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Alitalia: cosa c’è da fare lo sappiamo da vent’anni

13 Lug

Alitalia è finita nel 1996, quando vennero accertati a bilancio annuale 1,217 miliardi di perdite, a causa principalmente della perdita di attrazione (sic!) per l’arrivo dei voli low cost e dei costi insostenibili per i contratti di lavoro del personale particolarmente privilegiati. Da allora, solo una mezza dozzina di tentativi malriusciti o falliti di ristrutturarla, privatizzarla, rilanciarla.
Ma il problema è Alitalia oppure lo sono il socio di maggioranza e la location industriale?

Torre_uffici_AdR_Fiumicinofoto di Carlo Dani

Cosa c’era da fare e cosa non è stato fatto, arrivando al gigante dalle gambe di argilla di oggi, è scritto nei bilanci del 1997, quando venne miracolosamente rimessa sesto con 400 miliardi di utili e l’anno dopo ridistribuiva il dividendo ai soci.

1,217 miliardi di perdite recuperati con la riduzione dei costi, ristrutturazione dei contratti, ricapitalizzazione e vendita del 37% delle azioni tramite quotazione in Borsa, alleanza internazionale per ottimizzare rotte e feederaggio (KLM), un Hub internazionale ‘vicino all’Europa’ che servisse la Lombardia e la Val Padana, già allora in forte crescita infrastrutturale e demografica.

Viceversa, grazie agli ostacoli allo sviluppo di Malpensa e nella privatizzazione completa di Alitalia ad oggi persistenti, dopo poco tempo KLM recedeva dai due accordi del 1999 di collaborazione con KLM, per l’area passeggeri ed area cargo.

Da allora il diluvio, mentre restavano incompleti o inefficaci accordi e partnership, finchè nel 2008, pochi mesi dopo un prestito ponte di 330 milioni di euro, Alitalia veniva sentenziata per insolvenza dal Tribunale di Roma e l’inchiesta penale per bancarotta di Alitalia-Linee Aeree Italiane si è conclusa con quattro condanne in primo grado nel 2015, con conseguenze drammatiche:

  1. migliaia di piccoli azionisti vedono sfumare i propri risparmi, dopo che nel 2008 il governo Berlusconi trasformò le loro azioni in una bad company 
  2. inizia il contenzioso della SEA Handling di Malpensa coinvolta nell’abbraccio letale, prima con Alitalia come creditrice della compagnia aerea e poi anche in un’intervento giudiziale UE per gli aiuti di Stato illeciti a compensazione dei debiti
  3. accordi o comunque ‘manifestazioni di interesse’ a bizeffe (sembra oltre 30), ma tutti senza successo, da KLM, Air France, SkyTeam, CAI – Compagnia Aerea Italiana, Lufthansa, Air One, l’OPA del 2006, Aeroflot, Delta Airlines, fino ad Etihad Airways che dal 2015 è proprietaria del 49% di Alitalia e da due anni si ritrova con il Commissariamento.

Il problema è sempre lo stesso: il socio di maggioranza ha sempre dimostrato di essere in difficoltà, quando si tratta di intervenire come in qualsiasi altra azienda quotata in Borsa che deve assicurare servizi quotidiani.

Ad esempio, a causa del bilancio disastroso nel 2017,  era stato stilato un pre-accordo tra i sindacati e l’amministrazione per evitare il fallimento, prevedendo 980 esuberi, tagli medi degli stipendi dell’8% e la diminuzione delle ferie, ma il referendum sindacale l’aveva bocciato con il 67% di “no”.
Così, il mese dopo si è avviata la procedura di amministrazione straordinaria , ma è anche arrivato – per l’ennesima copertura del bilancio abissale a carico dei contribuenti –  un primo finanziamento da 240 milioni di euro seguito da un secondo di360 milioni a ottobre 2017 e la terza tranche altri 300 a 15 gennaio 2018, per un totale di 900 milioni su cui  sta indagando l’Unione europea.

