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Lega morosa ed insolvente? Meglio pagare …

5 Lug

Un anno fa, Umberto Bossi, leader della Lega, veniva condannato a 2 anni e sei mesi per una truffa da 56 milioni ai danni dello Stato, perchè tra il 2008 e il 2010 il partito aveva presentato rendiconti irregolari al Parlamento per ottenere indebitamente fondi pubblici, che per l’accusa sarebbero stati usati, in gran parte, per spese personali.

Papania

E che la Lega fosse ben coinvolta è dato dalla condanna quasi doppia (4 anni e dieci mesi) appioppata all’ex tesoriere Francesco Belsito, oggetto anche di altre sentenze, dove è in compagnia degli ex revisori contabili del partito, Diego Sanavio, Antonio Turci e Stefano Aldovisi. (Fonte ANSA)

Dopo un anno, la Corte di Cassazione batte cassa e chiede il sequestro di quei 56 milioni sottratti agli italiani e il segretario attuale della Lega, Matteo Salvini, non ci sta: “Quei 49 milioni di euro non ci sono, posso fare una colletta, ma è un processo politico che riguarda fatti di dieci anni fa su soldi che io non ho mai visto”. 

In pratica, Matteo Salvini afferma che i debiti con l’Erario, cioè con gli italiani, vadano prescritti dopo tot tempo dal fatto e che, se un Ente – fallimentare e/o fraudolento – cambia gestione, i buchi pregressi vanno in cavalleria e paga Pantalone. 

Libero di farlo come leghista, anche se tecnicamente la Lega è morosa e potenzialmente insolvente, ma Matteo Salvini oggi è prima di tutto il ministro degli Interni italiano: se vuole può portare a voto in Parlamento una norma che azzera i debiti dopo cinque anni, poi si vedrà chi gliela vota.

Di sicuro Salvini non può usare il proprio ruolo istituzionale per sollecitare un trattamento di favore da parte della Magistratura: fallisce la Lega? Per gli stessi motivi – leader avido e tesoriere furbo – sono già falliti fior di partiti, aziende, società sportive e persino … qualche Stato.

Morosi ed insolventi: c’è da chiedersi con quale faccia – ottenuto l’eventuale ‘sconto’ – Matteo Salvini e la Lega potranno presentarsi dai cittadini e dagli imprenditori che a decenni di distanza combattono ancora con il Fisco e l’Erario per pochi spiccioli?

Meglio pagare senza far troppe storie.
Demata

Scuole medie: tutti accompagnati o forse no?

26 Ott

61QWtjC4fGL._SX353_BO1,204,203,200_La sentenza della Cassazione  n. 21593/17 si è espressa con una condanna sul caso di un bambino toscano investito nel 2002 da un autobus di linea all’esterno della scuola, mentre il regolamento dell’istituto prevedeva che avrebbe dovuto essere sotto la custodia del personale scolastico.

Riguardo il processo penale, sappiamo che il personale coinvolto era stato perseguito per un reato prescrivibile in tempi relativamente brevi e, probabilmente, per ‘abbandono di minore’ (art. 591), condizione che non si esaurisce nel venir meno degli obblighi assistenziali, ma deve derivarne uno “stato di pericolo” per il soggetto abbandonato.

Riguardo quello civile per i danni, cioè quello pervenuto in Cassazione, la scuola e il ministero sono stati condannati perchè un particolare articolo (il 39°) del regolamento di stituto prevedeva che “non doveva essere interrotta la vigilanza della scuola fino all’affidamento dei minori al personale di trasporto, o, in mancanza di questo, a soggetti pubblici responsabili. Nel caso di specie invece i ragazzi appena usciti da scuola sarebbero stati lasciati liberi sulla strada pubblica.”

La stessa sentenza precisa che “sussiste un obbligo di vigilanza in capo all’amministrazione scolastica con conseguente responsabilità ministeriale sulla base di quanto disposto all’art.3 lettere d) ed f) del Regolamento d’istituto.”

La Corte di Cassazione non lascia dubbi: non sono le norme generali a porre degli obblighi nella vicenda specifica, bensì sono le lettere d) ed f) dell’art. 3 del Regolamento d’istituto, che “richiamate rispettivamente pongono a carico del personale scolastico l’obbligo di far salire e scendere dai mezzi di trasporto davanti al portone della scuola gli alunni, compresi quelli delle scuole medie, e demandano al personale medesimo la vigilanza nel caso in cui i mezzi di trasporto cittadino ritardino.”

Ed è in base a quelle “norme richiamate rispettivamente” che “l’attività di vigilanza della quale l’amministrazione scolastica era onerata non avrebbe dovuto arrestarsi fino a quando gli alunni dell’istituto non venivano presi in consegna da altri soggetti e dunque sottoposti ad altra vigilanza, nella specie quella del personale addetto al trasporto.”

