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I numeri del lavoro dei docenti in Europa

22 Ott

Molti sono convinti che “i docenti italiani hanno un carico settimanale di ore di lezione in classe superiore alla media europea sia nella scuola primaria (22 contro 19,6) che nella secondaria superiore (18 contro 16,3) e praticamente identico nella scuola media  (18 contro 18,1)”. (fonte Libertiamo)

Un’informazione che, secondo il MIUR, si basa su dati inoppugnabili, che risultano abbastanza incredibili per chi ha lavorato come docente all’estero e/o conosce docenti stranieri.

Italia: ricordiamo che un docente delle scuole superiori è obbligato a prestare 18 ore settimanali per 33 settimane di lezione e una 40ina ore di riunioni annue di attività funzionali all’insegnamento; in totale sono 634 ore annue ricomprese negli stipendi, per il resto solo i volontari e con compensi accessori, previsti anche per i recuperi didattici e per gli esami di Stato.

E vediamo cosa raccontano, in lingua madre, i docenti di qualche altro paese.

Germania: I docenti delle scuole, – come riportato in diversi studi negli ultimi anni, compresi quelli di ministri delle finanze ed anche tenendo conto delle vacanze scolastiche, lavorano annualmente più di 1.800 ore. In una settimana di scuola questo comporta una media di 45-55 ore. Inoltre, i tempi di “puro insegnamento” riguardano solo circa la metà di tutto il lavoro degli insegnanti. L’altra metà è composta da: preparare le lezioni, correggere, incontro con i colleghi, i genitori, gli studenti e non scolastici rappresentanti, conferenze, gite degli studenti.
Le vacanze in senso tradizionale sono solo per gli insegnanti le vacanze estive. Inoltre, molti insegnanti hanno anche il servizio militare/civile durante le vacanze nelle scuole, o essi stessi sono coinvolti nella prima settimana e le ultime due settimane di vacanza estiva con il completamento e pianificazione del lavoro. Tipici esempi di alta intensità di lavoro i periodi di vacanza di Pasqua e di Pentecoste: in queste settimane molti insegnanti indaffarati per le verifiche dei recuperi (ndr. rettifiche testualmente) che seguono gli esami di fine corso, che constano spesso di 20 pagine per singolo studente.”
(Kraus Von Josef, Präsident des Deutschen Lehrerverbandes, link)

Regno Unito: “Il numero di giorni di lavoro annui che i docenti full time di ogni scuola devono garantire è di 195. Almeno il 10% del lavoro è dedicato al planning ed alla preparazione/verifica. Ai supplenti vengono richieste supplenze raramente.
Il numero di ore in cui gli insegnanti a tempo pieno possono svolgere attività d’insegnamento od altre attività professionali (esterne) ha il limite assoluto di 1265.” (National Union of Teachers, link)

Francia: “Nelle scuole pubbliche, gli insegnanti forniscono in media all’anno 779 ore di corsi di educazione primaria, ore 701 di corsi nel primo ciclo di istruzione secondaria e 656 ore di corsi nel secondo turno delle istruzione secondaria.” (Organisation for Economic Co-operation and Development, link) Aggiungiamo che in Francia tanti studi di settore denunciano il basso impegno orario dei loro insegnanti.

Dunque, è davvero un mistero sapere come siano stati aggregati i dati italiani che raccontano di ‘carichi settimanali’ dei docenti italiani ‘superiori’ a quelli di tanti altri docenti.

Di seguito i dati dell’OECD per una vasta gamma di nazioni nel mondo.

Buona riflessione.

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L’iniquo diktat di Bersani sulla scuola

22 Ott

Nelle scuole c’è agitazione per la proposta del governo, contenuta della legge di Stabilità, di estendere l’orario di didattica frontale dei docenti da 18 a 24 ore,  con incremento delle ferie estive, ma senza aumenti di stipendio. A dire il vero, c’è agitazione solo nelle scuole medie e superiori, dato che le maestre delle elementari e delle materne, già lavorano per 24-25 ore settimanali, più un discreto carico di progetti, incontri con le famiglie e riunioni.