Insomma, se si vuol sperare di ‘dare le ali’ ad Alitalia, servirebbe innanzitutto una profonda ristrutturazione del capitale azionario, se il Mef accusa solo perdite e – contestualmente – una integrazione con il trasporto di superficie che oggi manca e l’ammodernamento dei contratti di lavoro e delle regole interne aziendali.

Andando agli aspetti ‘aziendali’, Lufthansa vince perchè ha delocalizzato e ampliato, andando oltre Francoforte e non focalizzandosi su Berlino, bensì sviluppando notevolmente l’Hub di Monaco di Baviera, addirittura con un proprio terminal, e l’interscambio di Dusseldorf, che garantisce oltre 300 collegamenti ferroviari al giorno, oltre a diversificare tra passeggeri, logistica, catering, assistenza, tour operator.

Lufthansa ha investito il giusto e con lungimiranza, il Mef ha riversato forse molto di più in Alitalia, ma solo per coprirne le perdite di dissesto in dissesto.

Dunque, escludendo gli investimenti esteri e l’innovazione e crescita che ne vengono, il nostro Governo sembra avere solo due opzioni ‘italiane’:

  1. la ‘pubblica’ Ferrovie dello Stato con il rischio che venga travolta dall’ennesimo tracollo ‘annunciato’ di Alitalia
  2. la privata Atlantia, disposta a dissanguarsi in Alitalia per qualche anno, pur di recuperare in immagine e presenza infrastrutturale – logistica, dopo gli scandali del Ponte Morandi e dello stato di manutenzione generale.

Non sarà la soluzione in alcun caso, se oggi, a differenza di trenta anni fa, si dimentica il vero tallone d’Achille dell’Alitalia.

Era il marzo 1980, quando la Regione Lombardia approvava il primo ampliamento di Malpensa come aeroporto intercontinentale, nella prospettiva avveratasi che oggi, Anno Domini 2019, … in quelle regioni settentrionali vive la metà degli italiani, si produce più di metà del PIL italiano e si da corso alla fase di connessione e digitalizzazione dei processi produttivi /prestazionali, dopo aver già proceduto diffusamente all’automazione e alla robotica.

Se a Roma tra Fiumicino e Ciampino transitano 45 milioni circa di passeggeri l’anno, è un fatto che tra Milano, Bergamo, Bologna e Venezia si spostino in aereo quasi 65 milioni di persone.

Ricordiamo – tanto per chiarire bene tutto – che un viaggiatore che sbarca a Dusseldorf impiega solo 12 minuti dal terminal alla stazione centrale, grazie anche agli investimenti di Lufthansa, mentre da Fiumicino a Roma Termini ne servono quasi il triplo, cioè 32 minuti sulla carta.
E se dalla Hauptbahnhof di D’dorf si è già nella city ed in un’oretta si raggiungono le varie città industriali renane od olandesi, dalla nostra central station capitolina in un’ora al massimo si arriva forse ad Aprilia e, magari, anche all’Eur … che è sulla via tra aeroporto e stazione centrale, ma non ha fermate.

Demata

Fiumicino: due anni per arrestare un noto molestatore seriale

1 Ott

Un giovane bulgaro ha terrorizzato per anni le donne dell’aeroporto di Fiumicino con avances, richieste di rapporti sessuali e ore di appostamenti davanti a desk e negozi dei terminal.

Le prime denunce risalgono ad aprile 2015 ed era stato disposto il divieto di dimora nel comune di Fiumicino  per reiterati atti persecutori e tentata violenza carnale.
Nulla da fare: alcune dipendenti arrivavano a chiedere il trasferimento in altra sede.

Infine, veniva emesso un provvedimento di espulsione per motivi di sicurezza, ma usciva libero dal centro di permanenza temporanea di Bari a causa di un incendio che ha reso inagibile la struttura.

