Tag Archives: clientelismo

La Protezione Civile ritorna agli Interni

27 Nov

“Il presidente del Consiglio Mario Monti “lasci la Protezione civile dov’e’, e’ un modello, con buona pace dei denigratori che non sopportano realta’ indipendenti e abituate a parlare chiaro e metterci la faccia, che stanno copiando ovunque nel mondo!”. (Guido Bertolaso, ex capo del Dipartimento della Protezione civile, coinvolto in diversi scandali di corruzione)

Un “modello”, su questo siamo d’accordo tutti, che è costato ben 160.070,00 euro, nel 2009, solo per quanto riguarda la Comunità Montana del Casentino, che ha pubblicato il budget on line (link).
Figuriamoci il resto …

La Protezione Civile gestisce un’enorme quantità di soldi e di piccoli appalti.

Ben venga dunque “la restaurazione del sistema di Protezione civile nell’ambito del Viminale”, come lamenta Bertolaso, e che siano Carabinieri, Vigili del Fuoco e Genio Civile (regionale) ad occuparsi di ciò che gli compete per la sicurezza di tutti.

originale postato su demata

Alemanno e Polverini: un serio problema italiano

28 Ott

Le gestioni di Alemanno e Polverini stanno portando Roma sull’orlo del baratro.
Il primo segnale, come al solito, è il traffico, ormai del tutto impazzito. Fa notizia l’alluvione per scarsa manutenzione od il blocco di un intero quadrante, solo perchè apre un supermercato. Non fa notizia, da tanto tempo, il dover impiegare 2 ore per percorrere  45 chilometri di bretelle autostradali od un’ora  in autobus per una decina di chilometri in città.
Va detto che con Veltroni non era molto diversa la situazione, ma Alemanno aveva promesso di risolvere i problemi della mobilità e quello che si è visto è solo un’asfaltatura affrettata ed a macchie di leopardo.
Il secondo campanello di allarme, sempre secondo tradizione, è l’esplosione palazzinara provocata dal Piano Regolatore voluto da Veltroni e derogato da Alemanno, cui si va ad aggiungere il micidiale Piano Casa che la Polverini pretende di attuare. Ovviamente, niente metro, niente linee aggiuntive, niente passanti veloci, niente di niente.

Si arriva, poi, ai servizi sociali e sanitari, dove chi ha già avuto continua a prendere e chi avrebbe diritto si vede spesso respinto al mittente. Intanto, si tagliano diagnostica e cure “non essenziali”, in una città dove bisognerebbe da tempo abbattere, ricostruire e riorganizzare (con altro personale) il Policlinico Umberto I.
Come la “sicurezza”, che è talmente peggiorata, a parte omicidi in crescita e pattuglie in deficit, che il famoso boss mafioso Rosario Gambino se ne stava tranquillamente in clinica a Roma.
Il turismo è un disastro, ormai impera il low cost che poco porta alla città, dato che Roma non è capace di svilupparsi secondo logiche commerciali e manageriali, ovvero in grado di promuovere e vendere un “prodotto”.
Formazione ed occupazione al lumicino: basti dire che in città proliferano i licei e che già da un ventennio si devono “importare” tecnici da altre regioni.
Per arrivare ai rifiuti ed alle discariche, insufficienti e strabordanti, in una città che vanta una raccolta differenziata da record, ma dove non si vede un cittadino uno che scenda di casa col sacchetto dell’umido …
E per non parlare del “modus operandi”, decisamente censurabile, se il ministro per i Beni e le attività culturali, Galan, può permettersi di affermare che “da quando sono a Roma ho visto cose dell’altro mondo.” La Polverini “è prepotente, forza la legge.”

Un crollo verticale, quello che sta subendo Roma, che arriva dopo le vistose crepe che iniziarono a mostrarsi con la Giunta Veltroni e che determinarono la sconfitta elettorale del centrosinistra.
Arrivare fino al 2013 sarà molto, molto difficile e l’attendismo del PD, speranzoso di riprendersi Comune e Regione allo scadere del quinquennio e non prima, non potrà altro che disincentivare i cittadini e togliere ulteriore credibilità alla politica romana.
E sarà ancor più difficile, con una capitale così, mettere in atto le riforme che l’Italia aspetta.

originale postato su demata

Piano Casa: cade la Giunta Polverini

25 Ott

Il Piano Casa approvato dalla Giunta Polverini  ha lo scopo di rilanciare l’edilizia nella Regione Lazio, semplificando le procedure amministrative che, fino ad oggi, hanno permesso speculazioni edilizie, ecomostri, ammassi di case popolari, piccoli abusi spesso condonati.

