Tag Archives: diritti

Aborto: cosa ne sarà della democrazia liberale in USA?

25 Giu

La sentenza Roe vs. Wade della Corte Suprema degli Stati Uniti nel 1973 introdusse un’interpretazione della Costituzione degli Stati Uniti a protezione della libertà di una donna incinta di scegliere di abortire, come aveva sancito il Regno Unito con Abortion Act del 1967.
A seguire, anche i parlamenti di Francia e Italia riconobbero lo stesso diritto, con la Legge Veil nel 1975 e la Legge 184 nel 1978, ma in USA quel diritto rimase una sentenza, non una legge né un emendamento.

E da quella sentenza Roe vs. Wade in 50 anni sono accadute tante cose.

Innanzitutto, le donne hanno ottenuto la libertà sessuale, ma solo quella, e di conseguenza l’emancipazione è regredita in antagonismo: oggi i movimenti Occupy, Gender e BLM rivendicano una dimensione di diritti ‘divergent’ per realizzare delle comuniutà ‘apart’.

Dunque, da una ‘public opinion’ orientata alla protezione e all’accoglienza verso i movimenti di tutela dei diritti si è passati negli anni ad una percezione di qualcosa di molto più aggressivo e destabilizzante … a cui opporsi “in difesa della civiltà”.

Intanto, si era passati da quella che era una richiesta di tutela di una condizione ‘non scelta’ (donna, lgbt, black eccetera) all’idea di una mera ‘scelta’ di uno stile di vita, cioè … una cosa sulla quale uno Stato e una Community ha tutto il diritto di metter becco, come da leggi e sentenze più o meno favorevoli.

Riepilogando, a differenza dell’Europa e del resto del Mondo, in USA il diritto all’aborto restava una sentenza costituzionale, mentre si passava dalla tutela delle diversità all’affermazione di un orgoglio (pride), cioè ad un ‘suprematismo’ dei diversi rispetto ai ‘normali’, dipinti come meno creativi, coraggiosi, avvantaggiati, socievoli eccetera.

E, soprattutto, all’avanzata di certi diritti corrispondeva la perdita di altri diritti.
In altre parole, ebbe corso una diffusa repressione delle sette religiose, iniziata 2-3 anni già prima la sentenza Roe vs. Wade, quando The Family di Manson compì la strage di Bel Air.
E tutto andò avanti finchè non accaddero il massacro di Waco nel 1993 e il conseguente attentato di Oklahoma City del 1995.

Due eventi che rappresentano un vero e proprio crocevia della storia americana e mondiale: se Waco ha ricordato agli americani perchè lì c’è un diritto a portare armi, Oklahoma ha dimostrato al mondo intero il prototipo ‘ideale’ dell’attacco terroristico ‘fatto in casa’.

E – a parte la distruzione della sede FBI di Oklahoma e la scoperta dell’homeland terror – dopo soli sei anni si verificò l’11 settembre, cioè gli USA si ritrovarono una parte dell’Islam a combatterli per quei costumi, quei diritti e quelle contraddizioni: inevitabilmente la religione metteva piede nella stanza ovale della Casa Bianca di G.W. Bush, visto che … era una guerra di religione.

Religione – quella di ‘Bibbia e Moschetto’ – che avrebbe anche potuto ritornare nelle proprie sedi con la rielezione del presidente, ma così non fu, dato che Obama prevalse alle primarie su Hillary anche ‘grazie’ al voto delle chiese evangeliche battiste afroamericane.
E fu sempre Obama che da presidente in carica tenne alcune lezioni magistrali sulle Scritture.

Dunque, non prendiamocela con la Corte Suprema statunitense, che non ha fatto altro che scoprire che “il Re è nudo” e … l’ha lasciato ‘nudo’.

In USA, la campagna elettorale presidenziale si rafforza nelle chiese e quella politica spesso inizia nei tribunali. Cioè ‘in nome di Dio’ e ‘a furor di popolo’.

Ma, se a breve termine la Politica statunitense non produrrà una riforma costituzionale per l’aborto come per le armi o la fecondazione eccetera, non resterà altro che prendere atto che la maggioranza degli statunitensi non lo vuole e … che i media USA non rappresentano adeguatamente la società ‘liberale’ che promuovono.

E l’aborto? Prima del quarto mese di gravidanza solo le religioni cristiane lo considerano un omicidio da punire come reato.
Potremmo iniziare almeno ad accettare che l’aborto entro il 3 mese di gravidanza è una questione di diritti religiosi di tutti e che il divieto assoluto è solo frutto della fede cristiana, praticata o meno che sia?
Nulla di liberale nè cosmopolita.

A.G.

Omosessuali, religioni, leggi: quale Storia e quali Diritti?

25 Gen

Per le principali religioni moderne l’omosessualità è un atto ‘impuro’, ‘contro natura’, perchè l’hanno detto Yahvè, Dio e Allah,  promettendo i peggiori supplizi in vita e dopo la morte. Anche il Buddismo la ‘sconsiglia’, alla pari di qualsiasi altra condotta derivante dal ‘desiderio’.

Precedentemente, Confucio e Krisna non ne fanno una particolare mezione o ‘problema e, ancor prima, tra gli Indoeuropei come tra i nomadi dell’Asia o del Nordamerica, i ‘pagani’ non si ponevano particolari problemi verso i fuðflogi e le flannfluga (uomini e donne che rifiutano il rapporto eterosessuale e il matrimonio), ma – come per il sopraggiungere dell’impotenza senile – escludevano dal contesto ‘maschile’ gli ‘effemminati’, cioè quelli che decidevano di non partecipare alle prove di iniziazione ‘virili’ e sceglievano di adottare uno stile di vita ‘femminile’.
La maggioranza degli dei della vegetazione (Attis, Adone, Dioniso, Tuisto) erano androgini

Tra i mediorientali gli omosessuali erano una casta, come, ad esempio, i sacerdoti travestiti o gli eunuchi che costituivano il clero di Inanna / Ishtar, venerata nel Tempio di Gerusalemme come “Regina del Cielo” (Secondo Libro dei Re 23,7).
E, ancora oggi, nell’India colonizzata dagli Arya, gli ermafroditi sono dei fuori casta e la benedizione degli eunuchi è considerata quasi indispensabile ed eccezionalmente efficace in ogni cerimonia.

Una questione di fede, dunque, e non di pericolosità sociale, in un mondo dove la ‘famiglia’ e la capacità di ‘procreazione’ era tutt’una cosa, ma dove l’omosessualità non dava scandalo.

