L’avvistamento di OVNI (Oggetti Volanti Non Identificati, volgarmente detti Ufo) a Roma, in particolare su San Pietro, è avvenuto già diverse volte negli ultimi anni, ma finora non vi erano mai stati riscontri ufficiali.
In questi giorni arriva anche la conferma da parte del Sindaco di Roma Capitale, Ignazio Marino: “lo Stato non è stato nelle condizioni di garantire la sicurezza dello spazio aereo, con l’intrusione di oggetti volanti non identificati”.
Ovni? Ufo?
Niente paura, l’ENAV (Ente Nazionale di Assistenza al Volo) già da giorni – ma il sindaco era in vacanza all’estero – aveva svelato il mistero: si trattava di un “elicottero partito da Terzigno, in provincia di Napoli, con destinazione l’elisuperficie Romanina” e guidato da un ex pilota dell’Alitalia, che ha fatto “una deviazione non prevista nè comunicata” spingendosi più a Nord, oltre il Gra prima dell’atterraggio”.
Questo è il sindaco che passa il Governo … lo Stato è un’altra cosa: è tutti noi e meriterebbe più rispetto e meno scaricabarile.
L’avventura di Ignazio Marino sindaco di Roma iniziò nel 2013: si era ad aprile e si erano appena concluse tra le polemiche le Primarie che gli avevano permesso di diventare candidato del Pd, con quasi 100.000 votanti ed i ‘cavalli di razza’ Gentiloni e Sassoli surclassati.
In quell’occasione, Antonio Funiciello, portavoce del comitato “Gentiloni per Roma” denunciava che: “stanno arrivando al comitato numerosissime telefonate e segnalazioni di irregolarità e disservizi nei seggi elettorali. Invito tutti a vigilare affinché il voto si svolga in maniera regolare. Sarebbe davvero grave se una giornata di democrazia come quella di oggi venisse funestata da vicende poco chiare”. (Fatto Quotidiano – 7 aprile 2013)
E la renziana Cristiana Alicata – blogger membro della direzione regionale del Pd Lazio – ebbe a scrivere su Facebook: “Le solite incredibili file di Rom che quando ci sono le primarie si scoprono appassionatissimi di politica” e “Sono voti comprati. Punto. Chi lo nega è complice dello sfruttamento della povertà che fa il clientelismo in politica”. (Repubblica – 7 aprile 2013)
Con l’emergere di Mafia Capitale, il ministro della Pubblica Amministrazione Marianna Madia denunciò: “Nel Pd a livello locale e parlo di Roma facendo le primarie dei parlamentari ho visto, non ho paura a dirlo, delle vere e proprie associazioni a delinquere sul territorio”. Così sul territorio si muovevano le truppe cammellate dei ras locali che muovevano persone, voti e tessere. C’era anche un tariffario: 10 euro per un voto al proprio candidato di fiducia, 20 per la tessera. Tessera che a volte veniva assegnata anche all’insaputa dei malcapitati. (Huffington Post – 11 dicembre 2014)
“Pacchetti di tessere comprate in bianco dai capibastone e restituite compilate, come e da chi però non si sa. Code di extracomunitari ai seggi delle primarie. Pulmini di anziani prelevati dai centri ricreativi e ricompensati con buste alimentari. Soldi distribuiti fuori dai circoli per incentivare il voto.” Tutti episodi che «sono stati però ignorati dal Pd cittadino, che ha convalidato quel voto e non ha mai preso provvedimenti disciplinari, anzi» – Andrea Sgrulletti, ex segretario pd di Tor Bella Monaca – «Noi che abbiamo denunciato siamo finiti sul banco degli imputati e io stesso ho rischiato l’espulsione dal Pd». (Repubblica – 11 dicembre 2014)
Facendo la conta dei primi nomi coinvolti dalle prime indagini di Mafia Capitale troviamo Mirko Coratti (presidente del Consiglio comunale di Roma), Daniele Ozzimo (assessore alla Casa), Micaela Campana (responsabile welfare nella segreteria del partito), Pierpaolo Pedetti (presidente della commissione Patrimonio in Campidoglio), Andrea Tassone (presidente del Municipio X), Franco Figurelli (segreteria di Coratti), Luca Odevaine (ex vice capo di gabinetto con Walter Veltroni, ex capo della polizia provinciale con Nicola Zingaretti, inserito nel Coordinamento nazionale sull’accoglienza per i richiedenti asilo del ministero dell’Interno), Maurizio Venafro, Regione Lazio, Massimo Caprari (consigliere di Centro Democratico, nella maggioranza del sindaco Marino), Daniele Magrini (dirigente della Regione Lazio, responsabile del dipartimento Politiche sociali). (Fatto Quotidiano – 6 aprile 2015)
E da circa un mese, l’opinione pubblica ha avuto conferma che “sono , i circoli “dannosi” del Pd romano identificati dalla Oggi, la relazione di Fabrizio Barca, incaricato dal commissario Matteo Orfini di condurre la mappatura nella Capitale dopo lo scandalo delle tessere false, conferma che 27 circoli , sui 108 esistenti, “bloccano il confronto sui contenuti, premiano la fedeltà di filiera, emarginano gli innovatori”, altri 17 sono i cosiddetti “di inerzia”, mentre addirittura 2 sono definiti “presidio chiuso”, ovvero “circoli segnati da forte degrado sociale ed istituzionale”. “In particolare si registrano “irregolarità” di iscrizioni in corrispondenza di votazioni o congressi. Inoltre il “38,3% degli iscritti non frequentano il circolo”. (TGcom24 – 15 luglio 2015)
Gli appelli del Comitato Gentiloni e le denunce della renziana Cristiana Alicata di quell’aprile 2013 erano fondati. Inoltre, le siste che sostenevano Ignazio Marino come sindaco raccoglievano solo 512.720 voti su 2.359.119 elettori e di questi solo il 15,9% era ‘solo sindaco’: parlare di voto ‘popolare’ è un’iperbole, mentre è quasi atto dovuto lagnare un difetto di democrazia (viste specialmente le primarie, ma anche arresti e defezioni /incompatibilità successivi).