Due mondi in un solo comparto: i professori che riscattano 3-5 anni di studi universitari, lavorano 18 ore settimanali più 40 ore annue di riunioni, percepiscono stipendi superiori di diverse centinaia di euro, sono in discreta parte maschi, anzichè ‘solo donne’ come nelle scuole elementari, dove fanno un lavoro più complesso, più esteso nel tempo, con maggiori responsabilità e rapporti con l’utenza e … si guadagna molto di meno. Esemplare il caso dei docenti tecnico-pratici degli istituti tecnici che sono diplomati come le maestre e che guadagnano di media circa 200 euro al mese in più, lavorando 18 ore anzichè 24.

Parliamo di circa 400.000 lavoratori, la decima parte di una pubblica amministrazione – che sta subendo e sopportando tagli, sacrifici ed economie – e di un risparmio di circa 700 milioni di euro in supplenze nel triennio, con circa 30.000 giovani in meno che entreranno nella macchina stritolatutto del precariato.

Parliamo anche di troppi licei che spendono per supplenze, inspiegabilmente, più risorse pro capite di una scuola elementare piena zeppa di lavoratrici madri con figli di età inferiore ai 10 anni.  Di contratti di lavoro e mansionari che consentono ai docenti di rifiutare la supplenza interna anche se vi sono classi e classi senza vigilanza, di un sistema di graduatorie interne che garantisce alcuni e mobilizza perpetuamente altri. Di un sistema di controllo che invia revisori con un diplomino in tasca a verificare bilanci milionari badando solo (o quasi) che il totale dei debiti sia pari o inferiore al totale delle entrate, o meglio dei crediti. Di un’autonomia scolastica sempre più al lumicino.

Una norma, quella dell’elevamento dell’orario didattico de professori, inutile se esistesse anche un banale monte ore di ‘straordinari’, come per qualunque altro lavoro in modo da garantire il servizio.
Una norma che poteva essere contrattata, invece che anticiparla con uno sciopero, e che ormai andrebbe approvata, riconoscendo qualcosa di più a livello contrattuale, visto che c’è necessità che tutta la pubblica amministrazione faccia il massimo del massimo, come in un dopoguerra.

Una legge che spaventa dato che ora si tocca la categoria benemerita dei professori  edomeni potrebbero esserlo anche le attrettanto benemerite categorie dei giornalisti, dei dirigenti ed amministratori pubblici retribuiti, dei medici e degli universitari.

Suona, dunque, davvero strano che il ‘responsabile’ Pierligi Bersani affermi: «Voglio dirlo con chiarezza, noi non saremo in grado di votare così come sono le norme sulla scuola».

I motivi per non votare la Legge di Stabilità, caso mai, sono altri, come le norme a carico dei malati e dei disabili oppure quelle sulla detraibilità dei mutui o la vergognosa IVA che, a differenza dell’IRPERF, colpisce più i poveri che i ricchi e flette i consumi.

I motivi per parlare di istruzione e formazione sono altri, come la categoria dei docenti e lavoratori esternalizzati da province e regioni a carico del ‘diritto allo studio’, come i costi di risanamento delle precaria edilizia scolastica (l’inverno arriva …) che ammonteranno ad una decina di miliardi, innovazione inclusa, come l’enorme quantità di debiti che il MIUR mantiene verso le scuole (residui attivi) che potrebbe aver superato i 3 miliardi di euro, mentre si prevede un ulteriore e pesante definanziamento nei possimi tre anni.

I motivi per stare dalla parte dei professori sono tutti scritti nei tanti decreti e circolari dle MIUR, tra cui quello che impone ‘di fatto’ di attribuire, contro ogni meritocrazia ed equità, la sufficienza in condotta a tutti gli alunni che non abbiano commesso reati piuttosto gravi, come minacce e/o ingiurie e/o percosse, ovvero reati spesso perseguibili solo su querela di parte, per i quali  la vittima – un compagno di classe od un docente – solitamente  rinuncia,.

Il segretario del Partito Democratico, Pierluigi Bersani, pensa che esiste il pericolo di «dare un colpo ulteriore alla qualità dell’offerta formativa. Voglio credere che ciò sarà ben compreso dal governo» e, nel giro di 24 ore, il sottosegretario Marco Doria, uno scrittore di successo, prontamente annuncia che “troveremo una soluzione diversa per la legge di stabilità”.

