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Senza informazione non c’è democrazia

13 Giu

Ripubblico, in stralcio, un articolo (link) di Alessandro Citarella, segretario provinciale per Napoli del Partito del Sud .

Gli stessi poteri che vogliono che il Sud rimanga una colonia interna cercano di ridurre lo spazio democratico ed eliminare la pluralità delle fonti d’informazione.”

“E’ particolarmente interessante notare che esiste un fondamentale accordo, anche se tacito, fra gli attuali e i recenti governanti neoliberisti di centrodestra e quelli precedenti della coalizione pseudo socialdemocratica di centrosinistra, sia nella trasformazione in senso negativo della prassi politica, sia nella sottomissione degli interessi della popolazione rispetto a quelli della Banca Centrale Europea.

La stessa entrata dell’Italia nell’Euro, eseguita con condizioni capestro e di sicuro svantaggio per i lavoratori e per i risparmiatori, è stata gestita proprio dalla coalizione di partiti della coalizione pseudo socialdemocratica di centrosinistra, la quale, almeno in linea teorica, dovrebbe essere più vicina alle classi più deboli.

In questo quadro di riferimento, si è potuto assistere alla trasformazione dell’uso degli organi d’informazione, sia televisivi sia in carta stampata, che sono diventati dei semplici strumenti di propaganda e di orientamento politico che mirano a catalizzare l’attenzione dei cittadini verso argomenti frivoli e secondari per distrarli totalmente dall’involuzione della democrazia e dall’assoggettamento ancora più marcato della politica economica nazionale nei confronti dei poteri forti europei e internazionali.”

I pochi organi di stampa e le televisioni non in linea con il potere fanno battaglie in salita, specialmente a causa della concorrenza sleale fatta da sovvenzioni pubbliche generosamente elargite ai vari personaggi del sottobosco politico corrotto e corruttore, e da un drogaggio dei “mercati dell’informazione”, dove cambiando troppo spesso burocrazia e i relativi costi si piega o si elimina la concorrenza di quei soggetti inclini all’autonomia e all’imparzialità.

“Non è un caso che l’Italia continua a scendere nelle classifiche mondiali relative alla corruzione e all’obiettività dell’informazione, ma è una precisa scelta di potere: portare il pubblico verso una rosa ristretta di testate televisive e giornalistiche fortemente orientate dalle proprietà verso un preciso quadro politico, distraendolo del tutto o in larga parte da scenari “socialmente pericolosi” per chi detiene il potere.

In un quadro di forte interferenza nel mondo dell’informazione, diventa semplice creare notizie su persone e organizzazioni puntualmente pubblicizzate in maniera scientifica in precisi momenti, anche nella forma dei famigerati “dossier” che sembrerebbero, a prima vista, ben documentati, dando vantaggi strategici apparenti a una delle parti politiche contrapposte.

In realtà il gioco delle parti, le finte opposizioni, i richiami a fantomatiche unità nazionali e a sensi di responsabilità servono solo a conservare il potere detenuto dai soliti noti, con l’obiettivo di emarginare e sopprimere quei movimenti realmente capaci di proporre cambiamenti alle regole del gioco e che vorrebbero restituire la decisionalità ai cittadini, togliendola a quel ristretto novero di “decisori” in cima alla piramide economico-finanziaria.

E’ questa la stessa piramide che nel nostro Paese è stata responsabile della creazione della colonia interna chiamata “meridione” attraverso l’annessione forzata al Piemonte dei territori del Regno delle Due Sicilie 151 anni fa.

Il massacro della popolazione e la spoliazione dei territori dell’ex Regno delle Due Sicilie hanno permesso che l’Italia “unita” seguisse un modello planetario dove ci sono un “nord” ricco e un “sud” colonia, cardine di un sistema di disuguaglianza dei diritti, dove l’uno non può essere uguale all’altro.

Insomma, “liberté, égalité, fraternité”, ma solo per chi appartiene al “club”.

“E’ necessario, pertanto, per un Partito che vuole difendere gli interessi delle popolazioni dell’ex Regno delle Due Sicilie, lottare a livello nazionale con forza contro i poteri che oggi cercano di ridurre lo spazio democratico ed eliminare la pluralità delle fonti d’informazione, perché questi sono gli stessi poteri che vogliono che il Sud rimanga una colonia interna.

La lotta politica per la difesa della democrazia e della pluralità dell’informazione è una lotta meridionalista a tutti gli effetti, che deve essere abbinata a quella per la verità storica, per l’uguaglianza dei diritti e delle opportunità.

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Il barile è raschiato. La cleptocrazia andrà a finire?

6 Giu

Oggi, ‘Il Jester’ esce con una efficace e sintetica disanima del fallimento di Mario Monti (Ecco i dati del fallimento del Governo Monti. Il gettito fiscale è diminuito di 3,5 miliardi di euro), analogamente alle notizie e riflessioni diffuse da questo blog ieri (DEF: i conti di Mario Monti, alla prima verifica semestrale, non tornano), aggiungendo che la “Corte dei Conti, proprio ieri ha denunciato l’eccessiva pressione fiscale che ha avvitato l’economia italiana in una recessione pericolosa.”

