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Tortura: se ne riparla l’anno che verrà

5 Ott

Sta per arrivare al vaglio del Sentao il testo di legge prodotto dalla Commissione Giustizia per introdurre nell’ordinamento italiano il reato di tortura.

Una carenza ingiustificabile per un paese civile che però non gode dell’interesse dei media e della Politica, di conseguenza, il dibattito finora svoltosi è passato del tutto inosservato.

Tortura, un atto spregevole che riguarda – nell’accezione comune – un mondo che non vogliamo conoscere, dato che è lì che ogni società seppellisce la propria ‘cattiva coscienza’:  detenuti e carcerieri.

Un reato che ogni democrazia deve necessariamente andare a qualificare, se vuo chiamarsi tale, dato che lo Stato si fonda primariamente sul monopolio della violenza, resa lecita e normata dalle leggi.

Un problema ‘italiano’ se, circa due anni fa, ad pochi mesi le condanne in appello per i fatti di Bolzaneto durante il G8 di Genova del 2001, il nostro ambasciatore all’ONU ebbe a dichiarare che l’Italia non aveva bisogno di una legge ad hoc sulla tortura.

Oggi, nel nuovo testo, il reato di tortura non è più un reato specifico delle forze di sicurezza. E’ vero che negli altri paesi la nozione di reato è direttamente correlata alle forze di polizia, ma sarebbe riduttivo non prevederlo anche per eventuali milizie e mafie, ovvero qualsiasi cittadino.

Purtroppo, la Commissione Giustizia ha ritenuto opportuno che il reato di tortura sia prescrivibile, contro ogni logica, visto che non lo è per tutte le corti internazionali. In sede di approvazione, si spera che qualche emendamento ribadisca l’imprescrivibilità di un reato che è, per gravità e dimensione psicologica del’azione, giusto un millimetro al di sotto dell’omicidio volontario premeditato. Forse, anche molto oltre l’assassinio, se guardiamo l’efferratezza.

Dulcis in fundo, a differenza di tante nazioni, l’Italia si dimostra ‘consuetudinarimanete taccagna’ con i deboli e non è previsto un fondo per la tutela delle vittime, che portano segni incancellabili delle violenze subite.

Legge migliorabile? Forse, dato che, mercoledì 26 settembre, il Senato ha reinviato il testo in  Commissione del testo.
Certamente, però, si finirà per discuterne tra un anno con la prossima legislatura.

Non resta che chiedersi perchè in Italia (e quasi solo in Italia) dichiarare reato la tortura sembra impossibile. O, meglio, faremmo meglio a chiederci cosa succede od è successo in un passato recente nel nostro paese se esiste questa impossibilità …

originale postato su demata

Carceri troppo piene: numeri e riflessioni

29 Lug

“Nelle carceri italiane a migliaia vivono in condizioni disumane e gli ospedali psichiatrici giudiziari sono un orrore, inconcepibile in un paese civile. Questa situazione ci allarma e umilia davanti all’Europa. Bisogna trovare soluzioni politiche”. (Giorgio Napolitano)

E’ possibile che, dinanzi ad una situazione intollerabile,  il nostro Presidente non chieda anche la costruzione di più carceri e di maggiore qualità, ma solo una “soluzione politica”, che, evidentemente, riduca il numero dei reclusi?

Improbabile.

Anche perchè, nella realtà dei numeri, i  criminali detenuti non sono poi troppi, circa 100 ogni 100mila abitanti, a fronte di Una Norvegia che ne annovera 70 e gli USA che arrivano a circa 500 detenuti ogni 100.000 abitanti.
Eppure, qui da noi i direttori degli istituti di pena scendono in piazza perché non hanno fondi neanche per “comprare i materassi e la carta igienica da dare ai detenuti”, i quali sembra vivano anche in 13 per cella.