A parte la questione se e chi “non poteva non sapere”, in questi due anni Ignazio Marino, con la ‘sinistra’ che lo sostiene, non ha voluto confrontarsi con l’evidenza che la sua stessa candidatura a sindaco (come in parte quella di Zingaretti in Regione) si fondarono sulle Primarie e sulle Sezioni del PD di cui sopra.
La soluzione è tutta un equivoco, visto che si evita il commissariamento per mafia del comune di Roma, ma si commissaria il Sindaco, delimitandone l’ambito a “traffico e decoro” (polizia municipale, viabilità e giardini, forse la raccolta rifiuti e i trasporti Atac e Metro, eccetera).
“Il Consiglio dei ministri non ha avuto il coraggio di dire a chi fa politica perché ci crede o perché c’è costretto: signori, state uccidendo Roma … si scende dal carro e fine della giostra, tutti a casa. … Decisione complessa ma doverosa, in linea con la dignità smarrita della politica, messa da canto e sacrificata sull’altare del chissà chi vincerà a Roma se cacciamo adesso Marino e andiamo presto ad elezioni anticipate.”
“Gli impegni, le decisioni, i programmi e in qualche caso anche il personale politico per governare bene Roma dovevano essere di ben altra fattura. Così non è stato. E questa volta, persi tutti i treni possibili, i romani si preparano a presentare il loro conto. Che sarà salatissimo.” (Repubblica – 29 agosto 2015)
Un conto che si prevede salato anche a livello nazionale, se Roma e il Governo Renzi non sapranno dimostrare che la Capitale è la prima a rispettare le leggi che emana. Forse è pretendere troppo, c’è già chi parla di ‘questione culturale’, ma chi vuole raccogliere e rappresentare il voto ‘popolare’ – come Sinistra e sindacati reclamano – dovrà vedersela con i tanti cittadini che in questi anni recenti si son trovati in situazioni anche drammatiche a causa di sprechi, ruberie, disservizi, impunità mentre piovevano tasse, tagli, licenziamenti.
A proposito, quanto ci costa la situazione di Roma in termini di spread dei nostri buoni /titoli, ad esempio, o di capacità di ripresa del Bel Paese o di efficienza finanziaria degli enti a controllo pubblico?
Sapientemente Alfano e il Centrodestra prendono progressivamente le distanze ed, a questo punto – per Roma, per il Partito e per l’Italia – dovrebbe essere il sindaco ad avere un colpo di umiltà” … “Pensate quale dignità se avesse detto: mi arrendo, rimetto il governo di una città che non sono riuscito a capire, con la quale non c’è mai stato un vero feeling. Applausi e onore delle armi.” (Repubblica – 29 agosto 2015)
E chissà che Piazza Affari non risalga persino di qualche punto …
Demata
L’Appennino centromeridionale è sommerso dalla neve.
Come al Passo del Furlo, dove si combatte da almeno una settimana contro una bufera ignorata dai media, oppure per le centinaia di persone sfollate dalle piccole frazioni della Romagna.
O come nell’Avellinese dove, oltre agli sgomberi di edifici, l’accumulo di neve sui tetti ne ha messo a rischio la staticità e le strade del centro sono transennate per la caduta delle grandi lastre di ghiaccio, che si staccano dai tetti e dai balconi, con tantissime auto danneggiate.
Inoltre, almeno una ventina di comuni dell’Alta Irpinia sono senza acqua, a causa di un black out verificatosi agli impianti dell’Acquedotto Pugliese, e nella stessa situazione sono i comuni di Aquilonia, Bisaccia, Lacedonia, Monteverde, Cairano. Praticamente isolata l’Irpinia, dove sono chiuse molte strade che servono a collegare i centri della Valle Peligna, dell’Alto Sangro, Pescina, Villetta Barrea, Opi, Scanno, Anversa degli Abruzzi, S. Donato val di Comino (Frosinone).
