglie a basso reddito
  • nuovo Assessorato alla famiglia, alla scuola e ai bambini
  • un asilo nido pubblico in ogni municipalità
  • apertura pomeridiana delle scuole, con attività sperimentali e laboratori
  • controlli mirati e premi aziendali in tema di sicurezza.
  • banca per il microcredito
  • sportelli coordinati Università e Imprese
  • assunzione nel Comune di 1.500 giovani laureati
  • incentivi fiscali a chi inserisce giovani apprendisti
  • strutture sportive moderne
  • spazi ad hoc per mercatini etnici e venditori ambulanti
  • semplificazione comunale per le imprese di ristorazione
  • creazione del Napoli Convention Bureau per i grandi eventi
  • istituzione di micro incubatoci d’impresa, agenzie di sviluppo locale e sportelli di micro credito, soprattutto per giovani e donne
  • rimodulazione delle concessioni comunali
  • costruzione di quattro strutture per le donne
  • riqualificazione del patrimonio immobiliare abitativo pubblico
  • Garante per le problematiche della disabilità
  • Garante per la Salute dei cittadini
Sicurezza e Mobilità
  • Più mezzi pubblici ed orari garantiti h24
  • Funicolari aperte fino alle 2.00 di notte
  • Potenziamento delle linee ferroviarie urbane
  • piste ciclabili
  • estensione delle aree pedonali del centro storico
  • parcheggi d’interscambio
  • Mobility Management e Car Sharing
  • più videosorveglianza
  • istituzione di ZTL estese
  • controllo elettronico delle corsie preferenziali
Pubblica amministrazione e legalità
  • trasferimento di funzioni e poteri dal Comune alle Municipalità
  • valorizzazione dei dipendenti comunali
  • cronoprogramma delle opere pubbliche, consultabile online
  • società partecipate accorpate in un’unica holding
  • abolizione di sprechi ed extra benefit
  • Authority per la trasparenza
  • prepensionamento di 5.000 dipendenti comunali
  • nuova disciplina delle gare d’appalto per la manutenzione stradale
  • bilancio partecipato
  • riorganizzazione amministrativa del Comune
  • istituzione di un nucleo di valutazione collegiale
  • tagli alle consulenze esterne
  • riqualificazione del personale comunale
  • accorpamento delle partecipate con la riduzione dei cda
  • gestione documentale elettronica in backoffice degli atti
  • partecipazione e accesso elettronici dei cittadini in frontoffice
  • maggiore efficienza energetica degli edifici pubblici
Tasse e Tariffe
  •  ?
  • rimodulazione delle concessioni comunali

Moratti – Pisapia: programmi a confronto

26 Mag

Letizia Moratti continua a pagare la presenza di Silvio Berlusconi “capolista” e le (xeno)fobie della Lega.
E’ di oggi l’appunto di Famiglia Cristiana che si trova a chiedersi “se la polemica elettorale resta ferma all’anticomunismo, al taglio delle tasse (promesso da 17 anni), fino all’assurdo della cancellazione delle multe stradali, anche se domenica vincesse la Moratti quale riforma si potrebbe attendere per una politica cosi’ desolante come quella di oggi in Italia?”.
Il periodico delle Edizioni Paoline, schierandosi nella corsa a sindaco, precisa anche che Milano “non rischia nulla di terribile”, se vincesse il candidato del centrosinistra Giuliano Pisapia.

Tutto questo accade mentre la Lega innescava una puerile querelle riguardo il diritto dei residenti islamici di avere una moschea degna di tale nome, cui tutti i media hanno “abboccato”, ditraendo l’elettorato da quello che più conta: i programmi dei due candidati sindaco.

E qui viene il bello, o meglio il tragico.

Il programma di Letizia Moratti è chiaro, preciso, completo: sono indicati, quasi elencati, i servizi, le risorse, le destinazioni. Non sono pochi ed, a scorrerli, c’è quasi da vergognarsi a vivere nella Capitale od in gran parte d’Italia, visto di cosa son capaci i milanesi.
Il programma di Giuliano Pisapia è vago, impreciso, incompleto: l’unica cosa chiara è che faranno tanti progetti e tante commissioni per dare tanti diritti a tutti. Sembra il programma di Walter Veltroni per Roma e sappiamo tutti cosa ha trovato “dopo” l’attuale sindaco Alemanno.

