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Borse giù: gli errori e le prospettive

9 Feb

Ormai è chiaro a tutti: il parlamento dei quarantenni – dal 2013 ad oggi – non è riuscito a portarci fuori dalla Crisi. Anzi, potrebbe averla aggravata.

Padoan, ministro dell’Economia e, soprattutto, delle Finanze, cerca di rassicurare mercati, famiglie ed investiri con il solito “quest’anno il debito calerà” … peccato che lo sentiamo dire dal giorno stesso dell’Unificazione italiana.

E se il debito cresce ogni anno, ormai sappiamo tutti che il problema sono quel 37% di spesa pubblica per rendite pensionistiche dei lavoratori che di norma non fanno bilancio pubblico e che anche questa legislatura non ha cessato decine di migliaia di aziende ed enti pubblici del tutto inutili od in folle perdita da decenni.

Dunque, i mercati e gli stati esteri sono vivamente preoccupati dall’estate scorsa nel constatare che è il 2016 e nulla si è fatto in Italia per riequilibrare il bilancio pubblico, mentre ripresa e crescita mondiale ritornano in stato comatoso.
Allo stesso modo, sono seri i dubbi che il già iniquo, sprecone e costoso Welfare italiano possa sostenere l’impatto (e la spesa) di milioni di nuovi arrivi.

Ma, per ridurci in queste condizioni, sono stati necessari alcuni gravi errori governativi nel settore finanziario:

  1. il crack di Banca delle Marche, Popolare dell’Etruria e del Lazio, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti è stato scaricato sul sistema bancario per quasi 4 miliardi di euro, di cui due erogati dal Fondo di risoluzione  e altri 2 miliardi arrivano da una linea di credito attivata da Intesa Sanpaolo, Unicredit e Ubi, nella speranza di riuscire a recuperare negli anni successivi almeno una parte dei fondi erogati attraverso la vendita delle aziende risanate o di parte dei loro asset.
    E, con un salasso del genere, tutto questo si traduce in minore disponibilità finanziaria per le aziende produttive che avranno bisogno di un fido e … per le politiche sociali e di crescita dal governo.
  2. negli stessi giorni, il Fondo strategico italiano (Cassa depositi e prestiti) rileva da ENI  il 12,5% del capitale di Saipem e sottoscrive l’aumento di capitale da 3,5 miliardi di euro, nell’ambito del nuovo piano strategico della società. Poi, salta fuori che Saipem attingerà dal sistema bancario finanziamenti per 4,7 miliardi di euro, di cui 3,2 miliardi serviranno a rimborsare i crediti residui verso Eni e che l’interruzione del progetto South Stream  ha comportato per Saipem un ‘danno’ corrispettivo di oltre 750 milioni.
    Intanto, con l’entrata di FSI (Cassa depositi e prestiti) e l’annuncio di aumento di capitale le azioni erano state collocate a 7 euro ed oggi valgono la decima parte se non meno.
  3. e più o meno contemporaneamente, Consob poneva paletti alla privatizzazione di Poste Italiane, che – con Enav e tant’altre ‘imprese pubbliche’ tra cui Inps e FS – attende la quotazione in borsa da anni ed anni.
  4. un paio di mesi dopo, Renzi annunciava che la diga di Mosul «è seriamente danneggiata e se crollasse Baghdad sarebbe distrutta. L’appalto è stato vinto da un’azienda italiana».
    Anche in questo caso il popolo dei risparmiatori /azionisti investiva sul titolo e le azioni di Trevi Group schizzavano da 1,075 € del 15 dicembre a 1,82 € del 30 dicembre; oggi sono intorno a 1,2 € pur avendo vinto la maxi commessa da 2 miliardi dollari.
  5. sempre sul finire del 2015, ENI presentava al Senato il piano di ENI riguardo lo sfruttamento dell’enorme  giacimento di gas scoperto alla fine di agosto di fronte alle coste egiziane. Grande entusiasmo finanziario e politico, siamo contenti per ENI, ma è ancora da capire quanto di quel gas arriverà davvero in Italia e in Europa visto che l’Egitto è un paese assetato di energia, senza parlare di contese territoriali (il giacimento è ‘quasi’ off shore) e di scombussolamenti politici in Egitto o (come nel presente) di crisi diplomatiche con l’Italia.