Perchè rilanciare il sistema palazzinaro? Per dare una risposta concreta alle aspettative delle famiglie … “tutelando il territorio” e “promuovendo la realizzazione di alloggi a canone calmierato a beneficio delle fasce sociali svantaggiate”.

Il bello è che il Lazio non ha una particolare crescita demografica, se non grazie all’enorme quantità di persone che arrivano a Roma, come in ogni metropoli, in cerca di opportunità, che non esistono, in tempo di crisi e, si spera, di smantellamento della Casta dei ministeri e degli enti inutili, delle aziende di Stato e dei costosi apparati di partiti e sindacati.

E’ lecito chiedersi chi pagherà, controllerà, manutenterà le case assegnate a questa enorme massa di fasce sociali svantaggiate, che ogni ventennio is rinnova e si amplia, a Roma e solo a Roma, chiedendo case e sussidi. Ci sarebbe da chiedersi anche a cosa serviranno tra una generazione o meno, quando un quarto dei romani (gli over65) non ci sarà.

Dunque, accade che il Governo Berlusconi, in larga parte del PdL, abbia bloccato il provvedimento regionale che non appare affatto in linea con la domanda di equità e di innovazione che arriva dagli italiani e, si spera, dai cittadini del Lazio e di Roma: se proprio c’è da costruire case pubbliche si pensi al Sud, dove le condizioni di abitabilità, in certe zone, sono notoriamente scarse e contiamo i morti a decine ogni anno per frane e nubifragi che si abbattono su edifici mal messi.

Risultato?  Gli assessori del Pdl della giunta regionale del Lazio hanno «rassegnato le dimissioni» rimettendo «le deleghe nelle mani» del governatore Renata Polverini, dato che «ritengono incomprensibile una scelta che mette in discussione uno dei punti qualificanti del programma elettorale del Popolo della libertà sia a livello locale che nazionale, come più volte ribadito dallo stesso presidente Berlusconi».

Prendendo atto che il governo della Regione Lazio è caduto, non mi sembra ci sia da meravigliarsi, dato che molto poco del programmi promessi ai cittadini è stato attuato dai governi italiani (e regionali) della Seconda Repubblica: a noi piacciono “bravi a promettere” e poco ci interessa se poi le cose vengano realizzate.

Amiamo le parole, ci piace manipolarle, ma non riusciamo a comprendere che “tra il dire ed il fare” c’è di mezzo il mare …

originale postato su demata

Collegno, Grugliasco ed il profondo Nord

16 Set

Silvana Accossato (ex PCI) è il sindaco del Comune di Collegno (50.137 residenti), eletta la prima volta nel 2004 con oltre il 70% dei voti. Ha fatto parte del Comitato Promotore di Torino 2006 e, in seguito, del CdA del Comitato Organizzatore di XX Giochi Olimpici Invernali (Toroc), è esponente capolista della Lista “A Sinistra per Veltroni” all’Assemblea Costituente Nazionale del Partito Democratico, membro del Direttivo e del Consiglio Nazionale ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani).
Esistono, dunque, tutti i presupposti per pensare che Silvana Accossato, docente di Scienze Agrarie presso l’Istituto Professionale di Stato per l’Agricoltura di Carmagnola, sia un esempio abbastanza credibile di cosa potrebbe essere il PD del futuro e di come è concepita da loro la finanza pubblica.

Il paese adiacente a Collegno è Grugliasco (37.870 residenti), guidato dal Sindaco Marcello Mazzù (ex Margherita), un medico di famiglia, consigliere comunale dal lontano 1994, docente della Scuola di Medicina Generale della Regione Piemonte e presidente del Comitato dei Sindaci del Distretto 1 ASL TO3, eletto con quasi il 70% da una coalizione che vedeva ben 8 liste collegate: Ulivo, Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Sdi, Moderati, Verdi per la pace, Udeur e Italia dei Valori.
Un potenziale caso di conflitto di interessi, se consideriamo che una base di 1500 assistiti sono un serbatoio di voti enorme, specie in una piccola località, ai quali si vanno ad aggiungere i pazienti di attività specialistica di medicina del lavoro, che il Comitato dei Sindaci influisce sulla politica sanitaria della stessa ASL dove esercita e che la docenza è presso una scuola regionale e non statale.

