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Case occupate, iniquità pubblica

16 Set

Fa scalpore quella del Comune di Napoli che ha approvato, praticamente all’unanimità, la sanatoria degli occupanti abusivi delle case comunali: circa 4.500 le domande di condono saranno accolte dal Comune per altrettanti alloggi.

Un’inezia se si considera che solo a Roma sono 48.000 gli edifici pubblici senza custode o guardiania, spesso occupati dagli ex dipendenti, mentre nelle case popolari propriamente dette troviamo almeno 5.378 persone che le occupano abusivamente, ma gli è consentito restare in cambio di un’indennità di occupazione calcolata al modo del vecchio equo canone.

foto da Roma Today

Solo nel III Municipio “sono almeno 829 gli alloggi occupati abusivamente” – conferma consigliere Riccardo Corbucci – “c’è da anni chi ci racconta la favola che il problema dell’emergenza abitativa si contrasta con le occupazioni illegali, scopriamo invece che gli abusivi a Roma sono migliaia e sottraggono alloggi popolari ai cittadini onesti, che chiedono un’abitazione ed aspettano nella legalità ed in lista d’attesa. Bisogna procedere agli sgomberi e alla riassegnazione immediata degli alloggi a chi ne ha diritto con priorità assoluta”.

Il Messaggero, nel 2010, denunciava una situazione da Far West, se l’ATER Roma dovevai indire un  censimento degli inquilini e se, su 7.410 alloggi messi in vendita solo 434 erano stati effettivamente venduti e meno di tremila inquilini avevano chiesto di essere ammessi alla procedura di rogito.

E cosa dire dell’enorme quantità di alloggi occupati da dieci anni e passa, che sono siti in edifici pubblici, i quali restano privi di piani antincendio e vigilanza notturna e per i quali non sembra che qualcuno abbia mai pensato a provvedere agli sgomberi?

Quanti sono gli edifici a Roma – comunali e non – dove sono presenti alloggi di servizio occupati da persone che non ne avrebbero alcun diritto?
Perchè ci si scandalizza se a Napoli il Comune fa quello che a Roma si faceva da 20 anni?
Perchè a Roma e solo a Roma, parlando anche degli alloggi privati, si sono prorogati sfratti per 20 o 30 anni e forse ancora oggi?

Perchè, in Italia, chi riceve aiuti pubblici non viene controllato fiscalmente più degli altri? E perchè, con le PA indebitate come sono, non vengono monetarizzati immobili che ormai – almeno per collocazione – sono di lusso e non certamente popolari?

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Spread or not to spread?

5 Feb

Riparte lo spread, la Borsa di Milano perde cinque punti in poche ore, il Wall Street Journal addita l’untore, l’allarme si estende all’Eurozona e, come al solito, la colpa sarebbe di noi italiani, cbe permettiamo a Silvio Berlusconi di candidarsi, di fare la sua campagna elettorale e magari di convincerci – alcuni o tanti – a votarlo.

Ovviamente, le cose non stanno esattamente così.

Innanzitutto, lo spread risale per diversi motivi, a partire dal dato congiunturale con l’Eurozona che resta stagnante in tutta l’area mediterranea, mentre l’Europa vede la Gran Bretagna e la Svezia sempre più diffidenti.

In secondo luogo perchè la vicenda MPS – la banca, ma soprattutto la fondazione – rivela un sistema incompatibile con le logiche di un liberale o di un finanziere e lascia ombre indelebili su quel Partito Democratico che Monti e Bersani stavano faticosamente cercando di accreditare come unico partner di governo possibile ed affidabile per futuro premier italiano.

Infine, perchè, salvo Mario Monti, praticamente tutti i nostri politici – e non solo Berlusconi –  hanno ‘promesso di abbassare le tasse in caso di elezione’, dato che si rivolgono ad un paese in recessione e devastato dalla disoccupazione, anche a causa di una delle più esose leve fiscali del mondo. Chi li ha promessi alle aziende, chi ai meno abbienti, ma tutti hanno promesso.

Dunque, c’è poco da agitare la pubblica opinione con il ‘fantasma di Berlusconi’, dato che il problema è generale e che alcune promesse rispondono a precise istanze del popolo italiano.