Incredibile? Ecco di seguito i due programmi a confronto.

 

LETIZIA MORATTI

GIULIANO PISAPIA

 

Ambiente
  • 100.000 nuovi alberi in città
  • 5 nuovi parchi (expo 2015)
  • miglioramento dell’efficienza energetica delle case popolari
  • raddoppio spazzini di via
  • nuove aree cani
  • pronto soccorso per animali operante 24 ore su 24
  • rimozione del degrado ambientale al fine di ripristinare la legalità nelle periferie
Anziani
  • nuovi centri per anziani
  • raddoppio assistenza a domicilio
  • potenziamento sportello badanti
  • potenziamento dei centri diurni
  • adeguamento degli interventi per le persone non autosufficienti e disabili
  • cinema e teatro a biglietto ridotto per gli anziani “nonni”
  • rete di strutture di lungodegenza,
Cultura
  • nuovo museo arte contemporanea
  • nuove biblioteche in periferia
  • grandi eventi a Milano
  • Istituire un grande Assessorato alla Cultura
  • Istituire la Conferenza permanente tra comune, università, enti di ricerca
  • Rifugi anti-noia e presidi di legalità
  • sportello pubblico per tutti gli operatori di cultura
  • assegnazione di spazi del demanio comunale
Famiglie e infanzia
  • piano casa
  • Fondo Sostegno Affitti
  • nuovi asili nido
  • Bonus Bebè e Bonus nonno
  • Sportello baby Sitter
  • libri di testo gratuiti
  • risanamento delle condizioni materiali delle case pubbliche
  • riqualificare l’offerta dei Consultori familiari
  • forte investimento “per la qualità” e profonda riorganizzazione interna negli asili e nelle scuole per l’infanzia
Giovani e sport
  • ristrutturazione delle palestre scolastiche
  • potenziamento incubatori imprese innovative
  • spazi per i giovani talenti
  • incentivi per le imprese dei giovani
  • Carta comunale dello studente
  • superare l’attuale modello organizzativo dello sport milanese
  • ampliamento dell’offerta di posti letto per i fuorisede
  • borse per la mobilità in entrata e in uscita per gli stranieri
Mobilità
  • nuove metrò M4 e M5,
  • nuovi parcheggi,
  • potenziamento Bike-Mi e Car-Sharing
  • potenziamento Bike-Mi
  • maggior coordinamento dei mezzi pubblici che collegano i diversi atenei
  • pianificazione della mobilità e prevenzione dell’inquinamento atmosferico
Accoglienza
  • messa in sicurezza e riduzione dei campi regolari
  • chiusura di tutti i campi abusivi
  • insegnamento dell’italiano
  • autorizzare esperienze di “autocostruzione”
  • riconoscere il diritto di voto agli immigrati
  • indagini di settore ed interventi di mediazione
  • insegnamento dell’italiano
  • rete di sportelli “Nuove Cittadinanze
  • realizzazione di un grande centro di cultura islamica
Sicurezza e legalità
  • pattuglia di quartiere
  • più videosorveglianza
  • diffusione dei braccialetti anti aggressione con geo-localizzazione
  • contrasto delle baby-gang
  • tracciabilità dei flussi per le società partecipate
  • attenuazione della percezione d’insicurezza dei cittadini milanesi
  • sportello dei diritti di quartiere
  • pubblicità della situazione patrimoniale e delle condanne e pendenze di tutti i facenti parte di organismi del Comune
  • misure organizzative per prevenire la corruzione
  • campagne di informazione e iniziative pubbliche contro l’usura
Occupazione
  • 61.000 nuovi posti (expo 2015)
  • diffusione del telelavoro, del part time
  • Job Sharing
  • Buoni Lavoro
  • sostegno all’opera di reinserimento socio-lavorativo dei detenuti
  • riapertura di opportunità lavorative con le associazioni degli industriali, degli artigiani, della cooperazione sociale
  • rigorosa verifica di tutte le esternalizzazioni
  • piano procedurale per 220 incarichi da ricoprire
Salute e Disabili
  • Centri Socio Educativi
  • potenziamento servizi
  • Centri Diurni Disabili
  • Nuclei Distrettuali Disabili
  • poliambulatori integrati
  • psicologo di quartiere
  • garantire a tutti i cittadini una rete diffusa di cure primarie,
  • una nuova stagione di impegno per la medicina del lavoro e per la sicurezza,
  • politiche di adeguamento della rete di offerta dei servizi sanitari e socio sanitari
  • promozione dell’integrazione tra servizi sanitari, socio sanitari e sociali
Imprese
  • più sostegno alle onlus
  • nuovi servizi on line
  • meno burocrazia per le imprese
  • Casa delle Associazioni di quartiere
  • Istituzione di un nuovo organismo interno al Comune “in staff al Sindaco” per la gestione delle partecipate
  • revisione delle procedure e dei capitolati contrattuali
  • revisione delle autorizzazioni a operare nelle aree di mercati all’ingrosso
  • Consulta cittadina della cooperazione internazionale
Tasse e Tariffe
  • no aumenti
  • adeguamento delle tariffe
  • ristrutturare il debito del Comune
  • accesso a venture capitals

