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Malattie rare: una nuova cattiva legge?

13 Feb

flyer4ggp-reco-3-2Dal 18 gennaio 2017, è in discussione alla XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati una proposta di legge (Atto Camera: 136) recante “disposizioni in favore della ricerca sulle malattie rare e della loro cura”.
E’ anche previsto il parere delle Commissioni: Affari Costituzionali, III Affari Esteri, V Bilancio, VI Finanze (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII Cultura, X Attività Produttive, XI Lavoro, XIV Politiche dell’Unione Europea e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

La proposta di legge è d’iniziativa del deputato RUSSO Paolo; Laurea in medicina e chirurgia, Specializzazione in oculistica, Oculista; Eletto nella circoscrizione Campania 1; Lista di elezione IL POPOLO DELLA LIBERTA’.

Si auspica che il Parlamento, le associazioni dei cittadini e/o dei malati, i media vorranno meglio e con maggior cautela approfondire la questione, onde dare efficienza e riferimenti chiari nella gestione dalla patologia rara, ergo primaria.

Ricordiamo che il ‘Dossier in tema di malattie rare del 2008-2010 (a cura di Cittadinanzattiva, Tribunale per i diritti del malato, Coordinamento nazionale associazioni malati cronici), segnala:

  1. le difficoltà nel godere effettivamente dei benefici previsti dalla legge
  2. le forti differenze che si riscontrano tra regione e regione
  3. più del 40% dei pazienti non ha spesso accesso ai farmaci indispensabili o ai farmaci per la cura delle complicanze.

Secondo Il Sole 24 ore “Focus sanità” del 11-17 Novembre 2008, l’inadeguatezza sanitaria e il mancato accesso ai diritti, ovvero ‘costi e disagi, determinerebbero la rinuncia alle cure da parte di 1 paziente su 4 a cui andrebbe aggiunto un 37% che desiste per gli ostacoli burocratici’, che evidentemente vengono posti dai diversi ospedali e ASL.

La su descritta dimensione altamente dispersiva degli accessi alle terapie ed alle cure, a fronte di esigenze spesso sistemiche e non singolarmente specialistiche, derivanti dall’eziologia stessa delle malattie rare, nonché l’esiguo numero di malati (specie nelle regioni più piccole) suggerirebbero l’utilità di una rete che – come già fa la norma già vigente spesso disapplicata – individui dei Centri Nazionali (interregionali) con funzioni di studio, certificazione e coordinamento e dei Presidi locali presso strutture con dotazione adeguata per le esigenze terapeutiche e di monitoraggio, demandando i Servizi Socio-sanitari, ergo assistenziali, alle Regioni ed ai Comuni, come da mandato costituzionale.

(A seguire in corsivo il testo della proposta di legge)

La proposta di legge in corso di discussione alla XII Commissione Affari Sociali determina che:

  1. le Regioni (art. 6 c. 1 della proposta di legge) definiscono nei propri piani sanitari o socio-sanitari o in altri atti di programmazione l’organizzazione della rete di assistenza per le malattie rare”, mentre nell’attuale la tutela dei malati rari è ben maggiore, se “le Regioni, sulla base del fabbisogno della propria popolazione, provvedono all’individuazione dei presidi” ( D.M. 18 maggio 2001, n. 279 art. 2 c. 1) e predispongono modalità di acquisizione e di distribuzione agli interessati dei farmaci specifici” ( D.M. 18 maggio 2001, n. 279 art. 6 c. 3)
  2. gli attuali Centri interregionali di riferimento ( D.M. 18 maggio 2001, n. 279 art. 2 c. 3) NON dovranno più assicurare “il coordinamento dei presidi della Rete, al fine di garantire la tempestiva diagnosi e l’appropriata terapia, qualora esistente, anche mediante l’adozione di specifici protocolli concordati”, bensì – per quanto relativo a pazienti di altre regioni – vanno solo a “ partecipare alla stesura di protocolli e di linee guida sulle specifiche malattie rare trattate, in collaborazione con gli altri centri di riferimento delle reti regionali o interregionali e con i centri di coordinamento regionali o interregionali”, come enunciato al art. 8 c 1 punto h) della proposta di legge
  3. saranno i nuovi centri di riferimento, individuati e accreditati dalle regioni (art. 8 c 1 punto c) a “predisporre il piano assistenziale personalizzato (nota bene non il piano terapeutico), a partire dal profilo dei bisogni assistenziali e il suo aggiornamento nel tempo, che costituisce la base per la presa in carico della persona affetta da una malattia rara”
  4. saranno cancellati “i presidi della Rete individuati tra quelli in possesso di documentata esperienza in attività diagnostica o terapeutica specifica per le malattie o per i gruppi di malattie rare, nonché di idonea dotazione di strutture di supporto e di servizi complementari, ivi inclusi, per le malattie che lo richiedono, servizi per l’emergenza e per la diagnostica biochimica e genetico – molecolare” ( D.M. 18 maggio 2001, n. 279 art. 2 c. 2);
  5. la presa in carico della persona affetta da una malattia rara “in base a quanto predisposto dal centro di riferimento nel piano assistenziale personalizzato, che verte sui bisogni assistenziali sarà affidata alle “reti orizzontali ((art. 9 c 1 punto c), “composte dagli ospedali locali e dalle reti territoriali di cure primarie dei distretti sanitari, comprendenti i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta, specialisti, professionisti sanitari e sociali nonché educatori”, che è proprio l’apparato burocratico-sanitario che nell’attuale – in non poche Regioni – non offre servizi accessibili – accettabili a gran parte dei malati rari. Nessuna menzione dei piani terapeutici;
  6. sarà riservato ai nuovi Centri di riferimento regionali il compito di “attuare direttamente cure e interventi di particolare complessità, qualora essi si rendano necessari” (art. 8 c 1 punto e). Allo stato attuale l’assistito (D.M. 18 maggio 2001, n. 279 Art. 6 c 1) ha diritto alle prestazioni di assistenza sanitaria … efficaci ed appropriate per il trattamento ed il monitoraggio della malattia dalla quale è affetto e per la prevenzione degli ulteriori aggravamenti”;
  7. alle reti orizzontali (art. 9 c 1 punto e) è anche assegnato il compito di “fornire assistenza legale alla persona affetta da una malattia rara per facilitare l’ottenimento di quanto previsto dai diritti ad essa riconosciuti”, da parte della … Regione (sic!);
  8. l’art. 13. (Riadattamento, mantenimento, potenziamento e supplementazione di funzioni e di attività delle persone affette da malattie rare), l’art. 15. (Inserimento comunitario delle persone affette da malattie rare) ed altri articoli a seguire contengono norme che – oltre a determinare una spesa tutta da quantificarsi e soprattutto da attribuirsi o ripartirsi tra Stato e Regioni – andranno a sovrapporsi con il Titolo V della Costituzione, la legge 5 febbraio 1992, n. 104, il d.lgs. n. 81 del 2008, il D.P.R. n. 1092 del 1973, d.P.R. n. 3 del 1957, d.lgs n. 297 del 1994, il D.M. n. 171 del 2011 e non solo, da cui l’esigenza di approfondimento ed armonizzazione, onde evitare una vacatio legis con decadimento di diritti / interessi legittimi finora tutelati, seppur non sempre garantiti;
  9. per quanto relativo l’accesso agli stanziamenti al Fondo nazionale per la ricerca, lo sviluppo e l’accesso ai medicinali orfani, l’art. 16. della proposta di legge antepone “prioritariamente” gli “a) studi preclinici e clinici … b) studi osservazionali e registri di usi compassionevoli di farmaci non ancora commercializzati in Italia”, ai “c) programmi di somministrazione controllata di farmaci non ancora compresi nelle fasce A e H dei prontuari terapeutici”;
  10. il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, con proprio decreto, riconoscerà (art. 23 c. 2) “la Federazione italiana malattie rare – UNIAMO, in quanto membro del Consiglio delle alleanze nazionali dell’Organizzazione europea per le malattie rare (EURORDIS) come interlocutore primario per esprimere pareri nel corso dei processi decisionali strategici, di monitoraggio e di valutazione delle attività svolte nel settore delle malattie rare, sia a livello regionale che a livello nazionale;
  11. la proposta di legge (art. 23 c. 2) determina anche ope legis che la onlus autodenominatasi Federazione italiana malattie rare – UNIAMO avrà il compito istituzionale di “a) rappresentare le persone affette da malattie rare e le associazioni d’utenza presso la Commissione europea; b) partecipare con tre propri delegati al Comitato nazionale per le malattie rare; c) incentivare l’aggregazione delle associazioni d’utenza attive nel settore delle malattie rare in Italia”.