Ancora tagli al funzionamento delle scuole, che seguono a carenze di finanziamenti ed esitazioni normative che arrivano da lontano.

Ad esempio, dal ‘suo’ governo Prodi e dall’iniziativa del ‘suo’ collega, il ministro Fioroni, che accentrò i finanziamenti delle scuole in un solo ufficio di Viale Trastevere, o dall’esperienza del precedente, l’eclettico Berlinguer, che dopo aver esteso l’età d’obbligo scolastico, si vide lesinare le risorse e non potè riformare a fondo gli indirizzi di studio e le cattedre dei docenti.

Scuole che ormai sono allo stremo, come gli Enti Locali che dovrebbero provvedere alle loro manutenzioni, mentre il ministero, anno per anno, apporta continue modifiche alla rete scolastica. Una scuola superiore che, a ben vedere, è poco o punto cambiata, nei programmi e nelle risorse, rispetto a quella che frequentammo in tanti 40-50 anni fa.

Se un diktat al governo Monti andava lanciato ‘da sinistra’, quello affermato da Bersani, in favore dei professori, non è quello che intacca le maggiori iniquità e non è quello che influisca positivamente sui ceti medio-bassi o non abbienti, come non rassicura malati e giovani.

La Casta è sempre la casta e non si tocca.
E speriamo che la mela avvelenata delle risorse in favore dei professori non andrà a vertere anche sull’INPS o la Sanità, ovvero pensionati, disoccupati e malati.

Una domanda per Pierluigi Bersani: viene prima il diritto costituzionale allo studio ed alle pari opportunità di bambini, ragazzi, famiglie e disabili oppure ha più peso di un limitato gruppo di persone, i professori delle medie e superiori, che equivalgono al 4% della popolazione?

Quanti altri voti perderà il Partito Democratico schierandosi ‘come al solito’ dalla parte della Casta del pubblico impiego, dopo non aver versato una prece per disoccupati, cassaintegrati, malati, pensionandi, giovani precari e donne?

Leggi anche I (veri) numeri del lavoro dei docenti in Europa

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Il partito antispread, per un’Europa ‘civile e responsabile’

9 Lug

L’avevo detto ‘io’ … Mario Monti non aveva le risorse per superare il Ferragosto e solo un cambiamento (rimpasto?) reale od una manipolazione delle regole – la solita pubblica opinione mal trattata – avrebbe potuto consentirgli di arrivare a Natale, ovvero a fine legislatura.

Il cambiamento reale – ovvero il rimpasto di governo e lo ‘spazio alla politica’ – non c’è stato, ma il ‘gioco delle tre carte’ si, quello si.

Così andando le cose, ci ritroviamo – a luglio, come l’anno scorso, allorchè iniziò l’avventura dei tecnici del Potere al potere – nel caos generalizzato.

Prima si annuncia un deficit sui conti di svariati miliardi di euro e si propone di innalzare l’IVA in un paese in piena recessione, con disoccupazione ed inflazione in crescita. Le cause? I soliti evasori …

Poi, si predispone una spending review che nella forma e nella sostanza sembra proprio essere una manovra correttiva. Una cosa che un governo tecnico e così arrogante non dovrebbe permettersi, se non fosse che al PD tutto quel che accade non leva troppo consenso e, soprattutto, non intacca il potere ‘reale’, quello negli enti locali e nelle aziende collegate. Dunque, ‘evviva Mario Monti’,  sobrio “giansenista” ed austero “riformatore”.

Infine, la manovra correttiva chiamata ‘spending review’ prende forma nella sua interezza: 22 miliardi di euro, soldo più soldo meno. Una cosa da piangere, se non fosse per l’assoluta follia di quello che è accaduto dopo, nel corso di questo fine settimana.

Come non ammirare l’equilibrismo di Pierluigi Bersani, che riesce a dire tutto ed il contrario di tutto: «Nel decreto ci sono cose buone e le appoggeremo con convinzione. Ci sono anche cose da correggere. Quello che soprattutto non va riguarda il taglio delle risorse agli enti locali, già troppo indeboliti, e l’intervento sulla sanità. In particolare, per ciò che riguarda la sanità, l’errore è prima di tutto tecnico. Si rischia il bis della vicenda esodati».