E ritornava a molestare donne all’aereoporto di Fiumicino, finchè – ieri – non veniva finalmente arrestato e trasferito nel carcere di Civitavecchia.
Ma non per molestie, solo per violazione del divieto di dimora …

Dunque, in base alle nostre leggi, in uno dei luoghi più vigilati d’Italia le donne non possono star sicure e gli ubriachi vanno a dar fastidio per negozi, mentre a fronte di reati decisamente gravi. Intanto, gli stranieri – anche quelli che commettono reati contro le persone – si vedono tramutare arresti e processi in ricollocamenti in libertà.

Dov’è l’errore?

Demata

Isola Sacra, dove difendersi è una colpa

17 Feb

Isola Sacra, Fiumicino, Roma.

“Spari dentro il centro scommesse tra via della Scafa e via Coni Zugna, rapina a mano armata nella vicina farmacia comunale, blitz e terrore più volte in un supermercato sempre in via della Scafa e in altri due negozi di casalinghi.” (Il Messaggero)

Rapine nei negozi, razzie nelle case, aggressioni, sparatorie.

“Una guardia giurata dell’Asi, una società che svolge ronde diurne e notturne di pattugliamento, ci spiega la situazione. «Purtroppo i furti e le rapine sono ormai una costante di ogni nostro turno di lavoro – dichiara il brigadiere Walter Bigonzoni – La scorsa settimana, mentre ero in servizio, ci sono stati otto tentativi di furto, sono riuscito a sventarne due.
… In via Coni Zugna raccogliamo la testimonianza di Maurizio Marcelletti, proprietario di un piccolo negozio di generi alimentari. «Alcuni mesi fa una ragazza ha tentato di sottrarci l’incasso aprendo il registratore di cassa mentre mia moglie era intenta a servire una cliente. Ormai non possiamo abbassare la guardia nemmeno un istante che veniamo derubati. Ieri sera due case della zona sono state svaligiate, qui non è più possibile vivere».
Anche il punto-scommesse «365» di via della Scafa è stato di recente obiettivo della malavita. «Un momento terribile – racconta la titolare Simona Mastrantoni – All’improvviso sono entrate due persone che, a volto scoperto, hanno prima chiesto l’incasso e poi, non ancora soddisfatte, hanno rapinato anche gli avventori. Al tentativo di rifiuto di uno dei presenti di consegnare un orologio, uno dei banditi ha iniziato a sparare e solo per un caso fortuito non ci sono stati morti. Lavoriamo con la paura». ” (Il Tempo)

L’allarme è di vecchia data, fin dal 2004, secondo il rapporto del Reparto territoriale Lido dei carabinieri, con 3.151 furti in casa (4,5% di arresti), 32 rapine denunciate (21,87% di identificati), per non parlare dei furti d’auto, del pizzo, dello spaccio, della prostituzione.

“Dopo le sei del pomeriggio cala il terrore – racconta Alessandra, proprietaria di un negozio di alimentari in via Coni Zugna – agiscono appena fa buio, senza pietà». Alessandra racconta delle rapine che da mesi terrorizzano Isola Sacra: «Sparano senza paura, hanno colpito alla farmacia, in un bar, più volte al supermercato e in un centro scommesse dove due colpi sono stati esplosi nel locale pieno di persone.” (Il Messaggero)

Un territorio che “vede ogni giorno centinaia di stranieri accalcarsi, spesso venendo alle mani tra di loro pur di accaparrarsi la possibilità di lavorare anche solo una giornata per poche decine di euro. E’ un triste fenomeno di cui si può avere un “assaggio” ogni mattina in via Passo Buole, a Isola Sacra, nei pressi della piazzola adiacente il supermercato Sigma. E’ qui infatti che si ripetono le “scene di ordinario degrado”, in genere tra le 7 e le 11, con decine di persone che bivaccano, con enorme disagio dei residenti, in attesa di essere prelevate dal “caporale” di turno. Si tratta soprattutto di immigrati dell’est Europa che, spinti dalla fame e dal bisogno di guadagnare qualche euro, si prestano a lavorare nei cantieri del litorale romano per pochissimi soldi.” (Cinque Quotidiano)

Una terra di nessuno che esiste da quasi dieci anni a pochi chilometri dalla sede dei principali ministeri, a Roma può accadere anche questo.

