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Eutanasia : un quesito destinato al … suicidio

17 Feb

La Corte Costituzionale ha bocciato il referendum per l’eutanasia, come c’era da aspettarsi.

Infatti, il quesito riguardava effettivamente l’art. 579 del Codice Penale (omicidio del consenziente) e chiedeva di abrogare la norma per cui “chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni”.


Eppure, di eutanasia, di cure palliative di fine vita e di scelta del paziente non se ne è fatta parola sui Media durante la campagna referendaria, dato che … avevamo le rianimazioni piene di Novax e non era proprio il caso.

Il punto – però – è che l’eutanasia è riguarda le persone agonizzanti o incoscienti che – ricoverate – hanno lasciato scritta la loro scelta o hanno un tutore che decide per loto.

Viceversa, il pensiero di tanti era per coloro – come DJ Fabio – che si ritrovano a vivere in condizioni inumane, dopo essere stati dimessi dai sanitari, e non possono o non vogliono uccidersi da soli.

Ma l’art. 580 del C.P. non può abrogarsi, dato che l’agevolazione del suicidio può avvenire anche per omissione da parte di un familiare, di un sanitario, di un pubblico ufficiale, un religioso eccetera.

Così, in altre parole, gli italiani – ‘grazie’ al Mainstream e ai corrispettivi No-Vax – avrebbero votato per l’art. 579 del Codice Penale (omicidio del consenziente), “ma anche” per l’art. 580 del Codice Penale (Istigazione o aiuto al suicidio).

A tal punto, la Suprema Corte ha ben pensato di mettere uno stop, perché, “a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili“.


Non perché questa tutela manchi nell’art. 579 del Codice Penale, che già include il riferimento a minori, infermi, sprovveduti, ricattati, minacciati e ingannati, ma perchè tra “chiunque cagiona la morte di un uomo col suo consenso” c’è anche chi agevola un ‘presunto’ suicidio per omissione …

Insomma, serviva una campagna mediatica ‘a chiare lettere’, che affrontasse il tema della Morte.

Adesso, la parola passa al Parlamento: la questione di chi muore ‘attaccato a una macchina per mesi e anni’ tocca da vicino tutti gli anziani e i malati gravi. E passa alle Regioni: la questione di sopravvive nel dolore e senza assistenza domiciliare diventa cogente la mezza età, con i postumi di infortuni e le malattie ‘congenite’ prima latenti.

I nostri eletti se ne disinteresseranno come finora fatto?

Demata

Eutanasia e medico-paziente: cosa dice l’Etica europea?

14 Apr

L’Etica Medica è una branca del Sapere, che sembra essere diventata un’esclusiva competenza dei medici e, in Italia, dei prelati.

Eppure, i “Principi di etica medica europea” del 1987 parlerebbero chiaro: “il medico non può imporre al paziente le proprie opinioni personali, filosofiche, morali e politiche nell’esercizio della sua professione” (Art. 3).

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Dunque, per prima cosa, vorremmo tanto sapere – non noi pazienti, bensì noi cittadini – il come e il perchè di questo accaparramento sulla nostra pelle e del corrispettivo potere sulle nostre vite.

Soprattutto, visto che comportano un rapporto medico-paziente-cure del tutto diverso, sarebbe opportuno che Ministero, Regioni e Università ci confermassero che i medici italiani abbiano sottoscritto anche i “Principi di etica medica europea” dell’Unione e non aderiscano solo alla “Carta degli Operatori Sanitari”, come recentemente aggiornata dal Vaticano,

Ad esempio, in caso di malattia incurabile e in fase terminale, il medico ‘europeo’ “può limitarsi a lenire le sofferenze fisiche e morali del paziente fornendogli i trattamenti appropriati e conservando per quanto possibile la qualità di una vita che si spegne.
È dovere imperativo assistere il morente sino alla fine ed agire in modo da consentirgli di conservare la sua dignità” (Art. 12).

eab06911eba0ae8dc98a2ded06753bcfViceversa, nello stesso caso, il medico ‘cattolico’ non è «un mero esecutore» delle richieste di un paziente e «nessun operatore sanitario» può farsi «tutore esecutivo di un diritto inesistente». Anzi, conserva «il diritto e il dovere di sottrarsi a volontà diverse dalla propria coscienza».