Sono andato a spulciare tra i suoi post di dicembre: anche Il Jester, come questo blog ed altri, ha sentito odore di bruciato e di marcio fin da subito.

Rispetto al post in questione, però, non mi allarmerei troppo per lo ‘spread’, dato che è evidente che non dipende da noi quano dalla Germania e dal sistema finanziario in-grassato dalle decine di migliaia di miliardi di Euro che dai paesi dell’Est le ‘oligarchie’ (mafie?) locali hanno riversato sull’Europa da 15 anni a questa parte.

Quello che preoccupa me e non solo è altro, come scrivevo ieri.

La riforma delle pensioni è vigente e sta facendo solo danni, la riforma del lavoro presenta troppe ‘dimenticanze’ e troppi salti in avanti per lasciar ben sperare, dei cacciabombardieri F-35 (che costano tantissimo) e dell’effettiva quantità non si è saputo più nulla.

Del Meridione inutile parlarne, neanche se impugna i Forconi o inneggia ai Briganti oppure, peggio ancora, se è vittima di un oscuro e gravissimo attentato a Brindisi. Niente per le donne, per l’istruzione e la formazione professionale nulla, la sicurezza che – neve o terremoti, viabilità o rapinatori – non c’è. Niente famiglia, niente bambini, niente anziani, niente disabili: non esistono nelle priorità di questa maggioranza di governo.

Solo farisaica ignavia e flaccida inazione per la Sanità, dove i giusti tagli hanno interrotto parzialmente il ‘Paese del Bengodi’, ma che, senza monitoraggio e government, sono in balia delle Regioni e dei loro dissesti o delle oligarchie che fanno da base consensuale di questo sistema partitico. I malati? Siano … pazienti. Il buco nero del deficit pubblico? Andiamo oltre …

Alle province da abolire per legge, ma che possono restare per legge. Oppure, alla riforma elettorale che non c’è, dato che – come la mettono la mettono – comunque la Partitocrazia perderà tanti seggi. Meglio tenesi le attuali mille poltrone mille …

Questo è lo stato attuale della Nazione e, da oggi, non è più un cittadino blogger a pensarlo: il disastro è firmato di loro pugno nel Documento di Economia e Finanza (DEF).

Cosa fare?

Continuare a rincorrere lo ‘spread’ è impresa folle, come lo fu quella di immettere nelle aste titoli con interessi del 7%: praticamente una corda al collo.

Continuare ad incidere sul welfare e sulle infrastrutture, sottraendo risorse, sarebbe la negazione del Programma di governo – poca roba – e, soprattutto, del Keynesismo, in nome di un ultraliberismo che non trova più adepti neanche tra i Repubblicani statunitensi.

Allo stesso modo, in nome di una stabilità che si sfilaccia di giorno in giorno, non si è voluto abbandonare al proprio destino Unicredit, aumentando il gravame sull’Italia e gli Italiani, come non si vuole prendere atto che il consenso dei partiti di governo è pressochè inesistente, vista l’astensione ed il voto espresso alle recenti amministrative.

Come anche, per più antichi ed imbarazzanti motivi, si evita di nominare il Meridione od a non pretendere efficienza e sobrietà dalle pubbliche amministrazioni, dagli ospedali, dalle scuole, dalla Politica e dai Partiti.

Dunque, è la realtà dei fatti a dirci che il barile è raschiato e va a finire questa cleptocrazia iniziata 150 anni fa con il saccheggio del Triveneto e delle Due Sicilie e con ‘l’acquisizione’ del patrimonio clericale.

Cosa ne sarà è difficile dirlo, visto il senso di ‘irresponsabilità’ verso la Nazione che questa gerontocrazia all’ultima spiaggia sta dimostrando.

L’unica cosa certa è che, con gente così al potere, non lasciamo spazio che agli speculatori ed agli usurai. Quale pazzo, ma onesto investitore giocherebbe le sue fiches sull’Italia?

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DEF: i conti di Mario Monti, alla prima verifica semestrale, non tornano

5 Giu

Circa sette mesi fa, dinanzi alle prime avvisaglie del Governo Monti, scrissi che questa gestione del paese ci avrebbe portato, prima dell’estate, allo stallo e/o al caos.

Diciotto giorni fa, annotai che “tra pochi giorni, i dati ci dimostreranno che l’inflazione è salita, le economie sulle pensioni non sono così tante, i cacciabombardieri F-35 non sono 131 e neanche 25″ e “delle richieste diffuse, anche tra i ceti più informati, di rimpasto del governo Monti o di elezioni anticipate.”

