Arriva tramite l’osservatorio Questioni primarie, in collaborazione con l’edizione online della rivista Il Mulino e il coinvolgimento dell’Osservatorio sulla comunicazione politica dell’università di Torino, l’analisi di Candidate & Leader Selection dell’elettorato e del voto alle Primarie PD, nella recente edizione ‘Bersani – Renzi’.
Un primo dato, certamente significativo e poco incoraggiante, è quello del 58,3% di tutti i tesserati ha partecipato a più di 5 volte ad attività di circolo, ovvero incontrandosi di media una volta ogni due mesi.
Molto poco, neanche un dibattito od una conferenza al mese, specie se si considera il consistente divario tra gli iscritti ‘ante PD’ e quanti aggregatisi dopo il 2007: il 45% dei primi partecipano a ‘cinque o più’ iniziative/manifestazioni all’anno, il 20% dei secondi dichiara di non partecipare ‘mai’.
Gli altri partiti – a livello di circoli e manifestazioni – non vanno affatto meglio, ma possono contare anche su altri fattori aggregativi – che la fin dal vecchio PCI sono stati considerati ‘ricreativi’ – come associazioni (centrodestra), forum-blog (M5S), centri sociali (estrema destra/sinistra), presenza sul territorio (Lega, Autonomie).
Il dato si conferma e diventa abnorme, se consideriamo che, alle Primarie 2012, gli elettori/iscritti conobbero il Renzi-pensiero tramite ‘televisione e radio’ (> 40%), con percentuali infime per quanto relativo l’informazione ‘di partito’, ‘sindacale’, ‘associazionistica’.
Un elettore/iscritto che si forma un’opinione in larga parte tramite la televisione, che si confronta con i ‘compagni’ ogni due-tre mesi (40-50%), salvo chi non si vede mai (10-20%), che vota un partito diverso (uno su 5/10) se il proprio candidato alle Primarie PD non vince.
I dati di C&Ls non descrivono una base elettorale ‘propositiva, inclusiva e partecipante’.
Parlare di ‘partito di massa’ o ‘popolare’ è molto difficile se molti ‘iscritti’ siano andati al voto delle Primarie conformando la propria opinione a quanto visto o sentito in televisione e alla radio.
Dicevamo dei ‘defezionisti’, di coloro che votano per un partito diverso dal PD se il proprio candidato alle Primarie PD non vince. Sono uno su cinque – almeno in termini potenziali – e , dal 2007 ad oggi, hanno costituito un’emorragia di voti ‘importante’. Almeno del 3-5% dei voti.
E’ luogo comune credere che questi siano elettori che abbandonano il PD perchè ‘vogliono qualcosa di sinistra’.
I dati di C&Ls smentiscono questo luogo comune: la propensione per il Centro e la Destra è rilevante.
Primarie del PD che – se avevano da principio lo scopo di aggregare diverse forze politiche di diversa estrazione e, nel corso degli anni, anche quello di pre battage elettorale – sembrano essere un vero e proprio boomerang verso i ‘simpatizzanti’, che nel 2013 sono arrivati quasi al 50% tra incerti e defezionisti.
L’analisi della base elettorale fatta da C&Ls non sembra però chiarire nè quale sia l’elettore 2.0 del PD (quello che ne garantirà un futuro) nè che fine faccia l’emorragia di voti che affligge la sinistra italiana dal 2007.
C’è da prendere atto, però, che i voti eventualmente perduti dal Partito Democratico non vanno certamente a sinistra: non sono stati nè Bertinotti nè Vendola ad avvantaggiarsi, ma lo hanno fatto l’Italia dei Valori di Di Pietro, la Lega di Maroni, le Cinque Stelle di Beppe Grillo.
Dopo Tangentopoli, la sinistra italiana ‘non comunista’ non è mai riuscita a coinvolgere e raccogliere intorno a se più di un terzo dell’elettorato:
- 2013 Bersani (PD) circa 8,6 milioni di voti
- 2008 Veltroni (PD) 12 milioni di voti
- 2006 Prodi (L’Ulivo) 12 milioni di voti
- 2001 Rutelli (DS + DL) 11,5 milioni di voti (proporzionale)
- 1996 Prodi (PDS + PPI) 10,5 milioni di voti (proporzionale)
- 1992 Occhetto (PDS) 6,3 milioni di voti (+ PSI 5,3 + PRC 2,2 milioni)
- 1987 Natta (PCI) 10,5 milioni di voti (+ PSI 5,5 milioni)
E’ nei numeri la chiave dell’arcano: la Sinistra italiana post Tangentopoli (e post Guerra Fredda) si è liberata di 2-3 milioni di ‘voti di protesta’ e di ‘duri e puri’ confluiti nella Lega e nelle Autonomie, nell’astensionismo, nel comunismo millenaristico, ma non è riuscita ad attrarre nè l’elettorato moderato (socialisti e popolari ‘di base’) nè l’elettorato meridionale, irrimediabilmente deluso dalle esperienze di Bassolino e Loiero.
Risultato? Mancano all’appello quei 4-7 milioni di elettori che fanno la differenza tra maggioranza e opposizione e che nessuna legge elettorale – per quanto infame – può compensare se non in modo figurativo.
Il tentativo di pervenire ad un ecumenismo populista tramite l’alleanza ulivista di Romano Prodi e la fusione con i giovani democristiani /cattolici di base delle ‘regioni rosse’ (Renzi, Bindi, Fioroni, Franceschini) è stato probabilmente il maggior fattore di ‘rigetto’ verso la trasformazione socialdemocratica ed l’ammodernamento del partito.
A venti anni dalla fine della Prima Repubblica, il Partito Democratico non riesce a darsi un’immagine diversa da quella di un consociativismo oligarchico e populista tra ex comunisti ed ex democristiani. Ed, intanto, una parte dei suoi ex o potenziali elettori – milioni e milioni di cittadini – non vota per i diversi partiti di estrema sinistra o partecipa alle manifestazioni ‘antagoniste. Anzi, passando al M5S od alla Lega, questa parte dell’elettorato opta per proposte affatto ‘di sinistra’ su immigrazione, europeismo, giustizia, fiscalità, istruzione eccetera. Per non parlare di chi – alle amministrative – non trova altra opzione che votare Alemanno, Moratti o Caldoro.
Non è affatto un caso che Epifani, segretario del PD, annunci il “consesso dei socialisti europei a febbraio in Italia per la prima volta. Lì sono le nostre radici” ed i cattolici insorgano con l’ex segretario del Ppi, Pierluigi Castagnetti, che reclama come “il Pd abbia mai deliberato di aderire al Pse”, e l’ex sindaco di Viterbo, Giuseppe Fioroni, che parla di “un blitz pericoloso e grave”, del venir “meno l’atto fondativo del Pd”, che “lo scioglimento della Margherita è annullato di fatto”.
originale postato su demata
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.