Per legge ogni comune in dissesto è tenuto a tagliare la spesa fra il 10% e il 25% e, secondo le stime della Ragioneria, Roma Capitale avrebbe potuto /dovuto risparmiare più di 400 milioni di euro l’anno, evitando di riccorrere puntualmente a sempre maggiori aiuti da parte dello Stato.
Invece, a Roma, tutto questo non è accaduto e il 4 ottobre del 2013 – trascorsi i cinque anni di rito -,due ispettori della Ragioneria Generale dello Stato avviavano una “verifica amministrativo-contabile” sul Comune di Roma, consegnata mesi fa e trapelata in questi giorni.
In soli quattro anni – dal 2009 al 2012 – i contribuenti italiani si sono accollati oneri per 580 milioni annui, come scrive La Repubblica, derivanti dal dissesto finanziario in cui versava il Comune di Roma.
In tutto fanno 2,3 miliardi di euro in quattro anni pressi dalle casse dello Stato per le ‘cambiali’ romane della gestione di Walter Veltroni, mentre le stesse somme venivano sottratte alla sanità, al welfare e alle infrastrutture di tutto il Paese con una crisi finanziaria mondiale in corso.
Poi, c’è la gestione di Gianni Alemanno e fanno altri 885 milioni per evitare il blocco dei servizi, dato che “per il proprio risanamento Roma Capitale ha fatto totale affidamento sull’intervento statale, senza realizzare in proprio alcuno sforzo per riportare in equilibrio i conti, nemmeno quando si trattava di far cessare comportamenti palesemente illegittimi”, come si legge nella relazione degli ispettori della Ragioneria.
Infine – dal 2013, con Ignazio Marino – i contribuenti di tutto il Paese si sono trovati a donare alla città di Roma altri 485 milioni di euro poichè “l’ente, nonostante le difficoltà finanziarie che hanno indotto lo Stato nel 2008 ad accollarsi il debito pregresso del Comune di Roma, aveva continuato ad aumentare progressivamente la spesa corrente”. Sempre gli italiani in toto si sono accollati oneri per ulteriori 115 milioni derivanti dai debiti delle precendenti amministrazioni.
Siamo arrivati a 3,7 miliardi in cinque anni di risorse sottratte al Paese e date alla Capitale per sopperire ai danni provocati dalla corruzione, dalla superficialità e dall’incomptenza.
Malgrado la mole dei sussidi dal resto d’Italia, non si è mai cercato di cambiare i comportamenti che hanno già schiacciato Roma sotto una montagna di debiti. (Federico Fubini – L’Espresso)
Secondo gli ispettori della Ragioneria, “è stata evitata ogni decisione volta ad adeguare il livello e il costo dei servizi forniti dall’ente alle reali disponibilità di bilancio, riproducendo quei comportamenti che avevano portato a uno stato di sostanziale default nel 2008” ed “a seguito del cambio di amministrazione, la situazione non sembra aver fatto registrare particolari miglioramenti. L’attuale gestione, in linea con i comportamenti precedenti, ha dimostrato una notevole celerità nell’avanzare richieste di supporto allo Stato, mentre ben poco ha fatto per attivare le entrate proprie”.
Tra le cause dei 3,7 miliardi di euro di deficit accumulati e sanati dallo Stato in soli cinque anni risaltano alcuni grandi appalti e le perdite delle aziende controllate dal Comune di Roma.
La Capitale – solo per i debiti che accumula – costa ben ad ogni italiano ed immigrato, neonato incluso.
In partiolare, c’è l’Atac, l’azienda dei bus e del metrò, che dal 2004 (Walter Veltroni) al 2013 ( Ignazio Marino) ha registrato una perdita complessiva per 1,3 miliardi di euro, contribuendo per un buon 20% al disastro degli ultimi cinque anni.
Intanto, la spesa corrente è cresciuta dai 4,1 miliardi del 2009 ai 5,1 miliardi del 2012 e, secondo gli ispettori di via XX Settembre, si era realizzato un “disavanzo di amministrazione di circa 485 milioni di euro” e non degli utili come iscritto a bilancio.
Guai che non coinvolgono solo la ‘regina’ delle ex-municipalizzate romane, ma anche le ‘piccole’ come Zetema Progetto Cultura (reportistica) che iscrive a bilancio bel 3,5 milioni annui di passivi per ‘trattamenti di fine rapporto’, Farmacap (farmacie comunali) il cui ultimo bilancio approvato risale al 2009.
La situazione degli organismi partecipati da Roma Capitale evidenzia diverse criticità” come il cui riscontro della coincidenza dei saldi debitori e creditori reciproci che non è stato effettuato in sede di approvazione del rendiconto dal 20012 ad oggi. Oppure, addirittura, le rinunce ai crediti vantati dal Comune di Roma nei confronti delle società ed equivalenti a ricapitalizzazioni.
Il tutto mentre molte delle società incrementavano la spesa per il personale, grazie ad assunsioni illegittime e compensi che “sembrerebbero aver superato, in molti casi, i limiti normativamente previsti”.
E così andando le cose gli italiani si ritrovano a bruciare 700 milioni l’anno per una capitale che non riesce neanche a badare a se stessa, se – a fronte di un tale spreco – per “interventi urgenti di manutenzione stradale in caso di eventi meteorologici eccezionali” i fondi sono stati tagliati da 16 a 1,3 milioni di euro e per i 79 edifici scolastici del III Municipio sembra verranno destinati solo 80.000 euro, salvo aggiustamenti di fine bilancio.
Intanto, ogni anno i contribuenti residenti in Italia, immigrati inclusi, versano circa due euro al mese di media per coprire i debiti di Roma Capitale, che non riesce neanche a trovare le risorse – da quanto percepisce dallo Stato in via ordinaria – per garantire i servizi essenziali …
La relazione degli ispettori è ormai di dominio pubblico, pubblicata dal SIULP e da altri siti, ed è davvero difficile comprendere perchè Roma non venga commissariata. Ancor più difficile spiegarlo ad esodati, invalidi, disoccupati e precari.
originale postato su demata
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