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Scuola, servizi pubblici, pensioni: dove sono il Governo e le Opposizioni?

1 Set

E’ il 1° settembre, riaprono le scuole e – dalle notizie del Fatto Quotidiano – dovrebbero ancora esserci migliaia di dipendenti che hanno richiesto la pensione anticipata e sono con la pratica ancora in lavorazione o soggetta a chiaro ricorso.
Intanto, CGIL Scuola annuncia che  “manca un preside su 4, servono segretari e bidelli. In cattedra ottantamila precari. Avvio delle lezioni a rischio caos nonostante i 57mila contratti a tempo indeterminato. E resta il rebus delle maestre diplomate“.

Parallelamente, a dimostrazione che il meccanismo del turn over della Pubblica Amministrazione si sia inceppato (e che le problematiche ex Inpdap non erano limitate a ‘soli’ 10 miliardi di deficit), basta andare su un sito o un forum dei lavoratori della Difesa o della Sicurezza per rendersi conto che decine di migliaia di loro attendono una pensione e spesso sono invalidi. E gli organigrammi degli Uffici pubblici consultabili su internet sono pieni di posizioni in reggenza o utilizzazioni, ergo privi di personale.
Anche nella Sanità, se la Legge 161-2017 modifica la turnazione ospedaliera, questo non corrisponde la possibilità di nuove assunzioni per garantire il servizio.

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Nel privato, il fenomeno ricomprende i lavoratori divenuti invalidi con 400 euro di pensione al mese anche se hanno 30 anni di contributi, gli esodati e le ricongiunzioni negate, i ricomputi retroattivi dopo aver dilazionato per anni, cioè … i 60enni in cerca di lavoro dopo 30 anni di attività disastrosamente sotto gli occhi di tutti da un decennio.

Una diffusa flessione nei diritti dei lavoratori (cioè degli assicurati), che diventa sempre più debordante grazie alle facili e fuorvianti promesse di Salvini di ‘abolizione della Legge #Fornero “, fondate a loro volta su una serie di luoghi comuni.

E’ una bufala che alla pensione di pervenga non prima dei 65/67 anni: il requisito ‘minimo’ della Fornero è l’età contributiva e non anagrafica, potrebbe trattarsi di un lavoratore precoce oppure mansioni usuranti o semplicemente un grave invalido.

E’ una bufala che le generazioni ‘anziane’ non abbiano contribuito a sufficienza: può essere vero per le contribuzioni fino alla fine degli Anni ’70, ma  chi ha iniziato a lavorare negli Anni ’80 rientra più o meno nel sistema contributivo odierno, perchè era cessata la spinta inflazionistica degli Anni ’70 ed avviata l’unificazione finanziaria europea.

E’ una bufala che l’Italia sia afflitta dalla piaga delle frodi assicurative: quello dei falsi invalidi è un fenomeno specifico locale, ma non sono chissà quanti rispetto alle medie europee o statunitensi, specie se parliamo di infortuni sul lavoro. Viceversa, le sentenze del Tribunale del Lavoro favorevoli agli assicurati/assistiti sono tantissime ed anche i morti sul lavoro o i riconoscimenti postumi di danno alla salute rappresentano in Italia un dato rilevante, se parliamo di Vigilanza Sanitaria, prevenzione e sicurezza.

E’ una bufala che dare una rendita agli invalidi sia un costo pubblico non prioritario: era una spesa ben definita fino al 1976 e da decenni inglobata nella massa delle pensioni complessive, senza un bilancio di quanto il Sistema Italia spenda di più, lesinando e rinviando, per minore produttività al lavoro, come per sicurezza sociale (assistenza) e per maggiore accesso alle cure (sanità). Persino negli USA, dove sono attenti al ricavo, gli invalidi hanno chiari diritti, assistenza e sussidi.

E’ una bufala che la Sanità – indispensabile se si vogliono tenere al lavoro degli over55 – sia in Italia “universale”: in realtà è un sistema neanche nazionale, bensì regionale o, peggio, ‘locale’ a seconda della ASL. Infatti, in molte Regioni i Livelli Essenziali Assistenziali e i Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali non sono di fatto attuati , gran parte delle strutture non ha la cartella elettronica, le prenotazioni sono mesi di distanza, le prescrizioni di altre regioni non vengono attuate.

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Queste cose dovrebbero far riflettere, perchè stiamo parlando dei risultati di una ‘nazionalizzazione’, quella avvenuta dal 1974 delle Casse e delle Mutue, già concessionarie ai sensi dell’art. 38 della Costituzione.

A proposito, è una bufala che non vi siano i soldi per le pensioni:  chi versa contributi per oltre 38-43 anni, a seconda degli Stati e degli istituti, è nel dovuto e dovrebbe essere solo una questione di aspettativa in vita individuale e di rendita.
Il problema reale è che il declino italiano, smantellando il settore industriale e manifatturiero, ha già prodotto milioni di sottoccupati con scarsa contribuzione.

Inoltre, sappiamo che c’è un certo numero di rendite ‘eccezionali’ rispetto all’effettiva contribuzione che fa a contraltare con la pochezza dei sussidi ai lavoratori invalidi. Ma non dovremmo fare altro che separare le spese sociali di uno Stato o una Regione (100-150 mld annui) da quelle contributive tra lavoratore ed assicuratore pubblico o privato che sia (3-400 mld annui).
Quanto all’istruzione, un conto è finanziare solo scuole statali, un altro è garantire gli studi gratuiti (entro dei parametri) a chi sceglie le scuole private.

Doveva essere così fin dal 1948. Noi italiani l’avevamo promesso nel 1994. Lo ribadimmo nel 2011 … evidentemente l’Italia può aspettare.

Demata

Roma, un degrado ormai di portata internazionale?

18 Apr

Tutti possono fare un piccolo esperimento, digitando su Google ‘degrado Roma‘ e selezionando solo le notizie delle ultime 24 ore.