Avete capito tutto … no?

Demata

F35, un flop annunciato: miliardi sprecati mentre si tagliavano pensioni e welfare

4 Lug

Era il 3 gennaio 2012 quando questo blog spiegava (link) perchè gli F35 erano un flop annunciato e perchè si ‘dovevano’ fare.

Tutta la storia inizia nel 1996, quando gli USA (e la NATO) avviarono il progetto di un caccia a lungo raggio con complete caratteristiche Stealth, tra cui la capacità di trasportare l’armamento in stive interne e sistemi elettronici capaci di inibire la difesa a terra: un nuovo velivolo “invisibile” da usare nella fase del “first strike”, quando le difese nemiche sono complete ed attive.
Nel 2001, il progetto Lockheed X-35 fu dichiarato vincitore e veniva avviato il programma definitivo con la sigla F-35 JSF (Joint Strike Fighter), con un costo di produzione per ciascun esemplare inizialmente valutato intorno ai 40 milioni di dollari.

Inizialmente, era prevista una produzione di circa 3.000 velivoli per USAF/US Navy/USMC e di altri 2.000 per i vari partner internazionali (fonte http://www.aereimilitari.org) tra cui l’Italia che doveva partecipare come “partner di secondo livello”, allestendo una linea di costruzione e assemblaggio, da cui sarebbe uscita buona parte degli F-35 destinati all’Europa e ad altre nazioni, come Turchia ed Israele, tra cui solo venti F35 destinati all’Italia.

Un piatto ricco e, così, accade che il 28 maggio 2007, presso il ministero della Difesa a Roma, con l’incontro tra il presidente della Provincia di Novara, Sergio Vedovato, e il sottosegretario alla Difesa, Lorenzo Forcieri, per determinare l’insediamento presso l’aeroporto militare di Cameri (NO) della linea di assemblaggio degli aerei F35 Joint Strike Fighter.

C’era il Governo Prodi, con i piemontesi Damiano, Livia Turco, Bertinotti e Ferrero ai massimi vertici del potere, e, dunque, non c’è davvero da chiedersi perchè andò a Novara quel progetto industriale in cui si investì un milione di euro di denari pubblici, poi lievitati, sembra, ad oltre cinque.
Una marea di soldi e di lavoro che deve andare a beneficare l’indotto piemontese, azzerato dalla crisi dell’auto e del tessile. Non a caso, Maria Luisa Crespi, il sindaco di Cameri, dichiarò «grazie all’iniziativa della Provincia, da oggi saremo in grado di dare risposte ai nostri cittadini» e, come confermò il sindaco di Bellinzago, Mariella Bovio, «sono importanti le garanzie occupazionali per un territorio come il nostro che vive una grave crisi nel settore tessile».

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I primi dubbi sul’aereo e sugli investimenti si palesarono nel 2009, quando i costi da 40 iniziali erano schizzati prima a 62 e poi oltre i 100 milioni di dollari di media per aereo.
Come riportato da Stato-Oggi, “il raddoppio dei costi, dagli originari 65 milioni di dollari ad esemplare, ha indotto alla prudenza il governo italiano” e “il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, al salone aerospaziale di Farnborough, riferendosi al programma, ha aggiunto: “Siamo molto cauti, stiamo verificando”.

Cautela massima, se, agli inizi del 2011, il Washingon Post annunciava la necessità di ricapitalizzare del 20% (10 miliardi di dollari) sperimentazione e progettazione, di cui la metà “resasi necessaria per alleggerire l’aereo, dato che volare a pieno carico inficia le performance chiave del velivolo“. Per non parlare, sempre agli inizi del 2011, della conferenza stampa  tenuta dal segretario alla Difesa americano, Robert Gates, che precisava che, “se non riusciremo a mettere a posto questa variante (ndr. la versione a decollo corto e atterraggio verticale – STOVL) in questo arco di tempo e rimetterla in carreggiata in termini di prestazioni, costi e tempi, allora credo che dovrebbe essere cancellata.”

