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Fornero reloaded: adesso tocca agli invalidi, alle donne ed ai bambini

15 Mag

Non pretendevamo Robin Hood, che toglieva ai ricchi per dare ai poveri, ma la scelta di Elsa Fornero come ministro del Welfare è qualcosa di più di uno svarione.

Dopo essersela presa con i pensionandi, allungando di 2-3 anni la durata del lavoro, e dopo aver tentato di colpire i cassaintegrati, garantendo loro mezzo stipendio per circa un anno (a legger bene di questo si trattava), ecco Elsa Fornero che non rinuncia ad “inserirsi di nuovo” nella mattanza sociale della crisi.

Una per tutte, nel calcolo dell’ISEE (l’Indicatore della situazione economica) verranno considerate anche le pensioni sociali e gli assegni familiari.

Ma non solo, la “spending review” di Elsa Fornero prevede di introdurre una soglia di reddito Isee per le prestazioni di carattere universale ed indipendenti dal reddito come gli assegni di accompagnamento per gli invalidi.

Addio badanti?

Ma la cosa non si ferma qui, a quanto pare, e verranno toccate anche le donne e l’infanzia. Cambieranno regime anche prestazioni come l’assegno per i nuclei familiari con almeno tre minori, gli assegni di maternità per madri prive di copertura assicurativa, l’erogazione delle borse di studio, la tariffa sociale dell’energia elettrica, gli assegni per i libri.

Il tutto mentre i suicidi aumentano, la Francia e la Germania cambiano rotta e la Grecia traballa sempre più.

Ecco perchè il ministro Cancellieri, dal Viminale, precisava ieri che ci saranno “problemi di ordine pubblico, non di terrorismo”.

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Il Brasile deforesta il 5% dell’Amazzonia?

11 Feb

Dilma Vana Rousseff Linhares (64 anni) è un’ex guerrigliera marxista-leninista brasiliana, attuale membro del Partido dos Trabalhadores e divenuta presidente del Brasile, dopo una campagna elettorale macchiata da numerose irregolarità.

In questi giorni, Dilma ha autorizzato il proseguimento della più grande speculazione immobiliare e industriale del secolo, dando l’approvazione per costruire un grande impianto idroelettrico (il terzo più grande del mondo ), tagliando praticamente  uno spicchio dell’Amazzonia, sommergendo oltre 400.000 ettari di foresta pluviale.

Il tutto accade, nonostante un magistrato brasiliano abbia impugnato l’Atto 788/2005 del Congresso Nazionale, che autorizzava la costruzione della diga senza la consultazione anticipata delle popolazioni indigene della città di Altamira e delle aree confinanti, che, viceversa, è un diritto degli indios sancito dall’articolo 231 della costituzione brasiliana.

Il progetto, infatti, prevede lo sbarramento del fiume Xingu, uno dei maggiori affluenti del Rio delle Amazzoni, e la creazione di un lago enorme, stravolgendo almeno 500 chilometri quadrati di territorio.

La zona pluviale di Belo Monte, dove verrà costruita la centrale ad oriente della Tierra del Medio, nello Stato del Parà,  era stata dichiarata , nel 2004, “riserva estrattiva” con decreto presidenziale allo scopo di salvaguardare la flora, la fauna e le popolazioni indigene, oltre ai “siringueros”, che estraggono con metodi tradizionali e non invasivi il “lattice” dall’albero del caucciù.

Il presidente brasiliano, autorizzando l’Agezia per l’Ambiente a dare il via all’operazione speculativa, porta a conclusione il progetto avviato dal governo del suo predecessore, Lula, per aggredire l’habitat dell’Amazzonia e renderlo accessibile alle attività industriali e speculative.

Infatti, la quantità di foresta (circa 500mila kmq circa) che scomparirà all’apertura della diga – tra quella che andrà sommersa e quella che verrà privata dell’afflusso ordinario d’acqua –  equivale ad almeno il 5% circa dell’intera Amazzonia (oltre 7 mln kmq totali) e la deforestazione risultante equivale a 50 volte quella prodottasi nel solo 2010 (circa 8500 kmq) e ad almeno il doppio di quella avvenuta nel decennio 2001-2010.

A questa area, inizalmente invasa o depauperata dalle acque, andrà progressivamente ad aggiungersi un territorio equivalente all’intera Francia, dove andranno progressivamente a convergere implementazioni industriali e speculazioni immobiliari, intorno ad una serie di dighe, laghi e centrali di cui Belo Monte è la prima di una lunga serie.
Un territorio, che il Brasile fu costretto, suo malgrado, a tutelare dopo le forti proteste e pressioni internazionali, dato che gli agricoltori avevano già eroso una parte importante di foresta, costringendo gli indios ad allontanarsi dal fiume Xingu, arretrando nella foresta e perdendo la fonte del proprio sostentamento.

Non è un caso che il FUNAI (Dipartimento brasiliano agli affari indiani) nel mese di maggio, abbia vietato a Azelene Kaingang, portavoce dei popoli indigeni, di partecipare al Forum delle Nazioni Unite sulle questioni indigene per denunciare le violazioni del governo brasiliano alle direttive della Commissione Inter-Americana per i diritti umani, che la costruzione della diga andrà a causare e la tragedia dell’etnia Kayapo, che sarà cancellata dalla Storia.

Infatti, la centrale idroelettrica di Belo Monte produrrà circa 11.233 megawatt, a regime, ma renderebbe solo il 40% del proprio potenziale a dato che nella stagione secca il flusso d’acqua è solo il 5% di quello della stagione piovosa e, per risolvere questa “piccola difficoltà”, il progetto prevede la costruzione di un’altra enorme diga per creare un altro invaso – un enorme lago – che faccia da riserva d’acqua.

Difficile comprendere come noi europei si possa essere, correttamente ma costosamente, così “attenti all’ambiente” di casa nostra e così “politicamente corretti” nelle relazioni internazionali, se, poi, continuiamo ad intrattenere relazioni commerciali e finanziarie con uno stato, come il Brasile, che intende ridurre sensibilmente la produzione planetaria di ossigeno, cancellando un almeno il 5% di foresta amazzonica, tra diga, controdiga e dighe futuree, invasi, logistica ed impianti, industria, indotto, servizi, insediamenti e tutto quello che dovrà arrivare per trasformare Altamira – ed il suo territorio – da una modesta cittadina ad una città tecnologicamente avanzata, avamposto dell’umanità robotizzata e lucrativa.

Questo, infatti, è il progetto complessivo che Cardoso, prima di Lula, mise in campo e che Dilma sta rilanciando.

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