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Spending review: come dire tagli

18 Dic

Il ministri dello Sviluppo e quello della Coesione territoriale, Passera e Barca, che il governo Berlusconi aveva accantonato e che andranno a finanziare infrastrutture: ferrovie, porti, scuole, carceri.
Non è una gran cifra, solo per le scuole ne servono almeno il doppio, se non il triplo, e, dunque, non ci saranno infrastrutture se non arriveranno economie, ovvero tagli.

D’altra parte, è notorio che non si rilancia a costo zero la crescita, lo sviluppo, l’innovazione.

Così andando le cose, il governo ha avviato la mappatura della “spending review”, che Tremonti aveva previsto in Finanziaria e che l’Europa si attende.
Si tratta, in parole povere, di tagli di spesa “mirati”, per almeno 10-15 miliardi di Euro.

Un’anteprima sono quelli già contenuti nel decreto “Salva Italia” relativamente la Sanità, che ricadranno inevitabilmente sui malati e che, per ora, colpiscono medici e paramedici.
Visto che anche la lobby dei farmacisti ha ottenuto la sua postilla, la cosa inizia a sembrare paradossale.

Ma non solo.
Dove pensa di prendere, il governo Monti, le risorse necessarie a finanziare il rilancio della domanda e il welfare che serve per “gestire” almeno due milioni di disoccupati?
Dalla lotta all’evasione fiscale ed agli sprechi … in un paese dove il falso in bilancio è depenalizzato e dove i dirigenti pubblici sono assicurati, in caso di condanne, a carico dello Stato.

originale postato su demata

Una manovra contro di noi

30 Ago

Questo è tutto quello che le generazioni nate tra il 1925 ed il 1950 hanno riservato a noi che siamo nati dopo di loro.
E’ iniziata quando avevamo ancora 15 anni, cambia poco se fossero gli Anni Settanta, Ottanta o Novanta e, dopo 20-30 anni, continua ad andare così.

Una letale e brutale corsa senza traguardo e senza vincitori: una generazione in esubero da “smaltire”.

Siamo tutti vittime di due generazioni abbarbicate alle poltrone del potere, che mai hanno voluto ascoltare ipotesi, teorie e soluzioni diverse da quelle che a loro facevano comodo in quel momento.
Predatori, che ci hanno portato alla rovina arraffando tutto quello che c’era, durante il Boom economico, e che intendono continuare a farlo finchè ci sarà sangue e linfa da succhiare.

Le loro pensioni non si toccano, le nostre si.
Fuckin’ bastards …

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Le pensioni dei laureati e l’iniqua manovra

29 Ago

Le prime anticipazioni dei media su quanto concordato dagli esponenti della Lega e del PdL riuniti a Villa Certosa raccontano di un’altra iniqua legge a carico dei lavoratori italiani.

I titoli recitano il canonico “stretta sulle pensioni”, ma nella realtà si tratta di una stretta sui lavoratori laureati del settore pubblico: “il calcolo verrà effettuato solo in base agli “effettivi anni di lavoro” e non dovrebbe più tener conto degli anni di servizio militare prestato e degli anni universitari.”

In pratica, sono 4 anni di servizio in più per tutte le posizioni da laureato del settore pubblico.

Cosa giusta? No, iniqua e controproducente.

Innanzitutto, precisiamo che i laureati del settore pubblico devono pagare una congrua somma per riscattare gli anni di studio universitario, spesso versando l’intero equivalente dei contributi dovuti.

L’INPDAP, l’ente di previdenza che copre questi lavoratori, è  in ottima salute ed è talmente ricco che, se svincolato dal Ministero dell’Economia, avrebbe addirittura i capitali per rinegoziare i prepensionamenti necessari a far posto a giovani ed innovazione, nelle scuole, come negli ospedali o nelle  università.

Inoltre, l’INPDAP, in base alle regole di bilancio europeo, non dovrebbe vertere direttamente sulle spese dello Stato e non si comprende quale sia il beneficio in termini di manovra o di minor spesa.