Infatti, le commesse per la fabbrica di Novara vennero progressivamente ritirate, prima quella dei 85 F-35A per la Koninklijke Luchtmacht olandese, poi si defilarono la Flyvevåbnet danese e la la Kongelige Norske Luftforsvaret norvegese,  poi addio a 116 F-35A per la Türk Hava Kuvvetleri ed a 150 F35B per la Royal Air Force britannica che preferì optare per gli F-35C con decollo a catapulta modificando le proprie portaerei.
Intanto, il governo Berlusconi non dava il placet per la sessantina di F35 previsti oltre la prima trance di 22 F-35B per l’Aviazione Navale italiana, già ordinati, e aveva tagliato una commessa di 2 miliardi di Euro per 25 Eurofighter (Aeritalia/Finmeccanica), azzerandone la terza trance.

Subito dopo, per altre congiunture, lo spread dei titoli di Stato salì a dismisura, la colpa venne addebitata al governo in carica e subito dopo Mario Monti – che aveva tagliato qualunque spesa pubblica e anche un tot di aspettativa in vita di qualcuno – trovò decine e decine di milardi per avviare le trance in sospeso degli  F35 per l’Aereonautica Militare e aggiungerne anche una quarantina in più, visto che i costi industriali a Novara sarebbero esplosi senza le commesse nordeuropee.

Fu così che da 22 caccia per la Marina arrivammo ad un programma di aerei da combattimento che trasformava l’Italia nella terza potenza NATO per quanto relativo i caccia d’attacco con copertura Stealth ed il quinto paese del mondo (dopo USA, Gran Bretagna, Russia ed Israele)  per capacità di “first strike”, mentre la Cina Popolare aveva davanti a se almeno altri 15-20 anni dal creare un’aviazione militare temibile.

”Joint Strike Fighter e’ il miglior velivolo areo-tattico in via di sviluppo. Un areo di avanzata tecnologia che e’ nei programmi di ben dieci Paesi. E’ una scelta che permette di ridurre da tre a una le linee aero-tattiche. Consentira’ una straordinaria semplificazione operativa dello strumento militare”. (Ministro della Difesa Amm. Di Paola – fonte Vita.it 28-02-2012)

Una scommessa risicata basata sulla capacità dei progettisti di pervenire ad un aereo affidabile ed efficace, dopo che, non appena realizzato il prototipo industriale nel 2009, ci si era resi conto che qualcosa era andato storto nel concept stesso del velivolo.

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Intanto, mentre in Italia la grande stampa eludeva la querelle, ma saggiamente qualcuno iniziava a sospendere le commesse, il Washington Post raccontava di diversi incidenti tra cui quello di una perdita d’olio in volo, fino al grave incidente dei giorni scorsi, con un aereo che ha preso fuoco e perso pezzi  durante il decollo dalla base di Eglin, in Florida, e il Pentagono che mette a terra tutti gli F-35.

 

E siccome al peggio non c’è mai fine vale la pena di chiarire qualcosa sulle commesse che Mario Monti volle a tutti costi con miliardi che ci avrebbero permesso di pensionare e rilanciare l’occupazione.

L’Italia ha in programma di acquistare fino a 60 esemplari del modello A a decollo da terra e 30 del modello B a decollo verticale, per la portaerei Cavour (fonte La Repubblica), visto che il Trattato di Armistizio – quello della II Guerra Mondiale – ancora oggi non ci consente di avere portaerei a catapulta.

Il ‘peggio’ è che la variante F-35B, quella a decollo verticale, fino all’anno scorso non c’era, non funzionavano i prototipi. Il primo test di decollo con successo è stato effettuato solo il 10 maggio del 2013 al NAS Patuxent River, nel Maryland.

Ebbene, quando nel 2011 e 2012 le Leggi finanziarie andarono a prevedere assegnazioni di miliardi per gli F35-B, i prototipi di quei velivoli neanche si alzavano da terra, pardòn dalla tolda.
Soldi spesi o tenuti fermi  mentre, in nome della lotta agli sprechi, un premier non eletto – Mario Monti – negava spietatamente diritti assistenziali e previdenziali a persone anziane e malate.

Sprechi.

F35 sprechi

Si fosse pervenuti ad un investimento teconologico e occupazionale, parleremmo dei danni collaterali della ristrutturazione del capitale – e passi pure – ma non si può transigere su chi ha sprecato denari e angariato i deboli per un aereo che non ci sarà e uno stabilimento di Cameri che rischia di andare in cassa integrazione prima ancora di aver avviato per intero la linea di produzione.

Forse è per questo motivo che i nostri media hanno finora evitato di parlare del flop F35: sarebbero la prova conclusiva di un fallimento generale delle politiche attuate da Mario Monti, oltre che un ulteriore lato oscuro su come si sia pervenuti alla sua nomina a senatore a vita prima e a premier dopo.

Se i soldi impegnati per un aereo che non c’è – frutto della reverenza di Mario Monti verso ‘certa sinistra elettoralmente utile’ e del tutto scollegati sia dal salvataggio delle banche sia dalla questione Finmeccanica – fossero stati destinati al turn over generazionale e alle imprese, avremmo avuto la dura recessione italiana, il crollo del PIL e lo sbilanciamento dell’Eurozona?

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Senato e Titolo V: senza riforme l’Italia in stallo

3 Giu

In Gran Bretagna, i parlamentari  (Camera dei comuni) sono 650 – Members of Parliament – eletti dal popolo a suffragio universale e con il sistema maggioritario.
Esiste anche la House of Lords (Camera dei Lord) con 826 membri totali di cui 92 sono ereditari e 709  a vita, che ha compiti di revisione della legislazione emessa dall’Esecutivo, controllo sulla legislazione europea, funzioni costituzionali e dibattimentali su questioni politiche e giudiziaria. Una sorta di corte/camera costituzionale allargata e trasparente, di cui fa parte anche l’alto clero anglicano.