Infatti, in Europa occidentale, fino a Carlo Magno, la legislazione civile che il diritto canonico non fanno particolare menzione dell’omosessualità; solo nei Paesi Baschi le Leges Visigothorum prevedevano la castrazione, ma con scarso esito visto che il clero rifiutò di applicare la norma.
Ad Oriente, viceversa, l’Impero bizantino continuò ad applicare il codice teodosiano che prevedeva la pena di morte per gli omosessuali passivi e gli effemminati, estesa anche gli omosessuali attivi (Giustiniano – 533 d.C.) e agli adulteri. L’omosessualità in Russia, però, fu tollerata fino all’epoca di Pietro il Grande e sanzionata dalla Chiesa ortodossa con penitenze.

Le cose andarono a cambiare, in Europa, dopo l’Anno Mille, ‘grazie’ al monaco Pier Damiani (Liber Gomorrhianus – 1049 d.C.) in cui si condanna violentemente l’omosessualità e la sodomia, e, soprattutto, a Tommaso d’Aquino (Summa Theologiae), in cui l’omosessualità viene descritta come un peccato orribile, ben peggiore dell’adulterio e dello stupro, anche se non assimilabile alla bestialità vera e propria.

Nell’arco di 200 anni, la nuova morale venne fatta propria dall’emergente classe borghese dei mercanti (Paolo da Certaldo -“Il Libro dei buoni costumi”) con l’introduzione di statuti che prevedevano – nella sostanza – le stesse pene dello Stato Pontificio e del Codice Teodosiano.

La Riforma (in particolare il Calvinismo) e l’Illuminismo fecero il resto, se la prima legge contro gli omosessuali in Cina venne introdotta nel 1740 e in Russia  solo nel 1706 venne introdotto il rogo.

A casa nostra, andò a finire che, al sorgere dell’unità italiana, nei codici delle Due Sicilie non v’era neanche la menzione dell’omosessualità, mentre nel resto d’Italia la ‘sodomia’ era punita ‘da sempre’ con l’impiccagione ed il rogo. Solo nel 1787, in Lombardia e Triveneto, si passò alle pene corporali e al carcere per ‘bontà’ dell’imperatore d’Austria e solo nel 1832 a Roma venne abrogata la pena di morte, convertendola in ergastolo. Nel 1859, i Savoia  (art. 425 del C.P.) introdussero la pena del carcere per gli omosessuali, estesa poi a tutta la penisola.

E se tanto era tra i cattolici, non è che andasse molto meglio negli ‘ambienti laici’, figli del Calvinismo, che – in sintesi – la pensavano come Cesare Beccaria, secondo il quale l’omosessualità “prende la sua forza non tanto dalla sazietà dei piaceri, quanto da quella educazione che comincia per render gli uomini inutili a se stessi per fargli utili ad altri” e che “non si può chiamare precisamente giusta (il che vuol dire necessaria) una pena di un delitto, finché la legge non ha adoperato il miglior mezzo possibile nelle date circostanze d’una nazione per prevenirlo”.
Non a caso i laici totalitarismi comunisti della Russia e della Cina previdero la ‘rieducazione’ per gli omosessuali e , come detto, nel Meridione d’Italia borbonico dovette essere lo Stato unitario ‘liberale’ ad imporre sanzioni e pene per gli omosessuali.

Fatto sta che la medicina  ha cancellato solo da 25 anni (17 maggio 1990) l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali, definendola “una variante naturale del comportamento umano”, e da allora sta a noi decidere se credere nella Scienza o nei Profeti, ovvero se discriminare gli omosessuali o non farlo.

Altra questione, però, è la famiglia, cosa molto diversa dall’estendere giustamente lo status di parentela al partner omosessuale di qualcuno.

Infatti, per ‘famiglia’ non esiste una definizione: l’Uomo – dagli albori della Preistoria – non ne ha sentito il bisogno, dando per scontato che fosse l’elemento base della ‘riproduzione della specie’.
Oggi – con la demografia in eccesso e con la clonazione alle porte, mentre tanti non hanno più famiglia – le cose sono cambiate e, se un single può adottare bambini, non dovrebbe esservi motivo per cui non possano farlo gli omosessuali.

Ma, se gli omosessuali hanno diritto a farsi una ‘famiglia’, che dire dei bambini orfani o che vivono nell’abbandono come degli homeless e degli invalidi o degli anziani esodati con rinvio perpetuo della pensione oppure delle donne istruite e senza lavoro o, ancora, dei giovani che – una volta – a 30 anni non erano ‘ragazzi’ bensì padri e madri?

Negli USA le norme sui diritti degli omosessuali sono andate di pari passo con le altre tutele dei comportamenti ‘privati’ e dei ‘diritti civili’ (es. legalizzazione cannabis, diritti afroamericani e indiani, etc) ma sono state affiancate da importanti interventi sul Welfare, sulla Sanità e per le famiglie.
“Ogni individuo in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale nonché alla realizzazione, attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l’organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità”. (Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo – art. 22)

Demata

Senato SI, Conferenza Stato Regioni NO

7 Apr

“Il Senato delle autonomie non ha senso alcuno, c’è già la conferenza Stato-Regioni, che comprende anche i Comuni; è formata da tutti i governatori e da tutti i sindaci ed ha un comitato ristretto eletto dall’assemblea di tutti i suddetti. Non costa un centesimo se non il viaggio a Roma quando l’incontro col governo ha luogo. Il Senato delle autonomie sarebbe un inutile doppione.” (Eugenio Scalfari – domenica 6 aprile 2014)

Eppure, proprio La Repubblica del 4 ottobre 2012 ci spiegava che ‘il viaggio’ a Roma come a Bruxelles  costerebbe qualcosa in più di un centesimo …
” Il piccolo Molise ha deciso di raddoppiare la sua presenza a Roma acquistando un appartamento in centro da oltre 4 milioni di euro, la Calabria continua a spendere 240 mila euro l’anno per una sede a Bruxelles che non usa più e mantiene un ufficio del turismo a Milano, mentre la Sicilia continua a elargire stipendi da favola ai dipendenti distaccati in una sede nella capitale d’Europa popolata di parenti di politici e arredata con marmi fatti giungere da Custonaci, in provincia di Trapani. …
È una storia con molti zeri, … il Piemonte puntava sulla Lettonia o sulla Corea, la Lombardia di Formigoni apriva “ambasciate” in Argentina, Russia e Brasile, la Sicilia sbarcava sull’Empire State Bulding a New York, … a Bruxelles la rappresentanza italiana è frantumata in 21 costose sedi – comprese quelle delle Province di Trento e Bolzano – ospitate in 15 edifici diversi. E al conto vanno aggiunte le “filiali” belghe di Anci (associazione dei Comuni) e Upi (unione delle Province). Uffici che si sommano a quelli della rappresentanza presso la Ue e la Nato, dell’Ice, dell’Enit, dell’istituto di cultura  … costi che – tra personale, affitti e costi di gestione – raggiungono i 20 milioni di euro. Una cifra che aumenta fino a 70 milioni, se si tiene conto del costo dei 22 “avamposti” delle Regioni nel cuore di Roma, tra valore degli immobili, affitti, spese per il personale e per la gestione.”

