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Napoli: chi non vuole le ZTL … a Roma?

2 Mag

Nonostante a Firenze si siano rivelate linfa vitale per il turismo, il commercio e l’artigianato, sebbene a Milano si siano rivelate la bacchetta magica per il capoluogo di una regione di 10 milioni di abitanti, sono forti le polemiche sulle ZTL a Napoli.

Come al solito, quando si legge delle disgrazie di Napoli bisogna diffidare, anche perchè – grazie alla tradizione inagurata da Scarfoglio e Serao – spesso si tratta di ‘chiacchiere e distintivi’ che hanno interessi altrove.

Un’interessante lettera pubblicata da Iustitia, settimanale di informazione on line, chiarisce i termini della questione a Napoli, precisando che “da giorni e giorni su Repubblica Napoli e Corriere del Mezzogiorno si susseguono articoli contro le ZTL, zone a traffico limitato, si riportano in dettaglio le posizioni di commercianti e si intervistano persone che sono contrarie”, nonostante “due sondaggi online promossi proprio da Repubblica Napoli hanno dato una netta maggioranza a favore delle ZTL (Centro Antico e Mare). I risultati di questi sondaggi, però, non sono stati riportati negli articoli pubblicati in questi ultimi mesi.”
Allo stesso modo, “WWF, Italia Nostra, Legambiente, Marco Mascagna, Cicloverdi, Mamme antismog, Associazione Culturale Pediatri, Pediatri per un Mondo Possibile hanno inviato comunicati sulla ztl l’8 aprile, il 10 aprile e l’11 aprile. Su Repubblica Napoli e sul Corriere del Mezzogiorno non è uscito neanche un rigo.”

Secondo l’autore della lettera, il ben documentato Pio Russo Krauss dell’Associazione Marco Mascagna, “chi legge Repubblica Napoli  e Corriere del Mezzogiorno (diretto da Marco Demarco, ndr) crede che sia un dato di fatto che le ZTL hanno aumentato il traffico, hanno messo in ginocchio il commercio, hanno determinato la chiusura di negozi.”

Viceversa, il TomTom Congestion Index 2013 riporta che Napoli è migliorata di 6 posizioni nella classifica della congestione del traffico, la Confcommercio evidenzia che la crisi colpisce soprattutto Roma e Torino e poi Napoli, che la  Confesercenti-Anama non considera allarmante a Napoli la percentuale di negozi chiusi (sfitti)  nei centri storici, a differenza di Cagliari, Rovigo, Catania, Palermo, e che, secondo l’Associazione italiana Confindustria Alberghi ed Il Sole 24 Ore, Napoli è la città italiana che ha registrato l’incremento maggiore di presenze alberghiere (10,5%) tra gennaio 2012 e 2013.

Tra l’altro, Firenze ha il 50% di ZTL in più rispetto a Napoli (3 kmq) e Monaco di Baviera è riuscita alimitare il traffico in ben 44 kmq del proprio territorio.


Dunque, oltre alle eterne faide della sinistra italiana (in tal caso verso il sindaco senza partito Luigi De Magistris) è possibile, visto l’attegiamento delle testate nazionali, l’origine di tante chiacchiere potrebbe risiedere nel fatto che affermare le ZTL a Napoli, dopo Firenze e Milano, funzionano, costringerà anche Roma ad una politica seria di mobilità e di dislocazione delle centralità.
Infatti, Roma destina oggi solo 4,2 kmq alle Zone a traffico limitato, che, però, sono straaffollate ed assediate dalle autovetture di quasi milione di di residenti, dalle decine di migliaia di auto blu e di padroncini e corrieri che svolgono commissioni, l’enorme frammentazione delle sedi istituzionali e l’irrazionalità logistica del Piano regolatore che costringono milioni di romani a trascorrere nel traffico il 10% della loro giornata.

Una città, la nostra capitale, che tra le tante improduttività annovera quella turistica, visto che il Colosseo e i Musei Vaticani raggiungono i 5 milioni di visitatori ciscuno, mentre a Londra ha quattro musei sopra la soglia dei cinque milioni, il Louvre di Parigi stacca 8,5 milioni di biglietti l’anno, Disney Paris raggiunge i 15 milioni di visitatori.
Un centro storico capitolino che, essendo ambito a tanti VIP in cerca di acquisti immobiliari a prezzo ‘politico’, non può derto fare spazio a bed & breakfast, turisti in sandalo ed American Express Oro, grandi investimenti ‘industriali’ nel turismo e nel Made in Italy.
Una città, che fu raccontata da Sordi e Pasolini, dove il mercato immobiliare è talmente anomalo, al punto che, a differenza di qualunque altra città, gran parte dei romani de Roma può permettersi di vivere ancora nei quartieri dei loro nonni, ma a condizione di mantenere le antiche ripartizioni urbanistiche e d’uso degli immobili con un traffico ed una logistica disastrosi.


Una Roma, dove l’Auditorium conta un milione di ingressi l’anno quasi quanti ne conta Rainbow MagicLand, il parco a tema di Valmontone, mentre buona parte del litorale spiaggioso non è assolutamente valorizzato. Una metropoli che rinuncia a creare un passante tranviario lungofiume – come dovunque – per creare piste ciclabili semi-deserte e terrazze per l’elio terapia degne del miglior Ballard. Un sistema locale che non riesce a rendere più appetibili i negozi del centro ai turisti che ormai trovano tutto anche a Shangai od Hong kong a prezzi scontati da balzelli fiscali, tributi e pizzo.