Intanto, quali siano i risultati di questa legislatura sono tutti in un grafico.

1_livelloPIL

L’Italia è ritornata ai livelli del 2000 ed è dal 2012 che non si vede ripresa del PIL, solo una frenata nella caduta. Intanto, rispetto al 2000 c’è l’euro anzichè la liretta ‘fai da te’, l’11 settembre neanche ptevamo immaginarcelo, c’è il 15% in più di pensionati e l’età media degli occupati in alcuni settori supera ormai i 50 anni.

Intanto, l’agenda politica è focalizzata sulla riforma del Senato, sulle nozze gay e sulle improponibili candidature di tanti aspiranti sindaco, mentre abbiamo bruciato non si sa quante risorse, che potevano andare a risanare bilanci pubblici anzichè privati.

E, se sei mesi fa l’agenzia internazionale Fitch confermava il rating dell’Italia a BBB+, avvertiva anche che “l’Italia altamente esposta a potenziali shock avversi” per il debito, per il rapporto deficit /Pil, per la “meno ambiziosa” riforma della spesa pubblica, per la solvibilità garantita solo grazie ai risparmi delle famiglie e ad “un sistema delle pensioni sostenibile” (sic !).

Come anche son quasi 3 anni che il secondo partito, i Cinque Stelle, non spinge per le riforme che servono e che languono nelle Commissioni, mentre Renzi riconferma l’antica regola (violata dal PSI di Bettino Craxi) che non si governa bene o affatto, se si è nella doppia veste di premier e segretario di partito.

Dunque, non sono le amministrative o il referendum costituzionale nè l’esigente Europa quello che deve preoccupare Renzi, il suo partito e la sua generazione: i prossimi bollettini di rating arriveranno prima delle elezioni.

Servirebbe che il governo mettesse in calendario le norme su pensioni e privatizzazioni che attendono nelle varie commissioni e che – emendate al meglio – fossero sostenute anche dalle opposizioni. La Grecia con i suoi quarantenni ‘soli al governo’ è finita con un indebitamento maggiore e condizioni peggiori: questo dovrebbe insegnarci qualcosa.

Demata

Disoccupazione, insolvenza, sofferenza bancaria: tre facce di una sola medaglia

19 Giu

Fa rumore il numero dei disoccupati in aumento, ma alle cause dirette di questo incremento poco si fa attenzione: l’Abi e Banca d’Italia confermano che le imprese sono sempre più in ritardo nei pagamenti dei loro debiti e che le ‘sofferenze’ delle banche italiane non sono mai state così alte.

“Ad aprile, secondo il rapporto dell’ Associazione dei banchieri, le sofferenze lorde hanno superato i 133 miliardi, 2,3 in più rispetto a marzo (+22,3% annuo). L’Abi evidenzia come resti «elevata la rischiosità dei prestiti» che per altro continuano a calare in modo significativo.” (Corsera)

Da gennaio a marzo scorso, la quantità di imprese in ritardo di massimo due mesi sui pagamenti delle fatture è salita al 45,6% ed un altro 9,2% ha ritardi di pagamento superiori ai 60 giorni, solo il 45,2% paga le fatture entro i tempi stabiliti.

Secondo i dati dell’Osservatorio Cerved, i maggiori ritardi nel pagare, si riscontrano in Calabria (17,6%), Sicilia (16,1%), Campania (14,7%), Molise (13,3%), Toscana (12,9%) e Lazio (12,6%), regioni dove è lunga la lista delle imprese individuali collegate ai settori edile, logistico, agroalimentare.
I dati sono molto migliori, viceversa, in Veneto (4,4%), che ha molto investito sul’esportazione proprio grazie ad investimenti mirati e mentalità adeguate negli stessi settori.