I due comuni sono l’uno adiacente all’altro. Il primo, Collegno, è attraversato da Corso Francia, un ampio viale con tre corsie per senso di marcia che serve agli abitanti della Provincia per entrare in Torino e sul quale vanno a confluire sia la Tangenziale Sud sia la Tangenziale Nord. Il secondo, Grugliasco, ha Corso Allamano, che costeggia a sud il comune senza attraversare il centro abitato.

Considerato il volume di traffico e le esigenze dell’Area Metropolitana di Torino, la ragione e la sicurezza dei cittadini avrebbero voluto che Collegno intersecasse Corso Francia solo con un paio di grandi incroci e che si costruissero dei sottopassi adeguati.
Invece no, l’ampio viale è tecnicamente inglobato nel sistema viario comunale e ci sono anche gli attraversamenti pedonali, sia sulle striscie apposite sia “spontanei”, come se stessimo ancora negli Anni ’60.

Grugliasco, invece,ha trasformato in una trincea gli 8 chilometri che vanno da Rivoli alla Tangenziale Sud attraversando quel poco che resta di area industriale in paese.

Situazione nel 2008 – fonte La Stampa

Inoltre, scandalo nello scandalo, i due comuni hanno trovato il modo per attuare un congruo salasso a danno degli automobilisti di passaggio, piazzando una ridda di autovelox.
Il primo autovelox di Collegno, installato a luglio del 2007, dopo due anni aveva collezionato oltre 31 mila multe, a Grugliasco, nel solo novembre 2008 furono 5000.

Le delibere comunali fanno riferimento agli incidenti mortali avvenuti, ma le statistiche dimostrano che anche senza autovelox fossero di gran lunga inferiori all’atteso per una strada così.
Le dichiarazioni dei sindaci raccontano di lotta ai “ferraristi”, peccato che i limiti di velocità fissati dalle loro giunte siano spesso di 40 kmh.

Un vero business, come confermano Marco Scolaro, assessore al Bilancio di Collegno, «Dei 5 milioni incassati con le multe, 3,5 milioni sono dovuti ai velox», e Roberto Montà, assessore di Grugliasco, «Noi incassiamo circa 2 milioni». (fonte La Stampa)

Introiti enormi per due piccoli comuni, che non sembra siano stati utilizzati per mettere in sicurezza il viale, ad esempio costruendo dei sottopassaggi, e che garantiranno per lungo tempo la maggioranza a chi amministra questi fondi tutti da finalizzare.

Un’economia di rapina, come descrivono i trattati di economia, per gli aspetti generali, ed i libri di storia, per quello che riguarda il Piemonte preunitario.

Ed anche un’ennesima dimostrazione dell’inutilità delle Provincie, visto che nessuno interviene, e del forte decadimento dei diritti civili nel nostro Paese, visto che si impongono limiti esasperati e, pur avendone le risorse, non si provvede agli interventi risolutivi.

Un’altra prova, caso mai ne sentissimo il bisogno, dell’enorme spreco che consumiamo in infrastrutture politico-amministrative che non badano all’interesse generale ma solo a quello, forse, dei propri diretti elettori, e che, soprattutto, non riescono ad attuare forme di finanziamento pubblico diverse dalla bassa macelleria.

Viene solo un dubbio: rientrerebbero le proteste in Val di Susa se i valligiani potessero mettere l’autovelox ai treni delle TAV, riducendone la velocità a 40 all’ora?

Napoli, l’immondizia e le best practices

24 Giu

L’aspetto più scandaloso del disastroso sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti a Napoli è l’aleatorietà e la superficialità con cui è stato, di volta in volta, affrontato il problema.

La questione di fondo, irrisolta, è data dalla densità sia demografica sia criminale della provincia di Napoli: l’affollamento abitativo impedisce la dislocazione “safe” dei centri di raccolta o stoccaggio e la ramificazione camorristica ostacola una attività molto delicata che può essere gestita solo se si rimane nella legalità.

A questo livello, è evidente che le responsabilità, le miopie e le ignavie ricadono solo ed esclusivamente sui diversi  Parlamenti e i Governi, che non hanno voluto e non vogliono tener conto delle peculiarità dell’area partenopea e che, a differenza di molti altri paesi, non sono mai riusciti ad attuare una strategia vincente contro le organizzazioni mafiose o quanto meno di contenimento al loro espandersi al di fuori della Calabria e Sicilia a partire dagli Anni ’70.

