La Destra spagnola, con il centrista Rajoy in testa, vince promettendo “lacrime e sangue”. Intanto, i mercati crollano.
Questo il dato che va a completare il mosaico del “panic” europeo.
Sono quasi due anni che l’Europa, e con lei il mondo, ha dovuto fronteggiare gli effetti della crisi finanziaria che andavano a portare a nuovo esito i diversi “difetti di produzione” presenti nelle democrazie che si affaciano sul Mediteraneo.
E’, dunque, ora che naviganti ed osservatori siano in grado di leggere bussole e sestanti, onde pervenire ad un esito soddisfacente per i cittadini europei.
La prima a cadere, ricordiamolo, fu la Grecia, sostanzialmente un “non stato”, se andassimo a rintracciarla sulle carte storiche, nato più per diseuropeizzare la Turchia e per fronteggiare l’espansionismo sabaudo, con buona pace dei nazionalisti greci.
Una nazione che può sostenersi solo in base a quanto l’Europa ha intenzione o possibilità di dare, sia turismo, siano sussidi, siano prestiti.
Poi, venne il turno dei due altri PIIGS, Spagna e Portogallo, dove, parliamo di Madrid, il governo Zapatero, esempio fulgido per la Sinistra italiana, venne preso del tutto alla sprovvista dagli eventi e proprio dove sono nati, guarda caso, gli Indignados nel nome della meritocrazia e contro la cooptazione, oltre che contro il Partito Socialista locale.
Due paesi dove, dopo le dittature militari cinquantenarie, aveva attecchito un modello socialdemocratico e consociativo, durato con qualche discontinuità fino ai nostri giorni.
Si arriva all’Italia, con tutto quello che sappiamo e con tutte le attese di vivibilità, di semplicità e di equità, che Mario Monti dovrà soddisfare. Esigenze, internazionali ed italiche, che, a dire il vero, non si sa ancora come saranno accolte dall’attuale Governo Italiano e, soprattutto, da parlamento, sindacati, clero e cittadini.
Utile aggiungere che l’Italia non è riuscita a superare le dialettiche (e le dicotomie) preunitarie e del Ventennio, mantenendo una infrastruttura di Stato e parastato immutabile ed additiva, negando “a prescindere” il concetto di “piena delega”.
Fatto sta che i mercati non reagivano positivamente alla notizia, nonostante Berlusconi si fosse fatto da parte e l’Italia avvesse, nella sostanza, accettato un “commissariamento tecnico”.
Anzi, la deriva finanziaria si è estesa, allargandosi alla Francia, terra madre dei sistemi di gestione della finanza pubblica vigenti nei paesi menzionati. Una Francia che, però, ha un debito pubblico in ordine e non dovrebbe patire un declassamento del rating.
Il tutto, mentre la Cina Popolare è diventata la prima potenza mondiale, in termini di produzione e di finanza, superando gli Stati Uniti di Obama.
E’ evidente che i mercati stano rispondendo a logiche diverse e non solo speculative. Per “mercati” intendiamo il sistema dalle cause e degli effetti finanziari e produttivi.
Da un lato, è palese che agli stati cattolci dell’UE venga chiesto di ridurre la (onni)presenza del “pubblico” e di superare un welfare fondato sul populismo e l’assistenzialismo. Un “metodo” che ha permesso trasformismi in tutti i diversi paesi, che permette alla pubblica amministrazione tempi smisurati, che non facilita il monitoraggio ed il controllo di gestione.
Dall’altro, inizia ad essere evidente, almeno agli addetti di settore, che quello in crisi è il modello di bilancio pubblico, su basi ordinamentali, strutturato, all’origine, dalla Francia. Un sistema non compatibile, o quantomeno sovrapponibile, a quello anglosassone, vigente in tutto il resto del mondo che conta.
Infine, dobbiamo ricordare che un’Europa debole e disunita non può far fronte alla forza finanziaria delle principali banche indiane, cinesi, brasiliane. Questo ha come conseguenza l’espansione delle corporation ed indebolisce tutta la filiera produttiva e distributiva tradizionale, fatta di artigiani, piccoli produttori, aziende di nicchia.
Tre cose che sarà molto difficile da far digerire agli (indo)Europei, selezionatisi nei secoli anche per la propria attitudine a dire la propria ed a far valere i propri diritti.
Per questo i cittadini, spagnoli e non solo, chiedono “lacrime e sangue”.
Solo un’Europa “etica” e “sobria”, come quella dei suoi barbari antenati, può reggere all’infiltrazione delle corruttele, delle mafie, degli speculatori, dei pressappochisti.
Non ha nessun futuro un’Europa che dovesse continuare a dividersi in “potenti”, cooptati, privilegiati e “cittadini”. C’è chi reagisce chiedendo o promettendo “lacrime e sangue”, chi cercando di salvare la Casta e gli affari di bottega e chi speculando per il proprio tornaconto impoverendo chi gli vive intorno, ma la sostanza è la stessa.
originale postato su demata
Tag:agenzie fiscali, aliquote, amministrazione dello Stato, Angeletti, aziende controllate, Azione Cattolica, Banca Centrale Europea, Banca d'Italia, Banco di Roma, Bank of India, Barak Obama, BCE, Berlusconi, bersani, Bonanni, bond, Borsa, Bossi, bot, btp, Camorra, Camusso, capitale, cassa integrazione, Cattolica, CGIL, CISL, Compagnai di San Paolo, Coop, crisi, crollo, D'Alema, De magistris, decreto, democrazia, Destra, Deutsche Bank, draghi, Economia, elezione, elezioni, europa, federalismo, finanza, fiscale, fondi, Germania, Gesuiti, giorno della rabbia, giovani, Goldmann, Grecia, imposte indirette, INAIL, India, indignados, INPDAP, INPS, Intesa Sanpaolo, IntesaSanpaolo, IOR, Italia, lavoro, Les Indignees, lettera d'intenti, liberalizzazione, Mafia, Mario Monti, Mediaset, mef, mercati, Merkel, misure, Monti, napolitano, patto di stabilità, PD, Piazza Affari, Politica, poteri forti, PSOA, Rajoy, rapporti di lavoro, Razionalizzazione, regi decreti, regioni, rendimento, riforma, rischio, Roma, sacro cuore, salesiani, San Paolo, Sarkozy, Schroeder, scontri, scuola, servizi pubblici, Sindacato, sistemi, Sonia Gandhi, Spagna, spread, strutture periferiche, Trasformismo, trasparenza, trasporti, trend, Trilateral, UIL, Unicredit, Unione Europea, unità previsionali di spesa, Zapatero
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.