 

Inoltre, la  “la Conferenza Unificata è convocata e presieduta dal Ministro per gli Affari regionali e Autonomie, su delega del Presidente del Consiglio dei Ministri” non è esattamente un ‘parlamento’.

Attualmente sono 49 persone in tutto. I ministri degli Affari Regionali, degli Interni, dell’Economia e FInanze, dei Trasporti, della Salute, più i presidenti delle Regioni ed i due delle Province Autonome di Trento e Bolzano, ai quali si aggiungono il Presidente e i consiglieri (15 sindaci in tutto) dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani e dell’Unione delle Province italiane (sette presidenti di province in totale).

“Dunque cominciamo dal Senato. Nessuno, tranne il movimento di Rodotà e Zagrebelsky, si oppone all’abolizione del bicameralismo perfetto perché, appunto, è una gigantesca imperfezione”, lo ammette lo stesso Scalfari.

“Il Senato non dovrà più votare la fiducia al governo né approvare il bilancio dello Stato e la legislazione connessa, salvo che non si ravvisi una violazione costituzionale. … Così pure potrebbe, anzi dovrebbe esercitare un accurato controllo sulla pubblica amministrazione, … potrebbe, anzi dovrebbe svolgere un ruolo culturale approfondendo temi scientifici, sanitari, ecologici, umanistici, … per adempiere a questo compito il Senato dovrebbe esser composto da un certo numero di membri che rappresentino altrettante “eccellenze” e le mettano a tempo pieno a disposizione del paese. Non possono certo essere eletti, ma nominati dal capo dello Stato che potrà avvalersi di rose di nomi fornite da Accademie culturali, Università, scuole specializzate.” (Eugenio Scalfari – domenica 6 aprile 2014)

Praticamente, un Senato di ‘non eletti dal popolo’, ma di designati da Regioni, Città metropolitane e Province che avrebbe potere di controllo, di indirizzo e di veto su tutto il ‘resto’, magistratura inclusa, visto che – secondo Eugenio Scalfari –  la Corte dei Conti “è una magistratura che persegue irregolarità o addirittura reati di natura contabile; negli ultimi tempi è andata al di là di queste sue competenze.”

E’ proprio vero, dottor Scalfari, “in una fase in cui si aumenta il potere decisionale del governo e soprattutto quello del premier, annullare completamente una delle due Camere configura una tendenzialità autoritaria estremamente rischiosa” …

Una Conferenza Stato-Regioni (propriamente detta o unfificata che fosse) che finora ha svolto, con i ‘successi’ di cui tutti ci siamo accorti, un bel numero di iniziative, come i Tavoli Permanenti, Gruppi di lavoro e Comitati per:

  • il monitoraggio dell’intesa fra le Regioni e le province autonome, il Dipartimento degli affari regionali, il Ministero degli affari esteri, il Ministero dello sviluppo economico, in materia di rapporti internazionali;
  • per l’uniformità dei procedimenti di invalidità civile e di trasmissione per via telematica dei certificati di malattia fra le Regioni, il Ministero della salute, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l’INPS;
  • sulle problematiche relative alla decorrenza dei termini per l’acquisizione del certificato prevenzione incendi da parte delle strutture sanitarie pubbliche e private e sugli “indirizzi per prevenire e fronteggiare eventuali situazioni di rischio connesse alla vulnerabilità di elementi anche non strutturali negli edifici scolastici”;
  • per la sanità penitenziaria e per l’attuazione delle linee guida per gli interventi negli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) e nelle case di cura e custodia, nonchè quello per le problematiche afferenti il settore della prevenzione e del recupero delle tossicodipendenze, su richiesta del Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria;
  • per la definizione delle Convenzioni tra la Cassa Depositi e Prestiti S.P.A. e le Regioni sull’utilizzo del “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca” e per la definizione di una proposta di legge quadro in materia di affidamento e utilizzazione delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative, a seguito del documento di infrazione n. 2008/4908 UE,
  • per l’espletamento delle attività istruttorie in materia di informazione, formazione ed educazione ambientale e sul Secondo e il Terzo Piano di azione nazionale per l’efficienza energetica;
  • per la semplificazione, per l’innovazione tecnologica nelle regioni e negli enti locali, per l’efficientamento e la razionalizzazione dei servizi del trasporto pubblico locale, per l’accesso al mercato del noleggio con conducente di autobus;
  • per la realizzazione di un’offerta di servizi educativi a favore di bambini dai due ai tre anni, volta a migliorare i raccordi tra nido e scuola dell’infanzia e a concorrere allo sviluppo territoriale dei servizi socio educativi 0-6 anni;
  • per la semplificazione e per l’attuazione coordinata delle misure previste dal decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 recante: “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo”.

Dunque, tra le cose da ‘rottamare “c’è già la conferenza Stato-Regioni, che comprende anche i Comuni”  che costa più di qualche centesimo … a parte di valore del tempo perso dal Paese e della crescita che non c’è stata.

Piuttosto, “Congresso in America, Camera dei Lord in Gran Bretagna sono due esempi da non perder di vista in Italia e nella futura Europa nel giorno auspicabile in cui diventerà un vero Stato federale”.
Ma ci sarà da convincere gli Europei a mettere i propri destini ‘federali’ nelle mani di un eletto ogni 3-400.000 residenti … e, quanto alla Camera dei Lord britannica, ricordiamo che da quelle parti, ma anche altrove, il titolo nobiliare può essere acquistato.

originale postato su demata

Italia: diritti fondamentali sempre peggio

7 Apr

L’Italia, ha le scuole talmente degradate da richiedere un piano edilizio e manutentivo urgente e pluriennale.
Eppure, da anni la Conferenza Stato-Regioni dovrebbe fornire  gli “indirizzi per prevenire e fronteggiare eventuali situazioni di rischio connesse alla vulnerabilità di elementi anche non strutturali negli edifici scolastici”.