Il problema, dunque, non sono i 14.000 posti letto che verranno tagliati in un paese dove si attendono mesi per un banale intervento chirurgico e dove chi usa farmaci ‘salva vita’ non può scegliere la struttura di ricovero. Il problema di Bersani e del PD tutto sono i medici ‘esodati’ …

Il problema del Partito Democratico è il “taglio delle risorse agli enti locali”, proprio quelli che, ogni anno, spendono 2,5 miliardi di euro in stipendi e spese dei consiglieri di amministrazione degli enti strumentali … quelli che hanno bisogno di migliaia di consiglieri e relativi impiegati per manutentare le strade provinciali e gli istituti superiori …

Preso atto che le Province restano ma le sedi giudiziarie no, ritorniamo a Mario Monti ed alla follia in cui ci ha portati, che i bizantinismi del Partito di Massimo D’Alema non possono nascondere e che trova conferma in ben altre affermazioni, ben più esplicite, di questi giorni.

“Abbiamo vissuto 30 anni da cicale, ora dobbiamo iniziare a pensare da formiche, anche se l’obiettivo del pareggio di bilancio mi sembra ampiamente esagerato. Dobbiamo anche evitare la macelleria sociale, ma si deve razionalizzare e semplificare la P.A. perché abbiamo ridondanze che vanno eliminate”. (Giorgio Squinzi)

“Mi permetto come esponente del governo di invitare a non fare il danno delle imprese, dichiarazioni di questo tipo, come avvenuto nei mesi scorsi, fanno aumentare lo Spread, i tassi di interesse a carico non solo del debito pubblico, ma anche delle imprese”. (Mario Monti)

“Dichiarazioni come quelle di Squinzi, sia nel merito che nel linguaggio, non si addicono a un presidente di Confindustria, fanno male e sono certo che non esprimano la linea di una Confindustria civile e responsabile”. (Luca Cordero di Montezemolo)

Per il presidente di Confindustria, il problema è quello di mettere in atto delle riforme sostenibili dal paese, intervenendo con una almeno minima equità (imposta patrimoniale?) ed eliminando gli sprechi della politica.
Per il capo del governo, la questione si pone tutta in termini di spread che aumenta (sic!), un moloch che, però, poco dipende da noi, specialmente dopo che la BCE di Mario Draghi, come la FED, ha praticamente azzerato il costo del denaro.
Per l’erede più famoso di una delle più grandi fortune italiane, è un problema di ‘civiltà e responsabilità’ se disturbare o meno il ‘conducente’ … cosa mai dovevamo aspettarci?

Intanto – non iniziate a ridere o piangere fragorosamente – i sondaggi raccontano che gli italiani sarebbero ben felici di vedersi ridurre i servizi pur di pagare meno tasse … e La Repubblica titola “Monti, missione per salvare l’euro: “Io al governo nel 2013? Sto valutando. Non farei il bene del governo se dessi adesso una disponibilità” … … …

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Spending review? No, manovra correttiva agostana …

3 Lug

Mario Monti rassicura i partiti: ‘è una spending review, non una manovra correttiva’. Eppure, se si trattasse di questo parleremmo di oltre 200 miliardi di Euro, come ha precisato pochi giorni fa proprio uno dei superconsulenti voluti da Mario Monti.
Qui parliamo – molto più prosaicamente – di un taglio delle spese di personale e di fornitura per ‘raccogliere’ quei 5,3 miliardi di euro che servono con urgenza, dato che i conti del decreto Salvaitalia si sono rivelati fin troppo ottimistici: i ‘professori’ avevano sottovalutato gli effetti negativi della ‘mancanza di speranza’, ovvero recessione, stagnazione, evasione fiscale, speculazione finanziaria.

Una ‘realtà’ che sembra non essere percepita nè dai media nè dal Partito Democratico, attestato dietro Bersani e D’Alema, che sembrano non aver imparato la ‘lezione della Seconda Repubblica’, ovvero che essere il maggior partito o la ‘fazione’ più coesa non comporta ‘ipso facto’ che si sia in condizione di governare e che, senza un pensiero economico, un programma economico, anche il maggior conglomerato di voti è in balia delle ‘correnti’. L’arroganza con cui è stato ‘censurato’ il buon Fassina ne è un eccezionale esempio e ci conferma che il ‘metodo’ non è cambiato da 50 anni a questa parte.