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Ecco cosa è apparso tra i primi venti link:

  1. L’agonia di Atac e il colpo di grazia della Giunta Raggi spiegati alla perfezione – Romafaschifo
  2. Fotogrammi di degrado: non si salvano neanche gli asili nidoVigna Clara Blog
  3. Garbatella: degrado nei parchi che vennero inaugurati due volte – Urloweb
  4. Roma, sfregio a Trastevere: la fontana della Botte ricoperta dai writer – Il Messaggero 
  5. Meningite: a Roma l’addio a Susanna Rufi – Il Messaggero
  6. Crolla soffitto in un asilo nido – Jobsnews
  7. L’ultimo spettacolo del cinema Apollo: si sta sgretolandoDiarioromano
  8. Le favelas sotterranee: il volto nascosto di Roma – Il Giornale
  9. Degrado capitale: quanto sei sporca Roma (video) – Repubblica
  10. Chiusi 36 siti archeologici. Lo spreco di Roma Antica – Il Tempo
  11. Campidoglio e Soprintendenza lasciano i tesori nel degrado – Esquilino’s Weblog
  12. Telecamere, anni di reati e degrado sotto gli occhi elettronici – Corriere.it
  13. Borseggi nella metropolitana di Roma – Jimmy Ghione / Striscia la notizia

Si potrebbe pensare “eh ma anche a Milano, anche a Napoli” … ma andando a digitare ‘degrado Milano‘, tanti articoli generalisti, ma la notizia di una villa dimenticata, mentre per ‘degrado Napoli’ troviamo i soliti articoli su rifiuti accumulati da qualche parte e i vandalismi nella Stazione Centrale.

La ‘differenza’ la fanno un sistema di mobilità agonizzante, un degrado architettonico capillare e la notoria autoreferenzialità organizzativa della Capitale, mentre nelle altre due metropoli sono un fiore all’occhiello i trasporti urbani e le infrastrutture stradali come il restauro e il recupero urbano o la disponibilità ad adottare modelli altrui.

Non è bella Roma in rovina, caso mai son belle le sue rovine.
Rovine lasciate ‘intatte’ dalla Storia per ricordare a Roma di un Impero che cadde quando – vittima delle chiacchiere del Foro e delle rivalità dei Senatori – Roma cessò di essere utile all’Impero che da lei dipendeva.

Una Roma che oggi non ha un governo effettivo per l’Italia e neanche per la Regione Lazio, mentre al Comune non è molto diverso, se il Sindaco è ancora allo stallo post-elettorale della miriade di assessori e del bilancio bloccato con l’Atac fuori mercato, tante regole da cambiare con i dipendenti comunali, la raccolta rifiuti e l’approvvigionamento idrico tutti ancora da ‘ristrutturare’, un territorio da mettere in sicurezza sotto tutti i punti di vista … da cui il ‘degrado’ che constatiamo e leggiamo ovunque.

Quanto ancora l’Italia e l’Europa (ma anche il Mediterraneo) potranno permettersi lo stallo ormai ultraventennale del processo di innovazione organizzativa che, a partire da una trentina di anni fa, la capitale doveva avviare e concludere al passo con francesi e tedeschi?

E quanto ancora il Vaticano potrà sopportare una così degradante immagine di Roma, che fa il giro del mondo ogni 24 ore, mentre proprio di immobilismo, corruzione e lassimo è accusato il Cattolicesimo fin dal primo scisma, passando poi per Lutero e tanti altri.

Demata

L’Italia al voto tra soliti noti, balle spaziali e qualche prospettiva

11 Gen

Tra meno di sessanta giorni l’Italia andrà a votare e sembra che i vari contendenti facciano a gara ad alimentare l’astensionismo, pur di garantire equilibri e filiere interne.

La situazione è chiara, ormai.

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Come da tradizione, Partito Democratico e Forza Italia ricandideranno in ogni modo possibile proprio coloro che negli ultimi vent’anni ci hanno messo nell’attuale situazione, mentre la Sinistra del pubblico impiego e del parastato si erge a difesa dei ‘diritti’, cioè della fonte del proprio reddito.
Intanto, la Lega ventila riforme fiscali e previdenziali pari ad almeno la metà delle attuali Entrate, cioè il disastro finanziario, e i Cinque Stelle annunciano 400 riforme in un anno, cioè il Caos amministrativo.
I Demoliberali restano al momento divisi tra +Europa, con Emma Bonino ed Alleanza Liberaldemocratica per l’Italia (ALI), con Oscar Giannino.

Altrettanto chiaro è cosa accadrà dopo.

Infatti, tra i primi problemi che il nuovo Parlamento dovrà affrontare, c’è quello che solo dalla Regione Lazio si prevede un debito sanitario stratosferico, mentre il Comune di Roma non ci sta ad onorare quanto che ancora deve alle banche a partire dalla gestione Veltroni, come non intende cedere, liquidare o ristrutturare Atac, Acea e Ama, mentre già si annuncia per la prossima estate un’emergenza delle forniture idriche, della rimozione rifiuti e dei trasporti. Il tutto condito da un senso di insicurezza generale, anche nella Capitale, causata dall’incertezza e dalla pochezza delle sanzioni a cui va incontro chi delinque.

Già nell’esercizio provvisorio, il nuovo Parlamento potrebbe trovarsi a fronteggiare – dinanzi ai media di tutto il mondo – l’emergenza “Roma Capitale”. Dunque, ci si aspetterebbe che all’ordine del giorno di chi ci governa ci sia:

  1.  la riforma del sistema assicurativo, ripristinando pienamente l’art. 38 della Costituzione, garantendo ai lavoratori la sanità, l’assistenza e la previdenza come era fino al 1974, mettendo fine al colabrodo iniziatosi con la gestione ‘politica’ di questi servizi, mantenendo a tutti gli assistiti i diritti ‘universali’ vigenti in capo alle Regioni e all’Inps
  2. la riforma del sistema di giustizia, introducendo la separazione delle carriere, intervenendo sui tempi e modi procedurali rendendo i processi più brevi, riformando il farraginoso iter delle perizie e delle liquidazioni, introducendo aggravanti adeguate per chi reitera reati, specie se violenti, irrigidendo le pene per le azioni fraudolente, eccetera
  3. la riforma del sistema fiscale o, meglio, la fine delle riforme fiscali, dato che un impreditore serio dovrebbe avere la possibilità di pianificare su un arco quinquennale senza troppe ‘sorprese’ e che un amministratore serio non dovrebbe presentarsi dopo cinque anni agli elettori con le casse vuote e le mani bucate.

E’ la stabilità che crea lavoro, impresa, opportunità. Lo Stato non deve farsi datore, finanziatore, erogatore. Lo Stato deve essere (solo) il Garante.
E’ la concorrenza che garantisce occupazione a chi merita e crescita per chi è al passo con i tempi.