In Italia, a dire il vero, la Conferenza Stato-Regioni è competente anche in materia di “uniformità dei procedimenti di invalidità civile”, di “trasmissione per via telematica dei certificati di malattia” e della “decorrenza dei termini per l’acquisizione del certificato prevenzione incendi da parte delle strutture sanitarie pubbliche e private”.
Sappiamo bene che non esistono parametri univoci per le invalidità neanche tra ASL di una stessa città, che far pervenire il debito certificato di malattia è ancora una corsa ad ostacoli per i lavoratori e che c’è il misundertanding dei ‘file F’ a cui sono stati derubricati i Day Hospital, che un ospedale senza certificato antincendio proprio non deve funzionare …

Sempre nel Bel Paese, l’Italia, abbiamo adeguato la normativa sulla disabilità nel 2007, con quasi 15 anni di ritardo, alle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità … mamtenendo però tutto l’impianto preesistente, con il risultato che invalidi si diventa ancora oggi per ‘patologie e punteggi’ … la disabilità funzionale è solo in premessa.
Risultato? In Germania e Francia – che pure loro hanno i ‘falsi invalidi’ come ovunque – i disabili che beneficiano di sussidi e tutele sono il 10% della popolazione, da noi (dati Istat)  solo il 6% …

Un’operazione di maquillage per cambiar tutto pur di non mutare nulla’ degna di quella avvenuta per i così detti malati rari, che così rari proprio non sono, visto che parliamo di 1-4 milioni di pazienti cronici, che vanno gestiti per una vita intera.
Infatti, in Italia, la legge sulle malattie rare prevede che in ogni regione vi sia un centro apposito, che (essendo le regioni 20 e le malattie censite almeno .) fanno ben 80.000 siti specialistici … una tragica barzelletta.
Infatti, secondo tutti i dati esistenti almeno metà di questi malati neanche sa di esserlo e tra quelli riconosciuti almeno un terzo rinuncia alle cure per problemi ‘burocratici’.

Il tutto accade proprio in Italia, dove rischiamo sanzioni UE sul riposo obbligatorio dei dirigenti medici, mentre – come ha spiegato il presidente del Collegio italiano dei chirurghi –  ““spesso sono costretti a prolungare il proprio orario perché manca il personale, ma è ovvio che così aumenta il rischio degli specialisti di incorrere in errori”.
D’altra parte, i medici, generici e specializzati, all’interno di strutture sanitarie pubbliche e private nel 2007, erano 363,5 ogni centomila abitanti, una delle medie più alte d’Europa.

Italia che dai lontanissimi Anni ’60, distingue i suoi figli di un dio minore in tante e troppe categorie, quando si parla di disoccupazione.
Ci sono i cassaintegrati, le cui tutele possono durare anche decenni, e le casalinghe, alle quali addirittura si chiede di pagare l’assistena sanitaria senza nulla in cambio. O i ‘meridionali’ che avendo un tessuto industriale IRI, se lo son visto smantellare senza neanche un cent per l’occupazione. Per non parlare dei giovani, che dopo aver investito in un postdiploma o in una laurea non si ritrovano neanche una legge sul lavoro che li canalizzi ed, eventualmente, li sussidi.

Parlando di Welfare, in Italia, ci sono anche gli anziani, che una volta erano quelli che superavano i 55 anni di età e iniziavano ad aver diritto al riposo dopo una vita di lavoro. Ne abbiamo messi per strada almeno mezzo milione con una leggina natalizia e quattro lacrime da caimano. La restante parte, per ‘giustizia generazionale’ sembra che resterà al lavoro ad libitum, mentre le pensioni correnti – il vero buco nero – ‘non si toccano’, as usual.
Ed i bambini … le cui famiglie non vedono un bonus bebè (o delle consistenti detrazioni fiscali) neanche per il primo anno di vita e … per i quali abbiamo esternalizzato di tutto, visto che secondo le associazioni di settore, sono ‘centinaia di migliaia’ gli operatori che hanno un ‘lavoro’ continuo con loro … ma che poco proteggiamo, se esentiamo queste persone dai controlli che la legge prevede per i dipendenti pubblici, ovvero di docenti ed anche se si tratta di un supplente di pochi giorni …

E, sempre, l’Italia, a 24 anni dall’aver aderito alla Convenzione Onu apposita, non si è data ancora una legge per il reato di tortura. Al momento, il Senato ha approvato un testo che punisce “chiunque, con violenze o minacce gravi, cagioni acute sofferenza fisiche o psichiche ad una persona privata della libertà personale”, inserendolo tra i reati comuni, connotati da dolo generico e con prescrizione a cinque anni. Vedremo la Camera dei Deputati quanto altro tempo impiegherà. e se – ma è molto difficile – vorrà estendere i termini di prescrizione.

Non è che gli altri Stati non siano esenti da ‘peccatucci’, come la Germania che rischia sanzioni per ‘surplus commerciale’ (ndr. concorrenza sleale) e la Francia che le ha ricevute per le sforature del patto di stabilità ed è stata ‘graziata’ per le politiche verso i Rom.
Il punto è che questi ‘peccati’ sono i nostri, quelli della nazione che ospita la Chiesa Cattolica e che, in quasi 100 anni di religione di Stato, dovrebbe aver fatto suo – nel senso comune, nell’etica e nelle norme – il principio di ‘amare il prossimo tuo come te stesso’, ma, a vedere dove ci hanno portato la politica e i poteri forti, sembrerebbe davvero di no …

A contraltare delle scuole disastrate, abbiamo l’Italia dei palazzinari e degli edili o, perchè no, dell’abuso edilizio fai da te. Oltre all’indifferenza dei media verso le okkupazioni e le famiglie inadempienti … o i ragazzi che crescono senza riferimenti e luoghi ‘sicuri’, con il consumismo ed il ‘conflitto’ come valori.

A corrispettivo del Sistema Sanitario, troviamo una fetta costante dei nostri parlamentari che arrriva dal settore, ma soprattutto che è proprio la classe medica ad incidere in modo rilevante sulla spesa pubblica di personale, con i suoi circa 150.000 stipendi in fascia alta e le derivanti pensioni, considerato che un medico di base può arrivare facilmente a percepire quasi il doppio di un docente e che un medico strutturato ospedaliero forse raddoppia il reddito di un ingegnere in fabbrica, per non parlare dei doppi e tripli incarichi possibili nei policlinici universitari.