Dunque, la sentenza della Corte di Cassazione non riguarda in alcun modo la situazione che viene a crearsi se un genitore manda a scuola il proprio figlio dodicenne da solo e se ne autorizza il rientro a casa da solo.

Inoltre, giusto per chiarire l’art. 591 del Codice Penale e la nozione di “stato di pericolo per il soggetto abbandonato” che ne è alla base, notoriamente non vediamo genitori processati, se un ragazzino delle medie incorra in un incidente od un infortunio, in itinere mentre si reca a scuola.

Dunque, quale diritto ha la scuola nel trattenere un alunno – ad esempio tredicenne, che abita a cento metri in una zona pedonale/residenziale – se i genitori ne ingiungono formalmente la ‘libera uscita’?  E, nel caso, quale “stato di pericolo” impedirebbe alla scuola di non essere condannata ai sensi dell’art. 605 del Codice Penale, aggravato dall’abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni da parte di un pubblico ufficiale?

Dunque, mentre si annuncia altra burocrazia e nuovi obblighi educativi per i genitori – ma solo nel rientro a casa: nel percorso di andata i rischi forse non ci sono … –  il pedagogista Daniele Novara, interpellato dal Corriere della Sera, spiega che in Italia solo il 30% dei ragazzini torna a casa da solo, mentre nel resto d’Europa si arriva al 90%; questa “circolare è un’idea dettata dalla paura, dalla mancanza di responsabilità pedagogica e dalla burocratizzazione della scuola”.

Non a caso, proprio Antonietta Iuliano, dirigente dell’istituto Alberico da Rosciate di Bergamo, che finì al centro delle polemiche proprio per l’obbligo di accompagnamento di tutti gli studenti delle medie, annuncia che “ha ammorbidito la questione. Ai genitori ha fatto compilare un modulo con le indicazioni sulla capacità di autonomia dei propri figli: «Saranno poi la dirigenza e il consiglio di classe a decidere se il ragazzo è in grado di uscire da solo o meno».

Addio ragazzi della Via Paal … tra un po’ – andando avanti così – potrà sembrare fantascienza.

Demata

 

Giustizia: l’ora del Buon Senso

7 Ago

E’ difficile non chiedersi se il processo Mediaset, conclusosi con la condanna di Silvio Berlusconi, non abbia bisogno di un’attenta revisione, se salta fuori che la condanna è stata emessa perchè ‘non poteva non sapere’.
Una sentenza ‘indiziaria’, documentata per ‘relata refero’? Una motivazione, non ancora consegnata, che già mostra falle inconfessabili?

Speriamo di no, speriamo che la nostra Giustizia non si dimostri la stessa dello scandalo della Banca Romana e del caso Giolitti, dopo un secolo e mezzo di Trasformismo e Cleptocrazia ampiamente sfuggiti a processi e sentenze.

E’, però, sorpendente scoprire tramite La Repubblica che il Presidente della Sezione Feriale della Corte di Cassazione, Antonio Esposito, che ha emesso la sentenza Mediaset, sia anche fratello e padre di altri magistrati. Un fenomeno già diffuso tra docenti e medici e già notoriamente deleterio.
Come è sorprendente che un così emerito magistrato pretenda che un cronista pubblichi non  l’intervista rilasciata e debitamente registrata, ma un testo diverso, concordato ex post.

Disdicevole, poi, è il pasticciaccio della norma Cancellieri, da applicarsi, secondo alcuni, anche alla sentenza Berlusconi, facendolo decadere da senatore. Infatti, è davvero poco ‘liberale’ applicare una norma ad eventi pregressi e giudicati, anche se in corso di revisione del giudizio, come è ‘iniquo’ che Silvio Berlusconi, come al solito, vada via impunito.
Incredibile, infine, è che la frode fiscale non venga applicata a tutti i processi per corruzione, concussione, malversamento di denaro pubblico, eccetera.

Dunque, ritorniamo alla questione ‘vera’ del serio problema istituzionale in cui l’Italia viene a trovarsi: l’effettiva forza del Parlamento, ovvero del Popolo Sovrano.

Un Parlamento che non ha solo bisogno di una legge elettorale decente, ma anche di processi celeri e fondati esclusivamente sulle prove, che chiariscano agli elettori chi, tra gli eletti, è ladro od incauto o marpione.
Basterebbe ricordare che Silvio Berlusconi è diventato il tycoon ed il politico che è stato grazie ad un mostruoso inviluppo della nostra magistratura, durato due generazioni di italiani, nonostante più di venti anni fa fosse già provato e giudicato che s’era fatto cartello tra i due principali concorrenti e che s’erano corrotti dei giudici: il Lodo Mondadori.