Il Veneto è ad un tiro di schioppo dalla Svizzera, dalla Baviera, dai valichi sloveni e dall’enorme porto di Pola, dirà qualcuno.
Ma è anche vero che Campania, Calabria e Sicilia avrebbero potuto/dovuto avere porti ed aereoporti tali da poter adeguatamente competere sui mercati mondiali, come anche che le mafie che depauperano i territori (r)esistono perchè possono riciclare il ‘mal tolto’ altrove ed incrementando il loro potere altrove, con buoni affari di ritorno.
Ed è anche vero che Lazio e Toscana non dovrebbero avere motivi per cavarsela così male, visto che sono le due regioni che maggiormente hanno influenzato la partitocrazia italiana e che molto meglio avrebbero potuto capitalizzare tale vantaggio storico.

Quali vie d’uscita?

Qui non si tratta di risollevare l’occupazione sindacalizzata dei dipendenti delle fabbriche o delle grandi aziende, come invoca la CGIL. Il problema è nell’esigenza di riconvertire professionalmente un’enorme massa di italiani che ha conseguito, a suo tempo, un diploma tecnico se va bene, poco più della terza media se va male, con un tot di persone che non sono andate molto oltre la quinta elementare.

Un macrocosmo di professionalità molto limitate (basti vedere come casca a pezzi il Paese) e di personaggi genialoidi, che finora ha vissuto delle briciole (lavoretti, contratti a tempo, convenzioni) al tavolo degli appalti, dei servizi esternalizzati, delle infrastrutture incompiute, del welfare che non c’è.
Imprese inconsistenti, come quella rappresentata dal ‘manovale Preiti’, come abbiamo scoperto dopo l’attentato a Monte Citorio. Aziende fantasma e fabbrichette schiaviste, come quelle che ogni tanto rimbalzano sulle cronache del profondo Sud, del profondo Centro e del profondo Nord.

Ma anche una certa quantità di imprese sane, dove la ‘gavetta’, l’esperienza e l’ingegno compensano adeguatamente gli studi frammentari od incompleti. Il volano …
E se abbiamo imprese che abbisognano di commesse, perchè ancora esitiamo ad attirare investitori stranieri con leggi, concessioni e sistemi tributari adeguati?

Se abbiamo tanti disoccupati, ma abbiamo anche un dissesto idrogeologico ed un sistema stradale che necessitano di manutenzioni ed interventi urgenti, perchè perpetuare un costoso sistema di sussidi, specie la CIG, che allo stato attuale servono solo a mantenere improduttivi i lavoratori in esubero?

Quanto alle mafie, esse rappresentano sia un serio problema di di sicurezza interna, ma anche un consistente buco nella leva fiscale, mentre siamo con le strade piene di ragazze arrivate da chissà dove ed in Italia si consumano più droghe che in Olanda. Ma allora ma rifiutiamo ‘a prescindere’ l’idea di introdurre un sistema normativo che legalizzi almeno parte delle droghe e la prostituzione, ovvero un giro d’affari di decine di miliardi di euro da fiscalizzare,  migliorando notevolmente il controllo del territorio e la legalità generale?

originale postato su demata

Standard & Poor’s rating: risalgono i mutui?

22 Set

Standard & Poor’s punisce le banche italiane:  tagliato il rating a sette istituti di credito.

Un’altra batosta per chi ha sottoscritto un mutuo a tasso variabile, dato che, così andando, aumenterà il costo del denaro?

Probabilmente, si.

Come non dover recriminare sulla scorrettezza di tante promesse quindicennali di “”stabilità e crescita dei mercati”, paventate dagli operatori finanziari a tanti sottoscrittori di mutui-casa?

Chi mai poteva credere che, per 15 o vent’anni, il costo del denaro rimanesse appiattito all’1% o poco più? E come non farsi due conti e realizzare che, anche se le cose fossero andate a gonfie vele, nel giro di un decennio i mutui a tasso variabile sarebbero risaliti pesantemente?

E che dire di Unicredit,  il cui outlook è passato da stabile a negativo? Come non ricordare le incertezze degli analisti, quando si fuse con Capitalia?