Oggi, il Corriere della Sera titola “Lo Stato incassa meno: entrate tributarie in calo. Il Def (Documento di Economia e Finanza): 3.477 milioni di euro in meno nei primi 4 mesi dell’anno rispetto alle previsioni” e aggiunge che sono “in flessione anche i ruoli per -93 milioni di euro (-4,5%), le poste correttive per -160 milioni di euro (-2,2%) e le entrate tributarie degli enti territoriali per -84 milioni di euro (-1,2%)”.

Un mese prima (e 66 giorni fa) scrivevo che arrivava l’inflazione, “un qualcosa di prevedibile se i commercianti non vendono (stagnazione) e le tasse aumentano vertiginosamente. L’alternativa sarebbe quella di vedere serrande callate e avvisi di fallimento.

Ricordiamo che inflazione e recessione non vanno molto d’accordo, anzi, non sono affatto sostenibili da un sistema produttivo-finanziario. Qualunque professore di economia o sostenitore di un “ordine mondiale” sa che la congiuntura va evitata a tutti i costi.

Un situazione che si sta accompagnando, ma saranno i dati di fine anno a confermarlo, all’inabissamento dell’evasione e della corruttela secondo un meccanismo abbastanza prevedibile. Infatti, il monitoraggio ossessivo dei conti bancari di chiunque sta creando (ed era prevedibilissimo) un circuito parallelo di attività saldate per contanti e, ovviamente, non fatturate o sotto-fatturate.

Questo è quello che provoca un Welfare iniquo ed una fiscalità esosa e sprecona. I libri di storia coloniale e del Terzo Mondo grondano di esempi simili.

Ma Elsa Fornero e Corrado Passera non lo sanno e non riescono a comprendere che sarebbero bastati una patrimoniale sui redditi, lo spacchettamento di Finmeccanica e l’abbandono di Unicredit agli squali tedeschi suoi partner per evitare la mattanza sociale, lo stallo economico del Paese, l’interessata inerzia tedesca.”

Adesso la frittata è fatta e volge alla fine la saccenza di Mario Monti e delle centinaia di ‘professori’ di cui hanno lautamente riempito ministeri e commissioni di lavoro.

Non è un caso che Fassina, l’esperto di economia pubblica del Partito Democratico, ha presentato “l’asso di picche” proprio ieri, paventando l’approssimarsi di elezioni anticipate.

Nulla di male, in Italia hanno praticamente floppato quasi tutti e nessuno ha pagato il pegno, anzi talvolta è stato richiamato a ‘completare l’opera’.

Il punto è che la riforma delle pensioni è vigente e sta facendo solo danni, la riforma del lavoro presenta troppe ‘dimenticanze’ e troppi salti in avanti per lasciar ben sperare, dei cacciabombardieri F-35 (che costano tantissimo) e dell’effettiva quantità non si è saputo più nulla.

Del Meridione inutile parlarne, neanche se impugna i Forconi o inneggia ai Briganti oppure, peggio ancora, se è vittima di un oscuro e gravissimo attentato a Brindisi. Niente per le donne, per l’istruzione e la formazione professionale nulla, la sicurezza che – neve o terremoti, viabilità o rapinatori – non c’è. Niente famiglia, niente bambini, niente anziani, niente disabili: non esistono nelle priorità di questa maggioranza di governo.

Solo farisaica ignavia e flaccida inazione per la Sanità, dove i giusti tagli hanno interrotto parzialmente il ‘Paese del Bengodi’, ma che, senza monitoraggio e government, sono in balia delle Regioni e dei loro dissesti o delle oligarchie che fanno da base consensuale di questo sistema partitico. I malati? Siano … pazienti. Il buco nero del deficit pubblico? Andiamo oltre …

Alle province da abolire per legge, ma che possono restare per legge. Oppure, alla riforma elettorale che non c’è, dato che – come la mettono la mettono – comunque la Partitocrazia perderà tanti seggi. Meglio tenesi le attuali mille poltrone mille …

Questo è lo stato della Nazione allo stato attuale e, da oggi, non è più un cittadino blogger a pensarlo: il disastro è firmato di loro pugno nel Documento di Economia e Finanza (DEF).

Complimenti, dunque, a Mario Monti, Elsa Fornero e Corrado Passera per … la loro capacità di ipnotizzare leader di partito e direttori di testate.

Purtroppo, per noi, però, i loro conti, alla prima verifica semestrale, non tornano.

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Le origini della corruzione in Italia secondo Francesco Nitti

28 Mag

Francesco Saverio Nitti (Melfi, 19 luglio 1868 – Roma, 20 febbraio 1953) è stato un economista internazionale, politico, saggista e antifascista italiano. Fu il primo Presidente del Consiglio proveniente dal Partito Radicale Storico e  più volte ministro.

Un meridionalista di famiglia liberal-socialista ed antiborbonica, che, 110 anni fa, delineava un quadro desolante e perverso del ‘sistema Italia’.

Uno scenario che si perpetua identicamente ancora oggi e che lascia aperta una serie di riflessioni.