Un processo non può e non deve durare più di un quinquennio e benchè meno dieci anni od una generazione intera, le cause civili vanno gestite secondo una Common Law, le carriere vanno separate e deve esserci un organo che sanzioni chi causa danni a cittadini innocenti, la Corte Costituzionale dovrebbe essere di sola nomina parlamentare/presidenziale.

Scrive Angelo Panebianco sul Corriere della Sera che “la magistratura è l’unico «potere forte» oggi esistente in questo Paese e lo è perché tutti gli altri poteri, a cominciare da quello politico, sono deboli. Non permetterà mai al potere debole, al potere politico, di riformarla. Certo, si potranno forse fare – ma solo se i magistrati acconsentiranno – interventi volti ad introdurre un po’ più di efficienza: sarebbe già tanto, per esempio, ridurre i tempi delle cause civili. Ma non ci sarà nessuna «riforma della giustizia» se per tale si intende una azione che tocchi i nodi di fondo“.

Speriamo si sbagli.

Anche perchè – alla ricerca di un po’ di buon senso – la luce in fondo al tunnel ci arriva proprio dall’accusatore finale di Silvio Berlusconi, il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati, che ha dichiarato a L’Espresso che «la procura di Milano non chiederà il carcere per Silvio Berlusconi», precisando che non si tratta di una decisione ad personam, ma della semplice applicazione di un principio generale, valido per tutti gli imputati e condannati.

Un approccio che ‘tutelerebbe’ Silvio Berlusconi dal carcere, anche a seguito di altre sentenze che lo colpirebbero senza lo scudo di parlamentare. Qualcuno potrebbe chiamarlo ‘salvacondotto’, in realtà è solo la legge che va applicata.

L’agibilità politica di Silvio Berlusconi? Non riguarda nè i magistrati nè il Presidente della Repubblica … è una questione ‘inter pares’ … la discutano in Senato.

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La carta di Giorgio Napolitano: è l’ora dei Saggi

5 Ago

Un partito non è un fan club, bisognerebbe spiegarlo a tanti italiani, e non è neanche una setta, cosa che altrettanti italiani dovrebbero accettare.

Il sit in dei sostenitori di Silvio Berlusconi non equivale ad un partito, come non può esserlo la Sinistra del ‘siamo solo noi’. Ed una coalizione – vale per ambedue le parti passando per il centro –  non è un assemblato di comitati o di grandi elettori. Di qui la conseguenza che un governo non è un matrimonio e neanche un fidanzamento, ma solo un compromesso tra interessi potenzialmente convergenti.

Resta, poi, il fatto che tanti elettori di Centrodestra non votino, perchè ‘Silvio è ormai impresentabile’ e ‘troppi hanno fatto i fatti propri nella sua ombra’ e che tanti elettori di Centrosinistra non votino, perchè vorrebbero sentire qualcosa di Sinistra e non necessariamente estremista, velelitaria o comunista.

I sostenitori di Silvio Berlusconi dovrebbero rendersi conto che una sentenza passata in giudicato non è controvertibile, reveresibile. Gli antiberlusconiani dovrebbero prendere atto che la condanna dell’avversario non è una fine, ma solo l’inizio di un’ecatombe dei ‘luoghi comuni’, se si vuole riformare la Costituzione e quant’altro.

Quel che manca – dicono – è la riforma della giustizia, la definizione di conflitto di interessi, la trasparenza finanziaria, la regolazione della rappresentatività sindacale, la riforma elettorale e dei poteri politici (Parlamento, Regioni, Governo e Presidenza della Repubblica).
Probabilmente, manca una riforma costituzionale e, poi, tutto il resto: se la nostra Costituzione fosse stata atta a regolare il Paese, non saremmo, oggi, nella situazione in cui siamo.

La situazione contingente è pessima, con un Partito Democratico che gioca su due fronti: il Patto di governo con il PdL e la tenuta internazionale del sistema Italia, da un lato, le ‘affinità elettive’ con il Movimento Cinque Stelle e SEL e ‘localistiche’ con la Lega e UDC, dall’altro.
Dall’altra parte, le esperienze di De Magistris, Crocetta e, di recente, Marino dimostrano che larga parte della società italiana diffida della Sinistra a causa dell’eccessiva attenzione data alle minoranze che la sostengono e di un certo ‘settarismo/snobismo’, ereditato dal fu Partito Comunista e dalle intelighentzie che riempivano gli scaffali di edicole e librerie.
Anche la diffidenza verso la Magistratura e i Sindacati è diffusa: basterebbe ascoltare cosa dice la gente comune, per rendersene conto.