Una contrapposizione profonda, se la “Carta degli Operatori Sanitari” del Vaticano – addirittura – invita i medici ad «un grave e preciso obbligo di opporsi ad esse mediante l’obiezione di coscienza» verso “l’autonomia morale e la libera scelta del paziente”, viceversa tutelate dall’Etica Medica europea, che ben precisa come “il medico non può sostituire la propria concezione della qualità della vita a quella del suo paziente”.

Una concezione illiberale.

Non a caso, riguardo al diritto di rifiutare la nutrizione e l’idratazione, rivendicato anche da politici e manifestanti e non solo dai malati, la Carta vaticana impone ai medici cattolici che esse «vanno considerate tra le cure di base dovute al morente» e «la loro sospensione non giustificata può avere il significato di un vero e proprio atto eutanasico, ma è obbligatoria, nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l’idratazione e il nutrimento del paziente».

Invece, per i “Principi di etica medica europea” sanciti dalla Conferenza internazionale degli ordini dei medici degli stati membri della CEE (Bruxelles – 6 gennaio 1987), abbiamo visto che “il medico non può imporre al paziente le proprie opinioni personali, filosofiche, morali e politiche nell’esercizio della sua professione”.
Addirittura, gli obiettori dovrebbero dimettersi dall’impiego pubblico e cercare lavoro presso strutture religiose o private a loro confacenti … ma la loro morale personale non può ricadere su un servizio con standard europei.

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Prima (o dopo) aver affrontato la questione ‘eutanasia’, c’è e ci sarà da capire se e come i medici cattolici intendano rispettare l’Etica Medica ‘liberale’ nel rapporto con il paziente e nel rispetto delle sue scelte informate.

L’alternativa? Più confusione, più disservizi, più malasanità, più sprechi, più contenziosi, più condanne, più sofferenza, più morti.

Senza parlare del fatto che di Etica medica – in Europa, come altrove – dovrebbero occuparsene i diretti interessati: i pazienti, gli Individui.

De Matha

Malati? No, meglio consumatori

1 Ago

“Secondo l’Aiba, l’Associazione italiana dei broker di assicurazioni e riassicurazioni, il costo dei risarcimenti per malasanità oscilla tra 850 e 1400 milioni di euro”.
Un miliardo di euro l’anno di danni causati e risarciti o risarcibili per danni alla salute causati da medici o dalla gestione sanitaria sono davvero un’enormità.
“Risarcimenti che “pesano” una media di 25-40 mila euro ciascuno” e che, facendo due conti della serva, riguardano almeno 20.000 malati che sono stati danneggiati anzichè curati.

Eppure, “secondo un’indagine della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori in campo sanitario, è difficile che un professionista debba affrontare una condanna penale: il 98,8% dei procedimenti per casi di lesione colposa e il 99,1% di quelli per omicidio colposo si concludono con l’archiviazione, mentre su 357 procedimenti le condanne sono state solo due.”
Se le condanne penali rappresentano lo 0,5% dei casi denunciati, possiamo immaginare, dunque, che i risarciti dalle compagnie assicurative – per un miliardo di euro anni di media, ricordiamolo – siano solo la parte più vistosa del problema

Un ‘dato’ indirettamente confermato da Francesca Moccia, responsabile del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva  che ammette che “noi scoraggiamo le cause inutili, che fanno perdere tempo e denaro, con un sistema di giustizia lento come il nostro. Puntiamo invece a sostenere i cittadini nelle azioni di autotutela e mettendo in mora le strutture sanitarie inadempienti oppure segnaliamo le violazioni dei diritti dei malati come, ad esempio, nel caso di infezioni contratte in ospedale”, che, viceversa, esigerebbero risarcimento del danno.

Una conferma che ci viene data anche da quegli “otto chirurghi su 10 ammettono infatti di evitare interventi, andando oltre la normale prudenza, per paura di una causa, secondo un indagine dell’Ordine dei medici di Roma e dell’Università Federico II di Napoli” … così negando o ritardando ‘de facto’ l’accesso alle cure ai malati che necessitavano di quell’intervento?

Tutte le frasi tra virgolette sono tratte da un recente articolo di La Repubblica Dossier.

La soluzione suggerita dal noto quotidiano romano?

Farsi aiutare dal Tribunale del Malato e dalle numerose associazioni che difendono i diritti dei pazienti … proprio quella di cui sopra che “scoraggia le cause inutili”, invece di pretendere un sistema di controlli, giudizi e sanzioni degno di un paese europeo, come anche “segnala le violazioni dei diritti”, invece di offrire supporto e patrocinio legale ai malati danneggiati.