Innanzitutto, come possiamo dar fiducia, almeno noi meridionali che viviamo al Sud od altrove, ad un governo i cui ministri rappresentavano, fino a pochi mesi fa, gli interessi degli ‘eredi’ dei saccheggiatori del Meridione e degli ‘speculatori storici’, ovvero la Compagnia di San Paolo, Unicredit, le ‘cooperative’ bianche e rosse, lo IOR ed i vecchi ‘latifondisti’. Resta da capire anche come riescano ancora a farlo il resto degli italiani, visto che la Crisi li ha costretti ad arroccarsi in una unica entità: l’attuale Governo Monti ed i partiti che lo sostengono, Unione Democratica di centro, Partito Democratico e, più timidamente, Popolo delle Libertà.

Inoltre, come non riconoscere nel sistema sprecone di overtaxing ed appalti pubblici sabaudo la matrice originaria del dissesto italiano, ampiamente confermata nell’inefficienza e nel carrierismo ‘storici’ dei suoi funzionari. Un sistema di opere pubbliche e di amministrazione pubblica elefantiaca, finalizzato, sotto i Savoia, al mantenimento di un’economia imperialistica e di ‘complesso industrial-militare’ ante litteram ed, oggi, necessario al trasferimento di risorse, centralità e know how verso gli stessi terminali di allora: Torino, Roma, Bologna.

Infine, come non ricordare che prima venne massacrato o deportato chiunque esitò nel ‘sentirsi italiano’, ad esempio inginocchiandosi al passaggio dei soldati sabaudi, poi vennero portate vie le terre demaniali e tanto, tantissimo, oro e poi ancora fu l’ora del trasferimento delle industrie e delle relazioni commerciali, dopo ancora si spostarono le ‘risorse umane’ … finchè, grazie a mafia, camorra e ndrangheta, venne realizzato il sistema d’oppressione perfetto: oggi si lucra sulla manifattura a basso costo, sull’agroalimentare mandato la macero, sull’immondizia da trasformare (altrove) in oro nero, sull’evasione fiscale ed il denaro sporco.

Dunque, Nicky Vendola e Tonino Di Pietro – come Massimo D’Alema, Francesca Scopelliti, Fabio Granata, Alessandra Mussolini, Luigi De Magistris  e tanti altri – dovrebbero dare una rapida scorsa agli scritti di Saverio Nitti, prima di promettere un futuro migliore agli elettori del Sud … e prima stendere programmi o di siglare alleanze.

Eccone alcuni stralci significativi, non solo per i meridionali d’Italia, ma per quelli di ‘qualunque Sud’.

“L’Italia, conquistatrice del mondo durante l’antichità romana, museo di tutte le arti del medio evo, mirabile nella civiltà moderna per i suoi sforzi di rinnovazione è, e rimane tuttavia, un paese molto povero: soprattutto essa soffre d’impécuniosité, deficienza di danaro, deficienza di capitali. (da La ricchezza dell’Italia, Napoli, 1904, p. 8)”

“Prima del 1860 non era quasi traccia di grande industria in tutta la penisola. La Lombardia, ora così fiera delle sue industrie, non avea quasi che l’agricoltura; il Piemonte era un paese agricolo e parsimonioso, almeno nelle abitudini dei suoi cittadini. L’Italia centrale, l’Italia meridionale e la Sicilia erano in condizioni di sviluppo economico assai modesto. Intere provincie, intere regioni eran quasi chiuse ad ogni civiltà.” (Nord e sud -1900)

Ora dunque l’Italia è naturalmente, nelle condizioni attuali della produzione, un paese povero. Si aggiunga che si deve lottare contro paesi nuovi, ove la terra non ha ipoteche, e non ha né meno la ipoteca del passato. Si deve lottare con paesi dove esistono territorii a unità di cultura grandi quanto più le grandi regioni d’Italia. Oramai nell’industria i popoli più progrediti hanno accumulato tesori d’energia. Hanno asservito forze naturali che parevano invincibili: hanno strappato dalle viscere della terra i tesori che vi erano accumulati. (da L’Italia all’alba del secolo XX – 1901, pp. 21-22)

Due cose sono oramai fuori di dubbio: la prima è che il regime unitario, il quale ha prodotto grandi benefizi, non li ha prodotti egualmente nel Nord e nel Sud d’Italia; la seconda è che lo sviluppo dell’Italia settentrionale non è dovuto solo alle sue forze, ma anche ai sacrifizi in grandissima misura sopportati dal Mezzogiorno.

Quando per la prima volta sollevai la questione del Nord e del Sud e cercai farla passare dal campo delle delle affermazioni vaghe, in quello della ricerca obbiettiva, non trovai che diffidenze. Molti degli stessi meridionali ritenevan pericolosa la discussione e non la desideravano. (da L’Italia all’alba del secolo XX  – 1901. p. 108)

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Eppure, Francesco Saverio Nitti era un repubblicano da ben tre generazioni, nonno carbonaro, padre mazziniano socialista, altri parenti esuli. Ma, proprio perchè acerrimo oppositore del Regno Borbonico per amor di patria, non potè rendersi indifferente dinanzi al saccheggio cui aveva assistito.