E come non accorgersi della sua debolezza “storica”, visto che nacque da una progressiva fusione di soggetti deboli e/o piccolissimi come Credito Italiano, Credito Romagnolo, Cassa di Risparmio di Modena, Banca del Monte di Bologna e Ravenna, Banca Popolare del Molise, Cariverona, Cassa di Risparmio di Torino, Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, Cassamarca, Caritro e Cassa di Risparmio di Trieste?

Per non parlare del’OPA su HBV che portò al controllo di Pekao e Bph, le due principale banche della Polonia che è un paese in grande salute …

Niente paura, in Italia gli scandali “alla Lehman Brothers” non esistono: buona parte della finanza è pubblica o papalina.

Berlusconi and … his shareholders

4 Apr

The Mediatrade-RTI investigation shows as suspects Silvio Berlusconi, the son Pier Silvio, Fedele Confalonieri, the American producer Frank Agrama and other defendants. They are accused of irregularities in the sale of rights in order to create over 34 million euro of slush funds.

According to investigators the criminal offenses would take place ‘within a system of fraud used by the end of the ’80s, under which the broadcasting rights were provided by Paramount, to a lesser extent by other international producers, rather than directly from suppliers, and were bought by Mediaset at inflated prices through dummy companies due to Farouk Agrama”.

A concealment of funds in full conflict of interest, which took place between Milan and Dublin from July 2002 to November  2005, a time in which Silvio Berlusconi was prime minister.
The fact that they are not mentioned for the two decades prior to 2002 is due to the prescription of offenses  …

According to Niccolo Ghedini, lawyer for the premier, the charges will affect a “time in which Silvio Berlusconi had not the slightest possibility of an impact on the company.”

A likely thing, if we could be sure that Silvio Berlusconi meets the standards on conflict of interest, which, consequently, would “ipso facto” involve the incrimination of his son, Pier Silvio Berlusconi, as it is not possible that top management were not involved in an expedient than ten years.

A “proceeding in which the injured party rather Mediaset is in fact backfires against the company and its top executives,” as claimed by the Berlusconi family’s television network?
Maybe. It would seem possible: it could be not the first nor the last time that executives and shareholders are incorrect in this way, scratching profits, which should be back in the budget for new investments or dividends.

However, the process goes as it will go if it will go, but certain facts are really happened.
What’s waiting for Consob (National Commission for Companies and the Stock Market), as RTi and Mediaset are of limited companies?

The investigations, in fact, are clear: someone (Berlusconi, his associates or others) “appropriates a substantial portion of amounts transferred (note: about 70 million euros) from the RTI and Mediatrade to Olympus Trading Company (note: due Frank Agrama) as payment for television rights”.

Considering that Medusa Film SpA (a Paramout competitor) is a subsidiary/associate company of RTI Spa, who protects shareholders and the free market?

Mediatrade: Consob può attendere?

4 Apr

L’inchiesta Mediatrade-Rti vede tra gli indagati Silvio Berlusconi, il figlio Pier Silvio, Fedele Confalonieri, il produttore americano Frank Agrama e altri imputati, accusati di irregolarità nella compravendita dei diritti allo scopo di creare fondi neri per oltre 34 milioni di euro.

Secondo gli inquirenti i fatti delittuosi si sarebebro svolti «all’interno di un sistema di frode utilizzato dalla fine degli Anni Ottanta, in forza del quale i diritti di trasmissione forniti dalla Paramount, in misura minore da altri produttori internazionali, invece che direttamente dai fornitori venivano acquistati da Mediaset a prezzi gonfiati per il tramite di società di comodo riconducibili a Farouk Agrama».
Un occultamento di fondi in pieno conflitto di interessi, avvenuto tra Milano e Dublino dal 30 luglio 2002 al 30 novembre 2005, periodo in cui Silvio Berlusconi era presidente del Consiglio. Il fatto che non vengano menzionati i due decenni precedenti al 2002 è per via della prescrizione.

Secondo Niccolò Ghedini, avvocato del premier, le accuse toccano un «periodo in cui Silvio Berlusconi non aveva la benché minima possibilità di incidere sull’azienda».