L’Assemblea Nazionale francese è formata da 577 deputati, eletti in un collegio elettorale uninominale a doppio turno, 346 senatori sono eletti a suffragio indiretto da circa 150.000 grandi elettori: sindaci, consiglieri comunali, delegati dei consigli comunali, consiglieri regionali e deputati.
Il Senato ha praticamente gli stessi poteri dell’Assemblea Nazionale, ma a causa della lunghezza del mandato, della relativa minore importanza rispetto all’Assemblea, alla possibilità di cumulare cariche elettive locali con il mandato di senatore, è considerato come un buon ripiego per politici a fine carriera o come mezzo di rientrare nella politica attiva per i candidati all’Assemblea Nazionale che non sono stati eletti.

Il Bundestag (trad. Dieta federale) è il parlamento federale tedesco composto da 630 deputati, eletti con un sistema misto: per metà in collegi uninominali con il sistema maggioritario plurality e per l’altra metà con il sistema proporzionale del quoziente.
C’è anche il Bundesrat (trad. Consiglio federale), un organo costituzionale legislativo, composto dai 69 delegati dei governi dei vari Länder. Ha funzioni di revisione costituzionale e di iniziativa legislativa in materia federale.

In Spagna, il Congresso dei Deputati è composto da 350 membri, eletti in ogni circoscrizione elettorale, a cui viene attribuita una rappresentanza minima iniziale ed un numero addizionale di seggi in base alla popolazione. Sono, poi, 208 senatori sono eletti direttamente dal corpo elettorale con suffragio universale nel Senato delle Autonomie.
La Costituzione attribuisce al Congresso una notevole autonomia rispetto al Senato, tra cui il poter conferire e ritirare la fiducia alle Corti Generali nel Governo e dirimere i conflitti che sorgono tra le Camere durante l’elaborazione e l’approvazione delle leggi.

In breve:

  • Spagna, un eletto dal popolo ogni 80.000 abitanti. 588 politici nelle ‘Camere’. Senato  a suffragio universale di limitata importanza
  • Germania, un eletto dal popolo ogni 117.000 abitanti. Un parlamentare – di cui l’11% non eletto direttamente – ogni 99.000 abitanti. 699 politici nelle ‘Camere’. Senato di ‘delegati’ con funzioni di revisione costituzionale e iniziativa federale
  • Italia, un eletto dal popolo ogni 63.000 abitanti. 944 politici nelle ‘Camere’. Senato  a suffragio universale equiparato alla Camera
  • Francia, un eletto dal popolo ogni 113.000 abitanti. Un parlamentare – di cui un terzo non eletto direttamente – ogni 63.000 abitanti. 916 politici nelle ‘Camere’. Senato  di ‘delegati’ equiparato alla Camera, ma di limitata importanza
  • Gran Bretagna, un eletto dal popolo ogni 97.000 abitanti. Un parlamentare – di cui tre quinti non eletti direttamente – ogni 37.000 abitanti. 1476 politici nelle ‘Camere’. Senato di ‘delegati’ con funzioni di revisione costituzionale e legislativa.

Detto in altri termini, solo l’Italia con la Francia ha un Senato eletto effettivamente equiparato alla Camera dei Deputati, ma in Oltralpe al posto degli elettori troviamo dei Grandi Elettori con un ricambio triennale.
Anche in Spagna è eletto dal popolo come in Italia, ma ha una rilevanza minore per legge.
In Germania, è una ‘commissione di lavoro allargata’ dei Lander, in Inghilterra un’ampia rappresentanza di Lord, in ambedue i casi i compiti sono principalmente revisori.

In parole povere – al vaglio delle carte costituzionali dei vari stati europei da parte di di noi posteri –  se il Senato ha gli stessi compiti e i medesimi poteri della Camera dei Deputati, invece di dedicarsi alla revisione di leggi e trattati, lo Stato non funziona bene: decide con lentezza, spende con dissolutezza.
Stop.

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Pedofilia e prostituzione minorile: NON arrivano i controlli nelle scuole e per i servizi

4 Apr

Da lunedì prossimo, entra in vigore l’art. 25-bis del decreto legge 4 marzo 2014 n°39, che impone ai datori di lavoro  di richiedere il certificato penale del casellario giudiziale per tutte le persone (lavoratori e volontari che siano) impiegate “per lo svolgimento di attività professionali o attività volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori, al fine di verificare l’esistenza di condanne”, ovvero “l’irrogazione di sanzioni interdittive all’esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori”.

La norma italiana, che arriva con enorme ritardo,  attua la  Direttiva 2011/93/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, emessa il 13 dicembre 2011, relativa all’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile.

Rientrano nella categoria, solo per fare alcuni esempi, tutti i dipendenti delle scuole e dei servizi esternalizzati che ad esse afferiscono, i reparti pediatrici ed i servizi sociali per i minori, i catechisti delle parrocchie, i volontari di migliaia di associazioni, gli allenatori e gli addetti di tutte le società dei settori sportivi giovanili.

Ovviamente, per i servizi esternalizzati da scuole,  comuni e province/regioni dovranno essere le amministrazioni appaltatrici a verificare, per la sicurezza dei minori che fruiscono del servizio pubblico, che i fornitori / datori di lavoro abbiano adempiuto.

Se nelle scuole e tra il clero, la notizia non turba praticamente nessuno e basterà una richiesta massiva  (si spera) dei dirigenti scolastici /medici ed un’altra dei vescovi alle Procure di residenza dei dipendenti per  ottenere i certificati in un lasso di tempo ragionevole, tutt’altra reazione troviamo dal lato di chi, volontario o fornitore, dovrebbe avere solo l’interesse a far chiarezza e, di sicuro, ha da richiedere un numero di documentazioni di gran lunga inferiore a quelli di una scuola o di un vescovato.

A lagnarsi, ad esempio, è Edoardo Patriarca, presidente del Centro nazionale per il volontariato, ex co-presidente nazionale dell’Agesci e deputato del Partito Democratico, secondo il quale “l’eccesso di burocrazia, complice la farraginosa comunicazione e la difficoltà nell’interpretazione del testo, rischia di abbattersi pesantemente sulle attività delle associazioni e di creare il collasso nelle cancellerie dei tribunali, che si troverebbero sommerse da centinaia di migliaia di richieste”. (fonte gonews.it)

Centinaia di migliaia di persone che hanno contatti diretti e regolari con minori e che – in nome della burocrazia – non essere verificate neanche per quanto riguarda i reati sessuali? Ma vogliamo scherzare?