Andando a parlare di Welfare, balza all’occhio la disparità di trattamento tra generazioni, sessi e territori diversi, ma soprattutto non può sfuggire che un unico soggetto, il Sindacato ed il sistema gemello del Volontariato, è sempre presente, dai tavoli di lavoro ai CdA e agli Enti, per non parlare dell’apparato dei Servizi cui è demandato, de facto, la gestione in accesso per i  servizi pensionistici e per l’invalidità, oltre a gran parte dei servizi per disabili, immigrati, fasce a rischio e minori.

Ma dalle crisi strutturali si esce in un altro modo: con il senso dello Stato di tanti e la cultura del lavoro di tutti.

Non sarà questo governo o il successivo a cambiare tutto questo: è necessario prima che ‘grande bellezza’ che ha creato questa mostruosità vada effettivamente in pensione e cessi di influenzare i destini italiani e, poi, che negli italiani risorga il desiderio di sentirsi alla pari degli altri paesi avanzati, piuttosto che trotterellare speranzosi per qualche briciola che cade dal tavolo del banchetto di quelli che vivono rivendendosi la grande ricchezza italiana.

E, per lo meno, si potrebbe anche iniziare, tentare, a guardare al futuro piuttosto che al passato.

originale postato su demata

 

Caso Kyenge: i razzisti sono eleggibili?

15 Lug
Al ministro dell’integrazione Cecile Kyenge, italiana di origine congolese, arrivano anche gli insulti del vicepresidente del Senato alla festa della Lega a Treviglio: «Quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare alle sembianze di un orango».
Le prime reazioni annoverano la presidente della Camera, Laura Boldrini, «parole volgari e incivili, indegne per le istituzioni», il capo del governo, Enrico Letta, «parole inaccettabili», il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, «piena solidarietà per le frasi ingiuriose», il presidente del Senato, Pietro Grasso, «non ci sono giustificazioni possibili».
Il pesante insulto riapre un’altra ferita profonda, che affligge quest’Italia della Seconda Repubblica.
Infatti, giorni fa, gli italiani e i loro politici sembravano giunti ad una posizione diffusamente critica riguardo l’eleggibilità di Silvio Berlusconi e, più precisamente, il suo accesso a ruoli chiave nelle istituzioni.
E cosa dire della Lega che con i suoi slogan raccoglie ed alimenta una fobia di vecchia data, ieri verso i meridionali e oggi anche verso gli immigrati slavi e africani?
.
Se l’iscrizione alla Loggia P2 ed il Lodo Mondadori, oltre alle sue attività di tycoon dei media – incluse quelle erotiche e quelle offshore Mediaset – e quanto emerso su Marcello Dell’Utri, dovevano bloccare ogni velleità di Silvio Berlusconi nel proporsi come leader politico, come è possibile che sieda in Parlamento la Lega, con le sue convention dove – con una notevole frequenza – si inneggia contro slavi, neri e meridionali?
.
Quel che è certo è che non si può dare della scimmia ad una persona di origini africane o asiatiche senza essere tacciati di razzismo sotto ogni latitudine.
E’ razzismo ed andrebbe perseguito per legge, se non fosse che insultare con allusioni ‘razziali’ una persona, in Italia, non è razzismo: è solo ingiuria su querela di parte. Come anche, per i crimini d’odio, il (giusto) rigetto del ‘fascismo’, incluso nelle norme, dimentica, però, che di odio possa parlarsi anche nel caso di altri totalitarismi e xenofobie varie.
.
E’ vero che siamo un ‘popolo indifferente a tutto’ e che, altrove, è ‘razzista’ anche la nota comica del filippino che non sa parlare e gioca con gli scarafaggi (come lo sarebbe quella dell’italiano mangiaspaghetti, mafioso e millantatore), ma anche sugli spalti degli stadi di calcio italiani, dove ‘tutto è permesso’, una frase come quella di Calderoli avrebbe comportato squalifiche e multe pecuniarie.
.
Il solito pasticcio all’italiana, come quello della Prima Repubblica, che riassorbì tra i repubblichini e i partigiani anche gli assassini, in nome di una riconciliazione che, sessant’anni dopo, è tutta lì ancora da delinearsi.
.
Per non andare troppo lontano, potremmo iniziare a chiederci come il ‘popolare europeo’ PdL possa sostenere tre governatori leghisti (Cota, Zaia, Maroni) se la Lega si dimostra razzista.
.
Resta da chiedersi, in tema di ineleggibilità, se possano chiamarsi regolari delle elezioni, se in lista ci sono dei partiti che inneggiano alla discriminazione etnica e, soprattutto, se siano legittimi dei governi che consegnano posti di potere a siffatte persone.
Certamente, chi «non è in grado di tradurre un disagio in un linguaggio anche duro, ma corretto», dovrebbe «dare il suo incarico a chi è capace di farlo».
.
Come anche, in Italia, se una donna o un immigrato ‘tirano la testa fuori dal sacco’ – vedi cosa accade alla Boldrini, alla Santanché, alla Kyenge – arrivano insulti e minacce a tutto spiano, «quotidianamente, con ogni mezzo. Lettere, email, telefonate. Le più terribili sono online, anche minacce di morte. Non c’è ancora una legge e invece servirebbe. L’istigazione al razzismo sta diventando man mano istigazione alla violenza».
.
A dirlo non è una persona qualunque, bensì il ministro dell’integrazione della Repubblica Italiana, che ormai vive sotto scorta e dovunque vada – anche in via privata – trova mobilitazioni contrarie al fatto che l’Italia sia rappresentata da una cittadina dalla pelle nera e che i lavoratori immigrati abbiano pari diritti.
.
Razzisti, per i quali, oltre che vergognarci e, magari, prendere provvedimenti urgenti e draconiani, dovremmo ‘as soon as possible’ prendere atto che c’è da fare a meno di loro, quando si parla delle istituzioni e dei media.

originale postato su demata

Arriva un governicchio di larghe intese?

23 Apr

Giorgio Napolitano resterà in carica finché avrà forze e, poi, sferza i partiti: «Voi, sordi e sterili, non autoassolvetevi» ed i partiti, tutti, applaudono in piedi come se i rimproveri fossero per i rivali.

Stamane, su Omnibus di La7, giusto per far finta di nulla, Rosa Maria Di Giorgi (assessore PD a Firenze) continuava a parlare di ‘difficoltà di Bersani’, di ‘svolta del Capranica’, di ‘debacle orrenda’ del M5S nel Nordest, di ‘dirigenti’ che non devono farsi influenzare dalla Rete, di non confrontarsi con la base … che la fiducia è d’obbligo se il partito lo decide.

