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Eutanasia e medico-paziente: cosa dice l’Etica europea?

14 Apr

L’Etica Medica è una branca del Sapere, che sembra essere diventata un’esclusiva competenza dei medici e, in Italia, dei prelati.

Eppure, i “Principi di etica medica europea” del 1987 parlerebbero chiaro: “il medico non può imporre al paziente le proprie opinioni personali, filosofiche, morali e politiche nell’esercizio della sua professione” (Art. 3).

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Dunque, per prima cosa, vorremmo tanto sapere – non noi pazienti, bensì noi cittadini – il come e il perchè di questo accaparramento sulla nostra pelle e del corrispettivo potere sulle nostre vite.

Soprattutto, visto che comportano un rapporto medico-paziente-cure del tutto diverso, sarebbe opportuno che Ministero, Regioni e Università ci confermassero che i medici italiani abbiano sottoscritto anche i “Principi di etica medica europea” dell’Unione e non aderiscano solo alla “Carta degli Operatori Sanitari”, come recentemente aggiornata dal Vaticano,

Ad esempio, in caso di malattia incurabile e in fase terminale, il medico ‘europeo’ “può limitarsi a lenire le sofferenze fisiche e morali del paziente fornendogli i trattamenti appropriati e conservando per quanto possibile la qualità di una vita che si spegne.
È dovere imperativo assistere il morente sino alla fine ed agire in modo da consentirgli di conservare la sua dignità” (Art. 12).

eab06911eba0ae8dc98a2ded06753bcfViceversa, nello stesso caso, il medico ‘cattolico’ non è «un mero esecutore» delle richieste di un paziente e «nessun operatore sanitario» può farsi «tutore esecutivo di un diritto inesistente». Anzi, conserva «il diritto e il dovere di sottrarsi a volontà diverse dalla propria coscienza».

Una contrapposizione profonda, se la “Carta degli Operatori Sanitari” del Vaticano – addirittura – invita i medici ad «un grave e preciso obbligo di opporsi ad esse mediante l’obiezione di coscienza» verso “l’autonomia morale e la libera scelta del paziente”, viceversa tutelate dall’Etica Medica europea, che ben precisa come “il medico non può sostituire la propria concezione della qualità della vita a quella del suo paziente”.

Una concezione illiberale.

Non a caso, riguardo al diritto di rifiutare la nutrizione e l’idratazione, rivendicato anche da politici e manifestanti e non solo dai malati, la Carta vaticana impone ai medici cattolici che esse «vanno considerate tra le cure di base dovute al morente» e «la loro sospensione non giustificata può avere il significato di un vero e proprio atto eutanasico, ma è obbligatoria, nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l’idratazione e il nutrimento del paziente».

Invece, per i “Principi di etica medica europea” sanciti dalla Conferenza internazionale degli ordini dei medici degli stati membri della CEE (Bruxelles – 6 gennaio 1987), abbiamo visto che “il medico non può imporre al paziente le proprie opinioni personali, filosofiche, morali e politiche nell’esercizio della sua professione”.
Addirittura, gli obiettori dovrebbero dimettersi dall’impiego pubblico e cercare lavoro presso strutture religiose o private a loro confacenti … ma la loro morale personale non può ricadere su un servizio con standard europei.

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Prima (o dopo) aver affrontato la questione ‘eutanasia’, c’è e ci sarà da capire se e come i medici cattolici intendano rispettare l’Etica Medica ‘liberale’ nel rapporto con il paziente e nel rispetto delle sue scelte informate.

L’alternativa? Più confusione, più disservizi, più malasanità, più sprechi, più contenziosi, più condanne, più sofferenza, più morti.

Senza parlare del fatto che di Etica medica – in Europa, come altrove – dovrebbero occuparsene i diretti interessati: i pazienti, gli Individui.

De Matha

Ignazio Marino e l’etica medica

30 Ott
La questione etica su Ignazio Marino dovrebbe partire almeno da quando espiantò un fegato da un babbuino per impiantarlo in un paziente umano, di cui ‘lui’  parla con orgoglio ma che, girovagando per la Rete, fu fortemente criticato per gli aspetti etici e clinici come ad esempio sul  Riformista Torinese (link).

