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Garagnani, la cultura ed il pensiero divergente

12 Mag

Fabio Garagnani, nato a San Giovanni in Persiceto il 15 ottobre 1951, è un deputato del PdL, in politica fin dal lontanissimo 1972, ma anche funzionario della Camera di Commercio di Bologna, attività evidentemente svolta nei ritagli di tempo lasciatigli dalla politica e che lo vedrà pensionato, ovviamente con il massimo.
Nel corso del 2010, si era distinto per la sua proposta di legge per l’abolizione del valore legale della laurea, appoggiata dai ministri Sacconi e Gelmini, che hanno presentato il piano per l’occupazione di giovani “Italia 2020”, che prevede come «al valore legale del titolo deve gradualmente sostituirsi la logica dell’accreditamento dei corsi, valutati per la loro capacità di offrire una preparazione di alto livello qualitativo».

Il solito sessantenne, senza esperienza diretta nel settore di cui si occupa, che vuole smantellare il passato senza avere idee chiare sul futuro? Forse.

Fatto sta che Garagnani ha presentato oggi una proposta di legge per modificare il Testo unico delle norme sull’istruzione, inserendo il divieto per gli insegnanti di “qualunque atto di propaganda politica o ideologica”.
In particolare, ha puntato l’indice contro i docenti italiani “accusati di “inculcare nei ragazzi ideologie e valori contrari a quelli della famiglia“.

Infatti, il nuovo articolo (il 490 bis) dovrebbe così recitare: “il docente dovrà astenersi in ogni caso da qualunque atto di propaganda politica o ideologica nell’esercizio delle attività di insegnamento anche di carattere integrativo, facoltativo od opzionale”.
La proposta, che arriva da uno dei deputati della Commissione Cultura di Montecitorio, prevede anche sanzioni abbastanza pesanti, ovvero la sospensione dall’insegnamento “per almeno 1-3 mesi.

“La propaganda politica non può trovare tutela nel principio della libertà dell’insegnamento enunciato dall’Articolo 33 della Costituzione. Un conto infatti è tutelare la libertà di espressione del docente, un’altra è quella di consentire che nella scuola si continui a fare impunemente propaganda politica. Soprattutto in Emilia Romagna tra i professori della Cgil”, questo il punto di vista di Garagnani.
Domenico Pantaleo, il segretario generale della Flc-Cgil chiamata in causa, ha così replicato: “Esternazione delirante. Abbia rispetto per gli insegnanti tutti e per la loro funzione. Si ricordi Garagnani che gli insegnanti tutti non inculcano, ma educano secondo i principi della nostra Costituzione”.

In effetti, sembrano davvero finiti i tempi dei corridoi affrescati con i Che Guevara e dei professori che “esibivano” orgogliosamente Il Manifesto. Dopo le riforme degli Anni ’90, nelle scuole di oggi pochi ancora leggono e quasi più nessuno ricorda come si faccia un disegno.

Dovrebbe essere anche ovvio che tutti (studenti, “bidelli” insegnanti e burocrati) siano “rassegnatamente coesi”, dopo un quindicennio di tagli rilevantissimi, vistosi incrementi di attività e continui cambiamenti normativi, accompagnati da continue delegittimazioni di una categoria di lavoratori pubblici che, nonostante tutto, è tra le poche di cui la popolazione non è scontenta.

A prescindere da come vada a finire, sarà interessante scoprire in qual modo la Commissione Cultura di Montecitorio riuscirà a trovare una definizione per “atto di propaganda politica o ideologica”.

Fermo restante che in ogni ufficio pubblico sono già vietati i simboli di partito e più in generale la propaganda, immaginate voi una scuola senza i temi (o saggi brevi) di attualità, o senza scrittori come D’Annunzio e Carducci (di destra), Collodi e Calvino (di sinistra), Cecco Angiolieri, Boccaccio e Dante (anticlericali) od, addirittura, Manzoni e Alfieri (filomonarchici)? Oppure una scuola “attenta ai valori della famiglia”, cioè senza Petronio ed Apuleio, senza il Macbeth, l’Edipo Re e l’Antigone, senza Garcia Lorca o Rimbaud?

La storia stessa della cultura, del sapere umano, è la storia del pensiero divergente, mentre la conoscenza è la sostanza stessa del nostro percorso esistenziale e la curiosità è null’altro che un’affermazione di libertà: non c’è censura o normalizzazione che tenga.