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Berlusconi, le intercettazioni e la cultura del lavoro

15 Set

Continua la tempesta giudiziaria che ha preso origine dalle ormai note e riconosciute relazioni di Silvio Berlusconi con più o meno note prostitute.

Tutti gli occhi si appuntano sulla legittimità o sulla quantità di intercettazioni, dopo aver acclarato che siamo l’unico paese democratico al mondo dove la vita privata del Premier ed il suo uso di sedi istituzionali è un tabù.

Dinanzi ad un tale via vai di donne, donnine e donnone dalle abitazioni di Silvio Berlusconi, ormai ampiamente acclarata, non c’è bisogno delle intercettazioni o dei processi per determinare un’opinione.
Se fossi di Destra, mi preoccuperebbe la sicurezza dello Stato e la ricattabilità del premier.
Se fossi di Centro, soffrirei le pene dell’inferno per l’esempio che viene dato alle donne ed ai giovani.
Se fossi di Sinistra, non avrei troppo da ridire sulla licenziosità dei costumi, viste le abitudini di Willy Brandt o Fidel Castro.
Se fossi un cittadino qualunque, sarei incazzatissimo, perchè pago le tasse e non amo millantatori, gaudenti e perditempo.

Di questi quattro punti di vista, quello fortemente prevalente è quello di Sinistra, che, non potendo attaccare i costumi, tenta di dimostrare che fu prostituzione, “una roba per chi può spendere”.
Un punto di vista che, anche grazie alle strategie difensive di Berlusconi, ha ampiamente attecchito tra chi di sinistra non è.

Peccato che il problema centrale non siano i soldi o le prostitute, ma il solo fatto, per giunta in una sede istituzionale, di “essersi portato le donne in ufficio” …