Non si fermano qui, però, le obiezioni dell’on. Patriarca, ex Portavoce del Forum Permanente del Terzo Settore, ex consulente presso il Ministero della Pubblica Istruzione per tutte le problematiche riguardanti l’associazionismo giovanile e del Ministero degli Affari sociali per la stesura dei rapporti sul volontariato, ex componente dell’Osservatorio nazionale del volontariato ed ex consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi, ex componente del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, ex presidente della Società Consortile per i servizi per il Terzo settore AsterX e dell’Istituto Italiano della Donazione e componente del Comitato di Gestione dei fondi per il volontariato della Regione Emilia Romagna, nonchè partecipato al Tavolo per il Terzo Settore della Conferenza Episcopale italiana.

Questioni esiziali, come anche il quesito se i certificati vadano rinnovati “visto che il casellario viene periodicamente aggiornato” … evidentemente si, forse non ogni sei mesi, ma ogni anno, magari …
O quella sui ‘contatti diretti e regolari’ con minori, che sarebbe una definizione in cui “non si specifica alcuna definizione temporale” … eppure il buon senso ci direbbe che ‘regolare’ sta per ‘non occasionale’ … il problema si pone solo per chi viene utilizzato come ‘supplente’, ma per quello basta una circolare del ministero apposito o dell’amministraazione appaltatrice …
E quell’altra relativa a “la legge parla poi di datori di lavoro ma il non profit non ha strutture gerarchiche come le altre aziende”. Problemi loro di organizzazione interna, la norma richiede i certificati, mica altro …
Per non parlare di quella che “non è chiaro se il provvedimento è valido anche per gli operatori italiani all’estero” … mentre è ovvio che se sono assunti in Italia son sottoposti alle nostre norme e se assunti all’estero fanno fede le norme locali …

Ci saremmo aspettati altro da una persona così autorevole e che ha seguito in particolare i temi riguardanti le politiche per l’infanzia e la famiglia, ma è davvero incredibile che a porre delle obiezioni così disarmanti sia un deputato della Repubblica.
Incredibile perchè dovrebbe conoscere il testo della Direttiva Europea (link in italiano), che ha modo di precisare che:

  1. una persona giuridica può essere ritenuta responsabile e sanzionata qualora il reato sia commesso per suo conto da una persona che eserciti potere decisionale.
  2. sono previste diverse circostanze aggravanti, in particolare quando il reato è commesso nei confronti di un minore in situazione di particolare vulnerabilità da una persona che ha abusato della sua posizione di fiducia o di autorità, o ancora quando l’autore è già stato condannato per reati della stessa indole.
  3. riguardo le attività professionali a contatto con i minori, per evitare il rischio di recidiva, gli autori di uno dei reati ai sensi della direttiva dovrebbero essere interdetti dall’esercizio di attività professionali che comportano contatti regolari e diretti con minori.
  4. i datori di lavoro hanno il diritto di essere informati dell’esistenza di una condanna o delle misure interdittive esistenti, che devono inoltre essere trasmesse agli altri Stati membri onde evitare che un pedofilo possa usufruire della libera circolazione dei lavoratori nell’UE per lavorare con minori in un altro paese.

Decreto antipedofilia?
“Facciamo presto: anche un solo lupo è di troppo se lo lasciassimo tra gli agnelli”, così si concludeva il post, senza immaginare cosa sarebbe riuscito a fare il nostro governo sospinto dalla santa casta.

Dopo poche ore, a colpi di circolare, abbiamo scoperto che:

  1. per i docenti statali viene acquisito quando entrano in ruolo e che ancche per una supplenza breve va tassativvamente richiesto il certificato del casellario giudiziario;
  2. per il personale pubblico utilizzato presso strutture sanitarie e sociali, forse;
  3. per  migliaia di ‘volontari’ e ‘operatori’ che entrano nelle scuole e nelle case, nulla da richiedere.

Bel colpo: ecco come adeguarci alla normativa europea senza cambiare nulla e controllare ancor meno.
Speriamo solo che gli italiani  si ricordino che le loro onlus del volontariato hanno trovato ‘insostenibile’ il diritto di essere informati dell’esistenza di una condanna o delle misure interdittive a carico del personale che utilizzano… e che non poche pubbliche amministrazioni hanno lagnato un ‘aggravio di lavoro’ a dover eseguire ccontrolli sui fornitori.

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Parma: bimba di pochi anni affidata a due cinquantenni

15 Nov

A Parma una bambina di pochi anni è stata affidata a due uomini cinquantenni, una coppia omosessuale, con l’apporto favorevole del Centro per le famiglie del Comune, del Polo socio-sanitario, degli psicologi dell’Asl, del giudice tutelare.

federico pizzarottiDa Scelta Civica all’ArciGay, passando per il noto Giovanardi, il dibattito imperversa, ma nessun commento arriva nè dal sindaco di Parma, Federico Pizzarotti del Movimento Cinque Stelle, nè dal presidente della Regione Vasco Errani e dall’assessore alla Sanità Carlo Lusenti. Eppure il Centro per le famiglie e la Asl che hanno eseguito la procedura amministrativa, inclusa la selezione dei potenziali affidatari, da loro dipendono.

Una decisione che lascia davvero molto perplessi e per motivi molto lontani dall’omofobia.

Innanzitutto, l’età degli affidatari (50 anni circa) e della bambina (4 anni circa) che appare davvero proibitiva anche nel caso si trattasse di un figlio partorito o, comunque, adottato. Non a caso, per l’adozione esistono leggi che fissano in ‘non più di quarantacinque anni l’età dell’adottando’.Dunque, la bambina, per decisione del giudice tutelare di Parma, è destinata a crescere con due ‘nonni’ anzichè, come la legge vuole, uno o due ‘genitori’ (single, sposati, conviventi eccetera). Ed è destinata a dover comunque cambiare famiglia prima o poi, se c’è speranza che venga adottata.

