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La guerra del Senato spiegata for dummies

25 Lug

A leggere e ad ascoltare le News, sembrerebbe che in Italia vi sia una situazione inestricabile in Parlamento – e specialmente al Senato – riguardo le riforme costituzionali e la legge elettorale.

In realtà, di inestricabile c’è solo l’atteggiamento di tanti ‘eletti dal popolo’ che assolutamente non vogliono cambiamenti fin da quegli Anni ’70 dell’Ottocento, quando il Trasformismo (politico e finanziario) attecchì indelebilmente nel Parlamento italiano.

Vignatta di Simone Baldelli twitter.com/simonebaldelli/

Vignetta di Simone Baldelli
twitter.com/simonebaldelli/

“Conservazione della specie”, come spiegava Laura Ravetto di Forza Italia alla trasmissione Omnibus di stamane, rilanciando sulla reintroduzione di norme penali per il falso in bilancio.
Eh già, perchè – come oggi stiamo iniziando a comprendere – la depenalizzazione del falso in bilancio servì innanzitutto a cancellare parte di Tangentopoli ed a mantenere per quasi 20 anni il malgoverno di tante aziende a capitale pubblico e gli sprechi o le negligenze di  tante amministrazioni pubbliche finite sulle cronache.

Tempi che cambiano, mentre Milano prova a far pulizia con l’Expo 2015, ma Roma non si libera delle ‘sue aziende’, anche a costo di quasi azzerare i servizi pubblici.

Tempi che devono cambiare anche nelle aule del Parlamento italiano e, nel caso del Senato, le riflessioni dovrebbero essere ben poche:

  • 300 senatori equivalgono a un eletto ogni 115.000 elettori circa, su un quorum di quasi 34-35 milioni
  • salvo un sistema uniminale ‘secco’, un collegio elettorale ‘decente’ deve essere almeno composto da circa 400.000 elettori che votano per tre senatori
  • se i collegi non sono strettamente svicolati da quorum nazionali, è possibile diventare senatori con poche centinaia di preferenze personali, ovvero senza avere alcuna effettiva rappresentatività dell’elettorato
  • se il rapporto 300 / 34 milioni viene applicato in modo ‘secco’ la rappresentatività delle aree più popolate e produttive è compressa a favore di una miriade di piccole lobby locali

Il Servizio Studi del Senato, nel 2012, ha prodotto un documento apposito, che contiene una serie di tabelle ben rappresentative del problema.

Riformare il Senato (eletto o nominato che sia) significa, dunque:

  1. ridurre il potere di comitati, lobbies e interessi di campanile sulla politica nazionale. Non è un caso che i ‘mal di pancia’ nel PD arrivino dall’Italia del parastato, Rai in primis, Sanità e Università a seguire;
  2. riportare il peso dei sindacati, specialmente CGIL e Cobas, entro quello che realmente rappresentano (milioni di lavoratori e non decine di milioni di elettori). Da qui, l’assedio dei 6.000 emendamenti presentati proprio da SEL, che è a rischio di estinzione come già avvenne per PCI, Rifondazione Comunista e Verdi, Democrazia Proletaria, PSIUP e chi più ne ha più ne metta;
  3. obbligare i senatori ad una effettiva rappresentanza delle Regioni da cui provengono, legiferando sulle materie condivise. O per nomina del Consiglio regionale, come vuole Renzi, oppure con elezione uninominale ‘secca’, come assolutamente non vogliono gli oppositori di Renzi, a partire dai Cinque Stelle.

La Lega e Fratelli d’Italia? Dialogano con il governo e non sarà un caso che le loro basi elettorali sono nelle regioni più popolose e nelle aree suburbane.
Forza Italia e Nuovo Centrodestra? Un polo cristiano–democratico sarà sempre o il primo o il secondo partito … in Italia come ovunque in Europa. E Silvio Berlusconi che se ne impossessò vent’anni  fa va per gli ottanta ormai.

E, allora, che dire degli appelli per la democrazia violata o dei mille cavilli che – secondo alcuni – gioverebbero alla norma?

