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SSC Napoli, quale squadra dopo Insigne?

16 Gen

Dinanzi alla crisi finanziaria e politica del Sistema Calcio, c’è poco o nulla da obiettare sulle decisioni di Aurelio De Laurentiis (sia grande e sia lodato) di contingentare gli ingaggi e di rapportarli ai risultati stagionali.
E ci sarà un grande ricambio di cui, forse, molti hanno sentore, se la rosa vede sei ruoli da coprire solo a parlare degli svincolati.

Vediamo di cosa si tratta.

Quello che è importante sapere, trattandosi di investimenti e ammortamenti, che SSC Napoli adotta uno schema per le plusvalenze che possiamo semplificare come: 40% il primo anno, 30% il secondo anno, 20% il terzo anno, 7% il quarto anno e 3% il quinto anno.
In pratica, SSCN andrebbe in parità se il calciatore acquistato per 50 milioni viene ceduto per almeno 30 milioni il primo anno, 15 milioni il secondo anno, 5 milioni il terzo anno, 1,5 milioni il quarto anno e 750mila euro il quinto anno.
Tutto il resto è plusvalenza contabile.

Naturalmente, un altro bilancio da farsi è quello per un calciatore che ha un discreto ingaggio, ma un rendimento limitato (es. riserva) e un valore calante. E non c’è da dimenticare che la società deve sostenere anche tutti gli ingaggi.

E questo – nel mondo ‘vile’ ma concreto dei numeri – è il risultato.


Dunque, la campagna acquisti della SSCN dovrà innanzitutto coprire i ruoli che si svincolano, ma anche quelli che saranno ceduti.
Sono almeno 10 posizioni, sempre che non partano anche Meret e Fabian o, addirittura, Koulibaly: davvero tante.

Infatti, andrà preso almeno un portiere per sostituire Ospina (se non anche Meret) e un centrale al posto di Juan Jesus. Poi, servirà un laterale destro al posto di Malcuit e due laterali sinistri al posto di Rui e Ghoulam, più almeno un centrocampista tra Demme e/o Fabian e – soprattutto – saranno da trovare un’ala, un trequartista e una seconda punta per sostituire Lozano, Insigne, Ounas e Mertens, nonchè una prima punta, se l’offerta per Osimhen fosse eccezionale.

Tanti avvicendamenti, che dovrebbero rendere improbabile la partenza di Koulibaly, il ‘comandante’, che priverebbe la SSN Napoli di una personalità storica e carismatica, indispensabile se si vorrà un gruppo ben amalgamato e ‘napulitano’.

I nuovi nomi? … il mercato del calcio è colmo di svincolati, svincolabili, prestabili, opzioni last minute eccetera. Ma potremmo vederne di belle questa estate.
In altre parole, il futuro della rosa è nelle mani della stessa rosa: se SSC Napoli si qualificherà per la Champions, sarà anche possibile affrontare sia gli acquisti sia qualche rinnovo ‘importante’, come per Fabian e Osimhen oltre che lo stesso Koulibaly.

AG

UEFA: pochi e vecchi i calciatori italiani

5 Gen

Arrivano dal Brasile i calciatori preferiti dalle squadre impegnate nella UEFA Champions League e nella Europa League.
Ben 152 carioca con 648 presenze per un totale di oltre 47.000 minuti giocati, seguiti dai francesi (136 con 491 presenze e 34.000 minuti di gioco) e dagli spagnoli con 131 calciatori e 532 presenze con 38.000 minuti giocati.
Seguono la Germania ed i Paesi Bassi, con una novantina di professionisti del pallone, l’Inghilterra con i suoi 83 players, il Portogallo (76), l’Argentina (72) ed, infine, al nono posto, l’Italia, con i suoi 71 calciatori per 270 presenze e 19.000 minuti giocati.

europa calciatori per nazione

Dunque, c’è poco da dire: il calcio italiano langue davvero, se persino Francia ed Olanda possono annoverare più calciatori di noi tra le fila delle squadre che rappresentano l’elite del calcio europeo moderno.

Sempre guardando all’Europa, tra le squadre più vecchie troviamo l’Inter dei preliminari, la Lazio del pareggio contro il Panaithinaikos Aten, la Juventus vincente a Londra contro il Chelsea.
Mentre, a fronte di ben nove spagnoli, tra i 45 calciatori utilizzati da squadre europee e maggiormente valutati sul mercato non c’è nessun italiano.

La causa, lo sappiamo tutti, è nella scarsa capacità di investire sui giovani, un male profondo e millenario del nostro paese, che si riflette anche sul calcio nostrano, decurtandone valori e prospettive.