E questo pone in luce un’altra questione: la difficoltà e le spese esose che tante coppie sposate (e dunque tutelate dalle norme vigenti) devono affrontare per un’adozione o un affido. Possibile che non ce ne fosse una, con una decina di anni in meno dei due affidatari, in tutta l’Emilia Romagna. O, peggio, possibile che non di fosse un/una single (etero o omosessuale che sia), sempre di almeno una decina d’anni più giovane degli anziani affidatari?

foto da pianetadonna.it

foto da pianetadonna.it

Qualcuno potrebbe osservare che i due ‘nonni’ sono più che benestanti e che garantirebbero un futuro a bimba e genitori. Dimenticando però che la legge vieta la tratta di esseri umani …

C’è poi la questione dell’omofobia al contrario. Prima o poi doveva accadere.

Due fratelli cinquantenni single e conviventi (con l’anziana madre magari) avrebbero avuto le stesse possibilità della coppia omosessuale parmense? E le avrebbe avute un iper-tatuato motociclista single dalla vita irreprensibile ed un’amante in ogni bar? Od una femme fatale che vivesse la sua libertà senza dar fastidio a nessuno?

No. Non avrebbero le stesse possibilità di una coppia omosessuale.
Come non l’avrebbe avuta una famiglia di immigrati e, forse ancora oggi, a Parma come altrove, di ‘veri terùn’.

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Monti il consociativo?

7 Gen

Iniziato il 2013, iniziata la lunga corsa elettorale italiana, che nell’arco di sei mesi sei dovrà nominare la leadership dello Stato e delle principali regioni e comuni italiani, più una bella quantità di province che non dovrebbero esistere più da tempo. Nominare la leadeship, non sceglierla e non cambiarla: a noi italiani non è dato questo diritto, sia chiaro.

E, dunque, mentre ci accingiamo ad assistere, spettatori amaramente paganti, al solito spettacolino politico al suon di polke e walzer, tra roboanti preannunci di vittoria, arriva il buon Mannheimer a confermarci poche essenziali cose:

  1. la compagine montiana non supererà il 20% dei voti, collocandosi inevitabilmente terza, dopo PdL e PD, con l’UDC che si riconferma un lumicino al 4% fisso;
  2. il Partito Democratico è di nuovo ‘maggioritario’, dopo aver cooptato Vendola alle primarie ed aver riassobito il voto di sinistra, raggiungendo, però, un risicato 30% o poco più;
  3. il ‘ritorno di Berlusconi’ ha riportato all’ovile almeno un 5% degli elettori di centrodestra, nonostante scandali e defezioni;
  4. Italia dei Valori e SEL rischiano di scomparire senza un apparentamento che ne salvi le percentuali e ne garantisca i candidati;
  5. Grillo e M5S sono sempre lì, intorno od oltre il 15% dei consensi.

Pertanto, sarà difficile vedere un governo Monti, come risultato delle prossime elezioni, ed, ammesso che possa accadere, dovrà essere una compagine di ‘ampie convergenze’, meglio ancora se una Grosse Koalition, appoggiata da Alfano, Bersani e Casini come oggi, ma ben più determinanti di oggi.

Non è un caso che Mario Monti, ex salvatore della patria oggi su strade e per obiettivi ben più personali, ha già lasciato trapelare quale sarebbe la sua preferenza: “Io al Quirinale?: Vedremo se verrà chiesto”.

Sarà un caso che, quasi in simultanea, forse di rimando, Corrado Passera, uno dei pochi ministri montiani che non sembra cedere alle lusinghe dellapolitica, abbia a precisare: “lista di Monti, occasione persa Serviva un programma più coraggioso. Alla fine hanno vinto vecchie logiche di corrente.”

Secondo il ministro per le Infrastrutture, avremmo dovuto e dovremmo “incidere più in profondità sul costo vivo dell’apparato politico e amministrativo pubblico. Un esempio: un solo livello istituzionale e politico fra i Comuni e lo Stato centrale. Ripensamento totale di tutte le strutture intermedie, non solo le Province. Bilanci consolidati, certificati e confrontabili per ogni entità pubblica. Commissariamento, vero non finto, di ogni ente che non rispetta le regole; riduzione drastica di tutte le assemblee elettive locali e centrali. Si può fare molto, molto di più di quanto non si creda per migliorare il nostro federalismo. Le resistenze incontrate anche dal nostro governo sono state formidabili, veti a tutti i livelli, spesso eravamo circondati da sguardi divertiti e poco indulgenti dei dirigenti pubblici, ma quando si riusciva ad ottenere qualche risultato, l’effetto positivo era perfino contagioso. Nella pubblica amministrazione ci sono tanti talenti e persone fiere di servire lo Stato. Dobbiamo dare loro fiducia con il buon esempio.”

Intanto, come conferma Corrado Passera, con il nuovo governo Monti-Bersani-Berlusconi saremo ancora alle vecchie logiche di corrente, con l’alta dirigenza pubblica – quella scelta con lo spoil system e affatto inamovibile – che oppone ‘resistenze formidabili, veti a tutti i livelli, sguardi divertiti e poco indulgenti.

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I detrattori stranieri e la libera scelta degli italiani

12 Dic

I detrattori stranieri dell’Italia e della libera scelta degli italiani dovrebbero consultare più spesso l’ISTAT, ma basterebbe anche Wikipedia.

Non sanno che in Italia si spendono più soldi, tanti di più, per i costi della politica di una provincia di 100.000 abitanti, prevalentemente residenti in comuni al limite dei 5.000 abitanti, piuttosto che per una densa municipalità metropolitana con 400.000 abitanti. E non sanno, forse, che in alcune regioni e lungo la fascia appenninica gli abitanti son pochi ma i politici eletti sono, in proporzione, tanti.

Allo stesso modo, i nostri detrattori esteri non sembrano sapere che un sesto degli italiani vive in Lombardia e quasi un quinto ci lavora. Come non sembrano essersi accorti che una parte del PIL che ‘produce’ la Capitale, andrebbe sottratto e non aggiunto al PIL nazionale, visto che è da quello che attinge per servizi che dovrebbe dare (e spesso non da) al resto dell’Italia, che ‘serva di Roma Iddio la creò’. Non a caso Milano e Napoli hanno un basso peso sulle scelte nazionali decise a Roma.