Vale anche la pena di prender nota che non c’è anima viva (tra redazioni, ministeri e sedi di partito) che ricordi come  il problema dei siti di raccolta o stoccaggio riguardi la Provincia di Napoli e non semplicemente il Sindaco di Napoli, come anche che lo smaltimento dei rifiuti sia responsabilità della Regione Campania, prima ancora che del Comune di Napoli.

Poi, ci sono Napoli, i napoletani ed i politici che Roma decide di mettergli in lizza.

Riguardo i napoletani, c’è un aspetto che molti ignorano e che delinea tutta la faccenda sotto un’altra luce: percorrono molti metri, anche centinaia per deporre il proprio sacchetto, visto che i siti dove collocare cassonetti sono pochi, in una città millenaria con un reticolo stradale ancora medioevale, se non latino. Siti dove, tra l’altro, spesso non c’è abbastanza spazio per disporre un numero sufficiente di cassonetti.

In tutte le altre città i cittadini protestano se non hanno i cassonetti a 50 metri, mentre a Napoli gli “sporchi e disordinati” partenopei accettano tranquillamente di adattarsi al contingente.

Detto questo, quali best practices possono risolvere la situazione?

Innanzitutto, va evitato in futuro che procedure e protocolli vadano in tilt, come a Napoli, dove le competenze, le responsabilità, le infrastrutture, le burocrazie e, temo, gli intralci sono ormai di tutti: Governo, Regione, Provincia e Comune. E’ anche un problema costituzionale e, forse, la Suprema Corte potrebbe essere proficuamente coinvolta, se solo una delle istituzioni coinvolte volesse.

I sindaci, entro budget prefissati o per motivi di emergenza, devono poter spedire (o vendere) l’immondizia altrove. In Padania, se i gestori dei loro termovalorizzatori vorranno far affari,  o in Europa, dove lo smaltimento è un business come altri ed opera in libero mercato. A contraltare, una giunta comunale che non riuscisse a garantire l’igiene minima nel proprio territorio andrebbe dimissionato e commissariato: il disasrtro Iervolino è un monito per tutti, a Napoli, come a Milano, Roma o Bari.

I siti di raccolta e di stoccaggio vanno posti sotto il controllo diretto dell’autorità pubblica, visti i danni ambientali ed alla salute che possono provocare o le infiltrazioni criminali che ogni tanto emergono, a Napoli come a Roma o Milano.

L’aspetto cruciale, emerso anche nella Parentopoli di Alemanno o in Padania con allarmante frequenza, è che lo smaltimento dei rifiuti genera un enorme business nel settore del  trasporto su gomma. Ogni singolo sacchetto può percorrere anche centinaia di chilometri prima di essere definitivamente smaltito, tra centri di raccolta, stoccaggio, smaltimento eccetera fino al “mitologico” termovalorizzatore. Una riforma del sistema è essenziale se si vuole consentire sia l’emersione e la legalizzazione di un sommerso al momento tutto da comprendere sia una pianificazione finanziaria e gestione credibile.

Alla fine di tutto, c’è Napoli ed i napoletani.

Parlando della città, senza differenziata, non c’è via d’uscita: l’umido deve essere raccolto con quotidianita e nei giusti orari, se si vuole evitare di strabordare dai cassonetti, gli imballi dovrebbero essere accumulati e raccolti in un giorno specifico. Riguardo la plastica, visto anche che parliamodi una città e di una cultura antiche oltre 2500 anni, dovrebbero esserci gli elementi (anche a livello di normativa europea, di Unesco e chi più e ha ne metta), per  regolamentarne l’immissione sul mercato come imballi ed articoli usa e getta.

Quanto ai partenopei, è inutile organizzare una raccolta dei rifiuti umidi senza tener conto delle abitudini alimentari e, soprattutto, degli orari: il sacchetto della sera, ad esempio, è pronto, spesso, a mezzanotte, non alle 19,30, e basta, come nei paesi freddi.

Ma soprattutto è impensabile che, attaccando un sindaco eletto con una forte maggioranza, l’Italia possa venir fuori da una brutta situazione che inizia a degenerare con “roghi”, “blocchi stradali” e “scorte armate”, come riportano un po’ tutti i media.

Purtroppo, nell’Italia del governo della Lega, viene quasi il sospetto che l’ipotesi di una “Napoli insorgente” appaia più come un’opportunità che una tragedia … e su questo De Magistris come Berlusconi dovrebbero davvero meditare.