Speriamo che le formazioni demoliberali si ricordino delle proprie tradizioni e delle proprie battaglie di tanti anni fa, quando furono le uniche a contrapporsi a questo sfacelo iniziatosi negli Anni ’90, e sappiano attrarre almeno una parte dell’elettorato cristiano-sociale che, ormai, ha ben inteso come – in nome di una non meglio precisata idea di ‘diritti’ o di ‘semplificazione’ ed accampando come paravento la scusa dell’Europa – in venti anni abbiamo perso almeno un milione di eccellenze andate all’estero, mentre scandali e cronache ci presentano una genia che sembra uscita dai film di Alberto Sordi.

Demata

Sistemi sanitari a confronto: l’Italia arranca

27 Dic

L’Euro Health Consumer Index (EHCI) confronta i sistemi sanitari europei sulla base di tempi di attesa, i risultati e la generosità.
La classifica 2014 comprendeva 37 paesi misurati da 48 indicatori, con lo scopo di misurare la “facilità di uso” dei sistemi sanitari.

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Il British Medical Journal e, di recente, anche l’Osservatorio europeo sulle politiche e dei sistemi sanitari hanno evidenziato che gli indicatori inerenti gli effettivi risultati medici si basano sulla soddisfazione dei pazienti, a loro volta privi di termini di confronto con altre realtà (cut off arbirario).
Ad ogni modo, l’EHCI resta il maggiore indice dell’accessibilità e dell’efficienza dei sistemi sanitari.

E l’Italia?

  • Al 22° posto come qualità generale dei servizi sanitari, superata – tra l’altro – dalla Slovacchia, il Portogallo o l’Estonia.
  • Quanto ai diritti dei pazienti, siamo in 19° posizione, preceduti anche dalla Macedonia.
  • Riguardo i tempi di accesso (22°) anche in Albania si fa prima che da noi.
  • In 22° posizione anche per i risultati (efficacia delle cure), snobbati anche dall’Islanda o da Cipro.
  • Peggio ancora riguardo la gamma dei servizi forniti, con il Sistema Sanitario italiano pari (de)merito con Slovacchia, Ungheria e Polonia, surclassate persino dalla Scozia, Malta, eccetera.
  • Dulcis in fundo, l’accesso ai farmaci è molto più facile in Finlandia o in Norvegia.

In parole povere, fatta eccezione per nazioni molto piccole o quelle che da soli 20 anni si sono liberate da fascismi e comunismi, il nostro Sistema Sanitario – secondo la “rel. 31 January 2015″ – si colloca più o meno ultimo e ben distaccato … anche se spendiamo come e più di tanti.

D’altra parte, l’Indice della qualità della Pubblica amministrazione vede a fondo classifica – praticamente alla pari con la Turchia – il Lazio (-1,512) ed ancor peggio  Sicilia, Puglia, Molise, Calabria (da -1,588 a -1,687) o in Campania (-2,242). Meglio  che tendono alla media europea (indici pari a Veneto (-0,186) ed Emilia Romagna (-0,217) o Lombardia (-0,542).

Non c’è, dunque, alcuna ragione – almeno tra quelle confessabili – per cui l’attuale Parlamento e gli attuali Governatori regionali o i Sindaci, non siano andati ad occuparsi con la massima urgenza della Pubblica Amministrazione e del corrispettivo Servizio (socio)Sanitario.

Anzi, dopo tre anni, ci ritroviamo con il personale incrementato e gli stipendi pure, i contratti e le mansioni risalenti a chissà quando, gli invalidi affastellati in qualche ufficio nell’attesa di un’opzione bloccata,  i malati in coda perpetua al Recup tanto da noi s’opera solo d’urgenza …

E dire che il rating prefallimentare BBB- ce lo siamo ‘guadagnato’ per via della PA obsoleta e dei sui costi iperbolici, che comportano tante e tali tasse ed incertezze burocratiche da soffocare l’Italia che produce … e che fugge all’estero.

D’altra parte, fatta eccezione per il patriottico Draghi, come potremmo ispirare fiducia persino a noi stessi, se al Lavoro e Welfare mettiamo l’ex presidente delle coop, all’Istruzione, Università e Ricerca un ex segretario sindacale senza laurea, alla Pubblica Amministrazione un’altolocata quanto giovane ricercatrice ed alla Sanità una politica di professione diplomata al liceo classico?

Demata

Libia, sempre peggio: un milione di profughi, a rischio i tesori archeologici

9 Mar

Mustafa Turjman, direttore del centro studi archeologici della University of Tripoli, ha dichiarato la propria preoccupazione per le devastazioni di cui potrebbero essere autori gli islamisti in Libia. Infatti, già al momento sono in serio rischio le città di Leptis Magna, uno dei maggiori resti della storia dell’Impero Romano, di Sabratha, dove si trova anche un imponente anfiteatro, di Cirene, una delle più antiche colonie greche, di Gadames, uno dei più antichi siti agricoli del Nordafrica, definito dall’ Unesco come “the pearl of the desert”, e delle pitture rupestri preneolitiche tra i monti Acacus.

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Gli affiliati di Isis non le hanno ancora colpite, ma questi gruppi controllano la striscia costiera tra Derna e Sirte, come buona parte dell’interno della Libia.

La National Oil Corporation libica ha annunciato che sette tecnici stranieri (due europei) sono stati rapiti dai militanti islamici, dopo l’attacco al centro petrolifero di Ghani, durante il quale era stata uccisa una dozzina di guardie e distrutti gli impianti.
A Tripoli, solo da una settimana è stato riparato uno degli impianti di stoccaggio, secondo la Brega Petroleum Marketing Company; a Zueitina, invece, la Wintershall riprende l’estrazione, ma con ‘personale locale’. Chissà se ‘governativo’ o ‘islamista’ come in Irak …

Sabratha-008Intanto, l’inviato speciale dell’ONU, Bernardino Leon, chiede che sia attivato un blocco navale per impedire il traffico di armi e di petrolio, senza chiarire cosa fare dei profughi, mentre il direttore dell’agenzia Frontex, Fabrice Leggeri, precisa che il blocco avrebbe un forte impatto sui migranti che cercano di fuggire dalla Libia, stimati in un milione, ed ai quali la Germania ha già garantito lo status di rifugiati.

Rifugiati come gli oltre 70.000 stipendi di insegnanti e funzionari che non saranno pagati questo mese. Settantamila persone, settantamila famiglie, trecentocianquantamila prossimi profughi o … vittime.
Traffico come quello svelato dalla GNC-Libya Dawn LANA News Agency, secondo la quale su 223 forni del pane ispezionati a Tripoli ben 94 non esistevano pur ricevendo ingenti quantità di farina dalle agenzie di aiuto umanitario. O come quell’altro – per ora negato dalla NOC che gestisce il mercato ‘esterno’- che vede letteralmente scomparire la benzina e il gasolio che vengono importati, dato che la Libia non ha raffinerie, e redistribuiti dal governo (ndr. quando c’è) tramite le compagnie ‘interne’ Libya Oil, Al-Sharara, Alrahela e Al-Toroq Assareeya.