E così arriva la tragedia annunciata, la rapina finita male. Cos’altro avrebbe mai potuto accadere?

Poco prima delle 20 di ieri 13 febbraio due uomini armati – Manuel Musso e Christian Ferreri – arrivano al Bar Coffè Break di via Hermada, aggrediscono la barista mentre usciva dal locale per andare a gettare l’immondizia, sparano  in aria sparare un colpo di pistola per spaventare lei e gli avventori del bar.
La donna, spaventatissima, reagisce e, temendo per la propria vita, afferra un coltello e ferisce mortalmente uno dei banditi.

Paura.

Il Tempo – due mesi fa, il 27 febbraio 2013 – raccontava che “Isola Sacra, Aranova, Maccarese, Fregene: non se ne salva una delle frazioni di Fiumicino. Tutte prese d’assalto dai ladri. Ogni sera un furto, scrive il consigliere comunale Mauro Gonnelli. «Viviamo barricati in casa, nel terrore . La sicurezza a Fiumicino è un diritto che non viene garantito». In mezzo a tutto questo le due bombe a Maccarese, una ha distrutto un bar e l’altra l’ufficio postale. «Oggi ci ritroviamo con le forze dell’ordine costrette a fare gli straordinari», interviene il consigliere comunale Giovanna Onorati. «Poliziotti e carabinieri si impegnano al massimo ma non basta; nei centri rurali del litorale nord è allarme». «Le ultime due, a mano armata, sono state compiute in un supermercato e in una sala scommesse», ricorda Roberto Merlini, capogruppo della Lista Mario Russo. «Un uomo è rimasto ferito, colpito da un proiettile perché non voleva allungare il malloppo ai banditi. Come nel Far West».

Paura …

In qualunque altro paese, le prime pagine dei quotidiani avrebbero chiesto le dimissioni del capo della polizia e un aumento delle pattuglie e delle condanne.
In Italia, i media riprotano che la procura di Civitavecchia ha emesso un’ipotesi di reato per ‘omicidio volontario’ contro la donna, che avrebbe accoltellato il rapinatore armato di pistola con la chiara intenzione di uccidere …

Incredibile?
Certamente, ma è ancora più incredibile che siano diffuse dai media le foto private della donna ma non quelle segnaletiche dei due rapinatori …

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Corruzione Lazio: ancora scandali e sprechi

4 Dic

Il Consiglio uscente della Regione Lazio sembra essere ormai diventato una sorta di vaso di Pandora del malaffare. Non che tutti – ma proprio tutti – fossero corrotti, ma la lista degli indagati si allunga sempre di più.

E’ ormai ‘storia di Roma’ la festa organizzata allo Stadio dei Marmi da Carlo De Romanis – indagato per truffa – con i consiglieri travestiti da maiali. Come  lo sono i fascicoli aperti un anno fa per concorso in abuso d’ufficio – ovvero  sull’uso spregiudicato dei fondi regionali – a carico dei membri dell’Ufficio di Presidenza della Regione Lazio, tra cui Mario Abbruzzese, presidente del Consiglio alla Pisana, il vice presidente del Consiglio Raffaele D’Ambrosio, Isabella Rauti, consigliere e moglie del sindaco di Roma Gianni Alemanno, ed i consiglieri Bruno Astorre, Gianfranco Gatti, Claudio Bucci.
Per non parlare di Franco ‘Er Batman’ Fiorito, capogruppo del PdL,  e dei suoi collaboratori, Bruno Galassi e Pierluigi Boschi. ormai condannati a diversi anni di carcere.