Un contesto che presenta forti analogie con quanto accadde a Weimar. Un’ennesima volta che il sistema politico italiano viene (d)epurato per via giudiziaria, nella migliore tradizione totalitaria. Una crisi politica nazionale ed internazionale evitabile con una commutazione della pena per Silvio Berlusconi, come già accaduto per l’ex direttore del Giornale, Alessandro Sallustri.

Non resta, dunque, che la carta del Presidente.

Infatti, Giorgio Napolitano aveva messo al lavoro un gruppo di saggi per concertare e stilare l’impianto delle riforme più urgenti per il Paese. E, teniamone conto, sia i falchi berlusconiani che la sinistra sindacalizzata, come Beppe Grillo e i suoi, tengono in gran conto l’autorevole posizione del Presidente della Repubblica.

Perchè non portare direttamente al voto di fiducia in Parlamento le bozze dei Saggi presidenziali, riforma della giustizia inclusa? Sarebbe così irrituale che al Parlamento, per tramite del Governo, arrivassero al voto delle proposte originatesi per iniziativa del Quirinale?

Non saranno, tra l’altro, le elezioni tedesche a risolvere il problema della ‘giustizia’, come quello del ‘sindacato’ e della ‘casta apicale’ della pubblica amministrazione (medici e universitari inclusi).

Dunque, se il tempo è tiranno – e lo è da mesi e anni – perchè ridurci, come al solito, all’ultimo momento per ricorrere al buon senso, seguendo la strada che Napolitano sta indicando da mesi?

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Cassazione vs. Berlusconi: le conseguenze

1 Ago

Strano ma vero, la sentenza Berlusconi avrà una ricaduta maggiore a sinistra, piuttosto che a destra. Infatti, qualunque ne fosse stato l’esito questa sentenza rappresenta la ‘sfida all’OK Corral” che tanto immaginario collettivo – semplificando il proprio universo come fosse un film di Volontè e Leone – ha voluto prefigurarsi fin dall’inizio di questa storia.
I cattivi sempre e comunque moralmente inferiori: brutti, rozzi, corrotti, incapaci, ridicoli, fredifaghi, infedeli. I buoni ben distinguibili per la loro superiorità morale: affabulanti, trendy, curricolati, tutti casa e lavoro.

berlusconi assolto

Va da se che il tema unico dell’opaco Enrico Letta alleato con i cattivi (PdL e UdC) sarà quello che convegni, cortei, scioperi e scandali ci propineranno fino a novembre, quando il convegno del PD dovrà dirimere aspetti immobiliari e finanziari, interessi lobbistici, frazionismi, immobilismi e avventurismi, aspettative politiche delle diverse basi elettorali.

Puntare su Matteo Renzi, che, pur avendo un buon seguito di esperti e tecnici, potrebbe risultare ‘leggerino’, se il Centrodestra iniziasse ad attaccarlo, anzichè elogiarlo e/o la CGIL e l’estrema sinistra emettessero una ‘fatwa’ di ‘affamatore del popolo’?
Oppure tenersi ben stretto l’elettorato ottuagenario e appenninico, gli apparati pubblici, la lobby sanitaria e l’universo ‘giustizia’, le partecipazioni statali? O ritornare alla mediazione veltroniana ed all’ipotesi maggioritaria e, soprattutto, ‘moderata’?
E La Repubblica – trentennale deus ex machina della sinistra – riuscirà a non essere determinante per gli equilibri di partito?

Se la Sinistra, prevedibilmente, si avviterà nella dinamica precongressuale e nel dibattito pro-M5S – con tutti gli antagonismi NoTAV, No Jus Soli, No Euro, Si Gay, eccetera – molto va a cambiare nel Centrodestra, con l’uscita di scena di Silvio Berlusconi, che comunque determina questa sentenza.

Infatti, le principali aziende ‘made in Italy’ sono ormai globalizzate e rispondono ad interessi non solo nazionali, il capitale italiano si sta ristrutturando, come dimostrano le varie rotture di patti di sindacato che avvengono da qualche mese a livello di Mediobanca, e la situazione di Unicredit e dello stallo immobiliare di Roma, sulla quale verte oltre il 30% dei mutui immobiliari italiani.
Allo stesso tempo, il pontificato di Papa Francesco appare saldamente indirizzato a salvaguardare il Vaticano dai piccini interessi italici e ad enunciare una visione ispanica e populista dei rapporti tra potere e cittadini.

Non è improbabile che, avendone il tempo, il PdL si evolva/dissolva in chiave liberal-populista e questo è il principale motivo per cui lo tsunami ‘sentenza Berlusconi’ potrebbe colpire in modo più vistoso e drammatico il Partito Democratico, alimentando le convulse spinte che lo agitano dall’interno.