Televisione: Berlusconi ovunque

21 Mag

A Napoli e Milano, Pisapia e De Magistris andranno al ballottaggio senza l’effettivo sostegno del PD. 

Non ci vuole molto a capire che l’ex magistrato demoliberale è l’antitesi del potere bassoliniano e non solo di quello camorristico. Come non è necessaria troppa fantasia per immaginare quanta gioia si possa provare nelle Botteghe Oscure se anche a Milano dovesse affermarsi Sinistra e Libertà.

E, d’altra parte, quale migliore occasione per ribadire che senza il PD capofila non si vince da nessuna parte?

Il segnale di questa deriva è tutto nell’appello, sfortunatissimo, del comunista Ferrero alla convergenza tra PD, SeL ed IdV.

Con quest’aria che tira, e mentre i media ignorano o mistificano i fatti spagnoli, cosa fareste voi, se foste Silvio Berlusconi? Attacchereste come falchi, visto che vi sentite Napoli e Milano in tasca …

 Così come vanno le cose, il “pareggio (Torino-Bologna, Milano-Napoli) conviene a tutte le forze parlamentari e solo a loro. E così finirà, a meno di una sempre possibile impennata d’orgoglio dei napoletani o dei milanesi verso il potere romano e padano.

Elezioni amministrative: nessun vincitore

18 Mag

Tutti concordano sul fatto che il Centrodestra non abbia vinto queste amministrative e tanti ritengono che la responsabilità sia dei panni sporchi di Silvio e dello scontro istituzionale in atto.

Alcuni, ma non troppi, attribuiscono il flop alle figuraccie della Lega, prima di tutte quella con Libia, Nato ed Unione Europea. Solo pochi tengono conto che l’esodo di Gianfranco Fini non costa solo il 4% che Futuro e Libertà ha generalmente conseguito.

Anche il PD non vince, checchè ne dicano, visto che Piero Fassino e Virginio Merola hanno vinto con il “solo e risicato” 50% contro candidati del PdL “leggerissimi” che comunque hanno totalizzato il 30%, mentre la Lega, in ambedue i consigli comunali, ha enormemente aumentato il proprio quorum.

Anche Casini non vince e con lui l’UDC, visto che ha diverse alleanze un po’ dovunque e che, se volesse davvero far politica nazionale, il dover scegliere gli sottrarrebbe voti.

Sinistra e Libertà per ora vince, a Milano, con Pisapia, ma sarà il ballottaggio a dirci se questo è realmente vero od è stato l’effimero esito di un week end. Lo stesso vale per De Magistris, visto che gli avversari più acerrimi son proprio l’UDC ed il PD napoletani.