Anche in questo caso, posta la ‘domanda giusta’, arriva una risposta ‘facile’.
Infatti, se ci chiedessimo cosa ‘vuole l’opinione pubblica’, cosa vogliono gli italiani, la risposta sarebbe semplicissima: “fate presto”.

Non possiamo permetterci che la ‘crisi della Politica italiana’ continui a soffocare una Nazione che potrebbe ritornare ad un livello di produttività e di spesa pubblica accettabili. Questo è quello che vuole la gente, le imprese, gli investitori.

Fateci capire perchè i nostri media non hanno mai stigmatizzato l’atteggiamento di alcune forze e/o esponenti politici (del PD, dei 5S, di SEL) che non si sono seduti al tavolo con l’intenzione di dialogare, seguendo forse l’autolesionismo o i piccoli interessi di certi propri elettori, ma di sicuro non facendo l’interesse degli italiani che sono tenuti a rappresentare, visto che, se dialogano, i cavilli diventano regole semplici e condivise.

A proposito di media, sarà per questo che Del Rio è andato in visita da De Benedetti?

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Senato: perchè Renzi finirà per prevalere

7 Lug

Riguardo la riforma del Sentato siamo arrivati alle soglie delle ferie (e del mandato italiano in UE) con una gran confusione e tanti atteggiamenti del tutto inconcludenti.

A partire dal Movimento Cinque Stelle che si fa ‘beccare impreparato’ – senza compitini fatti all’interrogazione finale – visto che a poche ore dal ‘meeting in streaming’ (trad: PD e M5S si parlano) Matteo Renzi si ritrova a precisare “o documento scritto o niente incontro”.
Qualcosa in più di una bruttissima figura, per essere quelli che da anni strillano che tutti gli altri non sono capaci/onesti.

C’è poi il Partito Democratico con i suoi 18 ‘dissidenti’ e una cinquantina di ‘frondisti’, ma a questo siamo abituati, visto che a forza di ‘ma anche ‘ e di ‘vocazione maggioritaria’ si finisce per raccogliere il consenso di chi vuole tot e chi vuole il contrario di tot.
Serrare in ranghi in nome di elezioni e poltrone? Difficile crederci se il governo va a dimezzarle o, peggio, a cancellarle: meglio montar polemiche contro gli onnipresenti ‘fascisti’, stavolta nella Lega ma non nei M5S, mentre il ‘core’ riformista e populista cerca di andare avanti.

Poi, c’è il Centrodestra, che nella riduzione dei senatori e nella loro non eleggibilità vede una soluzione ai propri mali interni e un’assicurazione per il futuro, visto che nelle Regioni l’alternanza bipolare funziona. Anche in questo caso, riformismo e populismo fanno in modo che ci si renda conto che una riforma costituzionale richiede l’apporto flessibile di tutti e non mille distinguo e cento mal di pancia.

Arrivando all’opposizione con la Lega che vede nella riforma in corso una sua vittoria ‘a prescindere’ e SEL che sa bene che è destinata all’oblio se si riduce il numero dei senatori e si regionalizza il mandato, specialmente se il suo principale sponsor, la CGIL, è sul baratro di una ristrutturazione contrattuale, da decenni disattesa, per contratti territoriali e per comparti di settore ‘pesanti’ come metalmeccanica e manifattture, pubblica amministrazione, scuola ed enti locali.

Dicevamo della gran confusione e dei tanti atteggiamenti inconcludenti: non siamo più in campagna elettorale e le grandi riforme si fanno tra tutti e con tutti. Chi non si siede al tavolo, paga pegno.

Vincerà inevitabilmente Renzi e non a causa del suo ‘berlusconismo’, ma, viceversa, perchè la sua è l’unica proposta in campo grazie al fatto che la fronda interna del PD e/o il Movimento 5S e/o SEL non hanno neanche tentato di condividere e presentare un progetto alternativo a quello renziano che non fosse un maquillage del vecchio Mattarellum.

A volte a prevalere non è la squadra migliore: semplicemente vince l’unica pervenuta.