Anche la Toscana ha i suoi problemi e risultano semi-isolati Gamberaldi, Lutirano, Campigno, Firenzuola, Vacchiella, Eremo Santa Maria, Greta. Mugello è semi-isolato e problemi seri si riscontrano anche a Palazzuolo. In provincia di Pistoia, ma non solo, a causa del congelamento delle tubazioni, alcune aree montane sono senz’acqua potabile.
Nel Teramano, dove la situazione è particolarmente critica, intere frazioni sono rimaste sepolte dalla neve, che è caduta ininterrottamente per circa 24 ore. Nelle provincie di Pesaro e Urbino nevica quasi ininterrottamente dal 3 febbraio scorso e “la situazione è drammatica”, specialmente a Mercatino Conca, Sassofeltrio, Monte Cerignone e Montegrimano, con più di 3 metri di neve nell`entroterra.
Addirittura, Urbino ha rischiato di restare isolata e la situazione è piuttosto critica nelle frazioni più periferiche di Umbertide, Preggio, Olivello, Racchiusole, Caicocci, Santa Lucia Castelvecchio, Sant’Anna e Spedalicchio.
Anche Chieti, Francavilla al Mare, Cappelle sul Tavo e Spoltore, in Abruzzo, sono senz’acqua a causa del gelo delle sorgenti e delle riduzioni di portata dell’acquedotto. E nella sola Regione Lazio, si contano ben 150.000 utenze dell’Enel distaccate per il freddo con effetti sulla telefonia, fissa e mobile.
Questa è una breve ed incompleta lista dei luoghi dove neve, vento e ghiaccio hanno raggiunto l’entità di “evento calamitoso”.
Una lunga lista alla quale va aggiunto che il blocco dei mezzi pesanti, l’impercorribilità delle strade e le enormi difficoltà per raggiungere le aziende agricole hanno fatto crollare del 40 per cento le consegne dei prodotti alimentari freschi (frutta, verdura, carne, latte, latticini, uova) dalle campagne ai mercati all’ingrosso rispetto al quantitativo medio abituale.
E che, le nevicate hanno danneggiato le colture d’olivo – appena potate – e portato i consumi energetici (ed i costi) dei vivai e delle serre alle stelle.
Oppure, ancora, che sono milioni e milioni le ore di lavoro perdute e saranno di miliardi le spese che l’Italia ed i singoli italiani dovranno affrontare per ripristinare le zone e le cose disastrate e per intervenire, soprattutto, contro il dissesto idrogeologico ed il degrado infrastrutturale, che incombe sulla sicurezza dei cittadini e delle imprese.
Un governo “iniquo” – vedi George Walker Bush a New Orleans – “non commenta” e manda l’esercito … un governo “equo” avrebbe già fatto la sua parte attivando – e sostenendo finanziariamente – le reti di solidarietà sociale e civile.
. Equità: una questione di stile, ma anche di cittadinanza.
“L’Italia non è in uno stato in cui ha bisogno di sostegno finanziario da parte della Comunità internazionale, ma ha bisogno solamente di una migliore governance. La crescita in Italia è necessaria, non solo per ridurre il tasso di disoccupazione, ma anche per assicurare la sostenibilità dei conti”.
Mario Monti, in visita in USA, ha anche annunciato che il pacchetto sulle liberalizzazioni potrà essere approvato nel giro di due settimane ”con modifiche minimali” e che il terzo pilastro dell’azione di governo, oltre alla disciplina di bilancio e alle liberalizzazioni, “è la riforma del lavoro”.
Tagli al Welfare, eliminazione delle “protezioni” verso i piccoli imprenditori e professionisti, deregulation del lavoro: questi i “pilastri” – molto british e molto neolib – del nostro Governo.
Peccato che il popolo italiano e gli analisti tutti avessero evidenziato che il “male italiano” va ricondotto alla Casta ed agli sprechi, all’immane spesa dell’apparato pubblico, allo strapotere delle banche e delle mafie, ai sistemi di controllo e sanzione farragginosi e deboli.
Tra qualche giorno, Mario Monti ritornerà dagli USA e noi ritorneremo a chiederci – magari dopo le aste di titoli di marzo – se quello attuale è un governo tecnico, che si occupa solo di “riforme tecniche” ed ha un tempo prefissato, oppure è un governo di programma, che opera riforme politiche e che arriva fino a fine legislatura.
Differenza irrilevante, ormai? Mica tanto: un governo tecnico non ha titolo ad innalzare l’età pensionabile o ad intervenire sull’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori … e, comunque, ambedue le materie sono referendabili, con esiti scontati, almeno per quanto riguarda la riforma delle pensioni.
Intanto, mentre mezza Italia è sotto la neve, non si vede un soccorso pubblico, come anche con il Meridione al collasso, si parla solo d’altro. Inutile chiedersi quali sarebbero le priorità di un “governo di programma”, specialmente se “l’antipolitica” è al centro delle conversazioni dei cittadini comuni. Specialmente, se il governo non ha altro da dirgli che “arrangiatevi”.
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