Il segnale, però, gli Italiani l’hanno dato.

I nuovi leader, che la gente inizia ad acclamare, sono cinquantenni, liberali o libertari, provenienti dalla società civile e non dai partiti o dai comitati, sufficientemente colti, con un forte riferimento al senso dello Stato.

Obiettivo: non vincere le elezioni a Napoli e Milano

11 Mag

Dopo la “vocazione maggioritaria” di Veltroni e Fassino, che comunque aveva fruttato quasi la metà delle preferenze, il “nuovo corso” del PD  di Bersani e D’Alema arriva alla prova elettorale.
Infatti, domenica prossima, Torino, Milano, Bologna e Napoli rappresenteranno il banco di prova, forse l’ultimo, per i Dalemiani.

Ci si aspetterebbe grande pressione, considerato che l’UDC è da considerarsi alleato e che con SEL ci dovrebbe essere un minimo di intesa.
E invece no, come al solito si vola basso.

“Una cosa è certa: se lunedì sera le proiezioni daranno Giuliano Pisapia e Mario Morcone al ballottaggio a Milano e Napoli, con Fassino e Merola vincitori al primo turno a Torino e Bologna, nel Pd si respirerà aria di festa grande”, lo scrive Carlo Bertini, politologo di La Stampa.

Ebbene si, ci si accontenta di riprendersi le città “rosse” Torino e Bologna e auspicandosi di far presenza a Milano e Napoli.

Non chiaro perchè il Partito Democratico non possa aspirare a conquistare il seggio di Sindaco di Milano, se non annotando che tutta la campagna di Pisapia è andata in sordina, nonostante i tanti scandali che ormai assediano la Moratti e, soprattutto, Formigoni.
Come anche, è poco comprensibile perchè l’opposizione non faccia di Napoli una propria roccaforte, se non prendendo atto che, dopo Bassolino e Iervolino, lì si va a votare con un’emergenza sanitaria ed un intervento militare in corso e con barricate e roghi per le strade.

Dunque, come al solito, il PD dalemiano si acconteterebbe di vincere “sul sicuro”, a Torino e Bologna, ovvero dove la tradizione rossa ed il benessere dei ceti medi consentono di amministrare “in santa pace” e senza dover troppo contare sugli alleati.
Vincere a Milano, per non dire a Napoli, potrebbe essere rischioso: potrebbe richiedere di dover “rendere realistico e convincente il perseguimento degli obiettivi, gli ostacoli da superare e la gradualità da adottare”, come Antonio Giolitti scriveva anni addietro e Giorgio Napolitano ha sottolineato giorni or sono.

leggi anche Antonio Giolitti, un pensiero attuale

Antonio Giolitti, un pensiero attuale

5 Mag

C’erano, ieri, Giorgio Napolitano, Eugenio Scalfari e Giuliano Amato al convegno su Antonio Giolitti, ex ministro ed esponente di rilievo della sinistra, tenutosi ad un anno dalla morte a cura della Treccani e della Fondazione Lelio Basso.
Ampio e profondo l’intervento del Presidente della Repubblica, che, prendendo spunto da un non dimenticato articolo di Giolitti, ha ricordato come l’ex ministro incarnasse la definizione di Bobbio della «mitezza» come «pratica della tolleranza e del rispetto verso l’altro, senza pretese di reciprocità».
Un vero democratico, insomma, preoccupato soprattutto dall’assenza di una “alternativa” nel nostro sistema politico.

“Sono passati quindici anni, ma in quel testo c’è un tema che è ancora di attualità, e che perciò dovrebbe rileggere molte volte chi fa politica a sinistra oggi ed è, a quanto pare, all’opposizione”.
Infatti, sono rimasti senza esito i tre imperativi posti da Giolitti alla politica (di sinistra) italiana:

  1. essere capaci di esercitare l’azione di governo
  2. togliersi di dosso il sospetto di volersi insediare al potere come un’alternativa senza alternativa
  3. rendere realistico e convincente il perseguimento degli obiettivi, gli ostacoli da superare e la gradualità da adottare.