Infatti, chi di spread ferisce potrebbe, addirittura, di spread perire: gli italiani associano il termine al salasso che Monti e Bersani gli hanno inflitto e ad un qualcosa che la Germania avrebbe potuto/dovuto fare e non ha fatto.

Mandare gli italiani al voto con lo spread in risalita potrebbe generare una situazione imprevedibile.

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L’Eurozona non riparte

5 Feb

Lo spread risale, le borse europee vanno male, l’Euro perde rispetto al dollaro. La crisi dell’Eurozona non è finita. A parte il ‘disastro’ Italia, sullo sfondo ci sono transizioni epocali non solo nel nostro paese.

Transizioni come la devastante disoccupazione che ha colpito tutta l’Europa mediterranea e, dunque, anche la Spagna, mentre nel Nord Africa attendono un futuro enormi masse di giovani. Una crisi globale che può essere risolta solo se il Sudeuropa e la sua tradizione commerciale e manifatturiera ripartono.

O come il ricambio che la Germania attende da un decennio e che comporta che la Grosse Koalition di Angela Merkel inizia a non piacere a tanti, in terra sassone e non solo. Oppure che la Francia di Hollande ha incassato tasse, ma non prodotto riforme e minori spese. Come dire che il gallismo dei francesi impedisce di aggiornare un sistema di pubblica amministrazione obsoleto e sprecone e che l’autoreferenzialità dei tedeschi impedisce qualunque rapporto paritetico con loro?

O, ancora, che la Gran Bretagna, la Svezia e gli altri stati nord-europei sono sempre più fuori dai giochi europei, per propria ed altrui scelta, con i risultato che tutti i dati confermano l’esistenza di due ‘Europa’, una continentale, repubblicana e cattolica, che coincide sostanzialmente con il Sacro Romano Impero degli Svevi ed usa l’Euro, una seconda, spesso monarchica ed ancora libera di battere moneta, che è sovrapponibile allo spazio che il Vichinghi-Normanni (od i Protestanti) andarono ad occupare. Sarà un caso?

Elementi di ‘sfondo’ di una crisi dell’Eurozona che sempre più s’accartoccia. Un problema ‘da nulla’, causato dai faciloni che vollero l’Euro, senza una reale unificazione politica ed economica, e che potrebbe affliggerci anche per i prossimi 100 o 200 anni.

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Alemanno e Polverini: un serio problema italiano

28 Ott

Le gestioni di Alemanno e Polverini stanno portando Roma sull’orlo del baratro.
Il primo segnale, come al solito, è il traffico, ormai del tutto impazzito. Fa notizia l’alluvione per scarsa manutenzione od il blocco di un intero quadrante, solo perchè apre un supermercato. Non fa notizia, da tanto tempo, il dover impiegare 2 ore per percorrere  45 chilometri di bretelle autostradali od un’ora  in autobus per una decina di chilometri in città.
Va detto che con Veltroni non era molto diversa la situazione, ma Alemanno aveva promesso di risolvere i problemi della mobilità e quello che si è visto è solo un’asfaltatura affrettata ed a macchie di leopardo.
Il secondo campanello di allarme, sempre secondo tradizione, è l’esplosione palazzinara provocata dal Piano Regolatore voluto da Veltroni e derogato da Alemanno, cui si va ad aggiungere il micidiale Piano Casa che la Polverini pretende di attuare. Ovviamente, niente metro, niente linee aggiuntive, niente passanti veloci, niente di niente.