La Repubblica non si smentisce mai …

Piuttosto, se invece di esser considerati malati – e per giunta anche molto pazienti – accettassimo la mercificazione vigente e generalizzata ed iniziassimo a considerarci consumatori?
Siamo sicuri che ci tratterebbero ancora così?

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Bioetica e la coscienza dei malati

30 Lug

Ecco alcuni passaggi del nuovo parere del Comitato nazionale di bioetica sul tema assai controverso dell’obiezione di coscienza per come riportati da La Repubblica.

Tutelare l’obiezione di coscienza per garantire il diritto alla vita. Per difendere chi, di fronte ai “diritti inviolabili dell’uomo”, e appunto la nascita, la morte, la malattia, pur in presenza di una legge dello Stato, “chiede di poter non adempiere a comandi contrari alla propria coscienza”.
Perché questa “disobbedienza”, che oggi riguarda in gran parte l’ambito sanitario, e soprattutto l’applicazione della legge 194, “è un diritto costituzionalmente fondato”. Anche se poi lo Stato è tenuto a garantire “l’erogazione dei servizi, con attenzione a non discriminare né gli obiettori né i non obiettori”.

Dunque, se in una Regione i medici son tutti obiettori, l’unica cosa da fare è tenerseli ed assumerne di nuovi, sperando che non obiettino anche loro due giorni o due mesi dopo.

Cosa ci sia di etico in tutto questo è difficile capirlo, visto che il principio dell’obiezione non si applica solo all’aborto ed agli anticoncezionali, ma anche al mantenimento in vita tramite macchinari, le cure di manteimento per malati terminali, i diritti che abbiamo quando si entra in sala operatoria, le prescrizioni di anticoncezionai e viagra vari, i farmaci antidepressivi o psicolettici e tutto il resto.

Cosa accadrebbe, ad esempio, se in un reparto od in una regione tutti i medici si convertissero ad uno di quei cristianesimi che rigettano le trasfusioni del sangue?

E quei tanti pazienti che, andati fiduciosamente dal medico di base, ricevessero il rifiuto a certe prescrizioni perchè ‘lui/lei è obiettore’? Cercarsi in fretta e furia un altro medico non è esattamente esercitare un diritto.

Ragion vorrebbe che chi obietta sia incompatibile con il servizio pubblico, come sarebbe da rimuovere un dirigente sanitario che destina ginecologi obiettori in un reparto dove si dovrebbero praticare le interruzioni di gravidanza.

Ma l’aspetto più ‘esaltante’ di questa etica della classe medica è quando “”chiede di poter non adempiere a comandi contrari alla propria coscienza”.

Nessuno dovrebbe sottostare a “comandi contrari alla propria coscienza” … a partire dai malati che lasciano un testamento biologico. O no?

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Lucio Magri, un suicidio ethically scorretto

1 Dic

Il suicidio assistito di Lucio Magri, eseguito in Svizzera, è un gesto particolarmente deprecabile e per diversi motivi.

Un “non gesto”, innanzitutto, visto che Magri non è si è suicidato da solo, lanciandosi da un dirupo o attaccandosi alla canna del gas, ma ha richiesto un assistente, un boia secondo il linguaggio di una volta.
Inoltre, come scrive Adriano Sofri, “la lezione dello stoicismo, gli amici convocati, il convito, la conversazione e il commiato, resta magnifica, ma è davvero distante.” Lucio Magri non era malato terminale, ha “semplicemente” voluto determinare da se quale fosse la durata della propria vita.

Infine, non c’era qualcosa “di peggiore” se si voleva “remare contro” la causa dell’autodeterminazione dei pazienti e del diritto a rifiutare le cure.

Mi dispiace per i tanti che in questi anni hanno letto od ammirato Lucio Magri, ma il mondo è pieno di persone, magari anziane, che arrancano sotto il peso di una vita che ha poco ormai da dare.
Eppure, lo fanno.

La scelta di Lucio Magri non è affatto esemplare, quanto, piuttosto, eticamente censurabile, quantomeno per essersi fatto suicidare in un centro a pagamento.
Da un uomo che ha sempre inneggiato alla dignità ed alla libertà, ci saremmo aspettati altro.

 

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