Ma, dopo la denuncia di Gianfranco Paris, avvocato reatino, candidato alle regionali del 2010 con la Lista Bonino-Pannella, si aggiungono altri nomi, come i quattro indagati per peculato del Partito Democratico: l’ex tesoriere e consigliere regionale, Mario Perilli, l’ex vicepresidente della Regione Lazio e attuale sindaco di Fiumicino, Esterino Montino, l’allora consigliere del Pd e attuale caposegreteria del sindaco di Roma, Enzo Foschi, e l’ex consigliere Giuseppe Parroncini.
O le indegini per truffa che coinvolgono l’ex consiglieri regionali del Pdl, Stefano Galetto e Francesco Battistoni, e la dirigente scolastica e consigliere regionale e comunale (Rieti), Lidia Nobili.

Storie di provincia che vedono – nelle ipotesi di reato – rivoli di denaro pubblico confluire verso anonimi studi fotografici, società sportive estinte, pieni di carburante e belle automobili, eventi inesistenti e propaganda elettorale, tanta propaganda elettorale.

Storie che raccontano come esista una città di Rieti, che vede la sua elite coinvolta in scandali di bassa lega e che, pur avendo solo 48.000 abitanti, sta per vedersi autorizzare un piano assunzionale al Comune di Rieti per una spesa di 1.098.000 euro o che attende altri 30 milioni per l’indispensabile superstrada Rieti – Lago del Turano, voluta dalla Provincia dell’allora presidente on. Fabio Melilli (PD), nato a Poggio Moiano, ovvero a pochi chilometri dal lago.
Poco male che ci sarebbe da promuovere l’ottima produzione olearia della Sabina e la direttrice di mobilità Terni-Poggio Mirteto-Roma, come anche di sostenere le comunità appenniniche, sempre più colpite dai tagli ai servizi pubblici e dall’esodo senza ritorno.

O come Viterbo, 65.000 anime e patria del leader democratico Giuseppe Fioroni, medico cattolico, che in questi mesi ha visto sbloccare 1.850.000 euro per coprire le voragini di bilancio delle case di cura di Nepi e della clinica Santa Teresa di Viterbo oppure altri 7,5 milioni di fondi europei per agricoltura e turismo.
Peccato che dell’enorme parco archeologico etrusco – esistente tra Sutri e Tarquinia – se ne ricordi ormai solo il National Geographic, pur essendo un sicuro investimento, visto che il territorio offre spiagge e laghi, oltre che antichità ed agriturismo.

Considerato che, per l’intera Puglia, con il ‘Fondo di microcredito’ sono arrivati alle piccole imprese solo 20 milioni di euro , come ‘misura anti-disoccupazione”, è evidente che in Italia esistono diversi pesi e diverse misure.

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Roma, l’Italia in ginocchio

7 Feb

In quanto sta avvenendo a Roma, per la neve e per le polemiche derivanti, possiamo leggere nella sua dramamticità della situazione di semiparalisi non della sola Capitale, ma del Paese tutto.
Una semiparalisi dei “poteri”, in cui si è andata ad infilare l’Italia dopo 12 anni di “sospensione secondorepubblicana” ed ulteriori sei di stallo tra Prodi bis e Berlusconi ter.

Dalle centinaia di migliaia di pendolari rimasti senza mezzi di trasporto e senza, soprattutto, informazioni, venerdì scorso, agli automobilisti ed ai trasportatori che, stessa situazione, si sono trovati dinanzi alla totale non-organizzazione.
Per non parlare dei treni metropolitani di Roma che sono andati in tilt, addirittura partendo a percorso bloccato, o della stazione Termini che era rimasta con 2-3 binari percorribili, deviando il traffico TAV su Tiburtina da cui partivano solo pochi treni verso Fara Sabina e Tivoli.
Alla Protezione Civile che invia bollettini asettici, invece di mettere un bel timbro rosso con scritto “Evidenza”, come fanno in USA, o che annuncia 35mm di acqua, che, se la temperatura è sotto lo zero, solo se, diventano 35 centimetri di neve.
All’Esercito, che andrà rimborsato a carico di tanti magri bilanci comunali, alla RAI che avrebbe potuto, ma non l’ha fatto, svolgere un ruolo di informazione diffusa, come accade normalmente, altrove ed in Italia, in caso di calamità e catastrofi.
Fino alla “follia” riportata nell’atto del 14 dicembre 2011, in cui il Campidoglio stabilisce che, per una città vasta come Roma, l’AMA (l’azienda ex municipalizzata) «per le opere di spazzaneve metterà a disposizione sei mezzi, tre pale meccaniche, una lama, due spandisale».