“Ora, ciò che noi abbiamo appreso dei Borboni non è sempre vero: e induce a grave errore attribuire ad essi colpe che non ebbero, ed è fiacchezza d’animo per noi tutti non riconoscere i lati manchevoli del nostro spirito e della nostra educazione, e voler attribuire ogni cosa a cause storiche.
É un grave torto credere che il movimento unitario sia partito dalla coscienza popolare: è stata la conseguenza dei bisogni nuovi delle classi medie più colte; ed è stato più che altro la conseguenza di una grande tradizione artistica e letteraria.

Bisogna leggere le istruzioni agli intendenti delle province, ai commissari demaniali, agli agenti del fìsco per sentire che la monarchia cercava basarsi sull’amore delle classi popolari. Fra il 1848 e il 1860 si cercò di economizzare su tutto, pure di non mettere nuove imposte: si evitavano principalmente le imposte sui consumi popolari. Il Re dava il buon esempio, riducendo la sua lista civile spontaneamente di oltre il 10 per cento; fatto questo non comune nella storia dei principi europei, in regime assoluto o in regime costituzionale. (da L’Italia all’alba del secolo XX – 1901, p. 110-111)

Pochi principi italiani fecero tra il ’30 e il ’48 il bene che egli (ndr. (Ferdinando II delle Due Sicilie) fece.
Mandò via dalla corte una turba infinita di parassiti e di intriganti: richiamò i generali migliori, anche di parte liberale, e licenziò gli inetti; ordinò le leve militari; fece costruire, primo in Italia, una strada ferrata, istituì il telegrafo, fece sorgere molte industrie, soprattutto quelle di rifornimento dell’esercito, che era numerosissimo; ridusse notevolmente la lista civile; mitigò le imposte più gravi.

Giovane, forte, scaltro, voleva fare da sé, ed era di una attività meravigliosa. Educato da preti e cattolicissimo egli stesso, osò, con grande ammirazione degli intelletti più liberi, resistere alle pretese del papato e abolire antichi usi, umilianti per la monarchia napoletana.  (da Scritti sulla questione meridionale: Volume 1, Laterza, Bari, 1958, p. 41)

Senza togliere nessuno dei grandi meriti che il Piemonte ebbe di fronte all’unità italiana, che è stata in grandissima parte opera sua, bisogna del pari riconoscere che senza l’unificazione dei varii Stati, il regno di Sardegna per lo abuso delle spese e per la povertà delle sue risorse era necessariamente condannato al fallimento. La depressione finanziaria, anteriore al 1848, aggravata fra il ’49 e il ’59 da un’enorme quantità di lavori pubblici improduttivi, avea determinata una situazione da cui non si poteva uscire se non in due modi: o con il fallimento, o confondendo le finanze piemontesi a quelle di altro stato più grande.  (Nord e sud -1900)

Nel 1800, la situazione del Regno delle Due Sicilie, di fronte agli altri Stati della penisola, era la seguente, data la sua ricchezza e il numero dei suoi abitanti. Le imposte erano inferiori a quelle degli altri Stati;

  1. I beni demaniali e i beni ecclesiastici rappresentavano una ricchezza enorme e, nel loro insieme, superavano i beni della stessa natura posseduti dagli altri Stati;
  2. Il debito pubblico, tenutissimo, era quattro volte inferiore a quello del Piemonte e di molto inferiore a quello della Toscana;
  3. Il numero degli impiegati, calcolando sulla base delle pensioni nel 1860, era di metà che in Toscana e di quasi metà che nel Regno di Sardegna;
  4. La quantità di moneta metallica circolante (ndr. in oro), ritirata più tardi dalla circolazione dello Stato, era in cifra assoluta due volte superiore a quella di tutti gli altri Stati della penisola uniti assieme. Il Mezzogiorno era dunque, nel 1860, un paese povero; ma avea accumulato molti risparmi, avea grandi beni collettivi, possedeva, tranne la educazione pubblica, tutti gli elementi per una trasformazione. (Nord e sud -1900, p. 113)

Bisogna ricordare che nel 1860 il Piemonte avea grandissima rete stradale; numerose ferrovie e canali e opere pubbliche di molta importanza. Queste cause, estranee in gran parte alla guerra, erano i veri agenti della depressione finanziaria. (Nord e sud -1900, p. 38)

Dei Borbone di Napoli si può dare qualunque giudizio … Non furono dissimili dalla gran parte dei prìncipi della penisola, compreso il Pontefice. Ma qualunque giudizio che si dia di essi non bisogna negare che i loro ordinamenti amministrativi erano spesso ottimi; che la loro finanza era buona, e in generale, onesta. ((Nord e sud -1900, pp. 30-31)

La mia famiglia è stata tra le più perseguitate, anzi tra le più tormentate dal passato regime … Poiché appartengo a una razza di perseguitati e non di persecutori, ho appunto perciò maggiore dovere della equità; e trovo che a quaranta anni di distanza cominciamo ad avere l’obbligo e il bisogno di giudicare senza preconcetti. Dei Borbone di Napoli si può dare qualunque giudizio … ma qualunque giudizio che si dia di essi non bisogna negare che i loro ordinamenti amministrativi erano spesso ottimi; che la loro finanza era buona, e in generale, onesta.