Intanto, con la sentenza della Corte di Cassazione ed il giudizio definitivo di Silvio Berlusconi si chiude un’epoca. Non cambierà nulla, come al solito, ma anche questo Ventennio è finito.

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Berlusconi sentenced, what future for Italy?

1 Ago

Strange but true, the SIlvio Berlusconi’s Supreme Court sentence will have a greater relapse to  Left rather than the Right side. In fact, no matter that  this sentence is the ‘Gunfight at the O.K. Corral‘ that Italians wait by 20 years in a collective perception of Politics.
A simplified world like a Spaghetti Western, an universe where the bad guys are always morally inferior: ugly, rude, corrupt, incompetent, ridiculous, infidels. And the good boys are distinguishable for their moral superiority: storyteller and soberly trendy, high laureate, perfect at home and at work.

berlusconi condannato

So wee expect, in next mounthes, the theme of an ‘opaque Enrico Letta’ allied with the bad guys (PDL and UDC), repeated in meetings, marches, strikes and scandals until November, when the convention of the Democratic Party will have to settle ‘inner aspects’ about real estate and financial interests, lobbying, factionisms, immobility and adventurism, political expectations of the different electoral bases.

Matteo Renzi, despite having a good following of experts and technicians, may be ‘light’, if the Right wing will begin to attack him or CGIL and the extreme Left will emit a ‘fatwa’ in name of ‘starvation of the people ‘?
Who weighs more? The traditional electorate, octogenarian and tipycally resindent in the Apenninic Regions? The public agencies, the health lobby and the  ‘justice machine’, the controllers of State holdings? Or will it better to return to the mediation and Walter Veltroni’s ‘moderate’ majority?
And La Repubblica – the newspaper deus ex machina of the Left – will be not able to be decisive for the balance of the party?

If the Left, predictably, will thread into the dynamic pre-congress – and in the debate pro-M5S and pro-extreme Left wing – more is going to change in the center-Right, with the departure of Silvio Berlusconi, that this judgment determines.

In fact, the major companies of ‘Made in Italy ‘ are now globalized and respond to not only to national interests, the Italian capital is restructuring, as evidenced by the various shareholders’ agreements broken in last months at the level of Mediobanca, and the situation of Unicredit Bank is very complex, because in Rome more than 30% of the Italian mortgages are filed with compromised Real Estate market.
At the same time, the pontificate of Pope Francis appears firmly addressed to safeguard the interests of Vatican and ‘not only’ those of ‘financially active’ Bishops. A Pope coming from Argentina with a clear and populist vision of the relationships between power and citizens.

It is not unlikely that, having the time, the PDL evolve / dissolve in key liberal-populist and this is the main reason why the tsunami ‘judgment Berlusconi’ could hit in a more eye-catching and dramatic Democratic Party, making hasty and fueling the shaking inside frantic thrusts.

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Alfa Romeo lascerà l’Italia?

1 Ago

Dopo le dichiarazioni di Sergio Marchionne secondo cui “è impossibile fare industria in Italia”, arriva  la replica del ministro del lavoro Enrico Giovannini: “Non sono d’accordo. Ci sono molte imprese che in queste condizioni stanno continuando a investire, a crescere, a creare profitto e posti di lavoro.”
Infatti, fare impresa nel made in Italy può essere conveniente per le holding straniere che stanno comprando ‘i gioielli della corona’, ma a patto che ciò avvenga nei settori dell’agroalimentare e dell’abbigliamento, dove il lavoro nero prospera sotto ogni latitudine. (leggi Quel che (non) resta del Made in Italy: dati e riflessioni)

Intanto, Fiat-Chrysler deve vedersela con i sindacati, in Italia come in USA.
Nel primo caso, parliamo del diritto – concesso dai magistrati – a bloccare una fabbrica organizzando un corteo interno senza neanche aver verificato la ‘rappresantatività in loco’ di chi organizza certi tipi di ‘lotta’. Nel secondo, del prezzo da pagare al fondo pensionistico Veba – detenuto dalle Unioni statunitensi – per una quota di Chrysler, che valeva zero dollari il giorno prima dell’arrivo di Marchionne e per la quale, oggi, si pretendono miliardi.

Riguardo l’Italia, la vicenda è irrisolvibile, dato che sarebbe necessario intervenire in una delle matasse indistricabili della nostra ‘ottima’ Costituzione (rappresentanze sindacali e giusto processo). Parlando degli USA, anche se c’è l’ipotesi di una bislacca sentenza da parte di una corte del Delaware, ma si tratta di una liquidazione, tutto qui, per la quale il giudice ha già accettato il calcolo di Fiat sul peso del debito di Chrysler nella determinazione del prezzo delle azioni. Che i sindacati – nell’interesse stesso dei lavoratori – debbano stare fuori dalla governance delle aziende, in USA, è da alcuni anni un dato e non più un dibattito.