La Libia è nel caos, si combatte nelle città.
A Tobruk per un pelo è stato sventato un attentato con una autobomba contro un ospedale. Da Derna, invece, è stato postato il video della macabra esecuzione di due soldati governativi. A Kufra, intanto, le tensioni intertribali tra Zwai e Tebu sono sempre meno contenute con agguati e morti.
E, giorni fa, a Tripoli anche la compagnia maltese Medavia ha ritirato i voli charter, dopo i continui attacchi dell’aviazione libica per impedire che venisse preso dai jihadisti. Aviazione che – a sua volta – comporta quasi 250 milioni di dollari di spese e che soffre delle restrizioni alla Libia, per cui potrebbe essere dismessa …

Dunque, o si ripeterà la tragedia degli Armeni con navi ed aerei a raccogliere un milione di persone oppure c’è da fare una ‘guerra coloniale’ come quelle che avvenivano prima dei Patti di Yalta del 1945 e dell’accordo di Sikes(UK)-Picot (FR) del 1916.

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Una guerra che ‘estenderebbe i confini’ di Italia o Egitto o Tunisia (o tutte e tre) fino ai campi petroliferi, lasciando agli jihadisti il deserto e le fazioni tribali dell’interno. E che forse farebbe meno morti e meno disastri di un ennesimo esodo biblico con approdo a pochi chilometri dalle nostre coste delle stesse milizie che vediamo operare in Medio Oriente.

Una guerra che si è già estesa oltre i confini della Libia (ammesso che esistano ancora) se il portavoce delle Sudan Armed Forces (SAF), il colonnello al-Sawarmi Khalid Sa’ad, continua a ribadire che non sono coinvolti nel supporto ai ribelli libici tramite gli islamisti del Darfur oppure il portavoce del ministero dell’interno tunisino, Mohamed Ali Aroui, deve dirsi fortemente preoccupato per l’ennesimo deposito di armi (inclusi razzi) rinvenuto al confine con la Libia dalla polizia locale.
La strategia di sconfinamento e di interposizione che Is ha adottato in Medio Oriente potrebbe infiammare l’Africa sahariana e tormentare il Mediterraneo.

leptis magnaPer ora, lo scenario NATO è in stallo, dato che Obama è ideologicamente contrario ad un ‘nuovo Vietnam’ e ad un ‘nuovo Afganistan’, ma soprattutto vede nello Stato Islamico che avanza – e soprattutto nella Libia – il simbolo del suo fallimento alla Casa Bianca. Dunque, non intende occuparsene, come se la sua firma su tutto quello che sta accadendo (e quello che dovrà accadere) non sia la sua.
A sua volta anche Hollande teme una qualunque soluzione della crisi libica per l’ennesima perdita di peso nel Mediterraneo. E, quanto a Matteo Renzi, è davvero difficile credere che come distributore di giornali a Firenze si sia fatto una qualche idea di come ‘muoversi’ in questi casi; Gentiloni (e la Bonino) qualche idea gliel’avevano data, persino la Boldrini qualche ‘se’ gliel’ha lanciato … nulla.

Attendiamo Washington, con li sarracini alle porte. Intanto, però, prendiamo atto che in Libia le cose vanno male per davvero e che i nostri media preferiscono raccontarci dei terribili foreign fighters in Siria, ma non di cosa accade al di là del mare, Tunisia ed Egitto inclusi, passando per Leptis Magna, Cirene, Gadames e Sabratha.
Fecero lo stesso con Cosa Nostra, mentre occupava e devastava il Meridione, e se la sono ritrovata a Roma e Milano …

originale postato su demata

Chi sarà il candidato Presidente del PD

26 Gen

L’elezione del Capo dello Stato richiede, dalla terza seduta in poi, 505 dei 1009 voti espressi da 630 deputati, 320 senatori (315 eletti, 5 a vita) e 58 delegati delle Regioni (art. 83 Costituzione).

I ‘numeri’  collocano il Gruppo Parlamentare del PD in testa (407) seguito dal Centrodestra (234), M5S (143), Autonomie (51), Lega (35), Scelta Civica (34) e SEL (33), in fine il Gruppo Misto (23).
In poche parole, il PD ha da scegliere se trovare un’accordo interno per un nome ricevibile dal Centrodestra ed eleggere il presidente a grandissima maggioranza oppure se correr dietro alle ‘sirene greche’, affrontare l’incubo dello scisma e, soprattutto, votare lo stesso quel candidato, ma in condizioni paritetiche con gli alleati …

Ed i fronti interni non sono quelli che  leggiamo sui giornali, la questione non è se essere più o meno veterocomunisti democratici o più modernamente cattopostcomunisti, nè si tratta di pendere per le Coop (travolte dalle collusioni mafiose in troppe città) o per la ‘base operaia’, che ormai segue Landini e Marchionne.

Il primo fronte è quello ‘interno, nazionale’ dei ‘baby boomers’ – i nati tra il 1948 ed il 1955 – che gli italiani chiamano ‘ex sessantottini’ e che da una ventina d’anni fanno il bello e il cattivo tempo a nostre spese. Convinti di essere portatrice di in un futuro migliore e intendono somministracene ulteriori dosi, proponendosi a 70 anni come vestali del nostro futuro.
L’altro è quello ‘internazionale’ che ha già iniziato da tempo ad affidare il futuro ai cinquantenni di oggi, vedasi Merkel, Obama o John Ellis Bush, Valls, Cameron.  Una posizione che – destra o sinistra che sia – trova forte radicamento a livello popolare e tra i comparti tecnico-esecutivi, ma non offre figure gradite all’oligarchia cattocomunista italiota. E’ una compagine che ‘parla un’altra lingua’, figlia della genetica, dell’archeologia, della storia, dell’organizzazione umana riscritte negli Anni 80-90′, dopo i pregiudizi ed i luoghi comuni diffusi dalla kultura Anni ’60-70′.

In pratica, l’Italia deve affrontare lo stesso bivio dinanzi al quale si trovò la CEI quando si trattò di eleggere Karol Woytila al papato, facendo un passo indietro rispetto alle secolari logiche romanocentriche, e dinanzi al quale si è trovato il Vaticano intero nello scegliere un gesuita cosmopolita come moralizzatore di Roma.