Napoli, l’assedio

21 Giu

Ero a Napoli la sera che venne perla prima volta acclamato sindaco Bassolino.
La città era invasa dall’immondizia, non come oggi, ma abbastanza per parlare di assedio.
Erano da mesi in agitazione gli “spazzini”, come si chiamavano allora, vuoi per stipendi e diritti, vuoi per l’inconsistenza della gestione, vuoi per le infiltrazioni criminali di cui si lamentava già allora.

La mattina dopo, la città era uno specchio, incredibilmente, tra l’entusiasmo della gente e la diffidenza di pochi verso un tale prodigio.
I fatti dettero ragione ai pochi malfidati, ma non furono presi provvedimenti per evitare il disastro.

Il PD, allora PdS, continuò a candidare Bassolino, prima a sindaco e poi a governatore regionale.
I governi ed i parlamenti fecero leggi sullo smaltimento a base federale, ovvero provinciale, senza tener conto dell’esistenza di una delle aree più densamente abitate del mondo.
Bassolino non venne fermato, anzi fu “riconfermato” da Roma quale Commissario Straordinario, nonostante tutto quello che è scritto negli atti di processi che annunciatamente stanno andando in prescrizione.

Allorchè arrivati sul baratro del disastro ambientale e salutistico, arrivò Berlusconi con le leggi pseciali, l’esercito e le ricette da bar dello sport della Lega.
Risultati pressochè zero, nonostante sia prima che durante che dopo, nell’arco di un ventennio, si siano occupate della “problematica” ditte piemontesi, lombarde e venete. Tutte o quasi puntualmente finite in tribunale.

Oggi, la città ha finalmente un sindaco suo, mentre il disastro si ripresenta e mentre la calura estiva incalza.
Già due anni fa, ONU, Unione Europea ed Organizzazione Mondiale della Sanità incalzarono il governo Berlusconi (ed il suo ministro Maroni) ad intervenire in soccorso della popolazione.

Oggi, siamo punto e accapo, ma la colpa, ovviamente, è dei napoletani, come documenta questo video di una ruspetta che libera un  vistoso blocco stradale spacciato per “così raccolgono la monnezza a Napoli”.

Peccato che Bassolino e Iervolino fossero casertani, che le maggiori aziende chiamate a rispondere sia settentrionale e che è a Roma che operano ancora oggi i principali artefici di questo disastro.

Ovviamente, la colpa è dei napoletani … e del loro spirito di sopportazione.

FOTO serie 1 (da Repubblica)

FOTO serie 2 (da Repubblica)

FOTO serie 4 (da Repubblica)

Foto  serie 3 (da Republica)

Napoli, la capitale morale d’Italia

21 Giu

Ci sono molti luoghi comuni su Napoli ed i napoletani, riassumibili in “ladri, sporchi e sfaticati”.

Pregiudizi antichi, se accadde che la mia bisnonna piemontese fu diseredata per aver sposato un meridionale, pregiudizi montati ad arte, basti leggere di Scarfoglio e Serao e di come fu costruito a tavolino il mito dei “tarallucci e vino” e dell’incocludenza “borbonica”.

Eppure, le cose non stanno affatto così, dato che tanto personale delle forze dell’ordine è campano, che lì la gente insorge perchè lo Stato latita riguardo la gestione dei rifiuti, che il Settentrione è cresciuto e cresce solo grazie alla laboriosità di tanti immigrati dal Sud.

Eppure, nessuno se ne accorge e nessuno vuol parlarne.

Nessuno vede che l’inchiesta Calciopoli è targata Napoli, come lo sono quelle sui cosiddetti “appaltoni” tipici delle città “rosse”, sulle filiere cooperative toscane e non solo, sulla Why Not emiliana ed il clientelismo del Fondo Sociale Europeo, sulla Monnezzopoli bassoliniana che coinvolge ditte venete, sul disastro ambientale causato da ditte lombarde e, proprio oggi, sulla P4 padanocentrica.

Inchieste che coinvolgono tutt’Italia, che a Napoli faticosamente proseguono e che, nel resto del paese, restano bisbisglio e chiacchiericcio.

Come non riconoscere la capitale morale del nostro paese se non nella città di Napoli, nella sua sopportazione  e nella sua fedeltà verso un’Italia che puntualmente la esclude, la dimentica, la misconosce, la danneggia.

Non è un caso che da mesi si discuta dei “ministeri al nord” senza porsi affatto il problema che anche il Sud e le sue antichissime capitali (Napoli e Palermo) possano essere della partita …

leggi anche Napoli, l’assedio