Andando ad Alfa Romeo, i progetti di rilancio messi in cantiere dalla casa hanno un obiettivo prefissato e annunciato proprio dall’amministratore delegato del gruppo Fiat Sergio Marchionne: arrivare, entro il 2016, a 300.000 unità vendute a fronte delle sole 100.000 attuali.
Un mercato Alfa relativamente forte in Europa, con il 90% delle vendite, ma con enormi potenzialità di crescita nelle Americhe ed in Asia, dove, oggi, vende solo 10.000 autovetture e, domani, potrà contare sull’intera catena distributiva di Chrysler-Fiat.

Un vero e proprio miraggio per l’Italia, se, a fronte di un mandato costituzionale chiaro – ovvero di delega al Parlamento nel formulare una norma apposita – ci troviamo non con richiami assidui e puntuali a legiferare, bensì con “molteplici sentenze della Corte Costituzionale che hanno chiarito che la rappresentatività di un sindacato sono determinati da una serie di elementi anche indiziari, non unicamente dal numero di iscritti, di preferenze nelle elezioni di RSA/ RSU piuttosto che nei referendum approvativi di un contratto collettivo nazionale.
Con la sentenza n. 30/1995, la Corte afferma che “la maggiore rappresentatività risponde ad un criterio di meritocrazia e alla ragionevole esigenza […] di far convergere condizioni più favorevoli o mezzi di sostegno operativo verso quelle organizzazioni che sono maggiormente in grado di tutelare gli interessi dei lavoratori”. (fonte Wikipedia)

La Costituzione Italiana  prevede che la rappresentanza sindacale sia regolata da una legge apposita, che in oltre 50 anni non siamo riusciti a darci, con risultati abnormi, che ledono alla base gli interessi sia dei lavoratori sia dei datori di lavoro.
Dall’esercito di sindacalisti di cui sono dotate le pubbliche amministrazioni – in particolare le scuole dove si arriva anche ad un rappresentante sindacale ogni 15-20 dipendenti – alla possibilità, nel privato, di bloccare un’intera fabbrica al lavoro, indicendo uno sciopero senza neanche aver firmato il contratto ed interferendo con la produzione.

Ed, infatti, Sergio Marchionne e la Fiat da tempo chiedono che il governo italiano “introduca una legge” sulla rappresentanza per uscire da questo momento di incertezza. Abbiamo chiesto con urgenza di varare delle misure che rimedino a questo vuoto, ma per ora non vediamo niente.”
Come, d’altra parte, i parlamentari di turno non possono che esitare a promulgare una norma che attui un rigo di Costituzione, per il quale già sanno che è obbligo – in un paese democratico, si noti bene – far “convergere condizioni più favorevoli o mezzi di sostegno operativo verso quelle organizzazioni che sono maggiormente in grado di tutelare gli interessi dei lavoratori” …

Di sicuro, se le cose restassero così, un imprenditore, che non voglia investire in lavoro temporaneo o stagionale ed in sussidi-commesse pubbliche, non è che abbia grandi certezze in Italia, nè come controllo del progetto-impresa nè come affidabilità del sistema pubblico nè, ricordiamolo, come fiscalità.

Anche perchè – affrancata dall’asfittico sistema-Italia – la Fiat dimezza le perdite in Europa e in Asia comincia a decollare, stabile nel Sudamerica, vede il Nordamerica e le sue vendite a traino del gruppo, con i ricavi in crescita oltre 42 miliardi. “Il gruppo automobilistico torinese ha completato il secondo trimestre dell’anno con 435 milioni di utile netto, sfiorando il raddoppio rispetto ai 239 milioni di euro del periodo aprile-giugno dello scorso anno. Sempre nel secondo trimestre, i ricavi sono cresciuti del 4% al 22,3 miliardi.” (Corsera)

Tenuto conto che i marchi di lusso (Ferrari e Maserati) hanno dato un lusinghiero +14% e si prevede che continuino a crescere, dove saranno prodotte le 200.000 Alfa Romeo che, si spera, verranno vendute nel 2016?

In Italia? Ne siamo davvero sicuri?

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Stop Camere, Italia allo stremo

11 Lug

“Pensate che con una conferma in Cassazione della condanna per il processo Mediaset, il PdL restino tutti lì (ndr. in Parlamento) ad alzare la mano o ad astenersi? Esiste un legame indissolubile tra il Popolo delle Libertà, i suoi elettori e Silvio Berlusconi. Cosa accadrebbe se accadesse la stessa cosa per il leader del Partito Democratico?” (Enrico Bondi su La7)
Dall’altra sponda Epifani, segretario ‘precario’ del PD, annuncia che il suo partito voterà per l’applicazione della sentenza in caso di condanna di Berlusconi.