Intanto, Serracchiani vince per un pelo in Friuli Venezia Giulia, che non è una regione rappresentativa degli equilibri nazionali, Renzi è stracorteggiato, ma fino ad oggi ha amministrato solo una piccola città come Firenze, SEL appare fortemente egemone sull’ala sinistra del PD, ma in Parlamento sono tanti gli eletti che arrivano dalla nostra famigerata Malasanità, alla Camera siedono circa 100 democratici che arrivano dall’apparato di partito, alla faccia delle Primarie.

Inoltre, non sono solo Travaglio & Santoro a sospettare che PD e PdL non siano l’un l’altro opposti, ma semplicemente complementari, con la conseguenza che il Centrodestra liberale è incatenato dalla stagnante componente populista ed il Centrosinistra riformista non ha voce in un’eterna campagna elettorale che privilegia i consensi gauchisti e sindacal-azionisti.

Dunque, in questa situazione, va bene qualsiasi governo, con il rischio di vederlo impallinato al primo incrocio o bivio dal qualche fazione democratica? Oppure serve un governo di larghe intese che accetti la Rete come principale vettore di informazioni e di conformazione della pubblica opinione, ma, soprattutto, tenga in debito conto che l’azionista di maggiornza è il PD, ma anche che il controllante è il PdL?
Oppure vogliamo proporre ai cittadini un Giuliano Amato, sconosciuto a chi abbia meno di 40 anni, tesoriere di ‘quel Partito Socialista Italiano’, massacratore delle nostre pensioni e del Titolo V della nostra Costituzione, nonchè prelevatore patrimonaile dei nostri conti?

Il Patron del futuro governo è il Popolo della Libertà, il padrino è il Partito Democratico: non facciamoci abbagliare dal il fatto che una componente parlamentare sia più numerosa dell’altra, grazie agli artifici del Porcellum.

E smettiamola, a sinistra, di pensare che quanto detto in televisione sia ‘reale’ e che quanto circoli in Rete sia ‘passatempo’. Piuttosto, è il contrario. Inoltre, se il mezzo televisivo permette allo spettatore l’unica possibilità di cambiar canale – cosa del tutto inutile se andiamo avanti da anni con talk show partitici a reti unificate – va considerato che in Rete l’utilizzatore va puntualmente a cercarsi le notizie secondo l’approccio che ritiene più verosimile.
Se i talk show politici diventano intrattenimento partitico, il ‘passatempo’ è in TV, le notizie sono in Rete: è inevitabile che sia così.

Inoltre, l’idea fissa dei democratici ‘a confrontarsi con i sindacati’ appare piuttosto bizzarra -ai nostri giorni – se il persistere della Crisi è causato dall’over taxing che la sinistra pretende da anni, dal suo profondo legame con gli apparati pubblici, dalla diffidenza verso il mondo imprenditoriale e la libera iniziativa, dal basso o bassissimo livello di istruzione e di formazione professionale di tanti attuali inoccupati (manovali, camerieri, banconisti, padroncini, artigiani e operatori di basso livello, eccetera), dal limitato ruolo delle donne nella nostra società, dal famigerato Patto di Stabilità interno di centralistica e statalista memoria.

Difficile credere che la situazione attuale del Partito Democratico possa essere superata senza una chiara e profonda scissione tra la componente social-liberale delle elite metropolitane, quella cattolico-populista dei mille campanili di provincia e quella gauchista ondivaga ed il suo elettorato di lotta e di governo, attualmente ‘in carico’ a SEL ed M5S.

Far finta di nulla o, peggio, paventare ai cittadini un governicchio di ristrette intese servirebbe solo ad accentuare la sfiducia degli elettori e la rabbia dei cittadini.
A sentire i Democratici – in nome dell’emergenza, si badi bene – serve uno ‘scatto di responsabilità’ da parte del PdL e che per loro si tratta solo di ‘un cammino altanelante’, mentre i conti del governo Monti-Bersani iniziano a non tornare, serve una nuova manovra, c’è cenere sotto il tappeto, le politiche di Elsa Fornero sono palesemente un disastro, l’IMU e la TARES sono de facto delle patrimoniali.

Un governo Monti fortemente voluto da Eugenio Scalfari che, come ricorda Verderami del Corsera, si è rappresentato come un’anomalia fin dall’inizio, dal novembre 2011, quando, invece di sciogliere le Camere, Giorgio Napolitano nominò senatore a vita Mario Monti per poi indicarlo come premier di un ‘governo del presidente’ e per poi ritrovarselo come leader di partito.
Un semipresidenzialismo di cui non v’è traccia nella Costituzione, un dirigismo di cui non v’è traccia nella storia nazionale, salvo il primo gabinetto Mussolini indicato direttamente dal Re. Un errore ed un equivoco che persistono e che ‘il popolo bue’ percepisce ampiamente.

Intanto, il Financial Times scrive, oggi, di “Napolitano gigante di Roma tra i nani della farsa italiana”. Purtroppo, i nani non leggono l’inglese e la ‘base’, per loro, sono solo quelli che incontrano in piazzetta o nel salotto buono …

originale postato su demata

Il governo del Presidente, ma anche di Grillo e Berlusconi

22 Apr

Riconfermare Giorgio Napolitano alla Presidenza della Repubblica era ormai l’unico sistema per evitare l’automatico passaggio all’opposizione del centrodestra e, soprattutto, dei moderati liberali o popolari o democratici che fossero.
Il motivo è semplice: l’aver lasciato al M5S la candidatura di Stefano Rodotà, anzichè avanzarla per primi e giocare in contropiede con ambedue le opposizioni, comportava il ritorno ‘automatico’ di Bersani alla strategia di co-governo con il movimento guidato da Beppe Grillo con un Matteo Renzi probabile premier.

Una contraddizione in termini. Come quella di riciclare nel patto per il bene comune’ con il PdL due noti nomi (Marini e Prodi) pur di evitare il Quirinale a Massimo D’Alema, che era con il PCI dall’inizio, che ha voluto la svolta centrista e che non era sgradito al Centrodestra.
In tutto questo, non c’è due senza tre, aggiungiamo la follia degli Otto Punti inderogabili, sui quali convergevano abbondantemente i programmi di Grillo e di Berlusconi, rimesti precisamente nel cassetto.

Peccato per Stefano Rodotà, che questo blog aveva già segnalato un mese fa. Troppo innovativo per una concezione dell’apparato amministrativo e contabile pubblico, che risale ad oltre 100 anni fa, e per una generazione che è passata con grande facilità dal Fascismo alla DC ed al PCI, tanto INPS, Corporazioni e IRI erano ancora tutti lì.