Un calcio improduttivo, se non sviluppa campioni – ovvero immagine, introiti, successi – e che sopravvive tra introiti televisivi garantiti per legge e speculazioni immobiliari di belle speranze.
Anche in questo caso, è una questione tutta italiota, come la prebenda oggi e la gallina domani o l’investire sul mattone come se il cemento fosse davvero oro.
Non a caso, sono stati personaggi come Vujadin Boškov o Zdenek Zeman a lavorare sui giovani, valorizzando campioni, dimenticati, se non esclusi, dal calcio che conta.

Considerata l’affezione italica per il Dio Eupalla e l’importanza che gli italiani danno alle vicende calcistiche, potremmo quasi azzardare che un qualsiasi governo, presente o futuro, che volesse dare un segnale di rinnovamento e rigore, potrebbe agevolmente iniziare dal calcio.
Anche perchè qualcosa deve cambiare e subito, se vogliamo che il calcio non sia strangolato dai mercati come le nostre finanze, tra il miliardo di euro di concessioni televisive, garantito per legge solo fino al 2015, il fair play finanziario di Platini, che cancellerà ‘certi mecenatismi’ e ‘certi bilanci societari’, e gli stadi che vanno al più presto rinnovati ed ammodernati.

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A chi non conviene il Fair Play finanziario?

18 Giu

Ormai, l’Europa del calcio è entrata nell’Era del Fair Play finanziario, fosse solo per difendere quel che resta dello sport, che rischia di cedere sotto l’assalto delle centinaia di milioni di dollari che nababbi del petrolio e speculatori finanziari stanno già versando nelle casse di noti club.

Sono sotto gli occhi di tutti le ‘campagne acquisti’ del Paris Saint Germain e del Manchester City, del Chelsea e del Manchester United, come del Real Madrid o del Bayern Monaco. Squadre che somigliano, ormai, più agli Harlem Globetrotter che ad altro, come quel ‘vecchio guarriero’ di Drogba ha dimostrato alle attonite od esaltate platee dei football fans in Coppa dei Campioni.

Fenomeni eclatanti per le vistose spese, che falsano campionati nazionali e coppe internazionali, visto che ‘dette spese’ non rispondono spessissimo ad una effettiva differenza di valori in campo.

Campionati falsati anche da spese ugualmente ingenti – ma meno vistose in quanto ‘passivi’ – come quello italiano, ad esempio, se si vuole considerare il rapporto sui bilanci societari delle Società Calcistiche che La Gazzetta dello Sport redige annualmente e ripubblicata da tuttonapoli.net.

A far due conti della serva, c’è da restare stupefatti, se tifosi delle tre ‘grandi’ (Juventus, Milan, Inter), da sollevarsi indignati, se tifosi delle altre squadre di calcio, e da restarci secchi per la depressione, se si è dei cittadini normali.

Basti dire che Juventus, Milan ed Inter vanterebbero ‘perdite’ sul rendimento netto di circa 250 milioni di euro, ovvero l’80% del ‘buco’ complessivo della Serie A.

E, dunque, se volessimo pensare ad una ‘classifica avulsa’, che tenga conto della effettiva disponibilità finanziaria delle società di calcio – e non dei giocatori comprati e pagati con ‘le cambiali’ – questo sarebbe il quadro.

Se i tifosi di Udinese, Napoli, Lazio, Roma, Parma, Lecce, Novara potrebbero gridare allo scandalo, ben altro che di uno scandalo dovrebbe parlarsi, se volessimo discutere di bilanci societari, di sostenibilità del ‘calcio moderno’, di  diritti televisivi e di distribuzione dei proventi, di stadi nuovi e sicuri.

Infatti, il budget velleitario e catastrofico delle nostrè ‘grandi’ (Juventus, Milan, Inter) ingessa definitivamente il ‘sistema calcio’, già soffocato dall’elevata leva fiscale sui compensi dei calciatori, che rende impossibile dotarsi di giocatori affermati se non sperperando enormi somme: ogni cambiamento sarebbe disastroso per dei brand che tanto sono quotati quanto sono in rosso.

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Una situazione che non può continuare così, bloccando le nuove norme sugli stadi di calcio e congelando i diritti televisivi a favore dei soliti noti, mentre il sistema fa acqua da tutte le parti.

Parlare di gestioni disastrose è un eufemismo, dunque.

Ma quel che è peggio, per chi ama lo sport, è che potrebbe davvero diventare grottesco – di fronte al persistere di questi numeri – parlare, per il futuro, di ‘campionati regolari’.

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