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Mauro da Mantova, la morte di un no-vax in un paese illiberale

6 Gen

Una settimana fa, moriva a Verona Maurizio B. , un ex carrozziere di 61 anni che il programma radiofonico «La zanzara» aveva portato alla notorietà come ‘Mauro da Mantova’.

Il motivo per cui Maurizio B. è morto è l’aver contratto il Covid, senza essere vaccinato e ricorrendo alle cure solo ad infezione in fase avanzata, quando ormai la saturazione polmonare era molto critica.

Nel suo ultimo intervento a “La Zanzara”, ‘Mauro da Mantova’ si era vantato di essere andato al supermercato con la mascherina abbassata – “a fare l’untore”, come aveva precisato – e “la spocchia che mostrava in radio è appena il dieci per cento di quella che ha fatto vedere di persona quando è arrivato in Pronto soccorso”, raccontano le infermiere al Corriere del Veneto.

Eppure, Maurizio B. non aveva speso cinque anni della sua vita per conseguire un diploma liceale a pieni voti, nè aveva speso altri sei anni per arrivare alla laurea in medicina, come non aveva consumato sui libri e in ospedale quegli altri 2-4 anni necessari per specializzarsi.

In base a cosa Maurizio B. ha intrapreso una scelta così estrema e radicale che l’ha portato ad una brutta morte, visto che non aveva trascorso almeno una 15ina di anni a studiare per 10-14 ore al giorno allo scopo di curare gli altri nel miglior modo possibile, cioè era del tutto profano?

E’ presto detto: Maurizio B. non sarebbe diventato ‘Mauro da Mantova’ se La Zanzara non gli avesse dato voce, credibilità e notorietà. Come lui ce ne sono tanti altri, che troppe redazioni non hanno aiutato a distinguere le opinioni dai pareri tecnici e dai commenti:

  • le opinioni sono dei profani e restano in salotto e al ‘bar dello sport’,
  • i pareri tecnici sono forniti solo dagli esperti e servono a dettare protocolli e regole,
  • i commenti arrivano dai settori coinvolti, nell’applicare protocolli e regole.

Possibile mai che con tanti laureati in comunicazione, marketing e giurisprudenza che spingono per far carriera, ci sia confusione tra cosa sia un’opinione (ed il tempo che lascia) e cosa è un parere tecnico (e quanto sia cogente), trasformando i commenti in un elenco di premesse e dubbi affatto applicativi?

Eppure, dovrebbero sapere che nel 1993, Levy e Nail hanno definito il “contagio sociale” come la diffusione di affetti, atteggiamenti o comportamenti “in cui il destinatario non percepisce un tentativo di influenza intenzionale da parte dell’iniziatore”, cioè ritiene che le idee siano proprie ed originali, mentre non sta facendo altro che imitare qualcuno che viene proposto come riferimento (testimonial) dai media.

Sapendo che in questi ultimi anni i maggiori leader politici non avevano una laurea nè una professione, sappiamo anche perchè in Italia conta più cosa suppone un carrozziere e non quel che affermano un medico o un farmacologo.
Del resto – mancando una forza politica liberale – tutto qui da noi si trasforma in sociale e/o popolare a differenza di Francia, Germania, Spagna e Olanda, dove i liberali raccolgono voti a meni basse tra chi crede nel merito conquistato col sudore della propria fronte.

Uno Stato (liberale) non avrebbe spacchettato l’Ordine dei Medici in 101 provincie, cassato la pubblica sicurezza sanitaria insieme alle Prefetture, derubricato la Sanità ad affare esclusivamente regionale, abbandonato scuola e trasporti alle bizzarrie comunali, anteposto il consenso alle riforme.
Se non si vuol essere divisivi (come il centrosinistra socialista) o lo si è a senso unico (come il centrodestra conservatore), non si fanno mai scelte, cioè riforme.

Demata

La Sicilia liberale ci riprova

5 Gen

Trinacria è il nome e il simbolo della Sicilia fin da principio (VI e IV secolo a.C.) e si riferisce al dio del sole nella sua triplice forma di primavera, estate e inverno, dato che la ricchezza dell’isola erano i tre raccolti l’anno per il grano e che l’amore per le cose che abbiano un senso.
Infatti, la Sicilia fu la patria di un modello politico – sociale ideato da Platone, a Siracusa, fondato sull’individuo e sul valore personale, come sulla tecnica e sulla libertà mercantile.  Anche per questo, la Sicilia è stata la casa di nobili vichinghi, di eruditi arabi e di imperatori sassoni, come fu l’isola che insorse prima contro ‘li francisi’ e, poi, accorse in soccorso di Garibaldi in nome della Libertà.

Non è un caso, dunque, che in Sicilia ci sia una tradizione liberale di antica data, che ancora oggi si ricompone in una sigla politica: Democrazia Liberale.

Presidente e fondatore è un ex componente laico del Consiglio superiore della magistratura, il senatore nella IX legislatura Vincenzo Palumbo, vicesegretario nazionale del PLI con Alfredo Biondi ed aderente ad ALDE,  il gruppo politico liberale centrista al Parlamento Europeo.
Avvocato messinese di lungo corso, il senatore Enzo Palumbo si è distinto come promotore del referendum abrogativo della “legge Calderoli” e dei ricorsi avverso l’Italicum (norme elettorali poi rivelatesi ambedue incostituzionali).

Democrazia Liberale doveva essere un soggetto associativo per ridare vita alla presenza liberale in provincia di Messina, ma – visti i valori in campo – nasce come partito nazionale a tutti gli effetti di collocazione centrista.

Infatti, il segretario del neonato partito di Democrazia Liberale è Marco Montecchi, presidente della Camera di commercio italiana in Bulgaria e cavaliere al merito della Repubblica italiana, ex Direttore responsabile de L’Argomento e vice-Coordinatore del MAIE – Movimento Associativo Italiani all’Estero fino a poco tempo fa, oltre che tra i promotori del Partito liberale europeo. 

I tempi sono maturi per promuovere “attraverso iniziative di carattere culturale, sociale, politico ed elettorale gli ideali liberaldemocratici”: in Sicilia, il prossimo 22 gennaio le ex Province tornano al voto dopo dieci anni, mentre in autunno si voterà per l’Assemblea Regionale Siciliana, pochi mesi prima del voto politico nazionale.
Una presenza importante, quella liberale in Sicilia, specialmente a Messina, il cui sindaco Cateno De Luca – centrista conservatore -mira ad essere eletto Presidente dell’ASR, lasciando la sua città orfana e sconvolgendo gli equilibri del centrodestra, finora tutto per Musumeci.