In queste poche, stringate e schiette parole sta tutta la fibrillazione politica e di governo che affliggerà l’Italia nelle prossime settimane. Intanto, oggi, il Parlamento si ferma e la Politica si accorge (dopo 20 anni e molte chiacchiere) che esiste un serio problema Giustizia.

In effetti, tutti i report internazionali confermano che l’aleatorietà e la lentezza delle nostre sentenze sono uno dei fattori causali della corruzione e della fuga dei capitali (esteri e italiani). A ciò si aggiunge la disapplicazione degli esiti del referendum sulla responsabilità dei magistrati e la non separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante con corrispettiva superlobby degli avvocati.

Edward Luttwak, noto politologo statunitense e profondo conoscitore dell’Italia, spiegava su Panorama che sarebbero tre i principali fattori penalizzanti per gli investitori nazionali e stranieri:

  1. inefficienza di un sistema caratterizzato dalla lentezza, che è incompatibile con la certezza del diritto. Il tempo, che per l’investitore è una variabile fondamentale, per loro è del tutto ininfluente;
  2. arbitrarietà dei magistrati, che sono in grado di arrestare le persone senza le prove che il principio dell’habeas corpus richiede in un paese democratico. Negli Stati Uniti il caso di Amanda Knox è percepito come un orrendo abuso e non sono rari i processi per «prosecutorial abuse»;
  3. imperialismo giurisprudenziale che a colpi di sentenze criminalizzano attività economiche e incidenti che altrove sono soggetti alla giustizia civile con risarcimenti milionari alle vittime fino alla bancarotta dell’impresa, ma nessuna condanna penale.

Dunque, che il Popolo delle Libertà sollevi la questione ‘giustizia’ e che il Partito Democratico si accodi ha il suo fondamento, ma ha anche ragione fondata il disagio manifestato da tanti che un tale macroscopico problema della nostra Nazione affiori in Parlamento solo quando si tratta di salvare il politico di turno, nella fattispecie Silvio Berlusconi.

Ma la questione dell’eleggibilità di Silvio Berlusconi e, più precisamente, della suo accesso alla leadership politica è qualcosa che doveva essere fuori discussione da molto, molto tempo.

I fatti che ne avrebbero dovuto precludere qualunque ruolo di governo risalgono tutti ad oltre 20 anni fa: l’iscrizione alla Loggia P2 ed il Lodo Mondadori. Il fatto che non avesse abbandonato le sue attività di tycoon dei media – incluse quelle erotiche e quelle offshore Mediaset – e quanto emerso su Marcello Dell’Utri dovevano bloccare ogni velleità.

Non è accaduto perchè non si è voluto sanare il conflitto di interessi – padre del Berlusconismo e madre del Consociativismo – e perchè Tangentopoli preferì condannare Craxi mandando in prescrizione tutto il resto, inclusa tanta compiacente ed inamovibile pubblica amministrazione.

Allora ha ragione Beppe Grillo a chiedere riforma elettorale e scioglimento delle Camere?
Dipende …

Infatti, che sia necessario andare al voto con regole diverse è un fatto ineludibile da anni, più volte rimarcato dal Presidente della Repubblica. I tempi sono, viceversa, da capire.

Infatti, tra 20 giorni il Popolo delle Libertà potrebbe ‘affrancarsi’ dal centralismo berlusconiano, tra una settantina avremo l’esito delle elezioni tedesche. Poco prima o poco dopo arriverà il congresso del Partito Democratico che – lo si spera tutti – dovrà dolorosamente dirimere l’incompatibilità di ‘correnti’ popolari, sindacalizzate, post socialiste, lobbiste, post comuniste, ecoverdi e quant’altro ancora, tutte accomunate da un Porcellum che finirà.
Ed, intanto, anche il Movimento Cinque Stelle – che ha l’esigenza di avvicendare un gruppo di eletti che non sembra essere all’altezza della situazione – ha bisogno di tempo per far emergere e/o aggregare ‘cervelli’ se vuole darsi una struttura atta a partecipare al governo del Paese.

A questo aggiungiamo che, in autunno, tutto si potrà permettere l’Italia fuorchè uno stallo in nome del conflitto di interessi e delle prescrizioni (come per il trascorso Ventennio) o, a contraltare, un caos parlamentare con un governicchio nè tecnico nè di programma.
Non solo per il caos sociale di cui parla Grillo o la bancarotta nazionale, prospettata da Mediobanca in un report recente. Anche perchè in ogni sistema organizzato, se i generali vengono meno, almeno un tentativo di subentro i colonnelli lo fanno.