O, come oggi, sapere della scoperta di decine di lame dimenticate in un deposito a San Saba, o del sindaco Alemanno, che a dicembre aveva tolto all’Ama il ruolo principale nella gestione di situazioni eccezionali.
E, per dirla tutta, una capitale in ginocchio, con scuole ed uffici chiusi, non per la neve, ma per l’assenza di misure idonee, visto che da sabato c’è il sole.

Con un governo “normale” e con un’Italia che “va da qualche parte”, le cose sarebbero andate molto diversamente:

  • il Partito Democratico avrebbe dovuto chiedere le dimissioni del Sindaco, chiedendo le elezioni. Cosa che al momento non ha intenzione di fare;
  • la RAI avrebbe trasmesso sia le solite new strappalacrime “dai luoghi della tragedia” ed i talk show sarebbero stati ricolmi di rissosi politici, ben attenti a rimpallarsi barili e responsabilità;
  • qualche magistrato avrebbe aperto un fascicolo contro ignoti;
  • qualcuno (sindaci ed imprese) avrebbe reclamato lo stato di calamità e finanziamenti straordinari;
  • il premier, o chi per lui, avrebbero rassicurato i cittadini visitando i luoghi disastrati;
  • la santa stampa ci avrebbe spiegato a menadito cosa andava fatto e cosa non, chi era e chi no, dove e quando se non perchè.

Di tutto questo, nulla.
Questa è l’Italia guidata da Mario Monti.

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Roma bloccata dalla neve

3 Feb

Ore 13,40: Roma è in tilt a causa della neve  e, per il momento, ne sono caduti 50 centimetri in poche decine di minuti su Roma Nord, dove le pendenze sono anche elevate.

Il Prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro ha disposto la chiusura degli uffici pubblici dalle 14 di oggi a tutta la giornata di domani per “le avverse condizioni atmosferiche che si prevedono in miglioramento solo a partire da domenica, dovranno essere comunque garantiti i servizi d’emergenza”.

In questo momento, migliaia e migliaia di impiegati sono ancora negli uffici, colti alla sprovvista lontano dalle proprie abitazioni, come anche tanti automobilisti sono sulla strada per tornare a casa propria, tra le smisurate periferie romane o, addirittura, nella provincia.

Tutti senza informazioni, eccetto il fai da te, consultando i tweet dei romani in movimento su l’unico servizio in rempo reale attualmente funzionante, ovvero la pagina Twitter di INFOATAC.

Non è per mettere la croce ad Alemanno, l’organizzazione richiede anni ed anni, ma nessuno sa quali strade siano ancora percorribili o quali mezzi pubblici, eccetto quelli ferroviari, siano ancora in funzione.

Cose anche banali, ad esempio sapere se lungo la Nomentana i bus stiano percorrendo regolarmente la corsia a loro riservata e che “non dovrebbe” avere intralci. Oppure, quali tram e quali metro siano ancora operativi. Per non parlare delle indicazioni minime agli automobilisti, visto che affrontare la neve con il traffico in tilt.

L’unica speranza, al momento, è che la “bufera” cessi per qualche ora, prima del buio, in modo da dare il tempo alle persone di rientrare a casa.

In alternativa, nessuno sa cosa racconteranno le cronache domani riguardo quel circa mezzo milione di persone che cercherà di rientrare alla propria abitazione.

In ambedue i casi, sarebbe il caso di iniziare e chiedersi se Roma è effettivamente diventata una metropoli da 4 milioni di persone, più i pendolari, o se è solo il numero, ma non il Pil e le infrastrutture, a renderla tale.