Dunque, il Parlamento che Napolitano – ed il Premier da lui scelto e si spera votato – dovranno gestire sarà dei più etereogenei possibili, con un centrodestra forte e compatto, quasi determinante al Senato, e con un M5S che potrebbe fare la differenza, nel bene e nel male, se i suoi eletti dimostreranno di avere la metà della capacità politica di cui dovranno aver bisogno.

Infatti, vista la situazione di ‘pericolo di crollo’ del PD, è più che opportuno che il Presidente eviti di scegliere personalità di quel gruppo parlamentare o ad esso collegate, onde non vincolare il governo a polemiche interne al Partito Democratico. Come anche, vista la situazione del sistema partitico e parlamentare, sarebbe opportuno scegliere dei profondi conoscitori di quel mondo con provate capacità di mediazione ed un comprovato senso dello Stato. Ad esempio, Gianni Letta o Emma Bonino.

Una premiership da affidare in fretta e senza incappare in ‘sorprese’, come ci ha abituati Mario Monti, dato che Scilla e Cariddi si profilano all’orizzonte.
Da un lato, l’imminente rischio di spacchettamento del centrosinistra in cristianosociali, cristianoliberali, socialisti, comunisti, post comunisti, verdi, ambientalisti, demoliberali, socialdemocratici, popolari.
Dall’altro, l’evidente necessità che servano sia i voti di Grillo sia quelli di Alfano, se vorremo una legislatura di almeno un annetto e delle buone riforme, nonché un tot di fiducia dall’estero e di ossigeno per il paese. Il rischio che qualcuno pensi di avvantaggiarsi dalle urne è elevato.

Riuscirà il Presidente Reloaded di questa strana Matrix all’amatriciana, l’ancora nostro Giorgio Napolitano, a scegliere la carta fortunata, anzichè l’asso di picche?

Speriamo di si, il lavoro dei dieci saggi si rivela, oggi, un fattore accelerante e migliorativo.
Un altro fattore “accelerante e migliorativo”, probabilmente del tutto inderogabile, è la nomina di senatori a vita di Berlusconi, Prodi, Marini, Pannella e Rodotà (come anche Bonino se non avrà incarichi di governo). I primi tre per evitare che in un modo o nell’altro continuino a condizionare, fosse solo con il oro passato carisma, la vita dei partiti e del parlamento; gli altri tre per iniziare a pacificare il paese, riconoscendo a quel partito radical-liberale di Mario Pannunzio il dono dell’onestà morale e della lungimiranza, come per tutti i minority report alla prova del tempo.

Adesso, serve un governo del Presidente, un governo di larghe intese, di unità nazionale e finalizzato ad un programma, in cui un contesto generale in cui il PdL eviti l’abbraccio fatale con il Partito Democratico, aprendo sui punti di convergenza comune al M5S, che dovrà abbandonare certe formule populiste, visto che ormai il Movimento di Beppe Grillo è determinante per le istituzioni di cui l’Italia ha febbrile bisogno.

continua in -> Partito Democratico, pericolo di crollo

originale postato su demata

Il PD non c’è più, pericolo di crollo

22 Apr

Se Eugenio Scalfari riesce ancora a parlare di ‘motore imballato’ dinanzi a quell’ammasso di ferraglia, gomma e vetro che il Partito Democratico è riuscito ad esibire in un mese di follia, l’esigenza di rottamazione annunciata da Matteo Renzi appare più come una presa d’atto che come una proposta.

Nessuno “prevedeva che il Partito democratico crollasse su se stesso affiancando la propria ingovernabilità a quella addirittura strutturale del nuovo Parlamento”, scrive nel suo domenicale il fondatore di la Repubblica, ma i segnali c’erano tutti a volerli vedere.

A partire dalle esitazioni ad intraprendere scelte difficili quando la Sinistra era nel governo e nel fare vera opposizione quando non lo era. Parliamo di un’enormità di leggi, che il Partito Democratico non ha mai portato avanti, come il conflitto di interessi, la durata dei processi, le leggi sui sindacati, i servizi pubblici esternalizzati o convenzionati, il welfare tutto, le coppie di fatto, le carceri, la depenalizzazione, gli immigrati, gli sgravi e le premialità aziendali, un piano infrastrutturale, la Casta, i super stipendiati e pensionati, i trasporti, le mafie, la legge elettorale.

Tutte esigenze dei cittadini  che a vario titolo il PD ha escluso dalla propria agenda e dalla propria fattività.

Difficile, dunque, parlare di un partito a base popolare, specialmente se lo sanno anche i bambini che alle Primarie c’è sempre un ‘candidato del partito’ e che erano già sicuri di avere la maggioranza alla Camera con il 30%, mentre si tentava di cambiare il Porcellum in extremis.
Eh già, il Porcellum. Cosa dire adesso che è sotto gli occhi di tutti che il suo mantenimento non era vitale per il Centrodestra, che sapeva già di non vincere le elezioni e che il super premio sarebbe andato al Partito Democratico.

Una riforma elettorale che non conveniva al Partito Democratico per troppi e tanti motivi.
Come la concomitante abrogazione dei comuni con meno di 10.000 abitanti e delle province con meno di 3-400.000 abitanti, dove si può contare un’ampia presenza di ‘democratici’.
Come l’istituzione di uno sbarramento serio e del ballottaggio che avrebbe provocato la definitiva frantumazione delle correnti ‘democratiche’.
Come l’eliminazione delle liste bloccate ed il rischio che tanti big e capibastone non ritornassero in Parlamento, oltre a delle Primarie effettive se da Partito unico si diventa variegata Coalizione.

La blindatura a nido d’aquila del Partito Democratico, dei suoi vertici e del suo apparato dovevano e potevano suggerire, a chi la politica la segue da tanti anni, l’esistenza di crepe e fraintendimenti ormai irreversibili.

Un manifesta percepibilità della scollatura ‘democratica’ che il ventre del ‘popolo bue’, a differenza di tanti saggi, aveva già ampiamente percepito. Un problema che, se percepito, avrebbe dovuto far temere una vittoria ‘eccessiva’ che avrebbe comportato il pervenimento alla Camera di circa 200 neoparlamentari democratici, del tutto disorientati tra una Rete che spesso usano davvero male e ancor meno comprendono, un Partito che decide le cose ‘a prescindere’ e secondo imperscrutabili strategie, la propria ambizione e la relativa competenza che mal si conciliano con i sacrifici e le professionalità che l’Italia reale riesce ancora a garantire.

Questi sono solo alcuni dei segnali che potevano lasciar presagire la situazione di incapacità politica che il PD ha mostrato finora.
Adesso, il Partito Democratico non c’è più, il segretario Bersani è dimissionario, il Congresso da convocare a giorni non è stato ancora annunciato, la Presidente Rosy Bindi che lo doveva convocare è dimissionaria dal 10 apirle.