Una follia collettiva, che, in Italia, si traduce in un calo del settore alberghiero-turistico, che “è dovuto ai «prezzi fermi ormai da 3 anni» e ad «accorte politiche tariffarie difficili da sostenere a lungo». Inevitabile un riflesso anche sul mercato dei lavoratori, con un -2,6% di occupati (-2,8% a tempo indeterminato e del -2,5% a tempo determinato)”, come spiega Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, sul Corsera.

Una discrasia che rende, probabilmente, indigeribile che il fatto che Napoli – la città dei cugini disgraziati, caotici e vituperati (non la ‘piccola Firenze’, non la ‘maniacale’ Milano) – si (ri)doti di un’organizzazione industriale e di una qualità turistica invidiabili, lasciando la Capitale sola a ‘combattere la modernità’?

E’ questo il vero problema ZTL a Napoli, di cui i media, anche nazionali, parlano in un modo ingiusto?
E cosa intendono fare, nel dettaglio, gli attuali candidati a sindaco di Roma in fatto di accrescimento dei flussi turistici e ‘solvibilità’ della città, mobilità e trasporti, inquinamento e vivibilità?
Come intendono fare Napoli e Roma intraprendere una strada di crescita, se il loro Medioevo, il loro Barocco, il loro Rinascimento ed il loro primo industrialesimo non diventino un valore aggiunto, sfruttato industrialmente? QUanti edifici pubblici potrebbero essere riconvertiti per la ricettività alberghiera?
Cosa farcene dell’enorme numero di teatri, musei e cinema di cui sono dotate queste città, senza i flussi turistici (e pedonali) che possono essere attratti, visto che Amburgo, per continuare ad attrarre il turismo interno, ha costruito una piccola fortuna, in soli venti anni, nel settore delle Operetten Haus?

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Legge anti-Amazon: via al caro-libri

26 Set

Dal primo settembre non si possono più effettuare sconti sui libri superiori al 15%.

La soglia potrà arrivare al 20% durante le fiere librarie o per le offerte destinate ad istituzioni. Sono consentite le promozioni speciali, fino al 25%, dagli editori per una durata non superiore al mese.

Amazon, come diretto risultato di questa nuova legge, ha risolto il problema con un supersconto del 40% (fino al 1 settembre …) sugli oltre 235mila libri in italiano presenti nel suo catalogo. Dopo di che, difficilmente il colosso mondiale del libro si avvicinerà con interesse al paese, l’Italia, dove cartiere e stamperie sono quasi considerata come un affare di interesse nazionale.

Esultano librai, grande distribuzione ed alcuni editori, come riporta La Stampa: “È una legge fatta all’unanimità – spiega Paolo Pisanti, presidente dell’Associazione Librai Italiani (Ali), aderente a Confcommercio – e fissa quei limiti che ci permetteranno di competere su un mercato meno aggressivo di quello in cui ci troviamo oggi”. Non solo, “permette agli operatori indipendenti di evitare la concorrenza selvaggia delle massicce campagne di sconto delle grandi catene, dei supermercati e dei siti di vendita online” – aggiunge l’editore Giovanni Laterza.”

Protezionismo? Forse, ma non solo.

Non è un caso che la stessa Aie (Associazione italiana editori) sia disunita, dopo la presa di posizione dell’editore Mario Grimaldi in polemica con il presidente Marco Paolillo, convinto sostenitore della legge.

Infatti, i libri daranno maggiori maggiori ricavi sia per il prezzo bloccato e sia perchè ci arriveranno attraverso i supermercati e le librerie in cui non di rado gli editori hanno una compartecipazione.

I cittadini, viceversa, compreranno sempre meno libri e, comunque, di varietà minore, specialmente se non vivono con una libreria dietro l’angolo di casa.

Quanto ai libri, ne saranno tradotti di meno dalle lingue straniere, dilagheranno quelli di grande consumo, i poco redditizi “grandi classici” saranno sempre pù sommersi da “nuovi autori” dal successo breve.

Più che un’industria culturale, quella del libro in Italia somiglia sempre più alla televisione: intrattenimento e consenso.

Questi sono i risultati, piuttosto prevedibili anche se non auspicabili, della legge Levi, conosciuta anche come “legge anti Amazon” e già a luglio l’Istituto Bruno Leoni aveva presentato al Presidente della Repubblica una petizione, firmata da associazioni ed esperti del settore contro l’introduzione della legge.

Ovviamente, in un paese dove il mercato del libro vale solo 1,5 miliardi di euro l’anno (la metà di quello della sola Nutella), nessuno pensa che docenti e genitori potrebbero educare maggiormente alla lettura i bambini ed i giovani. Oppure che in una penisola zeppa di stazioni televisive, si possa sostenere la lettura (e la cultura) senza ridurre l’enorme fetta pubblicitaria che viene fagocitata dalle televisioni?

Così andando le cose, da circa un mese, abbiamo una legge che di fatto limita l’accesso all’informazione ed all’istruzione, sia come pari opportunità sia come libertà individuale, obbligando l’acquisto dei libri ad un prezzo “uguale per tutti” stabilito all’origine.

Non ci resta che prender atto della necessaria ovvietà di tutta questa storia: che, in Italia, il paese di Berlusconi e Di Benedetti, il valore di un libro è predeterminato sulla copertina dall’editore e non risponde alle logiche di libero mercato.

Incredibile, ma vero.

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