Lo ‘stato delle cose’ lascia pochi nomi alla ribalta, a meno che il PD scelga una via disastrosa, cedendo a chi vorrebbe uno dei ‘soliti noti’ a presiedere il Quirinale, magari sbarrando la strada ad innovazione, semplificazione ed equità generazionale per altri sette anni.

L’estremo tentativo di un mondo che si regge solo su proroghe dell’età pensionabile e mandati elettivi già esauriti, come sul consenso di alcune zone dello Stivale,  beneficiate dall’Unificazione italiana, è Sergio Chiamparino (Moncalieri, 1948), ex alpino, presidente della Regione Piemonte dal 9 giugno 2014, esperto di  ristrutturazioni industrial fin dal 1975 e responsabile del Dipartimento Economico del PCI di Torino dal 1982.
Contro di lui, per non chiariti motivi, la sinistra PD di cui Stefano Fassina ricorda che “il nuovo Presidente dovrebbe garantire autonomia, esperienza, conoscenza delle dinamiche parlamentari e autorevolezza”, ovvero non il ‘compagno’ Chiamparino che non è mai stato parlamentare. Idem Raffaele Fitto, di Forza Italia: “Puntiamo ad un capo dello Stato autonomo, autorevole, e che non sia necessariamente espressione della sinistra”.

L’uomo che meglio raccoglie ‘il nuovo che non avanza, ma doveva esser già qui’ è Paolo Gentiloni, ex editore di ‘Nuova Ecologia’ e per anni parlamentare europeo e compnente delle Commissioni Ambiente ed Esteri dell’Unione Europea. Poco conosciuto in Italia, fuori dalla sua città natale, Roma, è stato l’uomo che forse più di tutti ha tutelato gli interessi energetici dell’Italia ed il suo upgrade tecnologico.
Ed, infatti, Gianni Cuperlo, parlamentare ed ex presidente del Pd, ha dichiarato “mi auguro che ci sia una proposta unitaria, seria, autonoma” da parte del suo partito e Gentiloni è un liberale di nobile famiglia, esponente del ‘mondo laico’ a partire da Bonino e Rutelli.

Tra i due fronti va a comporsi il tezo nome: Dario Franceschini, cinquantenne, proveniente dall’esperienza giovanile dei Cristiani per il Socialismo e delle Acli, sempre ‘apart’ rispetto all’oligarchia sindacal-cooperativa e spesso dimenticato dalla stampa ‘amica’. Ottimo mediatore e persona di cultura, cattolico populista e non operaista, può essere il punto di incontro raggiungibile o … già raggiunto, visto che è l’unico che rientra nei ‘parametri di veto’ delle due componenti ‘old school’ del PD, salvo che non tirino fuori dal cappello al cilindro un settantenne as usual … o, perchè no, Walter Veltroni, l’ex sindaco di tutti … non sgradito a Berlusconi.

Aggiunto che Mario Draghi ha annunciato i ‘Bot europei’ prima e non dopo le elezioni greche ed italiane, potrebbe addirittura accadere qualcosa di sensato nel Paese degli Acchiappacitrulli, ovvero che PD (407) più Centrodestra (234), con Autonomie e Scelta Civica (85) riescano a convergere ed eleggere il Presidente entro le prime tre sedute.

originale postato su demata

Greta e Vanessa a casa: Gentiloni fa la differenza

16 Gen

Due giovani volontarie italiane, Greta Ramelli e Vanessa Marzullo erano scomparse da agosto in Siria, praticamente non appena arrivate sul posto.
Erano arrivate lì sull’onda del volontariato ‘fai da te’ tipico della nostra penisola, cariche di euro per aiutare ‘le donne’ e senza immaginare che ad attenderle ci fossero degli ‘uomini’.

Due ragazze, che poco prima di partire fondavano con Roberto Andervill il Progetto Horray(a)ty, parola che in arabo suona come ‘liberatori’, ed erano ben riconoscibili in alcune foto postate su internet  dove sventolavano la bandiera siriana del Free Syrian Army, ovvero la fazione ribelle soccombente, appoggiata dagli USA.
Un bersaglio, insomma. Praticamente, un regalo per le bande di tagliagole che operano in Medio Oriente.

Due ragazze tranquille, cresciute nei circuiti parrocchiali a quanto sembra. Greta Ramelli, 20 anni, aveva già esperienze in Zambia e a Calcutta, in strutture missionarie della carità, Vanessa Marzullo è andata in piena zona di guerra a 21 anni, con gli studi universitari in corso per Mediazione Linguistica e Culturale, “dal 2012 si dedica alla Siria, dalla diffusione di notizie tramite blog e social networks all’organizzazione di manifestazioni ed eventi in sostegno del popolo siriano in rivolta. Questo culmina nell’organizzazione e nella nascita del Progetto Assistenza Sanitaria in Siria”.

Una zona di combattimento, non c’è altro da dire, di quelle che persino i reporter di guerra evitano.

Vanessa Marzullo  Greta Ramelli Bandiera Flga Free Syrian Army

Resta un mistero – con una situazione del genere – su cosa abbia indotto i tre volontari a varare il progetto ‘Progetto Horryaty” per l’assistenza sanitaria delle popolazioni rurali e rientrare in Siria. Rapite praticamente a poche ore dal loro arrivo sul posto, in un contesto dal quale si tengono ben  lontani operatori e ong ben più esperti e organizzati, oggi sono tornate.

Nelle poche immagini di repertorio, si vede che quasi si sorreggono una con l’altra, quasi trascinandosi a vicenda, con gli sguardi persi di emerge alla luce da un pozzo nero come la notte e profondo come il mare.

Cosa sia loro accaduto, in oltre cinque mesi trascorsi in balia della feccia del Medio Oriente, possiamo ben immaginarlo ed, infatti, non hanno voluto parlare con i giornalisti accorsi all’aereoporto e neanche hanno lanciato un saluto. Anche il ministro Gentiloni ha rispettato la riservatezza delle due giovani donne che apparivano fortemente provate.

Speriamo solo che il giusto rispetto della privacy di queste sfortunate ragazze non comporti il dovuto approfondimento e dibattito nazionale sul volontariato ‘fai a te’, che comporta rischi per gli operatori di gran lunga maggiori di quello gestito tramite le grandi Org, e su come gestire le presenze irregolari di stranieri nel nostro paese, visto che – se c’è il problema attentati – c’è anche quello degli ostaggi.