Motore imballato, tutto quì, dottor Scalfari?

continua -> Il governo del Presidente, ma anche di Grillo e Berlusconi

originale postato su demata

Perchè Rodotà al Quirinale?

18 Apr

Esattamente un mese fa, in questo post passato inosservato, si spiegava quali fossero le ragioni per un’ampia convergenza sul nome di Stefano Rodotà come presidente della Repubblica.

“Il Partito Democratico, se proprio volesse dimostrare di aver chiuso con il proprio passato comunista – che ricordiamo essere un anelito totalitario ed illiberale – non dovrebbe fare altro che ricordarsi che Stefano Rodotà potrebbe essere la persona giusta al momento (storico) giusto.

Un personaggio figlio della minoranza etnica arbëreshë, che nasce politicamente nel Partito radicale di Mario Pannunzio, sempre indipendente, che per lungo tempo ha fatto parte della Commissione Affari Costituzionali.
Tra l’altro, se proprio volessimo parlare di modernità e di nuovi diritti, Rodotà è stato il primo Presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali, mentre dal 1998 al 2002 ha presieduto il Gruppo di coordinamento dei Garanti per il diritto alla riservatezza dell’Unione Europea.
Inoltre, il 29 novembre 2010 ha presentato all’Internet Governance Forum una proposta per aggiornare la Costituzione Italiana, inserendo: “Tutti hanno eguale diritto di accedere alla Rete Internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale”.

Un personaggio stimato nel mondo e noto per equilibrio e lungimiranza, sul quale potrebbero arrivare, senza particolari sforzi, i voti dei Montiani e del M5S.
Un uomo che rappresenterebbe non il fantasma di “un’Italia giusta”, ma il futuro di “un’Italia diversa”, l’Italia 2.0, che esiste già.
Stefano Rodotà compie 80 anni a maggio, questo l’unico limite, ma, anche se ‘durasse’ 3-4 anni e volesse ritirarsi prima, difficile immaginare una soluzione migliore. Ci facciamo un pensierino?”

originale postato su demata

L’Italia perde tempo

2 Apr

Si perde tempo, l’ha detto Angelino Alfano, in un dichiarazione che suona come una presa d’atto a nome di tutti gli italiani, piuttosto che un’opinione personale.

Si perde tempo e se ne perde tanto, tantissimo, se, ad esempio, la giunta PD-SEL-M5S della Regione Sicilia blocca i lavori nella base militare di contrada Ulmo, pilastro del nascente Mobile User Objective System, il sistema di difesa satellitare USA – proprio mentre Obama porta a casa un accordo tra Israele e Turchia, sostanziale per l’assetto del Mediterraneo.

Come ne stiamo perdendo davvero tanto, in Europa, se l’India pretende di processare soldati italiani e tedeschi, proprio mentre assolve largamente un contingente di propri militari, resosi colpevole di stupri, violenze ed omicidi in missione di peacekeeping in Africa.

Si perde tempo se, rifiutandosi di formare un governo (il Pd con il PdL ed il M5S con il PD), i nostri destini sono procastinati a luglio prossimo, con un governo dubbiamente prorogabile – quello di Mario Monti – che è limitato all’ordinaria amministrazione, ma dovrà far fronte ad una situazione eccezionale.

E nel Governo Monti sta la chiave di volta della strategia del Partito Democratico, obnubilato dai 200 parlamentari ‘che non sarebbero lì’ se non esistesse un premio di maggioranza spropositato, mentre tra gli altri almeno cento sono parte dell’apparato.

Andare al governo con il Popolo della Libertà comporterebbe diverse conseguenze ‘sgradite’, che sarebbe meglio lasciar fare ad un governo transitorio ed un presidente che accondiscenda a qualche strappo alle regole, visto che non si tratta di amministrazione ordinaria:

  1. una legge elettorale che recepisca sia il ballottaggio, sia il senato federale, sia il presidenzialismo, sancendo la fine del bipolarismo e del parlamentarismo;
  2. una riforma della Autonomie Locali, sopprimendo province e comuni sotto i 10.000 abitanti, azzerando un’infrastruttura partitica (ed una tradizione di polemisti da bar dello sport) che ci portiamo dietro dal Dopoguerra;
  3. la riforma della pubblica amministrazione, alla quale, per ovvi motivi, dovrebbe conicidere una serie di leggi sui sindacati, sulla separazione delle carriere, sull’introduzione di un sistema di bilancio ‘europeo’, sui servizi che il Servizo Sanitario Nazionale va a garantire ‘comunque’;
  4. una riduzione della leva fiscale e l’introduzione dei diritti di cittadinanza.

Tutte leggi che il Partito Democratico preferirebbe facesse qualcun altro, ma ponendo i suoi veti,  che il  Movimento Cinque Stelle sosterrebbe anche volentieri, ma che il protagonismo di Grillo impedisce, che il Popolo della Libertà voterebbe, se non fosse per i guai giudiziari di Silvio Berlusconi.

Nessuno che prenda nota del detto anglosassone per il quale se non si è un vincitore, allora non resta che prendere atto di essere un perdente.

Intanto, i dati congiunturali sconfessano la manovra elettorale del Partito Democratico, iniziata da mesi sotto la spinta di SEL e della CGIL, in nome dell’emergenza sociale: la disoccupazione registra, sddirittura, un lieve calo. Sono i giovani a preoccupare con un congruo numero di senza lavoro (37,8%), principalmente donne.

E, se parliamo di giovani e di occupazione, la soluzione non è certo prolungare l’età pensionabile, mantenere una pubblica amministrazione elefantiaca, senza investire in infrastrutture, formazione e produttività. Come il ‘modello’ non può essere di certo quello di Romano Prodi, additato -in Italia come all’estero – come uno dei padri del disastro Eurozona ed eternamente in batteria per un posto al Quirinale.

Siamo sicuri che i circa 200 deputati del Partito Democratico, che sono lì grazie al Porcellum, vogliano davvero tornare a casa con un flop del genere per sperare in una riconferma delle urne?
E cosa staranno pensando quelli del Movimento Cinque Stelle, che potrebbero non contare, alle prossime elezioni politiche, di quei 5-6 milioni di voti arrivati per protesta?
O, parlando di stabilità ed Europa, che qualcuno si sia accorto che, se PdL+Lega+Scelta Civica avessero corso coalizzati, non staremmo neanche a discutere di governi e governicchi?

originale postato su demata