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Roma, l’esempio di Cristo e la corruzione

11 Ott

Cambiare mentalità a Roma, ma quale?

Il cristianesimo romano è sempre stato in conflitto (dai tempi di Callisto e Ippolito, ergo dalle Origini) con gli altri cristinesimi perchè inculca il principio del ‘non giudicare, non accusare, sopportare in silenzio’. In due parole, non DENUNCIARE e comunque non farlo PUBBLICAMENTE, dato che è a Dio (e al Clero come alla Magistratura) che compete il diritto di accusa e non ai noi mortali.
Viceversa, dagli eretici nordafricani a quelli mitteleuropei, passando per gli scismi protestanti od ortodossi o per le chiese minori la questione che puntualmente divarica le posizioni è il diritto individuale alla giustizia e la corruttibilità /corruzione del clero.

La Giustizia NON è un proposito da conseguire entro i limiti compatibili con le esigenze della società e dei principi che la dirigono. La Giustizia è un diritto soggettivo della vittima e dei suoi superstiti: se la Società provvede, bene, se non lo fa, gli individui hanno almeno il diritto a reclamarla: questo è il sale della Democrazia che si è sostituita alle Monarchie ‘in nome di Dio’.

A contraltare della Misericordia c’è l’Angelo Vendicatore, così caro alle culture protestanti quanto aborrito a Roma. Ma nei testi sacri più antichi ci sono Michele e Gabriele, non solo l’uno o soltanto l’altro.

Da oltre un secolo le statistiche documentano una minore produttività ed una maggiore corruttibilità dei territori cattolici rispetto a quelli che non lo sono: una sequel di dati che inizia nell’Otttocento, quando non si capiva perchè in Germania due villaggi adiacenti dessero questo vistoso problema.

Gesù non porse solo l’altra guancia ai suoi fratelli o perdonò l’adultera lapidata da altri adulteri. Lui dette il fatto suo ai falsi Sapienti, cacciò i Mercanti travestiti da Santi, si sottopose all’Imperium di Cesare accettando la pena comminatagli: non è che a Roma ci siamo persi qualcosa?

Demata

Corsi e ricorsi storici: la Cina nomina i “suoi” vescovi

22 Lug

Lo stato della Cina Popolare si appresta a nominare (cioè ordinare) i vescovi cattolici. Il Vaticano reclama e, vivendo in un paese cattolico, la cosa ci appare “giusta e normale”.

In realtà, la nomina dei vescovi rappresenta un aspetto piuttosto controverso dal punto di vista delle norma internazionale, visto che ad essi è attribuito un potere gerarchico e temporale che non ha equivalenti nelle altre confessioni e religioni.

Non è un caso che la pretesa della Santa Sede di nominarli abbia comportato centinaia di anni di guerre in Europa, conclusesi sostanzialmente con una vittoria dei “Guelfi”.

La Cina Popolare non ha mai firmato un accordo od un trattato a riguardo e la competenza, la “giurisdizione”, resta a loro non a Roma, specialmente se parliamo dell’ “Associazione patriottica cattolica cinese”, come effettivamente si tratta.

I Cattolici in Cina Popolare superano ufficialmente i 4 milioni, ma potrebbero essere quattro volte di più, stando alle stime di «Human Rights Watch», dato che il clero cattolico, che svolge attività religiosa al di fuori dell’associazione patriottica, è considerato sovversivo.

Una problematica analoga a quella che portò la Chiesa romana allo scontro con l’Impero federiciano e, successivamente, con i principi riformati,  e che alimentò la Guerra dei Cent’anni e quella dei 30 anni come anche lo scisma anglicano ed il massacro albigese.

Questo dovrebbe raccontarci una libera stampa e questi sono gli svantaggi di una Chiesa temporale e dotata di banche. Sarebbe ora di cambiare e ritornare agli insegnamenti originari.

Ha meno possibilità di andare in paradiso un (clero) ricco piuttosto che un cammello di attraversare la cruna di un ago …