Va anche aggiunto che il “computo degli studi universitari” è frutto di lunghi anni di battaglie professionali e sindacali, dato che  i laureati entrano nel mercato del lavoro diversi anni dopo i diplomati, perchè devono, a proprie spese, acquisire le conoscenze e le competenze di livello universitario necessarie al lavoro che faranno, in un paese che non è affatto prodigo di ostelli, borse di studio e meritocrazia.

Una vera cattiveria, specialmente se consideriamo che non tutte le categorie sono effettivamente colpite da questa norma: i docenti universitari, i magistrati ed i medici già adesso tendono a rimanere in servizio fino od oltre il 65° anno di età. Le categorie di laureati effettivamente colpite dall’azzeramento del riscatto pensionistico degli studi universitari sono quelle della scuola (precari ed alunni inclusi), dei neoassunti (che difficilmente matureranno i 40 anni di base pensionistica) e dei malati cronici (costretti a trascinarsi al lavoro per quattro anni extra).

La cattiveria, per inciso, non sta solo nel tipo di categorie colpite, ma nel sistema pensionistico pubblico, che non consente alcuna forma di negoziazione su TFR e computo pensionistico per i malati, come invece è possibile nel settore privato e con le assicurazioni.

Una vera iniquità, non solo verso giovani ed invalidi, ma anche verso chiunque non sia già pensionato, visto che restano intatte le pensioni d’anzianità e d’annata, cioè proprio quelle per le quali i contributi versati sono esigui a confronto con le somme percepite.

Una svista epocale, quella di prolungare il servizio ad un paio di milioni di laureati, se consideriamo i promessi tagli alla pubblica amministrazione, la quantità di precari che attendono da anni, l’urgenza ultraventennale di riformare ed innovare.

Una vergogna, che non sarà facile emendare.

Niente panico: l’influenza A ritorna (H1N1)

11 Gen

Arriva l’Influenza A (H1N1)? O meglio, ritorna? E’ la stessa oppure è più potente? Ci sono i vaccini, ma chissà se fanno male e se funzioneranno quando il virus muterà ancora? E se fosse tutto alalrmismo?

Che bello semplificare, specialmente se poi ci si stupisce delle inconsulte reazioni della gente.
Innanzitutto, andrebbe spiegato che diffondere allarmi non significa essere allarmisti, ma semplicemente segnalare l’esistenza di dati scientifici fuori dalla norma o che, ahimè, rientrano in modelli catastrofisti (vedi scioglimento dei Poli). Se i media, specie i quotidiani, avessero abbastanza redattori con una solida formazione scientifica eviteremmo gli allarmismi e terremmo conto degli allarmi, informando, magari, le persone con continuità e coerenza.

Così come vanno le cose accade anche che pochi, pochissimi, sappiano “perchè” vengono dati gli allarmi, che è il vero problema.

Dall’AIDS e da Ebola abbiamo imparato molte cose.
Ad esempio, oggi sappiamo che dobbiamo aspettarci qualche brutta sorpresa, visto che gli spostamenti di massa delle persone e delle merci moltiplicano enormemente la possibilità che si diffonda un qualunque virus. Fino a 100 anni fa le malattie impiegavano decenni e generazioni per trasferirsi da un continente all’altro.

E sappiamo anche che dall’enorme quantità di agenti mutageni che diffondiamo (asfalto ad esempio) e da certe tecniche di allevamento non può venire altro che una maggiore varietà di agenti patogeni, tra cui, prima o poi, il virus “perfetto”. Letale, trasmissibile attraverso le vie aeree, incubazione tra i 7 ed i 10 giorni, prognosi di una o due settimane.

Per ora, abbiamo evitato che l’aviaria e la suina si diffondessero, Ebola è “troppo veloce” mentre l’AIDS è abbastanza “lento”, ma la influenza A (H1N1) è ancora tutta da scoprire in caso di infezione massiva. Sembra depotenziata, ma …