A parte la cosa sia accaduto a Greta e Vanessa ed i segni che porteranno con se per sempre, la loro fu una scelta voontarie e personale, mentre prendiamo atto che la tv di Dubai “Al Aan”, raccogliendo un tweet attribuito a militanti dell’Is, racconta di un riscatto di nove milioni di euro …

Infatti, le schede e gli avvisi per i viaggiatori che si recano in Siria –  curate dal Ministero degli Affari Esteri italiano – precisavano già il 14 marzo 2012, che l’Ambasciata d’Italia a Damasco ha sospeso le proprie attività, mentre proprio il 15 luglio scorso un avviso recitava che “in considerazione dell’attuale situazione di elevato rischio e di grave pericolosità, si sconsiglia di recarsi in Siria e si ribadisce l’invito ai connazionali ancora in loco a lasciare il Paese.”

“Si invita ad evitare spostamenti all’interno delle città … e si sconsiglia vivamente di intraprendere alcun viaggio all’interno del Paese … Elevatissimo è il rischio di rapimenti, attentati e violenze in tutto il Paese tra cui la Capitale. Le aree periferiche della capitale e di Aleppo sono assolutamente da evitare a causa di violenti scontri tra l’esercito regolare e i gruppi armati degli oppositori.”

Dunque, sarebbe davvvero da comprendere perchè una certa parte del volontariato italiano non si sia resa conto che stavamo ‘spedendo’ due ragazzine inermi in Siria in data 28 luglio 2014, e – pur senza colpevolizzare le due sfortunate ragazze – sarebbe bello capire chi restituirà all’Erario quei soldi.

A proposito di ostaggi, speriamo che Gentiloni, dopo questo primo notevole successo, porti a casa definitivamente ambedue i nostri marò. Latorre e Girone liberi!

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Napolitano lascia: i nomi dei papabili

1 Gen

Giorgio Napolitano lascia e le Camere riunite – le stesse che fallarono nel gennaio 2013 – dovranno eleggere un nuovo Presidente per l’Italia.

Per ccapire come andranno le cose e non farsi attrarre da ipotesi desuete, va innanzitutto precisato che, allo stato attuale, i Gruppi Parlamentari sono così divisi:

Alleanze voto presidenziale 1

Dunque, se l’obiettivo è superare la soglia dei 504 voti, le alleanze che potranno credibilmente sostenere un candidato sono le seguenti, con i colori dal rosso al verde che evidenziano quali candidature potrebbero essere indebolite da più o meno rilevanti fazioni, resistenze e defezioni interne dei partiti, in particolare nel PD.

Alleanze voto presidenziale a1

In parole povere, se il candidato stesse bene ad Alfano & co. ci sarebbero buone possibilità di essere eletto, mentre, se il Centro Destra fosse fuori dai giochi, PD e alleati dovrebbero essere assolutamente compatti, anzichè -come da tradizione – dibattersi tra mille anime e una dozzina di nomi per convergere su quello solitamente più sgradito alla restante parte degli italiani.

Detto questo, ci sono i nomi dei potenziali candidati, a seconda che del buon senso o dello spirito di fazione che ispirano chi li propone.
Alcuni sarebbero ‘impossibili’ in un paese normale per limiti di età o per conflitti di interessi – se non scandali in famiglia – come anche l’aver mai commesso gravi errori politici o emanato norme inique. Altri, invece, potrebbero avere le carte in regola e vedremo quali.

I FEDELI ALLA LINEA

Walter Veltroni, il sindaco che lasciò Roma con miliardi di debiti, migliaia di interventi manutentivi inevasi come di operatori dei servizi esternalizzati poi rimasti disoccupati, milioni di multe poi demandate ad Equitalia, decine e decine di norme o regolamenti nazionali ed europei inevasi … più qualche cooperativa e qualche okkupazione di troppo.

Romano Prodi, lo smantellatore dell’industria manifatturiera (IRI) che oggi rimpiangiamo e l’inventore della Cassa integrazione (Maserati) che oggi malediciamo, l’economista che  – tra il 2007 e il 2008 quando era al governo – incrementò ulteriormente la spesa pubblica narrando di un ‘tesoretto’ che ‘deficit’ era, il politico del ‘si può fare’, dell’Eurozona delle banche e della Costituzione europea che nessuno ha adottato, il premier che pretese la spedizione militare italiana in Libano

Giuliano Amato, ex  sottosegretario alla Presidenza del consiglio nei due governi Craxi I e Craxi II, ex presidente del Consiglio, che approvò, l’11 luglio 1992, un decreto legge da 30.000 miliardi di lire (retroattivo al 9 luglio) per il prelievo forzoso del sei per mille dai conti correnti bancari degli italiani, ex  ministro dell’Interno ha impartì per primo a tutti i prefetti e sindaci italiani la disposizione di non trascrivere i matrimoni gay celebrati all’estero, perché considerati contrari all’ordine pubblico, autore della riforma delle pensioni del 1992 che salvaguardò le pensioni d’oro, escluse i nati prima del 1950 dall’introduzione del regime contributivo, dimenticò milioni di invalidi

Piero Fassino, nipote di uno dei fondatori del Partito Socialista Italiano, figlio del comandante della 41ª brigata partigiana Garibaldi, laureatosi a 49 anni in Scienze Politiche, del quale il 31 dicembre 2005 il Giornale pubblicava stralci di un’intercettazione telefonica – illegittima perchè coperta da segreto – in cui Fassino chiedeva a Giovanni Consorte, manager della Unipol e all’epoca coinvolto nello scandalo di Bancopoli: «E allora siamo padroni di una banca?»

Sergio Chiamparino, presidente della Regione Piemonte ed una vita nel PCI, stop. In un Partito Democratico che vola basso, la pertinacia è la prima dote necessaria a Torino, ma a Roma … non basta..

Graziano Del Rio, medico endocrinologo, cattolico praticante, nove figli, dal 2013 ai vertici dei governi Letta e Renzi, ex  consigliere regionale dell’Emilia-Romagna ed ex sindaco di Reggio Emilia (la patria della famiglia Prodi) eletto al primo turno con il 63,2% dei voti, ex presidente dell’Associazione dei Comuni. Potrebbe risultare l’esponente giusto per la ‘provincia profonda’ italiana largamente rappresentata in Parlamento.