Sempre dai dati, gli stranieri disinnamorati dell’Italia potrebbero accorgersi che il nostro agroalimentare proprio non va, se frutta quasi il 4% del PIL complessivo, specialmente se teniamo conto che le regioni e le province agroproduttive sono anche, spesso, quelle su cui dovrebbe abbattersi la mannaia del taglio dei costi della politica, di cui sopra, e delle ispezioni a contrasto dell’evasione fiscale e del lavoro nero.

Ci spieghino loro come possa funzionare un sistema così e ci spieghino anche perchè Mario Monti non l’abbia immediatamente ristrutturato e rioganizzato, intervenendo su Province, ex-municipalizzate, città metropolitane, leggi elettorali.

Sembrano così spaventati dalla inefficacia italiana, gli investitori esteri, ma, allora,  ci spieghino perchè Mario Monti non abbia messo al sicuro i conti, come aveva promesso, con una patrimoniale ed una riforma fiscale, invece di emettere un’enormità di titoli ad interessi svantaggiosi per l’Italia.

E che dire di Merkel ed Hollande, così afflitti dal ritorno di Berlusconi, ma dovrebbero anche spiegarci anche per quali cause questo accada, se non in conseguenza del flop politico del professor Monti e del flop delle Primarie del PD, che nonostante lo share televisivo RAI e SKY, hanno visto quasi dimezzarsi i partecipanti rispetto alla scorsa tornata.

O della Spagna che vuol convincere i suoi cittadini che la colpa è del ‘maldido Berlusconi’, che ha mandato a casa Mario Monti, ma, anche in questo caso, varrebbe la pena che ci spiegassero sia perchè la loro crisi la dovremmo pagare noi italiani, sia, soprattutto, se si siano mai chiesti se una grande nazione europea come la loro possa vivere di turismo, di movida e poco più, mentre si sorvola sull’invasione narco-camorristica nel sud della penisola iberica.

Qualcuno dice che gli italiani attendono un programma alla Hollande, con quel rigore e quella equità che Mario Monti non ha dimostrato nell’azione del suo governo, del resto formato da persone scelte da lui.
Un programma alla Hollande che il nostro Centrosinistra rifugge dal proporre e che le altre compagini minori non considerano affatto.

E se fosse proprio Silvio Berlusconi a presentarne uno così?

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Basta populismo, basta sprovveduti

12 Dic

Luca Cordero di Montezemolo, oggi leader di Italia Futura attacca il populismo e l’Italia del ’94 (quella di Berlusconi ma anche quella di Prodi) e dichiara: «Monti l’uomo giusto». Purtroppo, in parte si sbaglia, visto che Mario Monti non ha avuto neanche il tempismo politico di riformare le Province a furor di popolo, quando era un gioco da ragazzi.

Intanto, dalla Sinistra che sembrava avesse già vinto le elezioni dell’anno che verrà arrivano Bersani, con un (poco) rassicurante «Avremo numeri al Senato», e Vendola, che lancià la sua enensima fattwa su Casini, giusto per dimostrare che sinistre e governabilità sono due cose ben distinte e che per i cattolici è ancora tempo di diaspora.

Intanto, Le Figaro titola ‘La dipartita di Mario Monti preoccupa gli europei’ – ma affatto gli italiani, sarebbe da aggiungere – ed ABC lancia l’iperbolico strillo ‘La Spagna paga il caos italiano’, ribadito da El Pais che titola ‘La crisi politica italiana scuote i mercati e castiga la Spagna’. Politica, si noti bene, e non finanziaria come si racconta da noi.
Il ben informato Financial Times informa il mondo che ‘Monti è in trattativa per correre come Primo Ministro’ – cosa che i nostri media si affanano a smentire – ed in Sudafrica il deVolkskrant parla chiaro ed annuncia che ‘Il ritorno di Berlusconi spaventa gli investitori’, come altrettanto fa il Buenos Aires Herald che spiega che è ‘l’Europa (che) spinge per le riforme di Monti”. Non gli italiani.

Dunque, quello che apprendiamo dai media di paesi meglio posizionati del nostro nelle classifiche per la qualità dell’informazione è qualcosa di molto semplice:

  1. la crisi italiana è politica e non finanziaria e questo lo sapevamo anche noi italiani, prima che lo spread a reti unificate obnubilasse le nostre coscienze;
  2. il sovraccarico fiscale propinato da Mario Monti agli italiani ha anche lo scopo di sostenere l’Eurozona e la situazione spagnola
  3. gli investitori (potenziali speculatori e non benemeriti mecenati) temono il ritorno di Silvio Berlusconi
  4. i grandi poteri mondiali tifano per Mario Monti quasi che abbiano scopi diversi da quello di aiutare l’Italia a superare una crisi politica di cui Monti è ormai coprotagonista.

Una dimensione delle cose che trova conferma nell’atteggiamento tedesco.

Infatti, il ministro degli Esteri Guido Westerwelle, ha voluto precisare il governo tedesco non intende interferire negli affari interni italiani, essendo dell’opinione che “Né la Germania, né l’Europa sono la causa delle attuali difficoltà che attraversa l’Italia”.
Il problema, però, è che la cancelliera Angela Merkel interferisce, e come, se si dichiara “convinta che gli elettori italiani voteranno in modo tale da garantire che l’Italia resti sul cammino giusto”.
Se esiste un ‘cammino giusto’ quale è quello sbagliato? Restare, un invito a confermare l’attuale?

Dunque, se un uomo qualunque volesse avanzare dei dubbi, a leggere i titoli stranieri, potrebbe sentirsi legittimato. Potrebbe pensare che “lo spread è un imbroglio” ed esser fermamente convinto che “l’economia con Monti è solo peggiorata” o che le elezioni “sono state anticipate solo per colpa delle dimissioni anticipate di Monti”.

Del resto, è piuttosto astruso – sia per i comuni mortali sia per gli addetti ai lavori – focalizzare una crisi nazionale su un unico indicatore consistuito dal mero rapporto degli interessi sui nostri titoli rispetto a quelli sui bund tedeschi, il cosiddetto ‘spread’.

Specialmente, se si viene a sapere che Berlino aveva “ordinato a tutte le banche di vendere i buoni del Tesoro italiani, con 8-9 miliardi di vendita. Gli altri fondi hanno pensato: ‘Se la Germania vende, qualcosa ci sarà…’. E hanno ritenuto di chiedere un premio per un rischio teorico, a noi del 6%. La Germania ha approfittato di tutto questo e ha abbassato i tassi all’1%, mentre a noi importa che i nostri tassi sono aumentati del 2%, che in un anno sono 5 miliardi in più.”