P.S. Mentre Roma iniziava a paralizzarsi per la neve “una Smart ha bloccato il passaggio dei tram all’altezza del museo d’arte moderna, in viale delle Belle arti. La macchina è parcheggiata esattamente sulle rotaie. Il volante bloccato da una sbarra antifurto. Sul posto i carabinieri già presenti per monitarare il traffico che tramite la centrale cercano di rintracciare il proprietario.
Speriamo venga denucniato e condannato per interruzione di pubblico servizio.

Intanto, il Piano Emergenza Neve per il trasporto pubblico di Roma su disposizione della Protezione civile di Roma Capitale, diffuso dall’Agenzia per la Mobilità, la linea numero 3 dei tram è tra le linee che assicurano il servizio. Peccato che  “non ce la fa a fare la salita”, lo confermano gli autisti, e che il problema sia di vecchia data …

Secondo un comunicato di TomTom, alle ore 16, c’erano 270 chilometri di code entro il Grande Raccordo Anulare.

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Uno sciopero generale contro l’Italia che galleggia

6 Mag

Oggi è sciopero generale, proclamato dalla COnfederazione Generale dei Lavoratori, “nei confronti di un governo che, a trentasei mesi dal suo insediamento, continua nella sua sola e unica operazione di galleggiamento che sta determinando un pericoloso arretramento del Paese”  e ancora per: “rilanciare il tema del lavoro promuovendo buona occupazione e nuove occasioni di impiego insieme alla ricerca di soluzioni positive alle troppe crisi industriali accumulate sui tavoli del ministero dello Sviluppo economico”.
Il quarto in meno di tre anni con questo governo.

Il 58% dei lavoratori delle aziende private italiane avrebbe aderito allo sciopero generale, su un campione pesato statisticamente di 500 aziende.
Negli stabilimenti Piaggio, l’adesione è all’85%, mentre in Continental e Unicoop Firenze le adesioni sono, addirittura, al 90%.
La Filt, la federazione dei trasporti, annuncia almeno 20 voli cancellati e 40 ritardati a Fiumicino e 30 voli cancellati a Linate, mentre a Malpensa è in sciopero circa la metà del personale di bordo della Easyjet.
Minori, ma comunque elevate, le adesioni di insegnanti, ospedalieri, ministeriali e dipendenti degli enti locali.

Un vistoso successo per Susanna Camusso, considerato che era la sola CGIL a proclamare questa astensione dal lavoro.
Una centralità del sindacato “rosso”, offuscata, come da tradizione, dalla pressione, non sempre pacifica e paziente, dei giovani, che temono (giustamente) di vedersi negare il futuro (come accaduto ai loro padri) e come “strillano” i loro slogan.

Infatti, in diverse città si sono registrati momenti di tensione che hanno coinvolto giovani apparentemente “ordinari”, non i “soliti” black block antagonisti.

A Roma, gli studenti hanno bloccato alcuni binari della Stazione Termini, sono ferme le metropolitane e le ferrovie cittadine il servizio di autobus è ridotto al 30% dei bus urbani e il 50% di quelli extraurbani.
A Torino, dopo che la Commissione di Garanzia ha revocato lo sciopero dei trasporti locali in concomitanza della sfilata degli alpini, si sono verificati incidenti tra studenti e ex-militari. Gruppi antagonisti hanno cercato di entrare nella sede di Equitalia sono registrate cariche della polizia.
A Genova, la città è praticamente bloccata, dato che gli studenti hanno occupato la sopraelevata.
Tutto tranquillo e grande adesione a Palermo, Milano e Napoli, dove, però, a capo del corteo c’era la stessa Susanna Camusso.

La CGIL sarà sempre la CGIL, “rossa e marxista”, su questo non si può dubitare, con non è dubitabile che gran parte degli scioperanti non siano “comunisti”, ma è altrettanto evidente che oggi, in strada, c’era una parte dell’Italia “che non ci sta al declino”.
Speriamo che almeno il Parlamento, se non anche i governi nazionali e regionali, prendano atto che la gente chiede sviluppo e non mero “galleggiamento”, vuole futuro e non repliche già viste.

leggi anche “Chi è Susanna Camusso