GLI IMPROBABILI

Pier Carlo Padoan, ex direttore esecutivo per l’Italia del Fondo Monetario Internazionale, ex vice segretario generale ed ex capo economista dell’OCSE, poco carismatico Ministro dell’Economia e delle Finanze del Governo Renzi. Rappresenterebbe una regressione del Paese all’esperienza della Presidenza Ciampi

Piero Grasso, presidente del Senato, ex magistrato, noto anche per le sue controverse frasi verso i magistrati antimafia Caselli, Falcone e Borsellino e Anna Finocchiaro, anche lei magistrato, presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato, il cui marito, Melchiorre Fidelbo, è stato rinviato a giudizio nel processo per l’affidamento senza gara dell’appalto per l’informatizzazione del Presidio territoriale di assistenza (Pta) di Giarre. Nel processo è stato coinvolto anche il  senatore PD Antonio Scavone, nominato – mesi fa – dal presidente del Senato Pietro Grasso come componente della commissione di vigilanza Rai, azienda partecipata dallo Stato, pur essendo rinviato a giudizio con l’accusa di truffa aggravata ai danni dello Stato e abuso d’ufficio. Difficile che uno dei due pervenga ad una carica che gli faccia anche presiedere il CSM.

Pierferdinando Casini, ex presidente della Camera e attuale presidente della Commissione esteri del Senato, marito della ricchissima Azzurra Caltagirone, ex strenuo sostenitore di Mario Monti ed Elsa Fornero. Eterno ‘piano B’ del Centrismo italiano.

Mario Draghi, governatore della Banca Centrale Europea, ex governatore di Banca d’Italia, ex consulente di Goldman Sachs. L’unico che in questi ultimi dieci anni ha dimostrato di amare l’Italia e saper tenere la barra al centro, pecccato sia altrove impegnato.

I PAPABILI

Luigi Zanda, ex Margherita, capogruppo del Pd a Palazzo Madama, ex consigliere di amministrazione del gruppo editoriale L’Espresso con Eugenio Scalfari, ex segretario-portavoce di Francesco Cossiga al Ministero dell’Interno (1976-1978), ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, concessionario dello Stato per gli interventi di riequilibrio ambientale e di difesa di Venezia e della sua laguna, ex presidente di Lottomatica, ex presidente ed amministratore delegato dell’Agenzia romana per la preparazione del Giubileo del 2000, ex Consigliere di amministrazione della RAI. Mai coivolto in scandali

Marta Cartabia (14 maggio 1963), autorevole docente e costituzionalista italiana, giudice costituzionale dal 2011. Esperta di diritto europeo, forse l’unica che potrebbe portare l’Italia alle riforme dell’infrastruttura normativa e della giustizia evitando lacci e lacciuoli

Dario Franceschini, ex Margherita, Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, figlio di un partigiano cattolico poi deputato per la Democrazia Cristiana , è in politica dall’età di 16 anni. Una faccia pulita che potrebbe risultare gradita a gran parte dei partiti

Paolo Gentiloni, neoministro degli Affari Esteri, discendente della famiglia dei conti Gentiloni Silverj, ex direttore del mensile “La Nuova ecologia”, ex portavoce del sindaco di Roma Francesco Rutelli ed antagonista di Ignazio Marino alle scorse Primarie romane. Il volto dell’Italia che attende di cambiare da venti anni e passa

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Le intenzioni di voto degli italiani: un nuovo Centrodestra e/o Centrosinistra

18 Nov

Secondo i dati diffusi da RAI 3, le intenzioni di voto degli italiani al 15 novembre 2013 prefiguravano ancora una risicata vittoria del Centrosinistra, in caso di elezioni.

intenzioni voto 15 novembre

In termini di coalizioni ‘classiche’, l’esito sarebbe il seguente:

  • PD+SEL+Scelta Civica = 34,0% (22,1%)
  • PDL+Forza Italia+Lega+UDC = 30,6% (19,9%)
  • M5S = 25,3% (16,6%)

Oppure:

  • PDL+Forza Italia+UDC+Scelta Civica = 33,1%  (21,5%)
  • PD+SEL = 31,5% (20,4%)
  • M5S = 25,3% (16,6%)

I numeri tra parentesi rappresentano il consenso ‘effettivo’, tenendo conto di un astensionismo (intorno) al 35%, come stimato da tutti i sondaggi recenti, e che potrebbero essere anche molto ottimistici, visto come sono andate le ultime elezioni dei principali sindaci italiani.

A Roma – dovendo scegliere tra Ignazio Marino e Gianni Alemanno – il 55% degli elettori – pochi mesi fa – ha preferito non recarsi alle urne per il ballottaggio. Solo il 28,7% effettivo degli elettori ha dato il proprio consenso a Marino, ma i giornali parlavano di vittoria con il 63% …
A Napoli Giggino De Magistris rischia ogni giorno la defenestrazione per inerzia e pressappochismo e … venne eletto nel 2011 con un astensionismo al 50% secco. Il 73% dei napoletani non gli diede il proprio voto.
A Milano – dove tutto (per ora) tace in attesa di un (si spera) lauto Expo 2015, cui faranno seguito, come d’ordinario, i soliti scandali e qualche arresto – Pisapia non ebbe il consenso di oltre il 65% degli elettori.
A Firenze, Matteo Renzi fu eletto con il 42% di astenuti, mentre al primo turno aveva votato il 76% … Solo il 35% effettivo degli elettori l’ha votato e di ‘mal di pancia’ tra i fiorentini se ne sentono tanti e tanti.
Stesso discorso a Torino per Piero Fassino (astenuti 34%, solo il 44% dei consensi effettivi al ballottaggio). A Palermo, Orlando amministra il Comune con il 61% dei cittadini che si sono astenuti, ovvero con una maggioranza bulgara di 30 seggi su 35 totali (86%) a fronte di un modesto 28,5% di consensi effettivi.

Chi, dunque, propone una legge elettorale simile a quella in uso per i Comuni è evidentemente disattento verso le abnormità palesi che emergono dai dati elettorali e dalla composizione dei consigli.
Come anche è evidente che nessun sondaggio elettorale può fornire previsioni di medio periodo, finchè l’elettorato è ben diviso in quattro spezzoni, che – incredibile, ma vero – si attestano in quest’ordine:

  • 35%, Astenuti
  • 26%, Partiti/movimenti di protesta e/o locali (Lega, Autonomie, M5S, SEL, IdV, ultraDestra)
  • 22%, Centrodestra
  • 17%, Partito Democratico

Ecco perchè il Governo Letta non riesce a fare nè un passo avanti nè due indietro ed ecco perchè la contesa nel Partito Democratico è acerrima: la crisi di consensi e di idee è profonda, almeno quanto lo sono state l’assenza di rinnovamento e l’azione di lobbing del mondo cooperativo e consociativo, che – non dimetichiamolo – per PIL ed accesso a sussidi e benefit rappresenta una sorta di Confindustria ‘a parte’.