L’Italia nuova non ha avuto il suo Manhes; ma le persecuzioni sono state terribili, qualche volta crudeli. Ed è costata assai più perdite di uomini e di danaro la repressione del brigantaggio di quel che non sia costata qualcuna delle nostre infelici guerre dopo il 1860.

L’ordinamento finanziario del Regno di Sardegna fu esteso a tutto il resto d’Italia. Fu il [Pietro] Bastogi, che fra il 1861 e il 1862, compì l’opera di trasformazione. Con cinque disegni di leggi, che furono la base delle leggi successive, il Bastogi estese il sistema fiscale piemontese a tutti i vecchi Stati che erano entrati a far parte del nuovo regno.

Avvenne così, per effetto del nuovo ordinamento, che il regno delle Due Sicilie si trovò a un tratto, senza che nessuna trasformazione economica fosse in esso avvenuta, anzi perdendo quasi tutto il suo esercito e molte sue istituzioni, a passare dalla categoria dei paesi a imposte lievi, nella categoria dei paesi a imposte gravissime.  (Nord e sud -1900)

Il governo delle province, prefetti, intendenti di finanza, generali, ecc., è ancora adesso in grandissima parte nelle mani di funzionari del Nord. Non vi è nessun senso d’invidia in quanto diciamo. Ma vogliamo solo dire che se i governi fossero stati più onesti e non avessero voluto lavorare il Mezzogiorno, cioè corromperne ancor più le classi medie a scopi elettorali, molto si sarebbe potuto fare.

Le loro amministrazioni locali vanno, d’ordinario, male; i loro uomini politici non si occupano, nel maggior numero, che di partiti locali. Un trattato di commercio ha quasi sempre per essi meno importanza che non la permanenza di un delegato di pubblica sicurezza. (Nord e sud -1900)

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Sembra scritto oggi … specialmente se constatiamo che gli Stati europei fuori dall’Eurozona sono la maggior parte delle monarchie costituzionali (Gran Bretagna, Svezia, Danimarca, Norvegia) e che proprio nei regni d’Olanda e di Spagna si riscontra il maggiore euroscetticismo e non nelle ‘democratiche’ repubbliche di Francia, Germania e Italia.

Addirittura, a star dal ‘lato sud’ dell’Europa, ci sarebbe da iniziare a dubitare che la Crisi – almeno in termini di gravità estrema e di efficacia delle strategie in atto – sia effettivamente ‘generale’ e non riguardi, viceversa, solo le repubbliche capitaliste (e corrotte) d’Europa e le sue oligarchie, arricchitesi sulle spoglie di guerra di ‘qualche Sud’ o grazie al Piano Marshall e la Guerra Fredda che ne venne dopo. Non necessariamente i nostri Stati o le nostre imprese od i nostri lavoratori.

Qualcuno, negli Stati Uniti, racconta che il Capitalismo e l’Industrialesimo nacquero grazie alla spoliazione degli Stati del Sud (arretrati, malvagi e schiavisti …) e qualcosa di simile si racconta in Gran Bretagna, riguardo  l’avvento degli ‘sassoni’ Coburg e la scomparsa dei ‘normanni’  Hannover (pazzi, malvagi ed imperialisti …), ma questa è un’altra storia.
Se non fosse che somiglia moltissimo a quello che ha fatto la Germania con l’Europa dalla Riunificazione in poi: risucchiare verso nord benefit, mercati e risorse, confinare a sud degrado, criminalità e fallimenti.

Che, dunque, il Meridione – d’Italia e d’Europa – si doti di una forza rappresentativa delle sue istanze e, soprattutto, che garantisca i suoi interessi, pretendendo antimafia, defiscalizzazione, interventi strutturali e, perchè no, un modo diverso – sobrio, responsabile, solidale – di fare governance rispetto agli ultimi 150 anni.
Poco conta che sia un’anima comune nei diversi partiti oppure elemento di aggregazione di un neonato partito -, ‘liberale’, ‘sociale’ od ‘autonomista’ che sia – purché venga superata la frammentazione degli intenti e delle soluzioni, frutto avvelenato dell’Annessione e degli interessi privati degli allora funzionari sabaudi, come Nitti ricorda.

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Roma, il volto balneare della crisi

28 Mag

Quattro notizie in un solo giorno, uno spaccato di Roma e dintorni in tempo di crisi.

“Complice un’improvvisa domenica di sole e caldo (quasi) estivo, le spiagge del litorale romano sono state prese d’assalto. I più coraggiosi non hanno rinunciato a un primo tuffo nonostante l’acqua è ancora gelida. Da questa mattina, così, le spiagge di Ostia, Fregene, Ladispoli, Torvajanica, Nettuno e Sabaudia si sono popolate anche solo per chi voleva concedersi un passeggiata sull’arenile o per un pranzo all’aperto per godersi un primo anticipo dell’estate.