All’Italia non servono caos e conflitto.

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La 25esima ora di Silvio Berlusconi

9 Lug

Il processo Mediaset, che vede Silvio Berlusconi condannato a quattro anni di reclusione per frode fiscale e a cinque di interdizione dai pubblici uffici, sarà sentenziato dalla Corte di Cassazione entro la fine di luglio, evitando ogni rischio di prescrizione, anche di una sola parte delle accuse.

Se la sentenza sarà favorevole al leader di Forza Italia, si ritornerà in Appello, ma la sentenza sarà definitiva e la ricaduta politica enorme.  Questi i motivi di una tale tempestività nell’emettere una sentenza da parte della Corte suprema, che ha il dovere di non sottoporre il Paese ad una ulteriore ‘sospensione’, ovvero ad un ennesimo rinvio.

Di cosa tratta la sentenza di condanna è presto detto: una compravendita di diritti televisivi da parte di Mediaset tramite altre società offshore, sempre riconducibili al gruppo di Berlusconi, per evadere il fisco e accumulare fondi neri all’estero, grazie alla lievitazione dei prezzi ad ogni passaggio, al punto che, alla fine Mediaset avrebbe acquisito i diritti pagandoli più del reale valore. Anche gli azionisti di Mediaset ne sono stati pesantemente danneggiati, vista la dimensione dell’operazione, i cui fondi neri accumulati consisterebbero in almeno 280 milioni di euro.

Un’operazione mostruosa, per il Fisco e per la Democrazia, specialmente se “di casi come questo se ne vedono abitualmente molti altri e la Suprema Corte si limita a rideterminare la pena nel caso in cui, prima del verdetto definitivo, sia intervenuta la prescrizione per una parte dei reati”, come conferma proprio l’avvocato Franco Coppi, difensore di Berlusconi, precisando che non resta che sperare di “ottenere l’annullamento con rinvio della sentenza di condanna inflitta a Silvio Berlusconi”..

Tre settimane in cui, altrove, sarebbe stato ritirato il passaporto al condannato, onde evitare il rischio di fuga, visto cosa l’attenderebbe se dovesse trovarsi sul territorio italiano a sentenza confermata.
Un po’ come in quella storia di profondo travaglio psicologico in cui Ed Norton impersona un condannato che deve presentarsi al carcere per scontare la propria pena.

Ma non succederà, che nessuno si preoccupi. Da noi, in Italia, si dice: ponti d’oro a nemico in fuga.

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Senatori, deputati, multinazionali, lobbisti

20 Mag

Senatori e deputati a libro paga di multinazionali e lobbisti per cifre che andrebbero dai 1.000 ai 2.500 euro al mese, più qualche ‘fortunato’ che arriva fino a 5.000 mensili di mazzetta. Questa la denuncia di Le Iene, dopo le rivelazioni di un assistente parlamentare, protetto dal segreto.

Pietro Grasso, presidente del Senato e magistrato, esorta: «Chi sa qualcosa sui parlamentari pagati farebbe bene a denunciare questi comportamenti gravissimi». E, in effetti, la denuncia a ‘mezzo stampa’ c’è e qualche magistrato dovrebbe necessariamente aprire un inchiesta d’ufficio.

I ‘cattivi’ sarebbero, sta volta, le lobbies del tabacco e del gioco d’azzardo, che premerebbero per leggi ed emendamenti a loro favorevoli. Nulla di sorprendente, va così in tutto il mondo e spesso sono finanziamenti legali per le campagne elettorali, facilitati da leggi diverse dalla nostra sul finanziamento dei partiti.
Immediate le voci per la rapida approvazione delle norme anticorruzione, ma è la riforma dei finanziamenti ai partiti quel che serve per contrastare la concussione e l’occultamento dei finanziamenti, come è necessaria una nuova visione delle concessioni governative se si vuole risolvere a monte la questione ‘tabacchi, azzardo, accise, demanio marittimo, Equitalia, Caaf’.

Dunque, il punto non sono le eventuali lobbies del tabacco o quelle dell’azzardo – in gran parte estere, si noti bene – dato che il ‘problema’ vero è che se certi nostri parlamentari si dimostrassero ‘permeabili’ per soli 2.000 euro al mese, figuriamoci quali altre ‘lobbies’ possano esserci in grado di promettere ‘premi’ migliori, in soldoni od in carriere per figli e nepoti.

Se si accettano ‘quattro spiccioli’ per sigarette e gioco d’azzardo, quanti altri (denari, favori o ‘immunità’) potrebbero essere ‘graditi’ per tutelare gli interessi della Mafia o della Casta?

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