Da questo punto di vista, la disattenzione può diventare miopia, se si continuasse a parlare di ‘crollo del Centrodestra’ e di ‘ecumenismo renziano’.
Infatti, mentre lo strappo di/da Forza Italia offre nuove possibilità di riaggregazione dell’elettorato del Centrodestra e delle formazioni politiche esistenti, il congresso del Partito Democratico sta prendendo una piega ‘scissionista’ se accadrà, come possibile, che la marcia trionfale di Matteo Renzi si trasformi in una sfida all’OK Corral.

E se ciò accadesse, aumenta la possibilità che il Centrodestra – affrancato dal Berlusconismo – decida di andare alle elezioni nel corso del 2014, sfiduciando un governo inerte, indeciso e già vessato da scandali, che vede calare la fiducia degli italiani sempre più in basso (circa il 30% di coloro che hanno voluto rispondere ai sondaggi, all’incirca il 10% effettivo dei contatti).
Oppure, se la nascita del Nuovo Centro Destra di Angelino Alfano dovesse imporre una svolta in positivo al nostro letargico governo, dovremmo solo rinviare il distacco all’anno successivo, il 2015,  se si volesse ragionare in prospettiva, ovvero tenendo conto delle amministrative che, nel 2016, coinvolgeranno Napoli, Milano, Firenze e, soprattutto, dell’Anno Horribilis, il 2017, quando – al rimborso e rinnovo dei titoli di Stato quinquennali, mentre l’ultima onda del Baby Boom dovrà pur andare in pensione – verranno a galla tutti i danni causati da questi (per ora) quattro anni di stasi governativa e politica e di salvataggi finanziari a senso unico.

L’aver protratto il confronto interno così a lungo – mentre si attende una sentenza costituzionale che renderà il Porcellum inservibile – ha danneggiato il Partito Democratico e maggiori danni ne verranno, se dal Congresso non ne uscirà un segretario ed una linea politica che ricordino la lezione di Enrico Berlinguer (sostanzialmene affine a quella di Giulio Andreotti o, meglio, di Charles De Gaulle e di Juan Domingo Peron): in una democrazia la maggioranza dei voti tende sempre a collocarsi nell’area moderata e non agli estremi.

Chi vuole governare per la pace e per la prosperità mal si accompagna con chi semina vento per generare tempesta, come anche chi si accontenta sempre di un uovo oggi, finisce per non avere galline domani.

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Alba Dorata: rischi per l’Italia?

4 Nov

In Grecia sale la tensione, dopo l’attentato alla sede di Alba Dorata, con due morti e diversi feriti, che fa seguito ad attentati a giornalisti e uffici avvenuti nel 2013. Una tentata strage attuata proprio mentre la Grecia cercava di fare piazza pulita dei suoi neonazisti e con il solo scopo di gettare in paese nel caos e non per ‘vendetta’, visto che l’omicidio del rapper antifascista era scaturito da una lite da bar e non da un complotto.

In una sua lunga disanima, Harry van Versendaal – noto editorialista della versione inglese del quotidiano greco I Kathimerini – invita non solo la Destra neonazista, ma anche la Sinistra antagonista a “sviluppare una comprensione più inclusiva della violenza, condannandola in ogni sua forma: sia essa razziale, sessuale o politica“.

Un invito che andrebbe esteso anche all’Italia, dove i nostri media in questi anni ci hanno poco o punto informati sull’escalation anarco-insurrezionalista e della sinistra radicale, cui fanno da contraltare (come a Weimar) i neonazisti di Alba Dorata.

Intanto, in Italia non possiamo di certo dire che stiamo al sicuro da rischi simili, ma, nel nostro caso,  di neonazisti o neofascisti non è che se ne vedano tanti come in Grecia. Anzi, all’ennesimo anniversario mussoliniano c’erano forse 5.000 nostalgici.

E’ la minaccia anarco-insurrezionalista che rimane «estesa e multiforme», in grado di tradursi in una «gamma di interventi» che può comprendere anche «attentati spettacolari», questo il report dei servizi segreti nella Relazione annuale consegnata al Parlamento nel marzo 2013.
La sola nDrangheta, secondo il rapporto Eurispes 2008, avrebbe un giro d’affari di 44 miliardi di euro annui e potremmo stimare in almeno 150 miliardi annui il PIL (ndr. attivo o passivo?) derivante da attività crimine organizzato. Il disastro ambientale campano, le fabbrichette della moda o le rivolte degli immigrati schiavizzati comprovano una dimensione ‘messicana’ dei rapporti tra governance nazionale, sistema produttivo e cartelli locali.

La nostra governance – a differenza di quella spagnola – non è riuscita a far altro che congelare il debito interno e quello estero, mentre il Parlamento è in ostaggio di una legge elettorale indecente e di un’informazione pubblica che Freedom House nel suo report annuale considera ‘semilibera’, collocandoci alla stregua degli stati ex-satellite dell’URSS (Ungheria, Romania, Bulgaria, Serbia eccetera) o delle traballanti repubbliche africane (Egitto, Tunisia, Benin, Namibia eccetera).

Indice di Competitività UE 2013

Aggiungiamo che un malgoverno durato 150 anni ha ormai creato e sigillato tre aree geografiche ben distinte: un Settentrione con una produttività paragonabile a quella tedesca, un Meridione ormai ridotto a vicereame ispanico (come il Messico, Columbia e quant’altri), un Centro che sopravvive – oggi come ieri – di speculazioni finanziarie e immobiliari in nome del ‘paesaggio italiano’ e della ‘bona fidae’.

PIL pro capite UE 2009
Tenuto conto dell’irriducibilità di Silvio Berlusconi e di Matteo Renzi nell’anteporre una visione personale all’interesse generale, oggi, come durante la Guerra Fredda, l’Italia sta andando a porsi al centro di una serie di ‘affari internazionali’, di cui un ‘assaggio’ sono state le montagne russe dello spread del 2011.

Dunque, se la Grecia prendesse fuoco, l’Italia potrebbe non esserne esente.

In assenza di un sufficiente numero di ‘fascisti’, per ora, la furia del ‘tanto peggio tanto meglio’ non avrebbe che prendersela con le istituzioni – che non sono nè i partiti nè gli speculatori – e con chi le difende, a danno di gran parte della popolazione, che è ‘moderata’, ‘conformista’, ‘populista’ …

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