Affollati anche i parchi capitolini con lunghe file di macchine parcheggiate nei pressi di Villa Pamphili, Villa Ada e Villa Borghese. Anche qui asciugamani, bikini e picnic.” (Roma, 27 mag. – Ign)

Poche ore prima, durante la notte, un operaio 44enne, originario di Rieti, veniva trovato impiccato in un bosco tra Acquasparta e Spoleto. Padre di tre figli, era rimasto disoccupato un anno fa. Nell’auto c’erano appunti per incontri di lavoro.

27 maggio 2012, domenica di Pentecoste, “la festa dell’unione, della comprensione e della comunione umana”, ha ricordato Papa benedetto XVI all’omelia da San Pietro, aggiungendo che “tutti possiamo constatare come nel nostro mondo, anche se siamo sempre piu’ vicini l’uno all’altro – con lo sviluppo dei mezzi di comunicazione, e le distanze geografiche sembrano sparire – la comprensione e la comunione tra le persone e’ spesso superficiale e difficoltosa”.

Più o meno alla stessa ora, un centinaio di Grillini, a piazza Montecitorio, hanno dato il via all’assemblea pubblica della città di Roma del Movimento Cinque Stelle, tra i passanti incuriositi ed un po’ intimiditi, che però applaudono se si sente dire “perché se siamo in questa situazione è grazie alla classe dirigente di oggi”.

Con i Cinque Stelle anche il Movimento per l’acqua pubblica – “perché Alemanno sta privatizzando l’acqua, e sta calpestando la volontà dei romani che hanno detto no a vendere l’Acea” – e l’immancabile Movimento noTav capitolino.

Parole destinate alle agenzie, quelle del Papa o dei Grillini, ma non ai romani che erano al mare, come se rotolare in allegria verso il baratro faccia meno male.
Parole non destinate a chi vive (e muore) nel disagio se non nella disperazione, dissanguati dalle speculazioni finanziarie e dagli egoismi dei potentati finanziari, dall’assenza di opportunità. Persone, la maggioranza di noi, che necessitano di un cambiamento strutturale – un cambio di mentalità – e non di neofiti o vecchie volpi della politica e pannicelli caldi nelle riforme attese da decenni od eccesso di tutele per le rendite di posizione.

Comprensione e comunione tra le persone, che non possono fermarsi al moto affettivo od al bel gesto senza intervenire sulle cause e sugli effetti, e che possono, se ancora disattese, portarci a ‘vivere in una Babele’, come ricordava Ratzinger.

Ad ogni modo, questa è Roma nell’anno della Crisi e se il quadro d’insieme preoccupa, ricordiamo che è la capitale della terza potenza dell’Eurozona, ovvero dell’ottavo PIL del mondo, e di uno dei principali potentati finanziari mondiali, lo Stato del Vaticano.

Resta solo da chiedersi cosa accadrà (o non accadrà) durante il lungo black out balneare romano, che, prevedibilmente, inizierà tra un paio di settimane, con l’esodo vacanziero (e spendaccione) di donne, vecchi e bambini, e che finirà tra 3-4 mesi, alla riapertura delle scuole.

Intanto, oggi 28 maggio, il cielo è coperto e forse pioverà.

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Arriva Montezemolo, ritorna la Democrazia Cristiana?

24 Mag

Mentre Berlusconi esclude una «ricandidatura a premier» – lasciando intendere che gli basterebbe un posto in Parlamento, ovvero mantenere l’immunità – e mentre il coordinatore del PdL Bondi presenta (di nuovo) le dimissioni, ecco che arriva il “pale rider” Luca Cordero di Montezemolo a raccoglierne l’eredità a Centrodestra.

Un Centrodestra piuttosto particolare, praticamente la Democrazia Cristiana, visto che è alquanto difficile che ‘un Montezemolo’ possa accomunarsi con la Destra postfascista o neo fascista. Come è altrettanto difficile che la nuova formazione politica avrà un “qualcosa di liberale”, visto che la “nuova Democrazia cristiana’ è un progetto da lungo tempo incluso nelle priorità dell’Opus Dei. Il tutto in nome di un ‘bipolarismo’ che tale non è, se la Destra è cattolica anzichè liberale e se i Cattolici son di ‘destra’, anzichè ‘moderati’ come dovrebbero.

Dunque, il nostro ‘esaltante’ sistema politico si sta preparando a propinarci un revival degli Anni ’50, con Camillo Montezemolo e Peppone Vendola a confrontarsi per la premiership del parlamento e del paese.

Una concezione degli italiani e della politica piuttosto rudimentali, che corrisponde all’unica dialettica ammissibile in una monarchia assoluta come il Vaticano, “sanfedisti contro giacobini’, ed all’unica ammissibile da chi ha subito un ultraventennale indottrinamento comunista, ovvero ‘ricchi contro poveri’.