Si arriva, poi, ai servizi sociali e sanitari, dove chi ha già avuto continua a prendere e chi avrebbe diritto si vede spesso respinto al mittente. Intanto, si tagliano diagnostica e cure “non essenziali”, in una città dove bisognerebbe da tempo abbattere, ricostruire e riorganizzare (con altro personale) il Policlinico Umberto I.
Come la “sicurezza”, che è talmente peggiorata, a parte omicidi in crescita e pattuglie in deficit, che il famoso boss mafioso Rosario Gambino se ne stava tranquillamente in clinica a Roma.
Il turismo è un disastro, ormai impera il low cost che poco porta alla città, dato che Roma non è capace di svilupparsi secondo logiche commerciali e manageriali, ovvero in grado di promuovere e vendere un “prodotto”.
Formazione ed occupazione al lumicino: basti dire che in città proliferano i licei e che già da un ventennio si devono “importare” tecnici da altre regioni.
Per arrivare ai rifiuti ed alle discariche, insufficienti e strabordanti, in una città che vanta una raccolta differenziata da record, ma dove non si vede un cittadino uno che scenda di casa col sacchetto dell’umido …
E per non parlare del “modus operandi”, decisamente censurabile, se il ministro per i Beni e le attività culturali, Galan, può permettersi di affermare che “da quando sono a Roma ho visto cose dell’altro mondo.” La Polverini “è prepotente, forza la legge.”

Un crollo verticale, quello che sta subendo Roma, che arriva dopo le vistose crepe che iniziarono a mostrarsi con la Giunta Veltroni e che determinarono la sconfitta elettorale del centrosinistra.
Arrivare fino al 2013 sarà molto, molto difficile e l’attendismo del PD, speranzoso di riprendersi Comune e Regione allo scadere del quinquennio e non prima, non potrà altro che disincentivare i cittadini e togliere ulteriore credibilità alla politica romana.
E sarà ancor più difficile, con una capitale così, mettere in atto le riforme che l’Italia aspetta.

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Piano Casa: cade la Giunta Polverini

25 Ott

Il Piano Casa approvato dalla Giunta Polverini  ha lo scopo di rilanciare l’edilizia nella Regione Lazio, semplificando le procedure amministrative che, fino ad oggi, hanno permesso speculazioni edilizie, ecomostri, ammassi di case popolari, piccoli abusi spesso condonati.

Perchè rilanciare il sistema palazzinaro? Per dare una risposta concreta alle aspettative delle famiglie … “tutelando il territorio” e “promuovendo la realizzazione di alloggi a canone calmierato a beneficio delle fasce sociali svantaggiate”.

Il bello è che il Lazio non ha una particolare crescita demografica, se non grazie all’enorme quantità di persone che arrivano a Roma, come in ogni metropoli, in cerca di opportunità, che non esistono, in tempo di crisi e, si spera, di smantellamento della Casta dei ministeri e degli enti inutili, delle aziende di Stato e dei costosi apparati di partiti e sindacati.

E’ lecito chiedersi chi pagherà, controllerà, manutenterà le case assegnate a questa enorme massa di fasce sociali svantaggiate, che ogni ventennio is rinnova e si amplia, a Roma e solo a Roma, chiedendo case e sussidi. Ci sarebbe da chiedersi anche a cosa serviranno tra una generazione o meno, quando un quarto dei romani (gli over65) non ci sarà.

Dunque, accade che il Governo Berlusconi, in larga parte del PdL, abbia bloccato il provvedimento regionale che non appare affatto in linea con la domanda di equità e di innovazione che arriva dagli italiani e, si spera, dai cittadini del Lazio e di Roma: se proprio c’è da costruire case pubbliche si pensi al Sud, dove le condizioni di abitabilità, in certe zone, sono notoriamente scarse e contiamo i morti a decine ogni anno per frane e nubifragi che si abbattono su edifici mal messi.

Risultato?  Gli assessori del Pdl della giunta regionale del Lazio hanno «rassegnato le dimissioni» rimettendo «le deleghe nelle mani» del governatore Renata Polverini, dato che «ritengono incomprensibile una scelta che mette in discussione uno dei punti qualificanti del programma elettorale del Popolo della libertà sia a livello locale che nazionale, come più volte ribadito dallo stesso presidente Berlusconi».

Prendendo atto che il governo della Regione Lazio è caduto, non mi sembra ci sia da meravigliarsi, dato che molto poco del programmi promessi ai cittadini è stato attuato dai governi italiani (e regionali) della Seconda Repubblica: a noi piacciono “bravi a promettere” e poco ci interessa se poi le cose vengano realizzate.

Amiamo le parole, ci piace manipolarle, ma non riusciamo a comprendere che “tra il dire ed il fare” c’è di mezzo il mare …

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