Il referendum sull’indipendenza del Veneto, organizzato dai movimenti autonomisti e appena svoltosi, avrebbe visto la partecipazione del 70% degli elettori veneti con un esito “plebiscitario”: 89% di “sì”.
I dati non sono verificabili, ma li conferma un sondaggio di Demos, condotto tra il 20 e il 21 marzo, in cui poco meno dell’80% si dice favorevole o quanto meno ‘interessato’ all’indipendenza veneta.
In Italia, l’iniziativa è stata ignorata dai media, come sottolinea Ilvo Diamanti su La Repubblica, ma gli osservatori stranieri non l’hanno fatto: c’è “l’esempio” della Crimea, ma ci sono anche le tensioni scoto-gallesi, i baschi e i catalani, i fiamminghi eccetera. E ci sono la Sicilia e la Campania … ovvero le Due Sicilie, dove l’esito di un referendum autonomista ben organizzato sarebbe del tutto imprevedibile.
Intanto, in Francia, le spinte verso uno Stato etico e ‘nazionale’ stanno portando ad una crescita – prima sensibile e oggi dilagante – della ‘vecchia’ destra gaullista e nazionalista, rigeneratasi nelle banlieues e nelle città meridionali sotto le insegne del Fronte Nazionale di le Pen. Paradossalmente, sono loro oggi i maquìs (ndr. partigiani) che resistono all’invasore tedesco … e ai collaborazionisti di Hollande.
Di qui l’ipotesi che l’idea di un’Europa ‘sacro romano impero germanico-napoleonico’ possa essere del tutto desueta e che certi padri fondatori abbiano preso una grossa bufala.
Fosse solo perchè a dar voce a tutte le spinte autonomistiche o nazionalistiche (ndr. che poi è la stessa cosa) ci ritroviamo quasi esattamente con la cartina del 1400 dopo Cristo …
Da un lato, c’è l’Europa angioino/aragonese e/o bizantina (Catalogna, Due Sicilie, Grecia e Balcani) in parte sovrapponibile a quella bizantina (che includeva anche Maghreb, Libano, Turchia e Siria, Bulgaria e Romania) che non trova aspettative e opportunità di crescita nell’attuale Unione Europea. Dall’altro, un’area Germanica che va sempre di più affermandosi, aggregando la Pannonia, l’Illira e il Norico (Venezie, Croazia, Slovenia), la Batavia (Fiandre) e la Grande Polonia (che includerebbe Moldavia, Slovacchia e mezza Ucraina, guarda caso). Dall’altro ancora ci sono i popoli ‘nordici’ (Svezia, Danimarca, Norvegia, Gran Bretagna, le città del Baltico e qualche porto olandese) che in gran parte rifiutano l’Euro e il Fondo Sociale Europeo.
Ovviamente, buona parte di nostri ‘guru’ – i soloni ultraottantenni e i loro fedeli discepoli ultrasessantacinquenni – di tutto questo non sembrano accorgersene e i ‘piani alti’ continuano a spingere l’acceleratore verso qualcosa che non c’è, ma deve assolutamente esserci: gli Stati Uniti d’Europa.
Stati uniti che, a ben vedere, non ci sono in Cina, che è un’unica repubblica ‘popolare’ montata sul preesistente impero, e non ci sarebbero in America, se fosse stato per Thomas Jefferson e Benjamin Franklin (federalisti) come per i confederati – per l’appunto – del Sud e gli ‘annessi’ del Texas, Luisiana e California, senza parlare delle Hawaii, di Portorico, di Panama, di Guantanamo e di Grenada.
Ma, se è per questo, gli old boys delle cerchie che contano non si sono neancche ancora accorti che la Germania – de facto – ha un potenziale e una ‘estensione’ paragonabili o superiori a quello che aveva nel 1936. Gli errori di Obama in Siria e in Crimea ne sono la lampante riprova.
Come non è un caso che, alle soglie delle elezioni europee, non c’è partito che osi avviare una qualche campagna elettorale, figurarsi a sventolare la bandierina azzurra con le stelline in cerchio.
L’Europa potrà sopravvivere a se stessa solo se si farà macroregione e federazione, con un sistema di bilancio unificato, un costo del denaro modulato ed un sistema lavoro-welfare integrato.
Altrimenti, gli europei si ricorderanno che una patria è meglio di una banca …
originale postato su demata
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