La Grecia ‘prima dell’euro’ era un paese povero e sottosviluppato, che sopravviveva grazie ai transiti mercantili ed ai flussi turistici. Una nazione che emetteva la dracma ad un cambio ‘ufficiale’ e poi lasciava che venisse scambiata ovunque a 20 volte in meno. Un paese talmente privo di sviluppo culturale ed industriale che i suoi figli migliori dovevano studiare all’estero, se volevano diventare biologi od ingegneri provetti.
Con l’avvento dell’Europa (ed il benessere che portò) la Grecia non fece altro che spendere e spandere in privilegi, corruzione e ‘sociale’, finendo per ritrovarsi con Atene – la capitale – a raccogliere quasi metà della popolazione, ma senza avere le potenzialità industriali per sostenere un tale addensamento (ndr. come ad esempio Roma).
Finchè, nel 2009, salta fuori che addirittura lo Stato greco aveva truccato i conti pubblici, onde succhiare risorse ai creditori.
Da allora la Grecia ricatta l’Europa, minacciando l’insolvenza (ndr. default), che colpirebbe duramente i creditori, e ricatta i propri cittadini, dato che per pagare gli interessi s’è tagliato e venduto di tutto, ma non s’è fatta una riforma.
Chi sostiene Tsipras dimentica, infatti, che:
- 2010 la Grecia taglia la spesa pubblica di 30 miliardi e promette riforme, ricevendo un credito di 110 miliardi di euro
- 2011 non avendo mantenuto le promesse di riforma, deve promettere di tagliare ulteriori 6 miliardi e garantire un rientro di ulteriori 28 miliardi di euro entro il 2015. Intanto, essendo l’economia prevalentemente clientelare, il PIL crolla e la disoccupazione esplode
- 2012 permamendo l’inerzia dei greci, arrivano nuovi aiuti per evitare il default: 130 miliardi e la riduzione del valore nominale del 50% dei titoli di Stato, con un allungamento della scadenza (ndr spalmatura)
- 2013 il PIL è passato in pochi anni da oltre 350 miliardi o poco più di 200 miliardi di euro, mentre il debito pubblico è ben maggiore di quello descritto nei conti ‘truccati’, pari a 320 miliardi di euro, ovvero il 175,1% del PIL
- 2014 l’economia riparte, ma dopo i tagli non arrivano le riforme. Intanto, il Pireo somiglia sempre più ad una filiale commerciale di Shangai e dei flussi turistici di una volta non v’è più traccia
- 2015 i greci eleggono Tsipras che promette una politica ‘forte’ verso l’Europa e il FMI, riavviando il ricatto dell’insolvenza e dell’uscita dall’Eurozona.
Grazie alla preannunciata insolvenza (febbraio scorso), la Grecia si trova costretta a finanziarsi con la sola liquidita’ di emergenza della BCE (Ela). Ad aprile, durante la riunione apposita dell’Eurogruppo, il ministro dell’economia greco Varoufakis viene accusato di essere “un dilettante e un perditempo”.
A maggio – quattro mesi dopo le minacce di insolvenza e la prevedibile restrizione di liquidità, Eurostat certifica che il Paese è nuovamente in recessione, mentre i creditori chiedono tagli pari ad almeno tre miliardi entro l’anno.
A fine giugno, Tsipras e Varoufakis non saldano la rata di 16 miliardi, di cui avevano ottenuto la dilazione, e annunciano un referendum per la permanenza della Grecia nell’Eurozona, con il risultato di interrompere il flussi di liquidità.
Per comprendere come mai i greci non se la prendano con i propri politicanti o, meglio, emigrino in massa, è utile sapere che tutto questo accade in un paese dove l’informazione e i media hanno una ‘chiara’ fama (ndr. 69esimi nella classifica Reuters) e che il maggior sostegno arrivi dall’Italia, pari ‘merito’ al 69° posto in classifica …
Infatti, mica ci raccontano che i creditori siamo noi, i lavoratori e i pensionati degli stati europei più svantaggiati.
Il debito greco non fa capo ad entità finanziarie astratte (o rapaci): è al 60% della Ue attraverso i suoi fondi Efsf – Esm, il 12% è del Fmi, l’8% è detenuto dalla Bce, 11% sono bond e il 4% sono bills (prestiti cedibili a breve termine), il 5% sono altri prestiti.
I lavoratori e i pensionati europei sono informati che Tsipras (e Syriza, il partito di sinistra greco) chiedono di ‘scalare’ quasi 200 miliardi di euro dal Fondo europeo di stabilità finanziaria (Efsf) e dal Meccanismo europeo di stabilità (Esm), oltre che dalla BCE?
Le nostre agenzie ed i nostri talk show – con tutto il novero di noti opinionisti, sindacalisti, politici ed economisti – spiegano che sostenere Tsipras equivarrebbe a svalutare l’euro di un buon 5%, oltre che sottrarre miliardi su miliardi al welfare e alla ripresa italiani?
Demata
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.