Uno scenario che si racchiude in quattro dichiarazioni, ben rappresentative ed inequivocabili.

«Se per decenni si indulge ad assecondare un superficiale ‘tiriamo a campare’ oppure si indulge nell’iniettare nei cittadini la sensazione che tanto il Paese può, per le sue risorse, non affrontare problemi seri che le altre nazioni affrontano, forse deve venire il momento in cui, anche a scapito di una temporanea perdita di speranza, bisogna affrontare i problemi seri» – Mario Monti a Palazzo Madama per la presentazione del libro del ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione, Andrea Riccardi.

«È evidente che se il governo pensa di procedere al taglio degli organici e alla riduzione dei servizi getta benzina su una situazione molto difficile» – Susanna Camusso, segretario della Confederazione Generale Italiana dei Lavoratori.

«Mentre Sagunto brucia, a Roma si succedono riunioni di congiurati per decidere come buttare giù il governo prima dell’estate e provocare così le elezioni anticipate a ottobre.La voglia di far saltare tutto, si sa, serpeggia da tempo in entrambi i maggiori partiti. Ma se nel Pd Bersani ha l’autorità per zittire un Fassina, nel Pdl pare che Alfano non ne abbia abbastanza per mettere a tacere una folta schiera di sediziosi, ex ministri berlusconiani ed ex colonnelli finiani» – Massimo Polito, editoriale del Corriere della Sera del 16 giugno 2012.

«A questa maggioranza dico da parte di tutti i giovani che avete rotto i coglioni!» – Franco Barbato (IdV), mentre stava illustrando un proprio emendamento alla spending review nell’dall’Aula di Montecitorio.

Intanto, l’unico ministro che sembra aver firmato la proposta di tagli delle piante organiche del 20% per i dirigenti e del 10% per gli altri dipendenti è l’Ammiraglio Giampaolo Di Paola, il cui ministero, la Difesa, ha già decurtato di un quinto il proprio personale, con un piano decennale di prepensionamenti e mobilità che ridurrà di circa 30.000 unità il numero dei dipendenti militari e civili.

Dunque, non sono solo il popolo bue, l’antipolitica che avanza od i congiurati romani a complottare contro il governo di Mario Monti. A quanto pare sono gli stessi ministri a non credere in questo spending review, “anzi, più di un ministero ha chiesto di lasciare quella regola fuori dai propri uffici” ci ricorda il Corriere della Sera.

E, d’altra parte, chi mai potrebbe crederci, se prendiamo atto che Monti ed i suoi superconsulenti vorrebbero fare a luglio ed agosto quello che non hanno fatto in sette mesi di ‘governo tecnico’ e non s’è fatto in 18 anni di Seconda Repubblica.

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Tagli alla Sanità: niente trucchi

2 Lug

Arriva, finalmente, un primo, timido colpo d’accetta alla mala pianta della Sanità italiana. Un Sistema, quello Sanitario Nazionale, che ‘vantava’, nel 2004, ben 95.000 morti per cause gestionali (leggasi ‘malasanità’) e che vede, oggi e domani, un ‘bel’ 30% dei malati rari rinuciare alle cure (almeno 300.000 persone) a causa degli ostacoli che gli vengono frapposti.

I tagli ‘alla Salute’, dunque sono effimeri – 8 miliardi di euro di economie nel triennio su 116 di spesa complessiva – dato che il timore generale è che il SSN gestito dalle Regioni tagli ancor più i servizi già limitati per i malati, piuttosto che ridurre prebende, sprechi ed appalti.

Infatti,  le economie richieste dalla spendig rewiev non tocano gli oltre 200 miliardi che potrebbero essere ricavati dal ripristino di una certa correttezza nei bilanci, dela necessaria oculatezza nei preventivi,  della opportuna deotonlogia medica non solo verso i malati ma anche i colleghi. Non è un caso che le associazioni dei malati parlino di ‘incapacità di ascolto del malato’ ed il Wall Street Journal indichi il nepotism come il male che impedisce all’Italia di recuperare efficienza e competitività.