Il tutto in un paese che, secondo le statistiche ONU, presenta uno dei più bassi differenziali al mondo tra i redditi dei propri cittadini (fonte Income inequality in the World (Gini coefficient) 2007-2008) ed uno dei redditi procapite più elevati (fonte Fondo Monetario Internazionale 2010). Ma anche la nazione dove il 36,8% dei cittadini si reca in Chiesa la domenica o piú volte nella stessa settimana e dove il 99% dell’elettorato di destra si dichiara fermamente cattolico (fonte Rapporto Italia Eurispes 2006).

Un elettorato cattolico che, se concentrato in un solo aggregato politico, era nel 2006:

  • favorevole al finanziamento della Chiesa da parte dello Stato (79%),
  • favorevole all’intervento della Chiesa sulle questioni politico-sociali italiane (>50%), 
  • contrario al divorzio (34,5%);
  • contrario all’aborto in caso di violenza sessuale (38,1%),
  • contrario alla fecondazione assistita (41,3%)
  • contrario all’eutanasia (44,6%)

Tutta brava gente, che va in Chiesa la domenica o piú volte nella stessa settimana (36,8%), ma, sicuramente, dalle idee un po’ retrò.

D’altra parte, cosa altro aspettarsi, se i dati sull’istruzione degli italiani (Indagine Eurostat 1999) ci raccontano che, esaminando la ripartizione della popolazione fra i 25 e i 64 anni nei paesi dell’Unione, si osserva che in Italia oltre la metà della popolazione (54%) ha solo la licenza media, mentre nel Regno Unito questa percentuale scende al 19% e in Germania al 14%.

Per quanto concerne l’istruzione secondaria superiore, solo il 34% degli italiani completa gli studi, mentre Austria (68%), Germania (61%) e Regno Unito (57%) hanno standard pari quasi al doppio.  Solo l’11% della popolazione italiana, infine, consegue la laurea, rispetto al 27% dell’Olanda, al 17% di Spagna e Danimarca e al 16% del Lussemburgo.

Se si vanno ad esaminare le statistiche per sesso, la quantità di maschi italiani tra i 25 e i 64 anni con solo la licenza media tende al 70% dei cittadini-elettori; se analizziamo quelle delle lauree per tipologia, meno del 5% degli italiani ha, sulla carta, una formazione scientifica adeguata.


E, così andando le cose, dopo il finto liberalesimo berlusconiano e la finta socialdemocrazia dalemiana, si ritorna  a don Camillo e Peppone,  sanfedisti e giacobini, patrizi e plebei,  ricchi e poveri.

Eh già, perchè questa è la ‘fine’ a cui porta un sistema bipolare ‘perfetto’ in una nazione dove la fazione è norma e dove, grazie alla nostra ‘santa’ Costituzione, sono sovrani tutti e tutti insieme: popolo (art.1), Stato e Vaticano (art.7), Regioni (Titolo V), banche (vincolo di bilancio), sindacati (art.39).

Tirare a campare: ovvero sperare che i soliti noti riescano a ‘trasformarsi’ bene, così, almeno, dal loro lauto banchetto potrà arrivare qualche briciola anche a noi, loro contemporanei.

Lasciando sempre meno e sempre peggio ai nostri figli …

Esattamente il contrario di quanto predicano Libdem, Verdi, estrema Destra e Piraten in Europa, raccogliendo consensi a mani basse tra i giovani e gli esclusi.

Dunque, per quanto la costituzione di un polo elettorale ‘cattolico’ appare ineludibile – sia per senso della realtà sia perchè fattore di stabilizzazione – e nonostante la discesa in campo di Luca Cordero di Montezemolo sia da salutarsi con gaudio – essendo ‘di per se’ elemento di novità e rinnovamento – resta piuttosto oscura la previsione, in prospettiva, di una ‘saldatura’ tra grande impresa e corpo elettorale cattolico, come nel Dopoguerra.

I motivi sono ovvi ed evidenti, a partire dall’esito terribile dell’esperienza consociativa italiana, il terrorismo politico e lo stragismo mafioso, che sono ancora dietro l’angolo, come dimostrano i fatti degli ultimi mesi.

Ma non solo, se consideriamo come reagirebbe questo l’elettorato cattolico dinanzi alla legalizzazione ed alla fiscalizzazione delle droghe, unico mezzo di contrasto al sistema mafioso, all’emersione delle “zone grigie” del sistema fiscale, ovvero consorzi, cooperative e onlus, alla ristrutturazione del sistema sanitario, che coinvolgerebbe i tanti medici e le tante strutture ‘cattoliche’, alla valorizzazione della cultura scientifica, nel sistema di istruzione e nella televisione di Stato, alla valorizzazione del patrimonio culturale del Meridione, che toglierebbe risorse e flussi turistici ai beni monumentali del centro Italia.

Ben venga Montezemolo, ma la vecchia DC lasciamola da parte.

originale postato su demata