Secondo i dati diffusi in rete, i detenuti sono poco meno di 70.000, di cui circa 27.000 in attesa di giudizio, di cui circa 15.000 verranno assolti o, soprattutto, andranno prescritti.
Possono sembrare tanti, quindicimila, ma ricordiamo che in Italia, ogni anno, vanno prescritti 150-200.000 reati, a volte anche gravi e gravissimi, nonostante spesso gli indagati siano stati condannati almeno in primo grado. Nel decennio, sono stati cancellati per prescrizione due milioni di procedimenti penali.

Le persone che entrano in carcere per la prima volta sono 32mila, di cui solo un terzo (6-7.000 persone) verrà, poi, assolto.
Dunque, se i nostri tribunali potessero lavorare con maggiore celerità ed efficacia, grazie ad un codice di procedura penale più efficiente, i reati prescritti andrebbero in giudicato, oltre al beneficio di evitare tanta detenzione preventiva, e dovremmo far fronte ad una popolazione carceraria di 100-150.000 persone, almeno fino a quando la certezza della pena, attualmente “prescrivibile”, non dovesse indurre gli italiani a vivere nella legalità.

Questo quadro di lassismo è confortato dal dato che, in Lombardia, la percentuale dei detenuti che “esce nel giro di una settimana varia dal 50 al 60 per cento.”

Inoltre, sono circa 23.000 gli stranieri detenuti, spesso per reati violenti o connessi al traffico di sostanze o di persone, che grazie ad accordi internazionali potrebbero essere trasferiti nelle strutture carcerarie dei paesi d’origine. Ricordiamo anche che da loro è commesso il 23% dei reati di stampo mafioso.

I boss al 41 bis sono il 10% della popolazione carceraria, circa seimila persone, una vera goccia nel mare se pensiamo che, ormai, anche Lombardia e Veneto appaiono seriamente infiltrate. Anche in questo caso, potremmo ipotizzare la necessità di un maggior numero di posti nelle nostre carceri, forse altri 50.000.

Ed i reati per possesso di droga o per immigrazione clandestina?
Forse, è a questi ultimi che si riferiva il nostro Presidente, visto che i primi riguardano la sfera personale dei cittadini e la nozione scientifica di “droga”, mentre i secondi rappresentano un’innovazione normativa piuttosto discutibile e decisamente inefficace.

Basterebbe eliminare la parola “detiene” dall’art.73 della legge Giovanardi-Fini, per veder crollare il numero di detenuti per “detenzione di droga” e che, essendo tossicodipendenti e non spacciatori, andrebbero aiutati, piuttosto che puniti.
Tra l’altro, gran parte dei 25.000 tossicodipendenti detenuti sono stati condannati per reati diversi dalla semplice detenzione di sostanze stupefacenti.

Ricordando che il 60% degli irregolari sono ex-lavoratori regolari e che i morti alle nostre frontiere sono ormai decine di migliaia, varrebbe la pena di notare che, abroigando il reato di immigrazione clandestina introdotto dalla Legge Maroni, ridurremmo sensibilmente il numero di detenuti stranieri e, soprattutto, accogliendo le indicazioni pervenute dalla Suprema Corte, dalla Santa Sede, dall’Unione Europea, dall’ONU.

Non è di certo l’indulto o l’amnistia, che risolveranno un’infrastruttura carceraria che andrebbe ammodernata ed ampliata, nonchè deregolata, allorchè si volesse prevedere un effettivo percorso di rientro nella società produttiva.

Possiamo alleggerire l’attuale sovraffollamento (156 detenuti ogni 100 posti previsti) solo iniziando ad uniformare la nostra legislazione sui reati minori, derubricando o depenalizzando reati o, ancora, adottando quelle forme sostitutive al carcere che la Mitteleuropa ha già adottato. Non dimentichiamo che il numero di detenuti che, in Italia, conseguono un titolo di studio in carcere è davvero esiguo.

Possiamo evitare di ritrovarci con un problema analogo, tra due o tre anni, sono assicurando maggiore legalità al Sistema Italia tutto, ovvero abbattendo i reati stessi, e, ahimè, iscrivendo al debito pubblico dello Stato la costruzione di nuove carceri e l’ammodernamento delle attuali.