Otto miliardi d euro su centosedici in tre anni sono meno del 5% della spesa sanitaria ed equivalgono ad un aggiustamento – in basso – di circa 1,5% annuo. Tecnicamente non li si dovrebbe chamare neanche ‘tagli’ bensì ‘ottimizzazioni’.
Ottimizzazioni che dovrebbero toccare esclusivamente tre settori: forniture, servizi esternalizzati, premialità del personale.

Ottimizzazioni che, in quanto tali, non dovrebbero ‘colpire’ i malati, riducendone i servizi o le accessibilità ed incrementandone la contribuzione (ticket), ma, purtroppo, accadrà il contrario.

Quello che c’è da aspettarsi da questa ‘ottimizzazione’ del Sistema Sanitario Nazionale è un futuro piuttosto cupo, se parliamo del Lazio e delle altre regioni centromeridionali.
Infatti, si parte dalle famose ‘cattedrali nel deserto’ degli Anni ’60 e ’70, ovvero da quei siti ospedalieri dislocati in aree poco popolate del paese, per arrivare alle ‘assunzioni facili’ degli Ann’ ’80 e ’90, con situazioni dove il personale è ‘da sempre’ in esubero, ma inamovibile e privilegiato, ed agli ‘appalti d’oro’ dell’ultimo quindicennio, quando il Decentramento si trasformò in un flusso inesauribile di commesse, trasferimenti, enti strumentali, servizi esternalizzati.

Accadrà, dunque, che le Regioni più indebitate e che meno hanno migliorato od adeguato il proprio Sistema Sanitario saranno costrette – pur di non scomodare le ‘lobbies di riferimento’ – a scaricare le ‘giuste’ economie sui malati, trasformandole in ‘odiosi’ tagli. Le elezioni politiche ed amministrative sono alle porte per scadenza naturale dei mandati.

Certo, i nostri media potrebbero dare il loro contributo, confrontando costi e servizi da una regione all’altra o pubblicando le tante lettere che ricevono, ma nperchè dovrebbero farlo se finora non l’hanno fatto?

Fatto sta che, se dovesse arrivare un altro salasso per gli italiani al posto della necessaria ‘ottimizzazione’, non sarà solo il Wall Street Journal a prendere atto che in Italia esiste un problema ‘etnico’: il nepotismo.

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Euro crise: une “absurdité a l’italienne” qui inquiète

29 Nov

Aujourd’hui, seulement aujourd’hui, Mario Monti a complété le personnel du gouvernement, 18 ministres, 3 vice-ministres de l’économie et 25 ministres délégués. Il a fallu 21 jours après la chute de Berlusconi et nous ne savons pas encore rien sur le programme.

C’est un «non sens» pour un gouvernement intérimaire, créé en raison de l’urgence de la situation en Italie, en Europe, dans le monde.

Un «non-sens» qui pose de sérieuses questions quant à l’exactitude et la véracité de l’hypothèse sur les causes et les solutions à la crise la Euro-zone, jusqu’ici proposé.

En outre, cette «non-sens» renforce l’inquiétante hypothèse, qui vien de part et d’autre, que «les banques» – qui sont le lieu où la puissance des lobbies aristocratique et d’affaires est concentré – tentent de fixer ça va à leur façon, plutôt que dans notre propre chemin et «nous» sont «les Européens».

En confirmation de cela, nous pouvons noter, comme par exemple, que les médias italiens et français, avec la bonne compagnie de les allemande, publient tout et son contraire, sans se rétracte et sans question.
Il n’est pas bon.

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Tagliare gli invalidi

17 Feb

Il governo leghista di Berlusconi e Bossi si appresta a varare nuove leggi riguardo l’invalidità e le malattie croniche o rare.

I confronti con gli altri paesi europei sono impossibili, dato che altrove la previdenza è privatizzata come l’assistenza sanitaria ed il sistema fiscale ed i servizi pubblici hanno ben altra efficienza e ben altra economicità. Basti dire che paghiamo molto più dei tedeschi e dei francesi per avere molto meno e di dubbia qualità, e che la commistione tra fiscalità, assistenza e previdenza non coinvolge solo le ASL ed i servizi sociali, ma tutto il sistema italiano, tra cui INPS e Sindacati nei CdA.