Ragionando a mente fredda, qualcuno potrebbe anche convincersi che “tutto quello che è stato inventato sullo spread è un imbroglio usato per abbattere un governo e fargli perdere la maggioranza”.
Ragionando a mente fredda, si potrebbe anche mettere a fuoco che quel governo ci aveva portato in quella situazione, dopo aver ereditato una pesante situazione dal governo uscente, e che l’opposizione a quel governo per 3 anni e mezzo non s’è fatta sentire granchè.

Basta populismo: gli italiani non sono degli sprovveduti.

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Monti va(i) a casa

7 Dic

Ormai, dopo la presa di posizione del PdL al Senato, il Governo Monti è ufficialmente un governo di minoranza: il dl Sviluppo e il dl enti locali passano con poco più di un terzo dei voti dei senatori. Intanto, Angela Finocchiaro incalza con il “governo non ha più la fiducia delle Aule parlamentari. Monti salga al Quirinale” e Giorgio Napolitano chiede (o forse implora?): “Evitare fine precipitosa legislatura, non mandiamo tutto a picco”.

Al di là di alcuni dettagli – ad esempio, perchè Finocchiaro inviti Monti alle dimissioni mentre il suo partito lo sostiene oppure cosa starebbe mandando a picco il PdL e cosa, invece, hanno mandato già a picco i tecnici del governo – questa è la situazione e che lo spread o salga, con tutte le boutade degli ultimi 12 mesi, non interessa quasi più a nessuno.

Al di là di come andrà a finire, Silvio Berlusconi, con l’ennesima impuntatura, ha reso un prezioso servigio al Paese, dimostrando agli eufemisti del ‘si può fare’ che uno Stato lo si governa quando si ha almeno la metà più uno del Parlamento, quando almeno il 50% degli elettori non diffida profondamente del principale partito al potere ed, ammesso che i milioni di laccioli che la Casta ha superfetato a propria tutela, non possano tornare, questi, utili anche per bloccare la Casta nelle sue stesse pastoie.

Chi si illudeva di governare con il 30% è smentito.

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Google è un servizio pubblico

29 Nov

L’Italia e la Francia sono i due paesi dove la carta stampata è da cento e passa anni un enorme business, oltre che il principale fattore di controllo sociale.

Paesi dove da decenni accade che – grazie alla scarsa conoscenza delle lingue – si legge solo quello che gli editori decidono di tradurre e pubblicare, magari 20-30 anni dopo che l’opera, altrove, è diventata un best seller.
Paesi dove la produzione della carta è ‘da sempre’ una sorta di monopolio e dove le tipografie, ormai, sono in mano a pochi.

Va da se che Italia e Francia non vedano di buon occhio Google (come Amazon ed altri) e dove la francese Aurélie Filippettì, ministro, annuncia che ‘varerà una legge per obbligare la società di Mountain View (ndr. Google) a remunerare i giornali dei quali elenca i contenuti’, e come il Ministero del’Economia e Finanze italiano che vuole lanciare una battaglia, su segnalazione dell’on. Stefano Graziano (PD) contro l’erosione di base imponibile causata “dallo spostamento artificioso degli utili verso giurisdizioni maggiormente attraenti dal punto di vista fiscal”, come fa Google Italy, che imputa i suoi proventi alla casa madre in Irlanda.

Idee ed eventuali norme che stridono con il buon senso, se non addirittura con il diritto naturale.

Infatti, non sarà una gran perdità per l’Umanità non trovare i giornali francesi indicizzati sui motori di ricerca, visto che, a parte inglese, spagnolo, indiano e cinese, le notizie le possiamo leggere anche in giapponese, italiano, portoghese, cingalese, ashanti e urdu.

Ed infatti, non v’è alcun motivo per cui Google debba dotarsi di una filiale italiana, espondeosi ai balzelli die nostri governanti, se la casa madre di diritto e di norma sta in Irlanda. Anche in questo caso, non sono sessanta milioni di italiani a spaventare un network che copre 7 miliardi di persone e riesce ad andare d’accordo anche con la Cina Popolare e l’Iran.

Capiamo tutti – francesi, italiani od irlandesi – che, in tempi di magra, la gallina della uova d’oro di Mountain View faccia gola alle sanguisughe del fisco od agli editori di carta stampata. Purtroppo per loro, la Rete ha bisogno di un motore di ricerca per esistere ed un motore di ricerca non funziona, se viene condizionato da mille brame.

Forse sarebbe il caso di prendere atto che alcune tecnologie sono obsolete: è accaduto con il telefono a cavo, la macchina a vapore, il disco od il cd musicale, il montaggio cinematografico.
Non accadrà per il libro, non per i libri ‘veri’. Ma rotocalchi, quotidiani e foullieton sono robe dell’atro secolo.

Non sarà tassando la rete che si arresta il presente e si rallenta il futuro. Idee come quelle francesi ed italiane implicheranno solo che le nostre culture, già decadenti e recessive, finiranno per impoverirsi sempre di più e ad arricchire sempre di meno le altre.

Che altri risultati attendersi da due nazioni che da 200 anni, invece di rinnovarsi, vivono un delirio culturale anti-anglosassone – ieri verso austriaci e tedeschi, oggi che si oppone ad inglesi ed americani – con la Francia che, ormai da decenni, ha perduto ogni risonanza culturale a livello mondiale e con l’Italia che continua a partorire personaggi geniali, ma paradossalmente tutti o quasi figli di quel Sud che non esiste nei libri di storia, nei programmi finanziari e nelle scelte internazionali.

E poi ci sono le astruserie.

Ad esempio, le tasse od il ‘pedaggio’ lo si paga in base agli eventuali pagamenti oppure a fronte del traffico effettivo o anche in base alla nazionalità del visitatore e, infine, anche a seconda di dove effettivamente si trova il server?

Lasciamo, dunque, lavorare in pace Google, che è uno dei pilastri su cui si regge la bolgia di massa che sta diventando questo pianeta. E’ un servizio pubblico, anche se qualcuno proprio non riesce a capirlo.

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