Leggi anche Renzi e Mineo o della repubblica del senato e del popolo

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Corruzione Lazio: ancora scandali e sprechi

4 Dic

Il Consiglio uscente della Regione Lazio sembra essere ormai diventato una sorta di vaso di Pandora del malaffare. Non che tutti – ma proprio tutti – fossero corrotti, ma la lista degli indagati si allunga sempre di più.

E’ ormai ‘storia di Roma’ la festa organizzata allo Stadio dei Marmi da Carlo De Romanis – indagato per truffa – con i consiglieri travestiti da maiali. Come  lo sono i fascicoli aperti un anno fa per concorso in abuso d’ufficio – ovvero  sull’uso spregiudicato dei fondi regionali – a carico dei membri dell’Ufficio di Presidenza della Regione Lazio, tra cui Mario Abbruzzese, presidente del Consiglio alla Pisana, il vice presidente del Consiglio Raffaele D’Ambrosio, Isabella Rauti, consigliere e moglie del sindaco di Roma Gianni Alemanno, ed i consiglieri Bruno Astorre, Gianfranco Gatti, Claudio Bucci.
Per non parlare di Franco ‘Er Batman’ Fiorito, capogruppo del PdL,  e dei suoi collaboratori, Bruno Galassi e Pierluigi Boschi. ormai condannati a diversi anni di carcere.

Ma, dopo la denuncia di Gianfranco Paris, avvocato reatino, candidato alle regionali del 2010 con la Lista Bonino-Pannella, si aggiungono altri nomi, come i quattro indagati per peculato del Partito Democratico: l’ex tesoriere e consigliere regionale, Mario Perilli, l’ex vicepresidente della Regione Lazio e attuale sindaco di Fiumicino, Esterino Montino, l’allora consigliere del Pd e attuale caposegreteria del sindaco di Roma, Enzo Foschi, e l’ex consigliere Giuseppe Parroncini.
O le indegini per truffa che coinvolgono l’ex consiglieri regionali del Pdl, Stefano Galetto e Francesco Battistoni, e la dirigente scolastica e consigliere regionale e comunale (Rieti), Lidia Nobili.

Storie di provincia che vedono – nelle ipotesi di reato – rivoli di denaro pubblico confluire verso anonimi studi fotografici, società sportive estinte, pieni di carburante e belle automobili, eventi inesistenti e propaganda elettorale, tanta propaganda elettorale.

Storie che raccontano come esista una città di Rieti, che vede la sua elite coinvolta in scandali di bassa lega e che, pur avendo solo 48.000 abitanti, sta per vedersi autorizzare un piano assunzionale al Comune di Rieti per una spesa di 1.098.000 euro o che attende altri 30 milioni per l’indispensabile superstrada Rieti – Lago del Turano, voluta dalla Provincia dell’allora presidente on. Fabio Melilli (PD), nato a Poggio Moiano, ovvero a pochi chilometri dal lago.
Poco male che ci sarebbe da promuovere l’ottima produzione olearia della Sabina e la direttrice di mobilità Terni-Poggio Mirteto-Roma, come anche di sostenere le comunità appenniniche, sempre più colpite dai tagli ai servizi pubblici e dall’esodo senza ritorno.

O come Viterbo, 65.000 anime e patria del leader democratico Giuseppe Fioroni, medico cattolico, che in questi mesi ha visto sbloccare 1.850.000 euro per coprire le voragini di bilancio delle case di cura di Nepi e della clinica Santa Teresa di Viterbo oppure altri 7,5 milioni di fondi europei per agricoltura e turismo.
Peccato che dell’enorme parco archeologico etrusco – esistente tra Sutri e Tarquinia – se ne ricordi ormai solo il National Geographic, pur essendo un sicuro investimento, visto che il territorio offre spiagge e laghi, oltre che antichità ed agriturismo.

Considerato che, per l’intera Puglia, con il ‘Fondo di microcredito’ sono arrivati alle piccole imprese solo 20 milioni di euro , come ‘misura anti-disoccupazione”, è evidente che in Italia esistono diversi pesi e diverse misure.

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