Una cosa verosimile, se fossimo sicuri che Silvio Berlusconi rispetti le norme sul conflitto di interessi, che, di conseguenza, comporterebbe “ipso facto” l’incolpazione del figlio, Pier Silvio Berlusconi, dato che non è possibile che i vertici aziendali non fossero coinvolti in un espediente ultradecennale.

Accade, dunque, che un «procedimento in cui Mediaset è semmai parte lesa si ritorce infatti contro la società stessa e i suoi massimi dirigenti», come sostiene il network televisivo della famiglia Berlusconi?
Sembrerebbe possibile, ahimé, dato che non è la prima nè l’ultima volta che dirigenti ed azionisti scorretti fanno in tal modo la “cresta” agli utili, che viceversa andrebbero a bilancio per nuovi investimenti o come dividendi.

Ad ogni modo, il processo andrà come andrà se andrè, ma certi fatti sono più che comprovati e non resta che chiedersi cosa stia attendendo la Consob, visto che R.T.i. e Mediaset sono delle società per azioni.

Le indagini, infatti, parlano chiaro: qualcuno (Berlusconi, i suoi sodali o altri) «si appropriava di una parte rilevante delle somme trasferite (ndr. circa 70 milioni di Euro) da Mediatrade e da Rti alla società Olympus Trading (ndr. riconducibile a Frank Agrama) a titolo di pagamento di diritti televisivi».

Considerato che Medusa Film S.p.a. (concorrente di Paramout) è una controllata/partecipata di R.t.i.  S.p.a., gli azionisti e il libero mercato chi li tutela?

Chi è Thomas R. Di Benedetto

2 Feb

Thomas R. Di Benedetto è attualmente il Direttore della Alexander’s Inc., un’azienda del New Jersey, che opera nel settore finanziario-immobiliare.
L’italoamericano a capo della cordata che cerca di acquistare la AS Roma, è stato anche presidente di diverse finanziarie, come la Boston International Group (1983), la Junction Investors Ltd. (1992), e la Jefferson Watermann International, nonchè direttore della Olympic Partners (settore immobiliare), della Detwiler, Mitchell & Co. (sicurezza) e della NWH, Inc. (software).
La Alexader’s Inc. ha dichiarato un net income di 132 milioni di dollari (meno di 100 milioni di Euro) per il 2009, derivanti dalla rendita degli affitti della sua principale proprietà, a Manhattan, dove hanno sede, tra l’altro, gli uffici di Bloomberg, il sindaco di New York.
Il presidente della Alexander’s è Michael D. Fascitelli anche CEO della maggiore Vornado Realty Trust e consigliere della Toys “R” Us; sua moglie Elisabeth è una partner di Goldman & Sachs. Nel 2007 fece scalpore il suo acquisto di un “appartamento” a New York con tanto di campo di basket a due, per 16 milioni di dollari.

Non è dato sapere cosa abbia a che fare mr. Di Benedetto con la NESV, che sta partecipando all’asta della AS Roma.

La New England Sports Ventures è una società nata nel 2001 con la partecipazione al 16% del New York  Times, i cui principali soci sono John W. Henry e Tom Werner, rispettivamente il patron dei Boston Red Sox e del Liverpool FC.

La New England Sports Ventures è anche comproprietaria del Roush Fenway Racing che corre nella Nascar, la “Formula Uno” statunitense, oltre, ovviamente a possedere una TV via cavo, la New England Sports Network, che copre buona parte dello stato.
Nello scorso ottobre, la NESV è assurta alle cronache giudiziarie perchè un tribunale texano ha sentenziato che l’acquisto del  Liverpool Football Club per 477 milioni di dollari era di almeno 200 milioni in meno (fonte Forbes) delle stime di mercato. Il contenzioso è ancora pendente.

Cosa ci fa un professionista proveniente dal settore delle speculazioni immobiliari a capo di una cordata che lo porterà a presiedere un blasonato club calcistico europeo?

Come reagiranno la UEFA, le authorithy sulla concorrenza e  l’opinione pubblica, allorchè in Europa ci saranno due squadre di calcio con due diversi presidenti, ma con lo stesso azionista di maggioranza?

E cosa ne sarà dell’atavica rivalità tra Liverpool FC e AS Roma?