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 E c’è il professore Bruno Fedi, medico primario anatomopatologo, “che gli ricorda (ndr. a Ignazio Marino), in una lettera del 24.05.2012, che già nel 1967 il Direttore della Patologia Chirurgica dell’Università Di Roma, Paride Stefanini, aveva effettuato un trapianto di rene da babbuino ad uomo e aggiunge: Risultato disastroso: paziente morto. Conclusione: Ignazio Marino ci racconta, con orgoglio, di aver ucciso un babbuino, nel 1992, 15 anni dopo l’intervento di Stefanini, senza tener conto dei numerosi risultati infausti, precedenti. Fu un tentativo di salvare la vita ad un uomo, usando un organo incompatibile, sapendo che era incompatibile, ma sperando che, con enormi dosi di farmaci immunosoppressori, venisse tollerato dal ricevente.
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Nella lettera del noto medico e professore universitario – pubblicata integralmente da UNA Cremona (link) – si può anche leggere che:Nell’ambiente dell’università, si criticava pesantemente lo Stefanini, per avere effettuato un intervento che non poteva riuscire: tutti lo sapevano, ma Stefanini aveva voluto tentare. Qualcuno disse che era stato un omicidio, benevolmente tollerato dalle leggi. 
Oggi, Ignazio Marino ci racconta, con orgoglio, di avere ucciso un babbuino, nel 1992, 15 anni dopo l’intervento … Quello descritto da Marino è un caso tipico di sperimentazione sull’uomo (perché, negli animali, si sanno i risultati, ma gli stessi sperimentatori sanno che non sono predittivi). La descrizione di Marino è proprio il caso di un uomo, usato come cavia, anzi, come cavia pagante, perché si sapeva che i risultati negli altri animali non erano stati favorevoli e che, in senso generale, non sono predittivi, dunque si è sperimentato sull’unico animale predittivo per l’uomo: l’uomo stesso.
Questo esperimento, questo tipo di esperimenti, rivelano anche una metodica, una mentalità. Marino procede per “tentativi ed errori”, metodo che i vivisettori hanno tante volte sostenuto giusto. Marino sapeva che la cosa che tentava, non poteva riuscire, ma ci ha provato.”
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Per sapere come abbia (non) funzionato l’esperimento ‘umano’ di Ignazio Marino è possibile leggerlo – se si ha stomaco forte – nella cruda pubblicazione scientifica “Baboon-to-human liver transplantation”  che lo stesso Marino con altri pubblicò su Lancet (link) e che racconta cosa furono gli ultimi 50 giorni di vita del suo paziente:

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Anche se è stato rilasciato dalla terapia intensiva dopo un mese, (ndr. il paziente) ha sviluppato diverse infezioni, che hanno reso necessaria la terapia con anticorpi nefrotossici. La più invalidante di queste è stata mixata da Citomegalovirus, Candida, Esofagite e Duodenite, che sono stati sospettati essere la causa di ricorrenti emorragie gastrointestinali dal giorno 27esimo al 39simo e che hanno richiesto 14 unità di sangue trasfuso (ndr. circa sette litri, praticamente come se avvesse perso tutto il sangue e servisse un ricambio totale).
E’ stato coltivato dal sangue lo Staphylococcus aureus (ndr. provoca infezioni suppurative acute) … Enterococcus faecalis (ndr. provoca infezioni del tratto urinario, endocarditi e sepsi) … Aspergillus (ndr. infezione tracheale).
Altre complicazioni, incluse insufficienza renale e dipendenza da dialisi, hanno avuto inizio il 21esimo giorno, che probabilmente sono il risultato della tossicità da più farmaci (sic!) …  fino al giorno 55esimo quando (ndr. il paziente) è stato riammesso in terapia intensiva dopo una recidiva di ittero … il giorno 61esimo è diventato ipotensivo con rigori, ha richiesto l’intubazione. C’erano tracce di coagulazione intravascolare disseminata ed emolisi con un calo della conta piastrinica (ndr. meno 80%) … un aumento di emoglobina plasmatica libera (ndr. 30 volte il massimo) … e un aumento della bilirubina (ndr. del 400%) … durante le successive 48 ore.
Dai giorni 65esimo al 70esimo, il paziente aveva 5 plasmaferesi che avevano ridotto la bilirubina sierica.  Il 70esimo giorno … c’è stata una perdita improvvisa delle maggiori funzioni del sistema nervoso. La TAC ha mostrato una massiva emorragia subaracnoidea (ndr. i cui sintomi includono la terribile “cefalea a rombo di tuono”, vomito, confusione mentale, abbassamento del livello di coscienza e, talvolta, convulsioni) e 6 ore dopo è stato dichiarato cerebralmente morto.”
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Un vero e proprio calvario.
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Avrebbe sofferto così tanto prima di morire per cause naturali? E, soprattutto, se il sistema immunitario degli uomini e quello dei babbuini non sono compatibili, nemmeno utilizzando i farmaci antirigetto più potenti, a quale “terapia”  è servito quell’esperimento dall’esito così devastante oltre che letale?
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Ecco nei dettagli di cosa va orgoglioso Ignazio Marino.

originale postato su demata