Ovviamente, vista la vergogna generale, è meglio parlar d’altro e così iniziano a circolare le “solite” statistiche che ci raccontano dei “soliti” meridionali e dei “ligi” settentrionali, con le solite “disastrose” percentuali del Sud e quelle “economiche” del Nord senza, però, aggiungere nulla sulla anzianità della popolazione, sul tipo di lavoro svolto, sull’aspettativa di vita, sugli infortuni  e gli incidenti, sulle patologie genetiche “etniche” (ballo di San Vito, anemia falciforme, eccetera), sulla maggiore replicanza di una patologia in famiglie numerose, sul minore ricorso all’aborto terapeutico.

Una tipica operazione di disinformazione atta a fomentare pregiudizi etnici o razziali, classificata e descritta sia Walter Lippmann sia da Kurt Lewin, se qualcuno studiasse ancora giornalismo e/o comunicazioni di massa.

Acclarata la furbastra manovra  mediatica, di cui si spera si accorgano anche i media, passiamo agli invalidi, che sono la cosa che conta.

Dovremmo, innanzitutto, partire dal fatto che l’Italia già non riconosce a pieno numerose patologie che la materia medica internazionale classifica come invalidanti. Un fenomeno abbastanza tipico, se parliamo di malattie rare, di cui, ovviamente, non gliene frega niente a nessuno, visto che ormai siamo alle associazioni dei malati fondate dai medici e che, a 10 anni dalla legge sulle malattie rare, ancora non sono pubblicati i dati relativi al numero dei malati ed ai centri di riferimento, ammesso che qualcuno li abbia forniti o raccolti.

Subito dopo, dovremmo  spiegare ai cittadini che “riducendo le invalidità” si riduce automaticamente il diritto a tante prestazioni, più o meno costose, con il risultato che ci sono malati più malati ed indifesi di prima.

Infine, c’è da chiedersi perchè così tanti invalidi in Italia, sussidiati od occupati che siano.

Innanzitutto, per i malati con malattia genetica riscontrata, ricordiamo che vengono spesso diagnosticati tardi e male, nonchè seguiti peggio, con il risultato che, ad esempio, una malattia come la porfiria, gestibilissima in Svezia, diventa devastante in Italia, che non si cura neanche di creare e monitorare i centri cui la sua stessa legge la obbliga.

Chiaramente, dopo 20-30 anni di cure e diagnosi sbagliate o carenti, il malato è diventato un invalido grave. La malasanità, che le statistiche descrivono come incredibilmente bassa nel nostro paese,  ha un effetto devastante sui malati cronici, i quali  non possono far altro che peggiorare.

Ma non solo, visto che hanno un peso anche le altre carenze dei servizi pubblici nella manutenzione stradale e nella mobilità, ad esempio, come nei controlli sulla sicurezza sul lavoro o nell’assistenza alle famiglie a rischio, per non parlare della scarsità di centri geriatrici adeguati o dell’impossibilità di negoziare il prepensionamento con l’INPS o con l’INPDAP.

Carenze ed inadempienze che vanno ad aggiungersi al fatto che molti invalidi ricevono un sussidio ridicolo (2-300 euro), che degrada la loro condizione ed incrementa la condizione invalidante, e che i malati terminali neanche fanno a tempo ad ottenere l’invalidità e l’accompagno con enormi problemi per loro stessi e per le famiglie.

Siamo in un paese dove nessuno si prende cura dei cittadini sani, figuriamoci gli invalidi.

Ed infatti, a fronte di questo indegno disastro, nessuno si chiede, in parlamento come nelle redazioni e nelle parrocchie, quanto costerebbe in meno l’attuale sistema, se solo  i medici guadagnassero il 10% in meno.

Oppure, di quante economie e quanta salute potremmo godere se fossero più qualificati nel diagnosticare le malattie, che a ben vedere non sono proprio così tante, più informati per indirizzare consulenze ed esami, riducendo attese ed andirivieni, più collaborativi tra loro in modo da favorire la conoscenza biomedica, più formati come manager cui sono affidati personale, risorse e reparti?

Perchè far pagare a noi malati (ed al mondo del lavoro che ci cura ed assiste)  la loro incapacità e la loro sete di profitto?