Il risultato di questa incapacità a superare gli schemi dalla Guerra Fredda, se non addirittura quelli del campanilismo municipale, è che ancora oggi l’Italia soffre di “una drastica sottovalutazione quanto di una non conoscenza della socialdemocrazia europea”, confluita in “un grave impoverimento culturale dei partiti e della loro funzione formativa”, causato da “un divorzio tra politica e cultura, di un rapporto che si è rotto, da tutte e due le parti nel corso degli ultimi dieci o venti anni”.

Proprio ieri questo blog poneva dei quesiti analoghi alle riflessioni di Giorgio Napolitano ed Eugenio Scalfari.

“Qual’è l’effettivo livello culturale dai nostri politici? Sono informati? Sono adeguati alle responsabilità ed alle decisioni che gli competono? Sono in grado di comprendere e valutare le diverse proposte che, si spera, i loro esperti avanzano?
Hanno sufficienti competenze sociali e geopolitiche per interpretare il presente ed anticipare il futuro? Sono ben riposte le speranze delle giovani generazioni?”

Evidentemente no, se dobbiamo constatare che sono del tutto inattuate ed ignorate le riflessioni di Antonio Giolitti, pubblicate in questo intervento del 1983 sulla politica energetica (ed urbanistica) del paese.

Con le dita nel naso …

3 Apr

Irene ci parla delle dita nel naso, ecletticamente, la questione è: “Esistono occasioni “tipiche” nelle quali ci turiamo il naso con le dita?”.

La risposta è “Si”, noi italiani abbiamo una tradizione sul campo ed siamo perpetuarla ai posteri attraverso la pratica annuale del voto.

Si iniziò con l’Unità d’Italia al “profumo del soldi facili”, come quelli che furono ricavati dalla vendita delle terre papali e borboniche sequestrate oppure quelli “trovati” nelle casse del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia.

Dopo la conquista di Roma si passò alla “puzza di fame” e non tutti sanno che una ventina di milioni di italiani emigrarono proprio in quel periodo.

Con il ‘900 passammo alla “puzza di fregatura”, con la stampa di banconote false proprio a cura della Banca Romana che “doppiava” le emissioni del Banco di Sicilia.

La “puzza di fregatura” divenne “puzza di incendio” quando l’accesso al voto di tutti i cittadini maschi adulti si comportò in una fregatura come nel 1921.

Grazie a Dio non siamo solo Italioti, ma anche italiani  e qualche volta abbiamo anche provato a cambiar qualcosa, in tema di naso ed odori.

In diverse epoche  si sono tentate delle innovazioni, ad esempio nel 1923 con l’imposizione del Partito Unico, “che tanto nel tempo puzza uguale”.

Una generazione dopo, dal 1948, si cambiò di nuovo tutto e si tornò al sistema delle “più puzze”, un lotto al “vapore d’incenso e di martiri cristiani”, un altro irradiante “vero sudore dell’Armata Rossa”, un altro ancora al “tanfo di mazzetta distillato al 5%”.
Di contrabbando si trovavano anche calzini usati, appartenuti a qualche mistico del partito unico, per anziani nostalgici.

Un’altra generazione dopo, tra  consumismo sfrenato stile Anni ’60/70 e faccioni di Che Guevara, s’inventa l’unica cosa che non s’era mai fatta: ad ognuno una puzza ed a tutti la puzza di ognuno.
Un successone … come dislocare un ratto morto in un’aiuola di margherite, tanto per redistribuire un po’.

Così, dal 1992 si iniziò a notare che ormai c’era una puzza unificata: la “puzza di bruciato”.

Questo sistema, quello della famosa “puzza di bruciato”, con le elezioni del 1994 fu cassato per andare incontro al “profumo del nuovo” che avanza e, soprattutto, non puzza.
Una roba svedese meglio dell’IKEA (sic!).

Molti osservatori politici hanno usato la parola declino, per descrivere questi ultimi 15 anni.

Puzza di cadavere ?